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18.1.1879, Gaetano Pesce

di Antonio Cimmino e Claudio Confessore

(Meta (NA), 18.1.1879 – 17.11.1917)

Il Capitano di corvetta Gaetano Pesce e l’affondamento del pontone armato Cappellini nel primo conflitto mondiale.

Gaetano Pesce di Luigi e di  Rosalia Petruzzelli, nacque a Meta (Napoli) il 18 gennaio 1879. Giovanissimo il 31 ottobre entrò nella reale Accademia navale di Livorno ove, il 6 agosto 1897 conseguì il grado di Guardiamarina.
Promosso Sottotenente di Vascello il 16 marzo1899, si specializzò in Artiglieria e Balistica con l’ufficiale-scienziato Gregorio Ronca, anch’egli campano di Solofra. L’introduzione nell’artiglieria navale di armi di lunga gittata, fu oggetto di studi approfonditi del Ronca che, con l’aiuto del matematico Alberto Bassani, creò un nuovo sistema di  calcolo della traiettoria dei proiettili (Metodo Ronca-Bassani).
Pesce si appassionò allo studio di questa nuova disciplina detta anche “tiro navale migliorato a salve (Tiro Ronca)” che permetteva di sparare con grande precisione, oltre cinque miglia di distanza. Tale metodo fu adottato da molte marine, tra cui quella giapponese che si modernizzò proprio sulla base delle tecniche sperimentate dalla marina italiana ad opera dell’Ammiraglio Togo, che usò la nuova tecnica di tiro durante la guerra tra il Giappone e la Russia (1905) ed a cui si deve la distruzione della flotta russa (35 navi) nei pressi delle isole di Tsun-Shima.
Giovanissimo Tenente di Vascello dal 4 agosto1904, Gaetano Pesce divenne uno dei migliori direttori di tiro e nelle gare del 1908 portò la sua nave a vincere i migliori premi in palio.
Per questi motivi fu nominato Cavaliere della Corona d’Italia, la prima onorificenza a carattere nazionale, istituita con Decreto Reale dal Re Vittorio Emanuele II il 20.2.1868 dopo la cessione del Veneto all’Italia da parte dell’Austria e il ritorno nella Cattedrale di Monza della Corona di Ferro con la quale furono incoronati tutti gli imperatori da Carlo Magno a Napoleone, come simbolo di potere sulla nostra penisola. Questo ordine era destinato a remunerare le benemerenze verso gli interessi della nazione da parte di italiani o stranieri. Gran Maestro dell’Ordine era il Re ed i successori al trono d’Italia.

Allo scoppio della guerra italo-turca (guerra di Libia),  Pesce partecipò allo sbarco per la conquista di Tripoli, inquadrato nel Reggimento delle truppe da sbarco della Regia Marina della Divisione Navi Scuola. Per il suo comportamento, con R.D.19agosto 1912 gli fu conferita la Medaglia d’ Argento al Valor Militare con la seguente motivazione:” Comandante di una batteria da sbarco prese parte a tutti i fatti d’arme dall’ 11 ottobre al 3 novembre, dimostrando sempre grande calma e coraggio sotto il fuoco nemico, e abilità nell’impiego tattico  dei suoi pezzi” (Tripoli, ottobre-novembre 1911).
Per tutte le azioni di valore dei marinai, il 26 novembre 1915, su proposta del ministro della Marina, contrammiraglio Pasquale Leonardi Cattolica, il Re concesse alle Forze da sbarco della Regia Marina la bandiera di guerra decorata con Medaglia d’Oro al Valor Militare “per l’ardire e l’eroismo dimostrato nelle varie azioni compiute nei mesi di ottobre 1911 per l’occupazione della Tripolitania e della Cirenaica”.

Terminata la guerra di Libia, nel 1913 al Tenente di Vascello Gaetano Pesce fu assegnato il comando della torpediniere Clio inquadrata nella 3° Squadriglia di Gaeta per servizi in Sardegna, isole minori e Golfo di Salerno.
Nel mese di novembre collaborò alle operazioni di disincaglio dell’incrociatore San Giorgio andato in costa nello Stretto di Messina. L’anno successivo, sempre al comando del T.V. Pesce, la piccola unità, con base a Taranto, fu adibita alla ricerca e distruzioni di  mine vaganti nello Jonio e nel Basso Adriatico. Allo scoppio della Grande Guerra il T.V., sempre al comando della Clio effettuò missioni di scorta e sorveglianza nel medesimo scacchiere. Quando la torpediniere andò in bacino a Palermo per manutenzione, al Pesce fu affidato il comando di un treno armato nella tratta del Basso Adriatico.

