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27.4.1930, varo regia nave Giovanni Delle Bande Nere

a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra, Carlo Di Nitto, Pasquale Mastrangelo, Stefano Piccinetti e Francesco Venuto.

La regia nave Giovanni Delle Bande Nere era un incrociatore leggero varato presso i cantieri navali di Castellammare di Stabia (Napoli) il 27.4.1930.
La nave fu affondata dal sommergibile Urge il 1° aprile 1942 a largo dell’isola di Stromboli.

Giovanni D’Adamo
a cura Carlo Di Nitto 

Marinaio Cannoniere Giovanni D’Adamo, di Tommaso e di De Meo Maria Civita, Croce di Guerra al V.M., disperso nell’affondamento del Regio Incrociatore “Giovanni delle Bande Nere” il 01 aprile 1942.
L’unità, colpita da due siluri lanciati dal Smg. inglese Urge, si spezzò in due tronconi ed affondò immediatamente con gran parte dell’equipaggio. Mar Mediterraneo, a circa miglia 11 per 144° dall’isola di Stromboli.
Era nato il 19 giugno 1920 a Castellonorato.
(foto p.g.c. della Famiglia)

Tancorre Vincenzo, marinaio di una volta come me, come noi…

di Pasquale Mastrangelo

Carissimo Ezio,
come promesso giorni fa, ti allego una scheda riepilogativa relativa al Meccanico Navale Tancorre Vincenzo (mio compaesano), perito a seguito dell’affondamento della regia nave Giovanni delle Bande Nere.
Ti allego altresì un file contenente la foto da Allievo della Scuola Meccanici di Venezia, copia di una lettera inviata ad un suo amico nell’imminenza della fine del Corso da Allievo (prima di imbarcare) e della cartolina che è l’ultimo suo scritto prima dell’affondamento, praticamente sei giorni prima!
Nel rileggere la lettera scritta al suo amico sono rimasto molto colpito dalle parole che un giovane di 19 anni sentiva di scrivere. Parole dettate dal senso di appartenenza, dallo spirito di corpo, dall’amore per le istituzioni ed il senso di Patria. Abbiamo tanto da imparare da queste frasi, soprattutto tanti giovani di questa epoca che si divertono a distruggere auto, vetrine e colpire nel cuore le Istituzioni.

So’ per certo che saprai come tuo solito valorizzare questa grande testimonianza secondo i tuoi canoni e so’ di mettere “il tutto” nelle migliori mani possibili.
Ho anche suggerito ad Aldo Capobianco cognato del TANCORRE (*) la tua amicizia su facebook. A lui puoi tranquillamente rivolgerti per eventuali altre informazioni al riguardo.
Ti rinnovo i sentimenti di amicizia e stima e ti ringrazio per il privilegio di esserti amico.
Pasquale Mastrangelo.

Tancorre Vincenzo, nato a Gioia del Colle (Bari) il 7.7.1923. Frequentò la scuola per meccanici di Venezia. Perì a seguito dell’affondamento della regia nave Giovanni delle Bande Nere il 1° gennaio 1942. Fu dichiarato disperso il giorno successivo.
(*) https://www.facebook.com/aldo.capobianco.54

Nota della redazione
Giovanni Dalle Bande Nere era un incrociatore Leggero varato a Castellammare di Stabia il 27.4.1930. Partecipò alla Guerra dei Convogli e alla Seconda Battaglia della Sirte.
Il mattino del 1° aprile 1942 lasciò Messina diretto a La Spezia scortato dal cacciatorpediniere Aviere e dalla torpediniera Libra.
Alle ore 09.00, a undici miglia da Stromboli, le navi vennero intercettate dal sommergibile britannico Urge.
Un siluro spezzò in due lo scafo e l’unità affondò rapidamente, trascinando con se 381 Marinai su 507 uomini dell’equipaggio. Fra di essi c’era anche Nicola Verdoliva nato a Castellammare di Stabia il 5.12 1916 che risultò disperso in mare. Di Lui non abbiamo nessuna foto a corredo di questo articolo ma siamo certi, ovunque si trovi con i suoi Frà che non fecero più ritorno all’ormeggio, che adesso riposano in pace fra i flutti dell’Altissimo.

