Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Racconti,  Recensioni,  Storia

23-25.2.1973, su nave Proteo agitata attività notturna

da internet

Venerdì 23 febbraio 1973, nave Proteo, ormeggiata alla banchina Marisicilia di Messina è di turno SVH, è cioè pronta a muovere entro un tempo massimo di due ore per eventuali operazioni di soccorso, pertanto tutto il personale è a bordo o reperibile telefonicamente. Nonostante sia febbraio, le condizioni meteorologiche sono abbastanza buone, il cielo è sereno, la temperatura media è di 11,4°C e la massima tocca i 18°, calma di mare e di vento. La giornata e la nottata trascorrono tranquillamente con lo svolgimento delle normali operazioni di routine.
Il giorno successivo, sabato 24, dopo le attività mattinali, buona parte dell’equipaggio fruisce del fine settimana libero, a bordo rimane il personale della squadra di guardia (un terzo dell’equipaggio) e coloro che saranno di guardia il giorno successivo o che sono troppo lontani da casa. Fra coloro che fruiscono del fine settimana ci sono anche l’Ufficiale in 2^ (di Mesagne), il Capo Servizio Sanitario (di Catania), alcuni Sottufficiali “chiave” (Capo Posto RT, Nostromo, Capo Contabile) e un certo numero di marinai di varie categorie. Il tempo, che il giorno precedente era stato decisamente bello, peggiora, il vento si dispone da NNW con una velocità media di 20Km/h (forza 3-4) e in serata rinforza ancora (forza 5), la temperatura media scende a 8°C. Le previsioni meteo preannunciano un ulteriore peggioramento per le 24 ore successive, per cui si provvede a rinforzare gli ormeggi di prora e di poppa.
Domenica 25 febbraio la giornata si presenta decisamente brutta. Durante la notte il vento ha continuato a rinforzare e alle 10.00 soffia a 50 Km/h (forza 6/7) e anche il mare comincia a farsi sentire. Sulla dritta del Proteo c’è Nave Po e sulla sinistra un pontone del Gruppo NUL, gli ormeggi vengono ulteriormente rinforzati e i parabordi vengono opportunamente posizionati per evitare che i sempre più frequenti contatti con gli altri mezzi possano provocare danni. Alle14.00 il vento soffia a 60 Km/h con puntate di 70Km/h (forza 7/8). Il traffico nello stretto subisce una drastica riduzione, la maggior parte dei traghetti vengono fermati in quanto il mare al centro dello Stretto ed il vento nella zona delle invasature rendono pericolose le operazioni di traghettamento. Alle 18.00 la situazione diventa critica, il vento sfiora i 90 Km/h(forza 9), piove e a tratti grandina, una situazione infernale con tutto il personale pronto ad intervenire in manovra. Il movimento dei traghetti è stato completamente bloccato, troppo rischioso accostarsi alle invasature e anche la stabilità dei vagoni ferroviari sulle navi appare problematica, per cui tutti sono fermi. Il fatto che anche i grandi traghetti (San Francesco, Iginia e Sibari) fossero stati fermati, fa capire quanto critica la situazione fosse diventata, tutto il bacino dal basso Tirreno allo Jonio era sotto una terribile tempesta, mai registrata così intensa e incontrollata nella zona dello Stretto.
Alle 19.30 il Comandante (che viveva a bordo avendo la famiglia a Taranto) riceve da Marisicilia una comunicazione telefonica con la quale si informava che nei pressi di Stromboli, un mercantile (la M/n Island Creta) aveva seri problemi a causa di un incendio scoppiato a bordo e naturalmente anche per le avverse condizioni meteo in zona. L’Unità di turno SVH era un Dragamine che naturalmente in quella situazione ben poco avrebbe potuto fare, si chiedeva quindi di approntarsi per portare soccorso alla nave sinistrata. Viene immediatamente convocato il personale presente a bordo per fare un punto di situazione. A bordo ci sono: l’Ufficiale di Rotta (d’ispezione), l’Ufficiale Palombaro e l’Ufficiale sottordine di Macchina. Viene immediatamente richiamato anche il Direttore di Macchina che alloggiava in base. Si fa un rapido conteggio dei presenti e delle eventuali esigenze, mentre attraverso il centralino telefonico della base si cerca di contattare tutti gli assenti (ancora non c’erano i cellulari e non tutti avevano il telefono in casa). Esisteva una disposizione della segreteria comando e dettaglio , secondo la quale, a causa della specifica attività operativa della Nave, tutti coloro che si assentavano dovevano lasciare un recapito telefonico, i genitori, le mogli, i parenti, le fidanzate, erano a conoscenza di tale disposizione e all’occorrenza collaboravano e diventavano parti attive nel rintracciare ed informare il proprio caro della telefonata del Proteo. Furono rintracciati la maggior parte dei Sottufficiali e soprattutto venne rintracciato il Capo Servizio Sanitario che come detto era a Catania e c’è una storiella curiosa che riguarda il nostro Doc; ricevuta la telefonata, prende l’auto e si precipita verso Messina, lungo la strada però una frana ha interrotto il transito, si dovrebbe fare un lungo giro che comporterebbe una eccessiva perdita di tempo. Il “nostro” non si scoraggia, lascia l’auto al di là della frana, la attraversa a piedi e si presenta alla Polizia Stradale spiegando chi era e cosa succedeva. Fu così che verso le 21 vedemmo arrivare una pantera a sirene spiegate con il nostro Doc a bordo. La sua presenza, come vedremo, si dimostrò di grande importanza. Alle 22.00 anche gli ultimi “pezzi importanti” erano a bordo (Contabile di Macchina, Capo Posto RT, Capo Segnalatore, Nostromo) mancava solamente l’Ufficiale in 2^, ma non avrebbe avuto né il tempo né il modo per essere a bordo. Allo scopo di assicurare il completo turno di guardia, furono richiesti e concessi da Nave Po un Radiotelegrafista, un Segnalatore e due Nocchieri. Naturalmente nel frattempo si era anche proceduto all’approntamento dell’Unità, fu fatto il passaggio di carico elettrico da terra a bordo, fu completato il rifornimento di acqua, furono approntati e messi in funzione girobussola, timone e radar. Furono rizzati accuratamente tutti i carichi mobili e le suppellettili nei locali interni (piatti, bicchieri e bottiglie nei riposti, sedie, televisori e soprammobili nei quadrati). Le condizioni meteo erano ulteriormente peggiorate, ora il vento soffiava a oltre 100Km/h ed era anche pericoloso circolare allo scoperto.

