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La battaglia dei convogli, era il 23.5.1993 e noi a Napoli ci siamo anche oggi 23.5.2020

a cura U.N.M.O.L.N.

23 maggio 2020 ore 11,00 Stazione Marittima di Napoli, cerimonia per commemorare i Marinai con stellette e senza, periti nella cd. Battaglia dei Convogli.
Annuale manifestazione organizzata dal C.te c.l.c.s. Antonino Migliaccio, segretario dell’Associazione Medaglie Oro lunga navigazione del Compartimento Marittimo di Castellammare di Stabia. Il Gruppo M.O.V.M. “Luigi Longobardi” di Castellammare di Stabia CI SARA’

di Antonino Migliaccio (*)

Per meglio comprendere la tragedia, cui entrambe le marine andarono incontro con l’entrata dell’Italia in guerra il 10 giugno del 1940, bisogna tener conto di alcune scelte fatte dai Capi della Marina di allora che condizionarono l’andamento della guerra fino all’8 settembre del 1943.In generale per quanto riguarda l’impiego della flotta, la scelta di “Fleet in being”, ossia preservare le navi maggiori, che durante la guerra fu criticata più volte, si dimostrò utile con l’armistizio, come potere contrattuale, che creò i presupposti affinché dopo poco più di un mese dall’8 settembre le nostre forze fossero impiegate in regime di cobelligeranza.
In riferimento alla scelta strategica di “Fleet in being“ bisogna ricordare che nel 1778, dopo la dichiarazione di guerra della Francia e della Spagna all’Inghilterra, quest’ultima fu costretta a spostare i propri interessi verso il canale della Manica, in quanto le flotte della Francia e della Spagna unite errano superiori alla Home Fleet. Fu quindi l’ammiraglio inglese Hardy che in tale occasione inventò il concetto del “Fleet in Being”, rifiutando lo scontro, perché l’attenersi alle vecchie disposizioni tattiche era un errore.
L’ammiraglio Iachino, comandante della nostra flotta, nel suo libro “Il tramonto di una grande Marina” scrive:
“Non si era preveduto e forse non era possibile prevedere che sarebbe stato necessario scortare grossi e frequenti convogli per il nord africa e per l’Albania. Ben presto quindi si dovette far ricorso ai cacciatorpediniere di squadra con il risultato di perderne qualcuno e di logorarli tutti più o meno rapidamente”.
La conseguenza di ciò fu che la scorta convogli, tranne qualche occasione, ricadde sui soli cacciatorpediniere. Ed ancora dal libro “Convogli, diario di guerra di un marinaio medaglia d’oro al valor militare e grande invalido, l’ammiraglio di squadra Aldo Cocchiache scrive:
…Il compito fu assolto dai nostri instancabili cacciatorpediniere con l’abnegazione, la bravura, il valore e la tenacia che erano loro tradizionali. Nel corso della guerra i nostri caccia hanno fatto di tutto: dalla scorta delle navi da battaglia, quelle rare rarissime volte, che tali navi hanno preso il mare, alle ben più impegnative scorte di convogli”.
Atrocità della guerra.
Uno fra tanti, il Capitano di corvetta Virginio Fasan (Medaglia d’Oro alla memoria), era nato a Cherso (Pola) il 28 luglio 1906. Conseguito il diploma di Capitano marittimo presso l’Istituto nautico di Chioggia, nel 1927 frequentò il corso di allievo ufficiale di complemento presso l’Accademia Navale di Livorno, conseguendo la nomina di guardiamarina. Nel 1941 ebbe il comando, con il grado di Capitano di corvetta, della 25ma, 26ma e 41ma flottiglia dragamine in Africa settentrionale. Nel 1942 comandante in 2° del cacciatorpediniere Gioberti e nel gennaio del 1943 il comando della torpediniera Castore con la quale il 2 giugno dello stesso anno, nelle acque del mare Ionio, in missione di scorta ad un convoglio, impegnò cruenta ed impari lotta contro superiori forze avversarie, adempiendo appieno il compito di difesa delle unità mercantili, poste sotto la sua protezione, che riuscirono a sfuggire a sicura distruzione. Scomparve tra i flutti con la nave al suo comando crivellata dai colpi ricevuti e con la bandiera al vento (Mare Ionio, 2 giugno 1943).
La nostra Marina, interprete dei nostri valori dall’Unità d’Italia in poi, assegna alle nuove navi il nome dei suoi figli migliori e a Virginio Fasan fu intitolata l’omonima corvetta.
Sorte non meno cruenta era stata vissuta dalla marina mercantile. All’entrata in guerra dell’Italia, le navi mercantili che si trovavano fuori del mediterraneo, non preavvertite in tempo, furono bloccate nei porti nemici e catturate. Fatto che regalò al nemico 212 navi, più di un terzo della flotta. Gli equipaggi furono i primi italiani ad essere internati. Nella storia della nostra nazione come del resto in tutte le nazioni marittime, non vi è stata guerra navale che non abbia coinvolto le navi mercantili.
Già dal 19 settembre del 1935 con regio decreto 1863 si stabiliva, fra l’altro, la facoltà del Ministro di requisire il naviglio mercantile da inserire nel naviglio ausiliario dello Stato. Pertanto la maggior parte delle navi fu requisita per scopi di guerra e trasformate in: incrociatori ausiliari, vedette, dragamine, navi ospedale.
La guerra navale dell’ultimo conflitto fu per lo più per l’Italia una guerra di convogli destinati al rifornimento di uomini e materiali agli eserciti impegnati all’estero (Africa settentrionale ed Albania).La conseguenza di questo tipo di guerra fu che insieme alla marina militare che subì la perdita di 30.000 uomini in tutti i mari la mercantile subì un enorme sacrificio sia in vite umane che in materiali trasportati.

