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Il terremoto di Messina: le vittime della Marina

di Guglielmo Evangelista (*)

L’elenco dei caduti della Marina Militare per cause belliche è lungo, ma non meno lungo è quello  di coloro che hanno perso la vita per incidenti, malattie o fatalità connessi alla loro professione.  Qui vogliamo ricordare chi scomparve durante uno dei più tragici episodi della storia italiana: il terremoto di Messina.
La storia è ben nota: alle 5,20 del mattino del 28 dicembre 1908 la terra tremò devastando tutte le località che si affacciano sullo stretto  e quelle di una lunga fascia di territorio verso Palermo e su per la Calabria; al sisma seguì un maremoto. Inutile andare nei dettagli: dire che le vittime furono 120000 è sufficiente a dimostrare quanto l’evento sia stato catastrofico.
In quel momento nel porto di Messina si trovavano diverse unità da guerra: certo erano navi d’acciaio e non erano né velieri né pescherecci, e ressero bene alla furia della natura anche se i danni alle strutture furono numerosi, tanto da impedire ad alcune di mettere in moto le macchine; restarono comunque a galla senza perdite umane.

Queste unità  costituivano la Prima Squadriglia Torpediniere composta dalle grosse torpediniere Saffo, Serpente, Spica e Scorpione, con l’incrociatore Piemonte in funzione di nave comando e nave appoggio.
Come fu evidente la portata della tragedia, la Spica, comandata dal tenente di vascello Belleni risalì la costa  calabrese alla ricerca di un posto dove il telegrafo fosse ancora funzionante  e solo dopo le cinque del pomeriggio, da Marina di Nicotera, riuscì ad avvisare Roma della tragedia.
La Regia Marina lamentò 78 morti: si trattava di personale destinato a terra travolto dal crollo degli edifici, compreso quello nuovissimo della stazione radiotelegrafica.
L’unica vittima fra il personale imbarcato fu il capitano di vascello Francesco Passino comandante del Piemonte che quella sera era sceso a terra per passare la notte  con i suoi familiari perdendo la vita con loro.
Più tardi il deputato socialista Napoleone Colajanni, unitosi alle critiche sui soccorsi dopo il terremoto – …non cambia mai nulla….- ebbe a ridire circa l’assenza del comandante dalla sua nave nel momento in cui  sarebbe stato più necessario, ma fu duramente contestato in Parlamento dall’ammiraglio Mirabello che dimostrò come  i regolamenti permettessero al Passino di trascorrere la notte a terra tanto più che nulla lasciava presagire che cosa sarebbe successo e, comunque, sul Piemonte tutto funzionò lo stesso a dovere. Dopo che il comandante in seconda scese a terra per un’inutile ricerca del suo superiore, sull’incrociatore si riunirono immediatamente le autorità superstiti per fare il punto della situazione facendolo divenire, come si direbbe oggi, “un’unità di crisi”.

Vi furono morti anche per il crollo  della Capitaneria di porto, che allora era considerato un corpo civile ma con ordinamento militare. L’edificio faceva parte della “palazzata” sul lungomare ed aveva una dipendenza sulla banchina dove aveva sede la Sanità Marittima: sembrerebbe che questa, consistente in una costruzione bassa e modesta, con strutture lignee, sia stata risparmiata assieme al personale di guardia a differenza della sede principale, sbriciolata dal sisma.Da quanto è emerso dopo un po’ di ricerche è stato possibile ritrovare il nome e ricostruire le vicende di qualche ufficiale di porto.

Ricordiamoli:
-Eugenio Mirabelli, comandante della Capitaneria con il grado di Capitano di Porto di seconda classe (all’epoca equivalente a capitano di fregata). Era stato trasferito da poco da Castellammare di Stabia. Aveva 63 anni ed era prossimo alla pensione.
-Achille Buonocore e Carlo Talamanca  ufficiali di porto di prima classe (Tenenti di vascello)
-Talamo Rossi Costantino, applicato di prima classe (Guardiamarina). Nonostante il basso grado era ultracinquantenne, ma le carriere in Capitaneria avevano propri tempi  e spesso erano molto lente. Con lui trovarono la morte la moglie e i quattro figli.
Altri ufficiali si salvarono fra cui Gustavo Agnoletti, Ufficiale di seconda classe (sottotenente di vascello) e l’Ufficiale di prima classe Luigi Pessignana, che stava tornando da Palermo a Messina sul piroscafo di linea Washington; al momento del terremoto aveva appena superato Ganzirri e fu partecipe da lontano della tragedia, assistette allo spegnimento ed al crollo del faro sullo stretto e successivamente stese e un’importante relazione.

Alcuni giorni dopo, il 2 gennaio 1909,  la Capitaneria riprese a funzionare con il personale sopravvissuto ed altro giunto dal continente fra i quali i Capitani di porto di prima classe (Capitani di vascello) Camillo Casini e Giovan Battista Veroggio, il cui impegno fu fondamentale per ripristinare le strutture portuale e regolare il caotico traffico navale dei soccorritori accorsi da moltissime nazioni.

(*) per conoscere gli altri suoi articoli, digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

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https://www.lavocedelmarinaio.com/2018/12/il-terremoto-di-messina-2/

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