Quel giorno del 1° aprile 1942
narrato da Guido Piccinetti (*)

Questa è la storia di Guido Piccinetti, giovane fanese classe 1919, con la passione profonda per il mare, la pesca e la cucina marinata, socio storico della nostra associazione e memoria storica della città di Fano. Il racconto è stato dettato al figlio Stefano, direttamente narrato da Guido che riviveva, con occhi lucidi, i momenti drammatici e memorabili della guerra dal 1939 al 1945.
Vorrei ricordare mio padre, salpato per l’ultima missione il 2 luglio 2015 all’età di 95 anni.
Penso che abbia fatto una buona vita sia come uomo che come Cristiano. Era buono e, soprattutto, era un marinaio nell’anima, dignitoso e fiero, come sono gli uomini di mare.
Ciao Guido “Marinaio per sempre”.
Stefano Piccinetti

Il 15.12.1939 fui chiamato alle armi ed arruolato nella Regia Marina.
Come prima destinazione ebbi Venezia presso le Scuole C.E.M.M. (Corpi Equipaggi Militari Marittimi), situata a Sant’Elena, dove fui addestrato ed istruito con la categoria Fuochista di Bordo.
Dopo circa 40 giorni fui destinato a Taranto ed imbarcato sul regio cacciatorpediniere Giovanni delle Bande Nere che in quel periodo era ai lavori in arsenale nel Mar Piccolo nella base navale di Taranto.
Stavamo rientrando da Tripoli da una scorta convogli, eravamo nel Golfo della Sirte con un forte mare al traverso e dopo qualche giorno di navigazione siamo entrati nella base navale di Messina.
La sosta durò qualche settimana nei quali facemmo servizi di guardia, poi il Comando di bordo decise di andare a La Spezia per i danni subiti dal maltempo.
Salpammo alle ore 06.00 del 1° aprile 1942, era una bella giornata di sole e il mare era buono. Eravamo circa all’altezza delle isole Eolie vicino Stromboli e le condizioni del mare mi invitarono a riposarmi al centro nave, così mi coricai sopra i lancia siluri. Ad un tratto sentii un gran scoppio che mi sollevò in aria, poi più nulla fino a ritrovarmi a circa 20 – 30 metri dalla nave. Al contatto con l’acqua ripresi i sensi e mi guardai intorno, vedevo solo fumo e sentivo le urla e i lamenti dei miei compagni, percepivo il sangue colarmi dalla testa e vidi una leggera ferita alla gamba destra, ma mi rassicurai capendo che non era niente di grave.
Dopo qualche ora in balia delle onde, vidi mio cugino Ivo che era in difficoltà poiché non aveva il salvagente; nuotando faticosamente lo raggiunsi e gli diedi il mio salvagente, così ci siamo aggrappati a una latta di plastica per mantenerci a galla.
Poco dopo la zona fu sorvolata da un aereo dell’Aviazione Italiana che ci sganciò i salvagenti individuali.
Dopo circa 8 – 9 ore in balia delle onde, venne on nostro soccorso il regio cacciatorpediniere Maestrale, il quale ci fornì le prime cure a bordo e ci portarono a Messina dove sono stato ricoverato all’ospedale militare Santa Margherita per circa 10 giorni. Al termine del ricovero in ospedale ebbi una breve licenza per recarmi a casa per riabbracciare i miei genitori, per poi ripartire verso la nuova destinazione alla polveriera di Malcontenta provincia di Venezia. Successivamente fui fatto prigionieri dai tedeschi e deportato in Germania nel campo di concentramento per prigionieri di Fraureuth provincia di Werdau in bassa Sassonia. Ebbi la fortuna di lavorare fuori dal campo, in una falegnameria, il titolare e Sindaco del paese si chiamava Wully Smithe, fu la mia salvezza. Alla fine della guerra nell’agosto 1945 tornai in Patria.
Questa è sommariamente la mia storia, le emozioni e le sofferenze forse non si possono cogliere in queste due righe, ma ancora oggi mi commuovo continuamente al pensiero di quello che hanno visto i miei occhi e al ricordo delle urla dei miei compagni, naufraghi di un mare senza colpa ma complice nel destino.

