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10.12.1931, il varo del regio sommergibile Medusa

di Claudio Confessore
Diritti riservati dell’autore per gentile concessione a
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Il nome Medusa in Marina è legato a due sommergibili uno ha partecipato alla Prima Guerra Mondiale e l’altro alla Seconda; entrambi affondati con siluri lanciati da sommergibili nemici in Alto Adriatico.

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Del Medusa della Prima Guerra Mondiale abbiamo già parlato in questo blog e l’articolo è stato recentemente riproposto da Ezio al seguente link:
https://www.lavocedelmarinaio.com/2016/01/30-1-1942-affondamento-del-regio-sommergibile-medusa/
La tragedia del Medusa della Seconda Guerra Mondiale ha inspirato molti film del dopoguerra ma qui voglio ricordare:
• il libro “Un corpo sul fondo” di Pietro Spirito editore Guanda (collana Narratori della Fenice) che è ancora possibile trovare in commercio;
• il film documentario “Medusa – Storie di uomini sul fondo” di Fredo Valla che è possibile ancora acquistare contattando direttamente l’autore come indicato al seguente link: http://www.fredovalla.it/medusa-storie-di-uomini-sul-fondo/
Ringrazio il dott. Fredo Valla per il materiale fornitomi a corredo del presente lavoro di ricerca. Su YouTube è possibile vedere il trailer del suo film documentario al seguente link:
https://www.youtube.com/watch?v=nbU1ot_mBI8 mentre l’animazione dell’affondamento al trovabile seguente link: http://www.arcoiris.tv/scheda/it/14882/

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Caratteristiche tecniche
Sommergibile della classe Argonauta impostato il 30 novembre 1929 nei cantieri di Monfalcone, varato il 10 dicembre 1931, consegnato l’8 ottobre 1932.
Lungo 61,50 metri e largo 5,65, il Medusa dislocava (in superficie) 650 tonnellate e 810 in immersione. Mosso da due motori diesel e da due propulsori elettrici da 1.500 e 800 cavalli, l’unità era in grado di raggiungere 14 nodi in superficie e 8 in immersione. Dotato di un’autonomia di 4.900 miglia a 9,5 nodi (in superficie), il Medusa era armato con un cannone da 102 mm. Prodiero, 2 mitragliere da 13,2 mm e sei tubi lanciasiluri. L’equipaggio dell’unità era di 4 ufficiali e 40 marinai.
Entrato in servizio fu assegnato a Messina. Nel corso del 1934 svolse un lungo viaggio di addestramento nel bacino orientale del Mediterraneo. Nel 1935 fu temporaneamente dislocato a Lero, ritornando nuovamente a Messina dopo un anno e dal 10 giugno 1940 fu assegnato alla 72a Squadriglia VII Gruppo a Cagliari ed il 5 marzo 1941 venne dislocato a Pola, per la Scuola Sommergibili e in agguati davanti alle coste dalmate.