La Regia Marina approntò una serie di treni armati, equipaggiati con cannoni navali di piccolo e medio calibro. Il servizio assicurava la difesa mobile della costa adriatica da Ravenna a Bari, in particolare nelle zone più esposte agli attacchi austro-ungarici tra Ravenna e Termoli e tra Barletta e Bari.
Successivamente il T.V. Pesce fu inviato a Venezia come comandante in seconda della vecchia nave da battaglia Emanuele Filiberto, utilizzata come fortezza galleggiante a protezione della città. L’ammiraglio Thaon di Revel, infatti, lucidamente aveva individuato la città lagunare come l’unico valido baluardo per arginare la flotta austro-ungarica asserragliata nelle basi di Trieste e Pola che, altrimenti, avrebbe straripata facilmente in Adriatico e nello Ionio, essendo la munita base di Taranto troppo lontano. Venezia era importante anche perché la sua perdita avrebbe consentito all’esercito nemico di accerchiare le linee italiane e sbucare incontrastato, attraverso la Pianura padana, fino agli Appennini.

Promosso Capitano di Corvetta il 2 giugno 1916, Gaetano Pesce ebbe il comando del pontone armato Alfredo Cappellini. La scelta fu dettata dalla sua competenza tecnica delle artiglierie navali di grosso calibro in quanto il pontone era armato con due cannoni Vickers Armstrong da 381/40 mm originalmente destinati alla corazzata Francesco Morosini (non più costruita) della classe Caracciolo in costruzione a Castellammare (anche questa unità, una volta varata anni dopo, non prese mai il mare e fu demolita); completavano l’armamento, 4 pezzi antiaerei da 76/40mm. I due grossi calibri, con brandeggio ed alzo rispettivamente di 15° e 20°, erano in grado di sparare proiettili sulle postazioni austriache del Carso, fino a 25.000  metri.  Con precisione il Comandante Pesce lanciò i proiettili da 884 chilogrammi contro le postazioni nemiche in terraferma a sostegno delle azioni della fanteria.

Ma la rotta di Caporetto costrinse il Cappellini e l’altro grosso pontone il Faà di Bruno a ripiegare verso Ancona. Salparono da Venezia il  15 novembre 1917. Il Cappellini trovò mare grosso che causò la rottura delle rizze dei cannoni che fece sbandare l’imbarcazione ed imbarcare acqua dalle maniche a vento, dai boccaporti e dalla torre dei cannoni, nonostante i tentativi del comandante di otturare queste vie d’acqua e dar potenza alle pompe di svuotamento. Cna chiatta senza pescaggio non adatta per il mare aperto, costruita apposta per muoversi in laguna, l’assetto ormai era compromesso, il Luni, il rimorchiatore che lo trainava, dopo i tentativi di far arenare il pontone dirigendolo verso costa, mollò gli ormeggi. Il pontone era ormai in balia delle onde. I provvedimenti presi dal comandante  non riuscirono a vincere la furia del mare e a salvare il natante. Radunati gli uomini, fece loro indossare i giubbotti di salvataggio ed  ordinò l’abbandono nave. Le cause dell’affondamento del pontone sono elencate nel rapporto finale della R.M.:
“Il naufragio del Cappellini è dovuto a causa di forza maggiore determinata dal mare tempestoso, dalla nessuna adattabilità del pontone ai mari cattivi, dalla debolezza della costruzione e permeabilità dei portelli e dall’essersi rotte le rizze dei cannoni che provocarono l’ingavonamento del pontone. Si può affermare che la maggior parte delle morti sia avvenuta per assideramento”. Riferendosi al comandante, viene scritto: “Egli col nostromo e tre o quattro marinai ammainò la lancia, ed egli ultimo vi scese: poco dopo il Cappellini si rovesciava: la lancia, traversata dal mare si rovesciava…Risulta che il Comandante fu ultimo a lasciare la nave e solo quando vide che nulla si poteva fare per salvarla”.

Così la relazione d’inchiesta, che ne elogiò pure l’ammirabile contegno, il coraggio, la calma e propose la concessione della Medaglia d’Argento al Valor Militare. La motivazione delle decorazione così recita:
“Alla memoria del cap. di Corvetta Pesce Gaetano, comandante in zona di operazione di una cannoniera semovente portò più volte la sua nave arditamente ed efficacemente al fuoco contro posizioni nemiche, superando notevoli difficoltà nautiche e tecniche e sostenendo con sereno coraggio e calma ammirevole il tiro aggiustato di controbatterie. Esempio di alte virtù militari, chiuse sul mare la giovine esistenza spesa nobilmente al servizio    della Patria”.