(*) Nato il 20.12.1919 e residente a Fano.
Oggi unico superstite del regio cacciatorpediniere Giovanni dalle Bande Nere, decorato con Croce al Merito di Guerra, in data 29 luglio 1947.
Guido Piccinetti è salpato per l’ultima missione dalla sua Fano il 2.7.1915.

1.4.1942, il sommergibile inglese Urge tagliava in due il regio incrociatore Giovanni Dalle Bande Nere

di Francesco Venuto

Buongiorno Ezio,
Le invio, se le può essere utile, un mio servizio pubblicato da Giornale di Sicilia nel 1991 e da altri giornali in seguito cordiali saluti, Francesco Venuto ex sergente radiotelegrafista (di leva).

Questo articolo è dedicato, per grazia ricevuta, a Paolo Puglisi.

STROMBOLI – Cinquantuno anni fa, il primo aprile del 1942, al largo dell’isola di Stromboli due siluri lanciati dal sommergibile inglese “Urge” tagliavano in due l’incrociatore “Giovanni Dalle Bande Nere”.
Varata nel 1931, la nave effettuò, tra il 10 giugno 1940 e la data del suo affondamento, 15 missioni di guerra, percorrendo in tutto circa 35 mila chilometri. Tra gli ottocento uomini imbarcati sull’incrociatore, quel primo aprile c’era Paolo Puglisi, 75 anni, baffetti alla Clark Gable rimasti neri come ai tempi in cui stava per ore chiuso nella torretta numero 4, pronto ad azionare i cannoni del Bande Nere.
L‘enciclopedia “La Seconda Guerra Mondiale”, curata da Arrigo Petacco, liquida in un paio di righe l’affondamento dell’incrociatore. Secondo Puglisi, in realtà, vi furono delle circostanze quantomeno sospette per cui le cose non andarono per il verso giusto. Inoltre tra i marinai superstiti dell’affondamento, si parlò con insistenza di una “spiata”, partita proprio da Messina, sui movimenti della nave e sulle sue condizioni di navigazione.

«Il Bande Nere partecipò alla seconda battaglia della Sirte -ricorda Puglisi- Tornavamo alla base di Messina dopo una navigazione con il mare fortissimo, tanto che due caccia-torpediniere, il “Lanciere” e lo “Scirocco”, colarono a picco per il maltempo. Il nostro incrociatore era piuttosto malconcio e molte erano le avarie che il comandante Lodovico Sirta aveva dovuto annotare sul libro di bordo. Arrivammo nello Stretto con ben 48 ore di ritardo, e con la consapevolezza che il destino della nave era il bacino di La Spezia, dove sarebbero state eseguite le riparazioni.
Così infatti fu deciso dal comando della Regia Marina Militare, e qualche giorno dopo aspettavamo con ansia l’ordine di mollare gli ormeggi. Il Bande Nere lasciò il porto di Messina il primo aprile 1942 -racconta Puglisi- dopo sei giorni di incomprensibili rinvii. Erano le sei del mattino, due caccia e alcuni ricognitori aerei controllavano che lungo la nostra rotta non vi fossero battelli nemici.