Fra il 10 giugno del 40’ e il 10 maggio del 45’, furono affondate o autoaffondate più di 800 navi .
Alla fine rimasero solo 95 navi al di sopra delle 500 tonnellate. Distrutta per 9/10mi del suo tonnellaggio, oltre 7000 morti di cui 500 nei campi di concentramento, migliaia di feriti, tre medaglie d’oro al valor militare di cui una alla bandiera e centinaia di decorazioni provano il contributo di sacrificio e di sangue che gli equipaggi della mercantile hanno pagato durante l’ultimo conflitto. Uno per tutti il Capitano di lungo corso Antonino Cacace – Medaglia D’Argento (alla memoria ) con la seguente motivazione:
“Al comando di piroscafo carico di truppe facendo parte del convoglio scortato da unità da guerra, organizzava con alto spirito di abnegazione e con serena perizia marinaresca l’opera di salvataggio delle truppe stesse quando il bastimento, colpito da siluro, era in procinto di affondare. Lasciato per ultimo la nave e raggiunto il porto di destinazione a bordo di una unità da guerra, si reimbarcava subito su altro piroscafo per rimpatriare. Durante la navigazione di ritorno, colpito da offesa nemica anche questo bastimento, si prodigava con alto sentimento del dovere al salvataggio del personale imbarcato e scompariva con l’affondamento della nave ” (Mare Adriatico, 24 dicembre 1940 – Piroscafo Firenze).
Contrariamente a quanto voluto far credere in seguito, le due marine svolsero il loro compito in modo esemplare. Su 4.199.370 tn. di merci imbarcate solo 449.225 non giunsero a destinazione, cioè il 10,5 %.
I soldati imbarcati furono 1.266.172 ne scomparvero in mare 23.443 cioè il 2 % molti ma numericamente pochi rispetto al totale.
Quindi per tutti i 36 mesi che durò la battaglia essa fu caratterizzata da una alternanza di risultati dipendenti dalla scorta che si riusciva a dare.

Vorrei infine poter trasmettere, senza essere tacciato di sterile retorica, il senso di gratitudine e di orgoglio ispirato da chi ci ha preceduti in mare scrivendo, nel tempo, una pagina di storia fatta di onore, abnegazione e coraggio. Ma ben più di me, autorevolmente quanto scritto a suo tempo dal Generale Mario Battaglieri, Ispettore delle Capitanerie di Porto:
Si parla poco di questi uomini e la loro storia è ancora da scrivere. Uomini inermi sono passati per l’acqua e per il fuoco e hanno valicato i confini della vita terrena affrontando una realtà crudele senza esitare e senza tremare. Non erano fatalisti pronti a sottomettersi al destino e non erano nemmeno assillati da sogni di gloria o da speranze di carriera, sapevano soltanto che quello era il loro lavoro e che doveva essere fatto; il Paese attendeva che fosse fatto ed essi lo hanno compiuto con esemplare semplicità”.
Concludo questo richiamo di memoria storica con uno spunto del dott. Giorgerini, uno dei più accreditati studiosi di strategia marittima e dottrina navale, tratto dal suo intervento nel Convegno di Napoli il 1993 sulla ”Battaglia dei Convogli:
“ La Lezione della Storia: …Omissis…la Battaglia dei Convogli è un valido contributo alla costruzione di una tradizione nazionale come essa lo è già , nei suoi episodi e nei suoi esiti quantitativi nell’ancor giovane tradizione della marina, consolidatasi, con la seconda guerra mondiale, proprio grazie alle vicende degli uomini dei convogli, a quelle dei sommergibilisti e degli assaltatori”.
Onore ai caduti della Marina Militare, onore ai caduti della Marina Mercantile e delle forze armate. Viva L’Italia.

(*) Segretario Unione Medaglia Onore Lunga Navigazione Compartimento di Castellammare di Stabia.
Nota: libera sintesi da libri citati.
Dello stesso argomento sul blog:
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https://www.lavocedelmarinaio.com/2015/05/23-5-2015-a-napoli-commemorazione-battaglia-dei-convogli/
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