Perirono il comandante ed altri 68 uomini dell’equipaggio, se ne salvarono solo quattro: il sottocapo cann. Fernando Aldrovandi, il cann. Filippo Dagnino, il torpediniere Domenico Lorusso ed il marinaio Gennaro Trulli.
I corpi delle vittime vennero sepolti nel cimitero delle Grazie, a Senigallia
Tra i 69 uomini dell’equipaggio morti nell’affondamento del Cappellini, due marinai appartenenti al Compartimento Marittimo di Castellammare di Stabia:
– Marinaio scelto   Gaetano Lampo di Giovanni, nato a Meta il 2 febbraio1893
– Cannoniere scelto   Giovanni Tramice di Pasquale nato a Castellammare di Stabia il 22 aprile 1890.

ELENCO DEI 69 CADUTI DEL PONTONE ARMATO CAPPELLINI (in ordine alfabetico)

Marinaio Accardo Ciro di Torre del Greco/Marinaio Addezio Vincenzo di Napoli/Sottocapo Cannoniere Amitrano Saverio di Scafati/Marinaio Ascione Francesco di Torre del Greco/Fuochista Scelto Baldan Giuseppe di Venezia/2° Nocchiere Baldassini Amedeo di Aulla/Marinaio Baldini Salvatore di Giulianova/Marinaio Barcio Nunzio di Siracusa/Torpediniere elettricista Beneduce Romeo di Milano/Fuochista Berta Vittorio di Genova/Torpediniere Bianchi Aristide di Milano/C° Cannoniere Bianchi Ulisse di Roma/Marinaio Boero Alessandro di Genova/Marinaio Bottiglieri Giuseppe di Torre del Greco/Sottocapo Cannoniere Brindisi Amatuccio di Trivigno/Fuochista Canciani Angelo di Venezia/Cannoniere Scelto Capuano Francesco di Napoli/Marinaio Scelto Cuciti Stefano di Milazzo/Marinaio Damonte Antonio di Arenzano/Fuochista Scelto Doria Antonio di Chioggia/Cannoniere Scelto Duro Stefano di Palermo/2° Capo Cannoniere Falco Giorgio di Marano di Napoli/Marinaio Fogli Raffaele di Comacchio/Marinaio Gallino Pietro di Sanremo/Cannoniere Scelto Gallo Giosuè di Caorle/Timoniere Galluzzi Armando di Torino/Marinaio Gambardella Vincenzo di Amalfi/Sottocapo Cannoniere Godani Angelo di Aulla/Sottonocchiere Graffigna Giuseppe di Genova/Marinaio Scelto Lampo Gaetano di Meta/Marinaio Macaluso Domenico di Palermo/Marinaio Maggio Francesco di Motta Camastra/2° Capo Cannoniere Manarola Marcello di Finalborgo-Finale Ligure/Marinaio Scelto Mannucci Amerigo di Livorno/Cannoniere Mantovan Galliano di Loreo/Sottocapo Fuochista Milanese Giovanni Battista di Genova/Marinaio Monterosso Vincenzo di Siracusa/Sottocapo Torpediniere Morana Pasquale di Palermo/C° 1 Cl Torpediniere Musesti Vittorio di La Spezia/Cannoniere Scelto Orlando Pietro di Borghetto S. Spirito/Sottocapo Cannoniere Paone Umberto di Napoli/Sottocapo Cannoniere Passanini Domenico di Augusta/C° 2 Cl Cannoniere Pastore Gaetano di Vieste/Marinaio Patania Sebastiano di Siracusa/C° 2 Cl Cannoniere Perrucci Achille di Caserta/Capitano di Corvetta Pesce Gaetano di Meta/Fuochista Petrucci Giuseppe di Rimini/Cannoniere Scelto Piccinni Vito di Tricase/Marinaio Pinedo Antonio di Buenos Ayres (Argentina)/Cannoniere Scelto Polacci Roberto di Pietrasanta/Cannoniere Quaranta Federico di Napoli/Sottocapo Cannoniere Quattrucci Giacomo di Castrocielo/Fuochista Scelto Ravegnani Giovanni di Rimini/Marinaio Scala Antonino di Torre del Greco/1° Macchinista Segre Lino Samuele di Casal Monferrato/Sottocapo Cannoniere Selo Antonio di Napoli/Tenente Spataro Francesco di Taranto/Marinaio Staiti Nicola di Genova/Sottocapo Cannoniere Sturni Luigi di Bitetto/Fuochista Tamburi Giuseppe di Asciano/Fuochista Scelto Taragno Giovanni di Torino/Marinaio Tarantino Salvatore di Torre del Greco/Marinaio Toscani Amedeo di Colonnella/Cannoniere Scelto Tramice Giovanni di Castellammare di Stabia/Marinaio Vecchio Ignazio di Licata/Sottocapo Torpediniere Vegnuti Ezio di Fivizzano/Fuochista Veschi Giustino di Ancona/Sottonocchiere Vitale Pasquale di Ravello/2° Capo Zara Salvatore di La Maddalena.

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