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Cala del Morto – I demoni della guerra

di Giovanni Presutti (*)

Nell’età che inclina alla vecchiaia, si corre dietro al tempo, riacciuffando i ricordi del passato… Riemergono sentimenti di profonda riflessione che le distrazioni e i pensieri degli anni verdi, rivolti ad auspicate giuste aspirazioni, non sempre hanno lasciato spazio a meditazioni. Così, oggi traggo spunto da una toccante poesia del prof. Renzo de Martino, “Cala del Morto”, per alcune considerazioni. In questa cala, un tempo fu rinvenuto e sepolto il cadavere di un ignoto marinaio. De Martino, trovandosi a passare sul posto, instaura un immaginario, mesto monologo diretto al morto in guerra che, spinto dalle correnti marine diverse decine di anni fa, è approdato e sepolto in quella cala dell’isola Maddalena, il professore definisce la sorte del povero caduto: “… estremo tributo al dèmone della guerra…”

La guerra, stolta e insensata falce che recide la migliore gioventù di vinti e vincitori. Alla fine del conflitto, tirate le somme, in termini di vite umane perdute e  sperpero di risorse economiche, gli uni e gli altri risulteranno inesorabilmente perdenti. E’ lo scotto che l’essere umano, pur dotato di intelligenza, paradossalmente accetta ed è costretto a pagare un pesante tributo alle inutili e talvolta superflue lotte. Dalla notte dei tempi, con le prime socializzazioni, l’uomo preistorico spesso si è  scontrato con un altro cacciatore per il possesso di una preda abbattuta. E da allora ha proseguito il suo cammino fino ai nostri giorni andando irresponsabilmente sottobraccio con la guerra, lasciando morti in ogni angolo della terra. Uno viene riproposto dalla poesia  Cala del Morto” da Renzo de Martino che, passeggiando sul quella cala dell’isola Maddalena, osserva l’anonima tomba e conclude con accorata, mesta riflessione:  “…non c’era un nome sulla consunta croce, / non un fiore sulla nuda zolla / a consolarlo d’essere sottratto / al pianto della madre e della sposa…” Sono i versi più toccanti della poesia, riconducibili a tanti figli di mamma caduti in tutte le guerre.
Rimane il mistero dello sconosciuto morto, probabilmente un marinaio, che forse nel perpetuo sonno, da uomo di mare, si è lasciato trasportare dalle onde per approdare su quella spiaggia per essere cullato dal placido sciabordio della risacca a lui tanto familiare. Chissà…

Avendo trascorso una vita nella Marina militare e idealmente ancora col solino blu sulle spalle, la poesia “Cala del Morto” sollecita un riverente commosso pensiero per quei poveri marinai affondati con le loro navi,  morti  senza un fiore, negati al pianto dei loro familiari! Stesso destino per i caduti delle altre forze armate, in lontani campi di battaglia.
Le mie radici ancora traggono linfa da una terra montana in cui i miei antenati, parenti e  concittadini da sempre hanno militato negli Alpini. Per cui nel mio intimo alberga anche un sentimento di carattere alpino. Assieme al solino da marinaio sento di portare sul berretto la penna nera. E mi tornano in mente i tanti nostri giovani alpini della ritirata russa, i quali, stremati dalla fatica, dalla fame, con le scarpe rotte e sferzati dalla micidiale tormenta invernale della steppa, s’accasciavano sulla neve per non rialzarsi più. Rimanevano immobili, subito stecchiti, con gli occhi di ghiaccio fissi al cielo. Né poteva venir loro il soccorso dei fraterni commilitoni costretti a continuare la marcia per non restare inchiodati sul giaccio. Sfiniti anche loro, potevano solo rivolgere a quei morti un doloroso addio con fugaci sguardi annebbiati dalle lacrime. E quante altre lacrime cocenti nelle case lontane, appena i rintocchi a morto delle campane annunciavano notizie funeste provenienti da lontani campi di battaglia: amari frutti della guerra, da tutti avversata, ma sempre e ovunque stoltamente alimentata.

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(*) per saperne di più sull’autore, digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

Giovanni Presutti, nato a Campo di Giove, vi trascorre la prima giovinezza fino ai venti anni quando si arruola nella Marina Militare con la specializzazione di segretario.
Ogni anno in agosto ritorna per un breve periodo alla sua casa paterna.
Nel corso di circa quarant’anni di servizio , tra diverse destinazioni a terra e imbarchi, approda nell’isola sarda di La Maddalena, dove crea la sua nuova famiglia e vi risiede.
In Marina frequenta corsi professionali negli Istituti militari, uno a Venezia e due a La Maddalena. Raggiunge il massimo grado di sottufficiale.
Dedica il suo tempo libero all’approfondimento culturale e all’innata passione per le lettere. Diviene giornalista pubblicista. Ha collaborato per due anni alla pagina culturale del quotidiano “L’Isola” e a diverse riviste specializzate con articoli di critica artistica e letteraria. E’ inserito su svariate antologie e su alcuni libri di scrittori delle epopee garibaldine, del brigantaggio postunitario e di specifici episodi della Seconda Guerra Mondiale. Ha pubblicato quattordici libri. E’ Membro dell’Istituto Internazionale di Studi “G. Garibaldi”, sezione regionale Sardegna. Ha ottenuto diversi riconoscimenti e lusinghiere citazioni su quotidiani, riviste e libri. E’ stato nominato Accademico di Merito “ad honorem” dal “Centro Cultural, Literario, e Artistico” de “O Jornal de Felgueiras” (Portogallo). Nominato Accademico di Merito per meriti acquisiti nel campo delle lettere, dall’Accademia Culturale d’Europa, sezione italiana di Viterbo.

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