Attività effettuata durate il servizio
10/06/1940
All’inizio delle ostilità è già in agguato al largo di Ajaccio rientra a Cagliari il 14 giugno assegnato alla 72a Squadriglia VII Gruppo
23/06/1940
Riparte da Cagliari per agguato a levante di La Galite
01/08/1940
Agguato a Nord di Capo Bougaroni. Il 2 rientra per avaria
dal 24/09/1940 al 30/09/1940
Agguato a nord di Biserta alle ore 11.45 del 24 viene attaccato da un aereo inglese. Il battello reagisce abbattendo l’aeromobile.
dal 09/11/1940 al 12/11/1940
Agguato al largo di La Galite insieme ad altri 4 sommergibili. Al termine rientra a Taranto. Sbarca il Comandante CC Enzo Grossi che assume il comando del Barbarigo. Gli succede il CC Enrico Bertarelli.
dal 30/11/1940 al 20/02/1941
Sosta lavori a Taranto. Al termine dei lavori viene trasferito a Pola
dal 05/03/1941 al 29/01/1942
Sommergibile a disposizione della Scuola Sommergibili di Pola ed effettua 65 uscite di addestramento e le seguenti missioni di sorveglianza:
• dal 14 al 18 aprile 1941 pattugliamento coste dalmate
• dal 25 al 28 settembre 1941 pattugliamento in alto Adriatico
• dal 12 al 14 dicembre 1941 pattugliamento tra Venezia e Trieste
• dal 25 dicembre 1941 in pattugliamento in alto Adriatico
30 gennaio 1942 – Affondamento del battello
Il 30 gennaio 1942 il battello, al Comando del Capitano di Corvetta Enrico Bertarelli, effettuò una esercitazione, tra Cherso e le coste istriane (nel Golfo del Carnaro), insieme col piroscafo Grado, al sommergibile Mameli ed alla vecchia Torpediniera Insidioso. A bordo oltre ai 60 uomini dell’equipaggio c’erano anche 6 ufficiali e 21 allievi Sottocapi e Comuni della Scuola di Pola. Nella fase di rientro dall’esercitazione il sommergibile britannico HMS Thorn, in agguato in zona, emerse e lanciò quattro siluri. Tre furono evitati con manovre evasive, ma l’ultimo siluro andò a segno alle 14.05 e colpì il Medusa sul lato sinistro al centro, sotto la torretta, provocando una violenta esplosione e l’immediato affondamento nel punto 44°45′ N e 13°36′ E nelle vicinanze dall’isola di Fenera.
Secondo la testimonianza del Guardiamarina Fei, uno dei sopravvissuti gravemente ferito e che successivamente morì nell’ospedale di Pola, il sommergibile britannico lancio la salva dei siluri ad una distanza di circa 1.000 metri:
…Omissis…
“…il mare era tranquillo e la navigazione procedeva senza problemi quando dalla torre, sulla quale mi trovavo con il capitano Bertarelli e altri cinque ufficiali, scorgemmo le scie di quattro siluri…Con prontezza, il comandante riuscì a manovrare evitandone tre, ma il quarto ci centrò in pieno”.
…Omissis…
L’esplosione fu avvertita dalle unità in zona. La prima unità a prestare soccorso fu il piroscafo Carlo Zeno che raccolse 5 naufraghi di cui due morti e tre feriti, che trasportò a Pola mentre sul luogo del sinistro erano giunte anche le unità che erano in esercitazione con il Medusa. Tra i feriti c’era anche il TV Gaetano Arezzo della Targia a cui fu successivamente assegnato il Comando del sommergibile Uarsciek con cui affonderà il 15 gennaio 1942.
Importante fu la dichiarazione del Guardiamarina Cesare Cadario di nave Grado, conservata all’Ufficio Storico della Marina Militare, che rilasciò a Pola il 5 febbraio 1942 poiché fu lui che notò galleggiare una boa telefonica nel punto dove era affondato il battello ed accorso sul posto con un motoscafo iniziò a comunicare con alcuni sopravvissuti che erano rimasti intrappolati nella camera di poppa del battello.
…Omissis…
“ Mi sono subito messo in comunicazione con il capo silurista di 3.a classe Vatteroni, e l’ho avvisato che erano iniziati i soccorsi e che erano affondati a meno di mille metri dall’isola di Fenera, a circa 30 metri di profondità. Ho chiesto quanti erano e come si trovavano. Mi rispose che erano in 14, che nessuno aveva ferite e che il sommergibile era un po’ sbandato e non avevano luce ad eccezione di un accumulatore”.
Segue l’elenco nominativo degli uomini che si trovano nella camera di lancio di poppa del sommergibile.
• Capo Silurista di 3a Classe Riccardo Vatteroni;
• 2° Capo Elettricista Oronzo Corrado;
• 2° Capo Elettricista Mario Vitali;
• Sottocapo Elettricista Paolo Congiu;
• Sottocapo Motorista Gerardo Tosto;
• Elettricista Alberto Amadei;
• Motorista Salvatore Agricola;
• Allievo Silurista Arturo Capra;
• Elettricista Celso Ravera;
• Sottocapo Elettricista Mario Basile;
• Sottocapo Silurista Augusto Scarioni;
• Silurista Giovanni Ausenda;
• Sottocapo Elettricista Mario Valentini;
• Elettricista Francesco Cosmina.