Tutto filò liscio sino alle nove, all’ora di colazione, di solito un panino con la mortadella o il provolone.
Eravamo al largo di Stromboli, un sommergibile inglese lanciò un primo siluro, il Bande Nere si inclinò di almeno trenta gradi, un minuto dopo arrivò il secondo e definitivo lancio dell’”Urge”, la nave si aprì in due e cominciò ad affondare rapidamente. Io non ebbi il tempo di gettarmi subito in mare, come buona parte dell’equipaggio. Ero infatti ai “pezzi da 100”, proprio nella zona colpita dai siluri. Riuscii comunque a liberarmi dei vestiti e, aggrappandomi alle “traglie”, i passamano, finii sott’acqua trascinato dal risucchio della nave che stava inabissandosi. A sette-otto metri di profondità, non riuscendo ormai a risalire avevo abbandonato ogni speranza di salvarmi. La visione di mia madre e una miracolosa bolla d’aria mi spinsero di nuovo verso la superficie dove sembrava aspettarmi l’idrovolante delle nave capovolto, attorno ai cui galleggianti erano aggrappate almeno settanta persone.
Pioveva, si cercava di resistere a tutti i costi, di non mollare la presa. In molti alla fine furono vinti dalla stanchezza, dall’acqua gelida e dal dolore per le gravi ferite riportate. Cinque ore dopo arrivò il cacciatorpediniere “Libra”, che raccolse i superstiti e i marinai morti.
Il mare era diventato nero per le tonnellate di nafta fuoriuscite dai serbatoi del Bande Nere. Io fui sistemato tra i morti, perché all’atto di essere recuperato persi i sensi, la confusione del momento fece il resto. Mi svegliai tra la meraviglia dei siluristi, non ricordavo nulla, non ci vedevo più, ero diventato cieco.
Poi mi dissero che era stata la nafta, anche il mio corpo del resto era bruciato per essere rimasto molto tempo a contatto con il carburante. Tornati a Messina, in un primo tempo non fu riconosciuta la mia infermità, ed anche per questo mi misero in prigione. Dopo qualche giorno però fui rimandato a casa, mentre agli arresti ci andò l’ufficiale che aveva ordinato la mia carcerazione. Il sole lo rividi dopo un mese».

 

Elia Soriente (Torre Annuziata (NA), 12.4.1922 – Mare, 1.4.1942)
a cura di Vincenzo Marasco(*)  e Antonio Papa – Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”

(Torre Annunziata (NA), 12.4.1922 – Mare, 1.4.1942)

Alla lieta e cara memoria del Sottocapo Palombaro Soriente Elia, Figlio di Torre Annunziata.

