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R.A.M.B.

di Guglielmo Evangelista
foto internet

No, il titolo non si riferisce a qualcosa che ha a che fare con il mitico Rambo cinematografico e non è neppure la sigla di qualche apparecchiatura elettronica NATO.
Si tratta invece dell’acronimo di “Regia Azienda Monopolio Banane”, un ente dipendente dal Ministero delle Colonie, che venne costituito nel 1935 per provvedere, in regime di monopolio, all’importazione ed alla commercializzazione delle banane prodotte nel Corno d’Africa, specialmente quelle della Somalia provenienti dal comprensorio di Genale nel sud del paese. Altri porti di imbarco erano Mogadiscio (prodotto proveniente dal comprensorio del Villaggio Duca degli Abruzzi) e la foce del fiume Giuba.
Dopo tanti sacrifici e tanti investimenti nei territori coloniali stava arrivando il momento in cui il nostro paese cominciasse a guadagnarci qualcosa.
Il trasporto in Italia, in origine, era assicurato dalla Società di Navigazione Italo-Somala, dalla Silver Line, dalla Libera Triestina e dalla Tirrenia, ma il servizio era giudicato insufficiente, raro e lento e la capacità complessiva di stivaggio troppo ridotta.
Per ovviare a questa situazione  venne costituita l’Azienda bananiera di Stato e  vennero costruite quattro grandi navi bananiere dotate di stive frigorifere che ricevettero i nomi – a dire il vero ben poco immaginifici – di RAMB I, RAMB II, RAMB III e RAMB IV.
Potremmo definirle “navi fasciste” ammesso che questa definizione possa essere usata per un’imbarcazione: erano al servizio di un ente voluto dal Governo, lavoravano per lo sviluppo dell’economia coloniale e per quanto possibile erano costruite con materiali autarchici. Ma al di là di questo erano unità modernissime e, come tutte le realizzazioni della tecnica italiana dell’epoca, erano anche molto belle dal punto di vista estetico, con una linea pulita ed elegante.
La richiesta di banane era in rapida ascesa trattandosi di un frutto che aveva “stile” e aveva tutto il fascino dei luoghi esotici, ma che nello stesso tempo era alla portata di tutte le tasche.
Il rapido trasporto e i costi di gestione ridotti, un’accurata rete distributiva in Italia e nei paesi amici permise subito di fare buoni affari.
Ai quattro RAMB si affiancavano le motonavi Duca degli Abruzzi, Capitano Cecchi e Capitano Bottego, acquistate usate, solo di poco più anziane, più piccole e più lente.
Il progetto delle nuove unità era dovuto al maggior generale del Genio Navale Luigi Barberis ed era stato steso partendo da principio che queste navi dovevano essere in grado di compiere senza scalo il percorso Mogadiscio-Napoli e, se necessario, essere utilizzate come incrociatori ausiliari e, infatti, allo scoppio della guerra vennero militarizzati ed armati con quattro cannoni da 120/40 e alcune mitragliere.
Grazie anche alle forme dello scafo, più da nave militare che da mercantile, potevano sviluppare una velocità massima notevole: 19,5 nodi e una media di crociera di 17.
Una loro caratteristica era anche il poter trasportare 12 passeggeri in cabine di gran classe con aria condizionata. Questi alloggi potevano servire per i trasferimenti del personale dell’azienda oppure per chi preferisse evitare l’affollamento e tutti gli scali dei molto più lenti piroscafi di linea.
Le navi trasportavano le banane a Napoli, Venezia, Genova e Fiume: nel ritorno a vuoto in Africa erano utilizzati per trasporti vari, soprattutto alimentari deperibili diretti in colonia.
Allo scoppio della guerra solo la Ramb III si trovava nel Mediterraneo mentre le altre tre furono sorprese nel Mar Rosso. Di queste la Ramb I e la Ramb II vennero armate come incrociatori ausiliari, ma dato che a Massaua c’era materiale bellico disponibile solo per due di esse, la Ramb IV fu utilizzata come nave ospedale capace di 272 posti letto.
Queste unità svolsero per qualche mese modesta attività, ma nella primavera del 1941, al momento della caduta di Massaua, ricevettero l’ordine di tentate di raggiungere il Giappone, paese amico ma ancora neutrale. Esse partirono assieme alla nave coloniale Eritrea, seguendo ciascuna rotte diverse.

La RAMB I fu però intercettata ad ovest delle Maldive dall’incrociatore neozelandese Leander. Il comandante tentò di giocare l’ultima carta inalberando la bandiera inglese, ma non poté ovviamente rispondere alle richieste del codice segreto di guerra e fu affondata dopo un coraggioso ma impari combattimento. L’equipaggio, che si portò in salvo quasi totalmente, ricevette l’onore delle armi.

