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11.2.1918, la Beffa di Buccari e Arturo Martini

di Carlo Di Nitto (1)

…il ricordo di un marinaio mai dimenticato.

Eravamo ragazzi allora e vivevamo intensamente i favolosi anni Sessanta.
Al cinema, Clint Eastwood faceva giustizia con la sua “colt” nei film di Sergio Leone ed i nostri miti erano i Beatles ed il mare.
Eravamo ammalati di mare e per noi la pesca rappresentava il massimo del nostro rapporto con la natura.
Quando andavamo a Gaeta vecchia, quasi sempre incontravamo a Punta della Sanità un vecchio signore intento a pescare. La sua canna da pesca era rigorosamente di bambù, non come quelle di oggi fatte in fibra o resina, e doveva essere anche abbastanza pesante; portava tutte le sue cose in un cestino di vimini che gli serviva pure da sgabello. Si diceva che i cefali tremavano quando lo sentivano arrivare.
Nonostante l’età, era ancora un bell’uomo; ispirava una simpatia istintiva ed il suo portamento era caratterizzato da una fierezza che ci affascinava, anche se non sapevamo perché.
Cercando di dargli il minor fastidio possibile, gli chiedevamo consigli che lui, ben volentieri, ci forniva con dovizia di particolari. Ci parlava del mare come di un grande amico, dei suoi segreti, dei suoi misteri, della sua poesia, del rispetto che gli è dovuto.
Era conosciuto da tutti come il cavalier Martini, Arturo Martini.
Negli anni successivi, appresi che il cavalier Martini durante la Grande Guerra era stato decorato più volte per il suo eroico comportamento. Nella sua modestia non aveva mai parlato di sé ed allora, cercando di saperne di più, scoprii molte cose della sua nobile e generosa vita, che oggi me ne rendono ancora più vivo ed entusiasta il ricordo.
Era nato a Napoli nel 1881 e si arruolò ben presto nella Regia Marina con la categoria di silurista. Trovandosi a Gaeta per servizio, conobbe Laura, una bella ragazza gaetana che sarebbe diventata la sua sposa.
Durante la Grande Guerra, con il grado di Secondo Capo silurista ed assegnato ai MAS al comando di Luigi Rizzo, prese parte alle più note ed eroiche imprese compiute da questo Comandante, sulle quali tanto è stato scritto.
Fu Arturo Martini, imbarcato sul MAS 9, che il 9 dicembre 1917 sganciò i siluri che affondarono la corazzata austroungarica “Wien” nel corso di un’ardita azione nel porto di Trieste.
Successivamente, nella notte tra il 10 e l’11 febbraio 1918, partecipò alla “Beffa di Buccari(2), impresa di grande risonanza psicologica e propagandistica, alla quale prese parte anche il poeta Gabriele d’Annunzio che, cantandola nei suoi versi, contribuì a risollevare il morale italiano dopo la triste esperienza di Caporetto:

«… Siamo trenta d’una sorte,
e trentuno con la morte.

… Siamo trenta su tre gusci
su tre tavole di ponte:
secco fegato, cuor duro,
cuoia dure, dura fronte …»

“… Non torneremo indietro‑ «Memento Audere Semper» leggo su la tavoletta che sta dietro la ruota del timone: il motto composto poco fa, le tre parole che sono la disciplina del nostro Corpo. Il timoniere ha trovato subito il modo di scriverle in belle maiuscole, tenendo con una mano la ruota e con l’altra la matita. «Ricordati di osar sempre».”

Per la sua compartecipazione a queste imprese, Arturo Martini venne decorato di medaglie d’argento e di bronzo al Valor Militare.
Negli anni successivi il cavalier Martini, si stabilì definitivamente a Gaeta a trascorrere con serenità gli anni della vecchiaia. La vita non gli aveva concesso la gioia di avere figli, ma la sua gentilezza e la sua cordialità lo resero amato ed apprezzato da quanti ebbero la fortuna di conoscerne le qualità umane.
Nel 1969 la sua amata Laura si addormentò per sempre. Poche ore dopo, anche il nobile e generoso cuore di Arturo Martini, che non aveva  retto al dolore di aver perso la compagna della sua lunga vita, cessò di battere.
Dormono insieme nel cimitero di Gaeta e, per una circostanza fortuita, vicino a lui riposa un eroico compagno di Buccari: il Marinaio scelto Giuseppe Corti da Ponza.
Sulla tomba si legge:

Cavaliere Arturo Martini, “dei trenta di Buccari”.