A una mia domanda il capo silurista rispondeva che aveva tentato di mettersi in comunicazione con le altre parti del sommergibile ma che nessuno aveva risposto, e mi diceva che il locale Motori Termici era sicuramente allagato. Gli raccomandavo di esser calmo e di tenere calma la gente che era con lui. Mi rispondeva che erano tutti calmi e sereni, fiduciosi nell’opera di soccorso. L’ho consigliato di far stare la gente seduta e ferma. Mi disse che vi erano delle leggere infiltrazioni d’acqua. Vero le 17.00 mi disse che l’acqua era al pagliolato e che aumentava di circa 10 centimetri all’ora. Mi disse che cominciava a mancare l’ossigeno e che aveva freddo.
Alle 16.30 il com. Ginocchio si avvicinava alla boa con un velocissimo (motoscafo) e mi incaricava di dire che avrebbero fatto mandare dei cappucci Davis (autorespiratori). Già prima il com. Bardi aveva parlato con il Capo Silurista per dirgli che avrebbe provveduto ai soccorsi.
Alle 17. 15 circa anche il tenente medico Esposito comunicava con l’interno del sommergibile e assicurava che sarebbero presto iniziate le operazioni di sollevamento.
Quando, verso le 17.30, annunciai che vedevo spuntare da Capo Promontore le lancia dei palombari furono molto contenti e ancora il Capo Silurista mi raccomandò che si facesse presto perché l’ossigeno mancava e non vi erano maschere Davis per tutti.
Successivamente il com. Buonamici comunicando con l’interno consigliava la calma e di usare la capsule Boldrocchi (una specie di filtro per l’anidride carbonica) e chiedeva se la porta stagna del locale motori termici era chiusa.
Alle 18.15, accorgendomi che il capo silurista parlava con fatica gli ordinavo di non parlare più e di stare ad ascoltare le notizie che gli avrei dato in continuità.
Alle 18.20 quando gli dissi che la barca era vicina e si stava per mettere sopravento alla boa e che il sommergibile Otaria si avvicinava per dare ossigeno mi disse la sua soddisfazione e mi ringraziò per quanto si stava facendo per loro.
Alle 18.35 mi accorsi di non essere udito dall’interno del sommergibile e constatai che a causa delle onde si era spezzato il cavo telefonico. Cercai di unire i fili ma non riuscii a mettermi in comunicazione e allora avvertii il capo servizio G.N. del Gruppo che mi passava vicino del perduto contatto. Mi rispose che avrebbe mandato un elettricista dell’Otaria.
Intanto il sommergibile Otaria era giunto in prossimità della boa. Alle 18 ritornavo sulla nave Grado.
…Omissis…
Nel frattempo sul posto erano giunti anche il sommergibile “Otaria” ed il battello dei palombari che alle 19.40 riuscirono a calarsi sullo scafo affondato. Il sommergibile era appoggiato sul fianco destro con un ampio squarcio al centro in corrispondenza della torretta. Intanto il tempo passava spietatamente e nelle prime ore notturne del 31 gennaio le operazioni di soccorso incominciarono ad essere ostacolate dal forte vento e dal mare.
Alle 00.30 le manichette per l’aria messe in mare dell’Otaria, che era riuscito a dar fondo all’ancora posizionandosi sulla verticale del Medusa, furono allacciate dai palombari allo scafo del battello affondato ed alle 01.20 inizio ad essere immessa aria fresca nella camera di poppa del Medusa. Alle 01.30 il cavo telefonico si ruppe per il mare e vento forte e furono recuperati anche i palombari che poterono riprendere l’immersione solo alle 07.30 del mattino e la speranza di trovare qualcuno ancora in vita fu certezza quanto battendo alcuni colpi contro le lamiere del battello ci fu una risposta dall’interno dalla camera di poppa.
Il pontone GA. 141 giunto da Pola tentò di imbragare la poppa del Medusa, ma dovette desistere ed allontanarsi per l’ulteriore peggioramento del tempo che costrinse tutti i mezzi di soccorso, ad eccezione del sommergibile Otaria, a ripararsi nelle insenature di Capo Promontore o rientrare in porto. Alle 19.00 l’ancora dell’Otaria cominciò ad arare, il battello si traversò al mare e le manichette dell’aria si ruppero. Il Comandante, Capitano di Corvetta Emilio Berengan, fu costretto a rientrare a Pola. Per il mare in tempesta fu possibile riprendere i soccorsi solo il 4 febbraio ma ormai non c’era più nulla da fare. Dall’interno solo il silenzio.
Verso la metà del 1943 iniziarono le operazioni di recupero del relitto. Furono recuperati con un pontone la prora e la poppa e fu possibile il 15 giugno recuperare dei corpi rimasti intrappolati nello scafo. La parte prodiera fu smantellata, mentre la poppa, per una errata manovra; ricadde in mare in vicinanza del porto di Pola dove ancora oggi giace presso Punta Verudela, a una profondità di circa 40 metri.
In tutto il Medusa aveva svolto 10 missioni offensivo-esplorative e 9 di trasferimento, per complessive 6311 miglia di navigazione in superficie e 578 in immersione.

Personale del Sommergibile Medusa deceduto il 30-01-1942

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Alcune testimonianza rilasciate da alcune figlie dei Caduti al regista Fredo Valla nell’ambito della realizzazione del film documentario “Medusa – Storie di uomini sul fondo”
…Omissis….
…. solo che ogni tanto mi viene come uno sprazzo di memoria, mi sembra di vedere su una sedia un cappello da ufficiale di marina. Non so se è un ricordo vero oppure è un sogno, perché tante volte ho desiderato di vederlo veramente ‘sto papà ma in realtà essendo così piccola credo che proprio dei veri ricordi non posso averli mai avuti. Mamma non ce ne ha parlato spesso, io ricordo molto bene le passeggiate giornaliere che facevamo nel cimitero …
…Omissis…
Questa tragedia del Medusa ha segnato la nostra vita perché si fa presto a dire un nome, vedere tanti nomi su Internet, Tenente di Vascello tal dei tali e poi tutti i nomi dei Guardiamarina che avevano 16,18,19 anni e pensare sono nomi. Noi l’abbiamo vissuto sulla nostra pelle, è stata una tragedia che non ha finito di coinvolgerci anche da adulti e così penso a tutte le famiglie di questi ragazzi giovani che hanno perso i loro cari.
Però quando si legge e basta non si pensa, ma questo succede in tutte le guerre quando si vedono anche sulle lapidi tutti questi nomi.
…Omissis….
… “mi chiamava il mio topolino e non vedeva l’ora di venire a casa sempre per prendermi. Quando veniva dalle missioni mi teneva sempre con lui, sempre in braccio, stavo sempre con lui, anche se piangevo che magari volevo andare con mia mamma perché lo conoscevo poco, ero abituata poco a stare con lui…
…Omissis…

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