Questa altra breve storia che voglio raccontare ha anch’essa inizio a Torre Annunziata. Precisamente in quel suo comprensorio, che nei primi anni del Secolo Breve, era considerato ai locali per lo più come un luogo riservato alla borghesia locale, in quanto meno urbanizzato e lontano dal trambusto di quegli agglomerati cittadini in cui era relegato per lo più il popolo torrese.
Così, nella nascente via Vesuvio, che agli inizi degli anni ‘20 non era altro che una piccola arteria circondata da rigogliosi giardini e su cui si affacciavano poche villette e palazzotti, che dalla industriosa Torre Annunziata menava al più rurale borgo di Trecase, il 12 aprile del 1922 da Francesco e Iovino Lucia, al civico 61, nasce Elia Soriente.
Elia, per Francesco e Lucia era quel figlio maschio tanto atteso e voluto, considerato come un dono del cielo. Ma a parte le emozioni terrene, egli, come tanti torresi ancora oggi si considerano, nasce come figlio del mare, e attratto da quell’elemento principe in quella lingua di terra dove è cresciuto, un giorno insieme ad un suo caro amico decise di intraprendere la “Carriera”. Fu così che lui e De Santis, il cui nome non ci è dato ricordare, partirono alla volta di Taranto arruolandosi in quella gloriosa Regia Marina Italiana, considerata la regina del Mediterraneo.
Dai racconti vivi nelle memorie dei suoi parenti, nipoti e cugini, che sono cresciuti con il suo ricordo, si apprende che i due vennero fin da subito assegnati all’equipaggio dell’Incrociatore leggero Giovanni delle Bande Nere, e che solo pochi giorni dal momento della partenza dell’unità navale per un’operazione di guerra in mare aperto, avvenuta da Messina nelle prime ore della notte del 20 marzo del 1942, i due vennero divisi: toccò al De Santis sbarcare e salire a bordo di un’altra unità navale della Marina.
Fu così che il destino di Elia cominciò a prendere la sua forma e a manifestarsi.
Il Giovanni delle Bande Nere, uscito dal porto di Messina, così come gli venne ordinato da Supermarina, insieme alla XIII Squadriglia Cacciatorpediniere, incrociò la rotta verso il Sud del Mediterraneo con lo scopo di intercettare un convoglio navale inglese partito da Alessandria e diretto verso Malta.
L’operazione non partì sotto il buon auspicio meteorologico. Ciò è dimostrato dai notevoli ritardi accorsi sulle partenze degli incrociatori pesanti, sempre da Messina che facevano parte della stessa divisione navale, i quali a causa del forte vento da SE ebbero problemi a lasciare gli ormeggi. Ma nonostante questo l’operazione andava portata a compimento, nonostante il mare dalla mattinata del 21, montato da un fortissimo vento di Scirocco, divenisse sempre più impetuoso.
Nella tarda mattinata del 22, l’intera Divisione Navale comandata dall’Ammiraglio Iachino, arrivata poco lontani del Golfo della Sirte, incrociò a lunga distanza il convoglio inglese. Le due squadre cominciarono così a studiarsi con manovre di grande perizia e, lì dove potevano, a scambiarsi colpi di artiglieria navale. Nonostante le condizioni meteo marine fossero in ulteriore peggioramento e rendessero difficile sia la navigazione, sia il contatto visivo tra i convogli che la precisione dei tiri dei cannoni, l’inseguimento e lo scontro tra italiani e inglesi durò per tutta la giornata.
Alle 16.44, ad avere il primo successo fu proprio il Giovanni delle Bande Nere su cui era imbarcato Elia, che da 14.000 metri centrò con una salva da 152mm l’incrociatore inglese Cleopatra di scorta al convoglio e ammiraglia in quel frangente, arrecandogli seri danni all’angolo destro poppiero della controplancia, lì dove vi erano i sistemi di tiro contraereo. Oltre ciò, per quella salva, il Cleopatra perse 16 marinai.
Calato il buio volse a termine anche la battaglia, passata poi alla storia come seconda battaglia della Sirte.
Dopo il combattimento tra le due Marine fu la tempesta di Scirocco, che nel frattempo si era scatenata oltre ogni aspettativa, a rendere alla flotta italiana difficile il rientro verso Messina e Taranto.
A soffrire più di tutti furono le navi cacciatorpediniere come la Giovanni delle Bande Neve, che per contenere il fortissimo rollio furono costrette a ridurre sensibilmente la velocità di navigazione. Ma nonostante tutti gli accorgimenti presi, i danni del maltempo causato alle unità minori furono ingenti, tanto che due di queste, la Scirocco, ironia della sorte, e la Lanciere, all’alba del 23 marzo vennero affondate dalle sferzate di un mare arrivato fino a forza 8!
Il Giovanni delle Bande Nere, con un equipaggio già stremato dalla lunga battaglia e da una navigazione difficilissima, proseguì in libertà di manovra verso Messina, presentandosi nel primo pomeriggio del 24 alle sue ostruzioni senza non poche avarie.
Vista la situazione precaria della nave, bisognosa di urgenti interventi riparatori, venne deciso di cantierizzarla presso La Spezia. Ed è così che la mattina del 1° aprile del 1942, effettuato il posto di manovra, il Giovanni delle Bande Nere, scortato dall’Aviere, dal Fuciliere e dal Libra – quest’ultimo subito rientrato per un’avaria – lasciano l’ormeggio di Messina per dirigersi verso la base navale spezzina.
Ma c’era poco da stare tranquilli e l’equipaggio lo sapeva benissimo. In quel periodo nessuna navigazione poteva definirsi sicura, maggiormente per un’unità navale malconcia come lo era in quel momento il Giovanni delle Bande Nere.