Alle 23.30 venne battuto il POSTO DI MANOVRA GENERALE – 1° STATO DI SICUREZZA – ASSETTO ZULU – MACCHINE ATTENZIONE ALLA MANOVRA .
Ebbe così inizio quell’interminabile e “agitata” attività notturna del mitico Proteo e del suo altrettanto mitico e determinato equipaggio. Pollice verso a coloro che ingiustamente lo hanno definito Innominabile, considerata la sua versatilità ed il suo valore chiamiamolo piuttosto Indomabile. La manovra di disormeggio non fu delle più semplici, normalmente ci si portava sulla boa filando i cavi di poppa e recuperando la catena, ma in quelle condizioni si rischiava di finire sul pontone, allora con perfetto sincronismo fra il team di prora, quello di poppa quello di macchina e quello di plancia vennero dati gli ordini: POPPA MOLLA – PRORA SPARA – MACCHINE AVANTI NORMALE E TUTTA LA BARRA A DRITTA. Il forte vento che sempre più diventava “traverso”, ci spingeva verso l’invasatura dei traghetti e rallentava l’accostata, ma l’andatura “veloce”, pur portandoci a sfiorare gli ostacoli, ci permise di uscire dal porto come una scheggia, vincendo la resistenza della maestralata. Passammo sotto la Madonnina avendo giusto il tempo per un saluto ed una preghiera di protezione, e ne avevamo bisogno per affrontare quel brutto figlio di Eolo. All’altezza della rada di Paradiso, cominciammo a beccheggiare, ma gli autoregolatori dei MM.TT.PP facevano bene il loro lavoro, i 4800 hp dei motori erano tutti lì a galoppare, per il beccheggio l’elica faceva capolino fuori dall’acqua, ma il “mitico” era abituato a tutto, anche a schiaffeggiare di poppa il mare e tirare fuori la prora sempre in tempo per evitare di farsi sopraffare dalle montagne d’acqua che diventavano via via più grandi .
Alle ore 01.20 (ed è quindi lunedì 26 febbraio1973) eravamo al traverso di Capo Peloro si fa rotta verso Stromboli ed iniziano le danze, alle 02.00 la situazione meteo dice: vento da NNW forza 10, stato del mare da NNW 6 (onde alte circa 6 metri). Anche il freddo si fa sentire, per cui tutto il personale libero dalla guardia raggiunge le cuccette, pronto ad intervenire su chiamata. Momento di stabilità trasversale: eccellente, momento di stabilità longitudinale: buono, nave dura e massiccia, davvero tosta. Lamiere e ossature scafo chiodate, strutture trasversali e longitudinali di tutto rispetto, tant’è che dopo circa 70 anni il Proteo si fa ancora onore anche sotto altra bandiera, gran bella nave davvero. Questi sono forse i pensieri di chi in quel momento è di guardia. La nave si impenna, morde l’onda simile ad un purosangue che affronta gli ostacoli, ma il rumore che si percepisce , più che un nitrito pare il ruggito di una belva che non teme nulla e nessuno e che continua ad avanzare nella notte buia e tempestosa.
Alle 02.45 l’Ufficiale di guardia in plancia rileva al radar tre bersagli nei settori prodieri. La scoperta ottica conferma un bersaglio sulla dritta con rotta SE (diretto quindi verso lo Stretto), un bersaglio più lontano sulla sinistra con rotta E (diretto verso la costa calabra), ma… del terzo bersaglio, che fra l’altro è dritto di prora a circa 6 miglia, nessuna luce. Vengono allertate le vedette, mentre si accosta leggermente a sinistra per scapolare il bersaglio.
Alle 03.00 dalla direzione del presunto bersaglio viene avvistato un very rosso, alle 03.03 viene avvistato un secondo very e viene ricevuto a lampi di luce il messaggio “SOS OCCORRE SOCCORSO”. Scatta immediatamente l’allarme generale, il Comandante sale in plancia e tutti raggiungono il proprio POSTO DI MANOVRA PER OPERAZIONI DI SALVATAGGIO.
Acceso il proiettore da 48 pollici posizionato sulla tuga di controplancia, viene illuminata la scena che è allucinante: tavole e tronchi d’albero sparsi a galla intorno ad uno scafo fortemente sbandato, mentre tutto intorno il mare sembra ribollire e la pioggia e il vento continuano a flagellare tutto e tutti. L’equipaggio della nave (rivelatasi essere l’ARTURO VOLPE), è radunato sul castello di poppa, tutti indossano i giubbotti di salvataggio e gesticolano nella nostra direzione. Viene informata Marisicilia della situazione in atto e si riceve ordine di rimanere ad assistere la nave. Che casualità averli individuati con quel mare e con quel buio, anche perché la repentinità degli eventi non aveva consentito l’invio di un messaggio di soccorso.