Note:
(1) Carlo Di Nitto 
Nasce il 5 novembre 1948 a Gaeta (LT)  in anni ancora difficili; ha vissuto una giovinezza stupenda nei favolosi anni ’60. Orgogliosamente ha prestato servizio nella Marina Militare ed ha navigato un po’ nella Marina Mercantile come Allievo ufficiale Macchine. E felicemente coniugato, ha due figlie splendide che lo vorrebbero un po’ più magro (e in questo sono più dure della madre).
Dopo trentasette anni di servizio nella pubblica Amministrazione (I.N.P.D.A.P.) è approdato alla pensione. Attualmente riveste l’incarico di Presidente dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia Gruppo di Gaeta (Latina) e i suoi passatempo preferiti sono la lettura e la fotografia.
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Contatti

http://www.anmigaeta.com
carandin@iol.it
carlo.dinitto@libero.it

(2) La Beffa di Buccari
L’azione svoltasi nella notte sull’11 febbraio 1918, passò alla storia come la beffa di Buccari, e fu annoverata dagli storici “tra le imprese più audaci” del conflitto con una “influenza morale incalcolabile”, anche se purtroppo “sterile di risultati materiali”. Al comando di Costanzo Ciano, all’azione parteciparono i M.A.S. 96 (al comando di Rizzo con a bordo Gabriele D’Annunzio), 95 e 94, rimorchiati ciascuno da una torpediniera e con la protezione di unità leggere. Dopo quattordici ore di navigazione, alle 22.00 del 10 febbraio, i tre M.A.S. iniziarono il loro pericoloso trasferimento dalla zona compresa tra l’isola di Cherso e la costa istriana sino alla baia di Buccari dove, secondo le informazioni dello spionaggio, sostavano unità nemiche sia mercantili sia militari.
L’audacia dell’impresa trova ragione di essere nel percorso di 50 miglia tra le maglie della difesa costiera nemica, anche se l’attacco non riuscì, dato che i siluri lanciati dalle 3 motosiluranti si impigliarono nelle reti che erano a protezione dei piroscafi alla fonda. Le unità italiane riuscirono successivamente a riguadagnare il largo tra l’incredulità dei posti di vedetta austriaci che non credettero possibile che unità italiane fossero entrate fino in fondo al porto, e che non reagirono con le armi ritenendo dovesse trattarsi di naviglio austriaco.
Dal punto di vista propriamente operativo, emerse un elemento importante dalla scorreria dei M.A.S. a Buccari: le facili smagliature ed il mancato coordinamento del sistema di vigilanza costiero austriaco che finiva per prestare il fianco all’intraprendenza dei marinai italiani sempre più audaci.
L’impresa di Buccari ebbe poi una grande risonanza, in una guerra in cui gli aspetti psicologici cominciavano ad avere un preciso rilievo, anche per la partecipazione diretta di Gabriele D’Annunzio, che abilmente orchestrò i risvolti propagandistici dell’azione e che lascio in mare davanti alla costa nemica, tre bottiglie ornate di nastri tricolori recanti un satirico messaggio così concepito: “In onta alla cautissima Flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d’Italia, che si ridono d’ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre ad osare l’inosabile. E un buon compagno, ben noto, il nemico capitale, fra tutti i nemici il nemicissimo, quello di Pola e di Cattaro, è venuto con loro a beffarsi della taglia”.
(tratto da
http://www.marina.difesa.it/storiacultura/storia/palazzomarina/Pagine/LabeffadiBuccari.aspx)

Per saperne di più
Autore: Giorgio Giorgerini;
Titolo: Attacco dal mare;
Casa editrice: Mondadori;
Anno di pubblicazione: 2007;
ISBN: 8804512431;
Cartonato con sovraccoperta, f.to 14,0 x 21,5 cm. pag. 468.
Dai Primi MAS della Grande Guerra ai barchini esplosivi e ai “maiali” della X Flottiglia, ai mezzi avveniristici di oggi: un secolo di storia dei reparti d’assalto navale italiani.

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