Il Sottocapo torrese Elia Soriente, che aveva stretto e sposato l’indissolubile legame col mare, lo sapeva benissimo!
Alle 8.41 il convoglio navale italiano venne intercettato dal sommergibile britannico Urge, in appostamento nei pressi dell’Isola di Stromboli, lì dove vi era l’accesso settentrionale allo Stretto di Messina. Alle 8.54, l’Urge, già in posizione di tiro, come il cacciatore si pone di fronte alla sua preda, da una distanza di quasi 5000 metri lancia 4 siluri verso il Bande Nere. Dopo alcuni minuti una prima esplosione si verificò a centro nave, seguita da un’altra dopo nemmeno dieci secondi dalla prima: era arrivata la sua fine e con essa si stava compiendo anche il destino del nostro Elia Soriente.
La nave colpita al cuore, nemmeno in due minuti, sbandò, si piegò nel suo centro fino a spezzarsi in due tronconi che presero la forma di due braccia alzate al cielo nel tentativo di una vana richiesta d’aiuto. Quel momento cruento durò nemmeno tre minuti e della Regia Nave Giovanni delle Bande Nere non restò più nulla se non tanti ricordi e una miriade di storie appartenenti ai suoi marinai, tra cui vi è quella del giovanissimo Elia Soriente, che sarebbe diventato ventenne da lì a qualche giorno.
Dei 772 marinai del suo equipaggio, 381 scomparvero tra i flutti. Chi ebbe la fortuna di salvarsi, successivamente, ebbe modo poi di raccontare ogni attimo di quanto accadde in quel momento, rendendo così viva la Memoria di quei loro compagni scomparsi tra l’immensità del mare.
Evviva il Sottocapo Palombaro Elia Soriente!

Fonti: Archivio Anagrafe di Torre Annunziata, sez. Leva;
www.difesa.it/Il_Ministro/Onorcaduti.it;
www.conlapelleappesaaunchiodo.blogspot.com;
www.regiamarina.netwww.elgrancapitan.orgwww.world-war.co.uk.
(*) digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome per conoscere gli altri suoi articoli. 

Vincenzo Pincin
di Sergio Covolan

(Campolattaro, 16.4.1923 – Mare, 1.4.1942)

Vincenzo Pincin, nato a Campolattaro il 16 aprile 1923, era un motorista navale imbarcato sulla regia nave  Giovanni Delle Bande Nere affondato nel Mediterraneo Centrale il 1° aprile 1942 alle ore 09:00. Lui fu uno dei tanti dispersi in mare.

Vincenzo Pincin era mio cugino di secondo grado.

Giuseppe Tumminia, mio padre (26.3.1922 – 25.10.2011)
di Antonino Tumminia

… riceviamo e con infinito immenso orgoglio pubblichiamo.

Mio padre, Giuseppe Tumminia, siciliano, era uno dei Cannonieri della Giovanni dalle Bande Nere, quel 1° aprile del 1942, ( sic proprio una pesce d’aprile), era fra i naufraghi. Mi raccontava che si era salvato con altri 40 marinari sopra un pezzo di sughero che galleggiava, e rimasti per 4 ore in quel mare gelido, in attesta di essere ripescato con gli altri sopravvissuti. Sul ponte della nave che li salvò (non ricordo il nome della nave), c’erano tutti i suoi compagni morti, distesi in fila sul ponte. Le macchie di petrolio o nafta che avevano bruciato i suoi piedi rimasero lì per parecchio tempo. Quanto io, a 18 anni partii militare, mi ritrovai marinaio e fui destinato al Ministero della Difesa, a Roma, lavoravo negli uffici del Ministero, segretario dattilografo, nell’ufficio di una sezione (che ometto) con un Tenente Colonnello, un Maresciallo, un Tenente, con il loro aiuto riuscii a fare avere a mio padre la Croce di Guerra che meritava e che il Ministero non aveva mai rilasciata, forse perché mio padre non sapeva cosa fare per ottenerla, assieme a quell’attestato gli spedii una foto della “Bande Nere”; venni a sapere dopo, che pianse tanto nel rivederla, pensando ai suoi amici morti.Mio padre ormai non c’è più, ma sulla stanza dove ha trascorso gli ultimi anni della sua vita, c’è ancora in cornice la sua Croce di Guerra, con la sua foto di allora e la Giovanni dalle Bande Nere, che mi rendono orgoglioso di mio padre, per l’uomo e il marinaio che è stato.
Antonino Tumminia