Ma facciamo un piccolo passo indietro per capire cosa era successo: la nave ARTURO VOLPE della compagnia armatrice Alberto Volpe e Co., iscritta al Compartimento Marittimo di Napoli era partita con un equipaggio di 17 persone dal porto russo di Novorossiysk nel Mar Nero ed era diretta a Pozzuoli. Il carico era costituito da merci varie che trovavano posto nelle stive e da un grosso quantitativo di tronchi e legname lavorato che veniva rizzato sui boccaporti. Il viaggio procedeva con regolarità, ma superato lo stretto dii Messina l’unità venne investita da una violenta burrasca da maestrale con forte vento e mare molto agitato. Il Comandante vista la situazione decideva di invertire la rotta e dirigere verso l’imboccatura dello Stretto in modo da avere il mare in poppa, ma durante l’accostata un colpo di mare provocò la rottura delle rizze che tenevano il carico di legname che scivolò parte in coperta andandosi ad incastrare tra i boccaporti e la murata, e parte finì in mare. La variazione del momento di stabilità, la diminuzione dell’altezza metacentrica determinarono l’ingavonamento della nave, una forte inclinazione sul lato sinistro e l’allagamento della sala macchine e generatori e quindi l’impossibilità anche di utilizzare la radio di bordo, mentre lo scafo iniziava inesorabilmente ad inabissarsi.
Tutti i tentativi per stabilire un contatto radio con l’unità sinistrata furono inutili, per cui ci si portò il più vicino possibile allo scopo di poter avere informazioni dirette a voce, ma il rumore della tempesta copriva tutti i suoni. L’equipaggio dell’Arturo Volpe tentò di mettere a mare una scialuppa di salvataggio, ma una violenta ondata la disintegrò contro la fiancata della nave, un po’ meglio andò con la seconda scialuppa a bordo della quale salirono 4 persone che si allontanarono rapidamente dalla nave per evitare una collisione con la stessa. In pochi minuti l’imbarcazione fu nelle vicinanze del Proteo e i quattro furono rapidamente recuperati a bordo mentre l’imbarcazione già piena d’acqua e semisommersa si perdeva nel buio della notte. Il resto dell’equipaggio dell’Arturo Volpe che era rimasto a bordo appariva spaventato e titubante Il Proteo si portò allora ancora più vicino e con i megafoni si gridò loro di abbandonare la nave perché l’eventuale affondamento avrebbe generato un moto vorticoso del mare che avrebbe trascinato tutto a fondo. Si gridò pure di tenersi tutti uniti, magari legandosi con una cima, ma quest’ultima comunicazione evidentemente non fu udita o capita, perché gli uomini cominciarono a buttarsi e furono rapidamente sparpagliati dal mare in fermento.
Alle 04.00 le condizioni meteo dicevano: vento da NNW forza 8/9, mare da NNW 5/6. Il fatto che il personale non si mantenne unito, complicò parecchio la situazione, infatti muoversi in quel tratto di mare in mezzo a tutto quel legname spinto sottobordo al Proteo, anche in prossimità dell’elica comportava la necessità di manovrare con decisione e con precisione chirurgica per cercare di recuperare le persone. Manovrare con una sola elica in quello scenario era davvero complicato, ma la perizia e la professionalità dei “proteini” fu determinante. Un ruolo molto importante ebbero in questa fase i fischietti che i naufraghi avevano e che utilizzavano in continuazione per segnalare la loro posizione, fu così che si riuscì a recuperare altri 4 naufraghi sia portandosi nelle loro vicinanze, sia grazie agli uomini del reparto subacqueo che incuranti del pericolo si tuffarono in mare (naturalmente con le dovute cautele di sicurezza) e riuscirono a portare sottobordo alcuni naufraghi.