La RAMB II giunse invece sana e salva nel paese del sol levante. All’annuncio dell’armistizio dell’8 settembre, mentre l’Eritrea che era riuscita anch’essa a raggiungere il Giappone riprese il mare per raggiungere Ceylon, impossibilitata a partire, venne catturata dai giapponesi e continuò a fare il lavoro per il quale era stata progettata, cioè la nave trasporto, affondando per bombe d’aereo nel 1945.

La nave ospedale RAMB IV abbandonò anch’essa Massaua prima della sua caduta carica di malati e feriti e nonostante fosse regolarmente protetta dalla normativa internazionale, non solo le fu impedito di tornare in patria ma mentre si trovava nell’Oceano Indiano venne abbordata e catturata dagli inglesi che, avviati gli italiani ai campi di prigionia, la utilizzarono a proprio vantaggio. Fu poi trasferita in Mediterraneo e per la seconda volta il destino si accanì su di lei perché i tedeschi, incuranti della Convenzione di Ginevra non meno degli inglesi (Chi la fa l’aspetti….), la affondarono nel corso di un attacco aereo il 10 maggio 1942 al largo della costa egiziana, causando la perdita di gran parte dei feriti che portava a bordo.

Abbiamo lasciato per ultima la RAMB III. Sorpresa dalle ostilità in Mediterraneo, svolse qualche compito di scorta venendo danneggiata in modo gravissimo nel porto di Bengasi e l’8 settembre del 1943, mentre si trovava ai lavori in bacino a Trieste, fu catturata dai tedeschi che ne terminarono la riparazione. Fu ribattezzata Kiebiz (nome di uccello, in italiano pavoncella). Dopo un’intensa attività come posamine, fu affondata in acque basse a Fiume il 5 novembre 1944 da un bombardamento aereo.
Fu però possibile recuperarla e venne nuovamente riparata a guerra finita dagli Jugoslavi che la incorporarono nella loro marina ribattezzandola dapprima Mornar (in serbo marinaio) e successivamente Galeb (gabbiano) venendo poi a lungo utilizzata come nave scuola e nave di rappresentanza, specialmente come panfilo personale del maresciallo  Tito e come tale effettuò il suo primo viaggio nel 1953 portando il capo di stato jugoslavo fino a Londra. Prese il mare per l’ultima volta nel 1989.

Ancora in ottime condizioni di efficienza, dopo lo smembramento della Jugoslavia fu assegnata al Montenegro che, in relazione alle esigenze della sua marina, non seppe che farsene; rimase in disarmo alle bocche di Cattaro e nel 1996 fu venduta a privati che tuttavia non effettuarono alcun ristrutturazione vendendola nel 2006 alla Croazia che infine, nel 2009, la cedette al comune di Fiume.
La ricca e lunga storia di questa nave,  passata sotto bandiera italiana e sotto quella jugoslava,  ha convinto i vari proprietari a non farla demolire anche se ogni volta gli alti costi di restauro hanno impedito ogni decisione di ripristino.
Il fatto che Fiume sia stata designata come “Capitale europea della cultura 2020” ha dato  via a progetti di recupero per questa nave che comportano la sua trasformazione in nave museo utilizzando i fondi europei e quindi per la nostra RAMB si profila una nuova vita.

Per completezza ricordiamo che nel dopoguerra l’azienda bananiera continuò la sua brillante attività come A.M.B. (azienda monopolio banane) commercializzando la banana “Somalita” che forse qualcuno ancora ricorda. La sua fine avvenne ingloriosamente travolta da uno scandalo negli anni ’60 e da allora, complice anche il collasso della Somalia, sulle nostre tavole compare solo il prodotto delle multinazionali.

Caratteristiche della classe RAMB

Costruttore

Anno

Stazza lorda

tonn

Lunghezza m

Larghezza m

Potenza hp

Equipaggio

RAMB I

Ansaldo

1937

3667

122

14,6

7200

120

RAMB II

CRDA Monfalcone

3685

116,8

15,2

RAMB III*

Ansaldo

3660

122

14,6

RAMB IV

CRDA Monfalcone

3676

116,8

15,2

Galeb

5172

117,3

15,6

*Secondo l’Almanacco Navale Italiano 1966-67, sotto la marina jugoslava aveva 5182 tonnellate di dislocamento, lunghezza metri 117,3, larghezza metri 15,6 ed era armato con 6 mitragliere da 40 mm.

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