Gent.mo Sig. Vinciguerra
Ringrazio Lei, per il suo interessamento per mio padre Giuseppe. E’ nato a Palermo il 26.3.1922 e nel 2011 è partito per il suo ultimo viaggio. Purtroppo io non mi trovo a Palermo perché dal 1975 mi sono trasferito nel Modenese dove attualmente risiedo, a Palermo è rimasto uno dei miei fratelli, al quale chiederò di inviarmi la foto dell’attestato della Marina Militare e una foto ritratto di mio padre di allora. Appena riceverò questo materiale sarà mia cura farle pervenire. Pere ciò che riguarda eventuale missione non ricordo nulla in merito, da quello che mi raccontava, stavano per andare per riparazioni, quando i due colpi di siluro del Surge, affondarono la Bande Nere, mio padre fortunatamente si trovava sul ponte ed è riuscito a tuffarsi appena in tempo, proprio mentre la nave si spaccava in due tronconi e affondava verticalmente. Mi ha raccontato molte cose della sua vita militare e di quando è stato prigioniero dei francesi e delle umiliazioni subite da lui e dagli altri italiani, ma ho vergogna a raccontarle degli sputi ricevuti dai francesi  mentre, prigionieri, in corteo, sfilavano  per le vie e dai balconi i nostri cugini francesi gli sputavano addosso, al punto che arrivati a destinazione erano proprio bagnati. Riguardo stazionamenti o trasferimenti non so dirle nulla, per certo so che stava a Messina, perchè mi raccontava che scaricavano i bossoli dalla nave sul molo a Messina (dove c’è ancora oggi la base navale, Martello Rosso o qualcosa di simile… dove anch’io sono stato solo per 15 giorni prima del mio congedo) Il suo imbarco è stato il primo ed unico,  con la categoria  di Cannoniere, appena in tempo per  imparare a sparare,  …con la bocca aperta per non farsi saltare i denti daii contraccolpi delle cannonate.Appena possibile le invierò i materiali.
Un Cordiale saluto. Antonino TUMMINIA.

Gent.mo Sig. Vinciguerra,
Spesso mi rivedo accanto a  mio padre, ad ascoltare i suoi racconti di guerra,  della sua prigionia, e dei posti visitati, e non ricordo tante cose, ma alcune mi sono rimaste impresse nella mente, magari sono dei flash, ma sono immagini che ancora navigano nella mia mente. Ricordi di umanità,  anche di sorrisi, d sofferenze e di furbizie per sopravvivere in campi di prigionia. Credo che lo shock di quel naufragio se le portato addosso come un vestito nero, come un lutto perenne, per la sua bella nave e l’umanità dei suoi compagni. Ironia della vita, l’ultima notte della sua vita, trascorsa in ospedale,  passata a raccontare, al dottore di turno, storie di marinaio della Bande Nere, il dottore stesso, meravigliato della sua improvvisa dipartita, ci raccontò, che  trascorse molto tempo a parlare della guerra, all’alba, si è imbarcato per l’ultimo viaggio, questa volta non doveva stare ai cannoni e non doveva sparare, viaggiava verso l’amore e la luce, dove troviamo tutti quelli che ci hanno amato e una schiera di amici, in parata militare, che lo aspettano a bordo di una anima d’amore.                                                                                                                                                                          Antonino Tumminia 

Caro Ezio, un anno il 2020 purtroppo con un mare agitato, sperando che questo mare si calmi lasciandoci navigare con serenità, colgo l’occasione  di inviarti i più sinceri.
Ti allego un’illustrazione che ho realizzato modificando un disegno del Bande Nere, che come tu sai ci sono legato per mio padre che era cannoniere su questo incrociatore. Un abbraccio e cari saluti e auguri per tutti i tuoi lettori della Voce del Marinaio da  Antonino Tumminia.

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