Alle 06.00 la situazione meteo era in deciso miglioramento, la velocità del vento era scesa a 35 Km/h ed il mare era girato a NW 4/5. Si decise allora di mettere a mare la nostra motobarca, anche questa manovra si rivelò parecchio rischiosa perché le onde, anche se attenuate erano sempre e comunque abbastanza grandi e forti da mettere a rischio la sicurezza del personale imbarcato. La motobarca riuscì in breve a recuperare e portare a bordo altre 3 persone, mentre un’ultima persona che però era purtroppo già deceduta fu recuperata da un sommozzatore. Nel frattempo, precettate dal Comando Operativo della Capitaneria, erano convenute in zona alcune unità mercantili che riuscirono a recuperare anche loro dei naufraghi ed esattamente uno fu recuperato dall’aliscafo Freccia di Messina , uno dal rimorchiatore Capo Milazzo, uno dalla M/n Janner e due dalla M/n Mattica (uno deceduto). Avendo recuperate tutte le persone, il Proteo dirige per il rientro a Messina. Avevo accennato all’opera svolta dal medico di bordo, il suo lavoro si rivelò determinante per il recupero fisico psicologico e morale dei naufraghi, aveva difatti organizzata una vera catena di montaggio, man mano che i naufraghi giungevano a bordo, venivano avvolti in una coperta di lana, portati in infermeria dove veniva iniettata loro una fiala di coramina e rivestiti con indumenti donati dal personale di bordo, e solo dopo ciò veniva somministrato qualcosa di caldo da bere. Al naufrago recuperato da parte dell’aliscafo pare che invece sia stata somministrata subito una robusta dose di liquore il che gli avrebbe provocato un collasso cardiocircolatorio.
Alle ore 09.40 in prossimità del porto di Messina, i naufraghi vengono trasbordati su unità minori, mentre il Proteo invertita la rotta dirige verso Stromboli per portare assistenza alla M/n Island Creta.
Alle 11.35, per radio, Marisicilia ordina di rientrare a Messina
Alle 13.30 unità ormeggiata alla banchina Colapesce di Messina.
Nel tardo pomeriggio ricevemmo la visita a bordo dei naufraghi che erano stati quasi tutti già dimessi dagli ospedali in cui erano stati ricoverati. Grande la loro felicità per lo scampato pericolo, ma grande anche la tristezza per coloro che non erano riusciti a farcela. Furono ospiti quella sera delle mense di bordo e vollero manifestare la loro gratitudine all’equipaggio del Proteo offrendo dolci della pasticceria messinese a sazietà, ma la cosa più bella fu una lettera giunta circa un mese dopo. Era della madre del mozzo dell’Arturo Volpe che volle esprimere la sua gratitudine e la sua felicità per ciò che avevamo fatto, con parole toccanti e sincere che ripagarono ampiamente i sacrifici ed i pericoli che avevamo corso.

Un commento

  • Michele Palena

    Uno dei naufraghi dell’altro Volpe è (credo sia ancora vivo) un mio amico d’imbarco su Nave Etna 1974/1975 Alfredo Malafronte di Torre del Greco e per giunta con la categoria di Segnalatore e ogni volta che da Brindisi andavamo a capo Teulada si ricordava di quella disavventura andata a buon fine (con l’Etna trasportavamo il Battaglione San Marco per le esercitazioni) VIVA la Marina Militare e viva gli ex Proteini

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *