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17.2.1974, naufragio della motonave Seagull

a cura Giacomo Vedda


…17 febbraio 1974 il naufragio della motonave Seagull: non è il mare il mio nemico (di Liliana Lanzardo).

11 ANNI FA MORIVA RAINA JUNAKOVIC, L’EROINA DELLE VITTIME DEL MARE; SI SPERA CHE A BREVE LE PROSSIME GENERAZIONI DI LICATESI LA POSSANO RICORDARE ATTRAVERSO L’INTITOLAZIONE DI UNA VIA NEL QUARTIERE MARINA

A seguire un mio articolo\biografia pubblicato su “La Vedetta” dell’Agosto 2008

E’ morta Raina Dandulova Junakovic, la “piccola” grande donna. E’ spirata l’8 luglio 2008, all’età di 93 anni, ad Ariccia, comune in provincia di Roma, la signora Raina Junakovic, vedova di una delle vittime del naufragio della nave mercantile “Seagull” del 1974, e che, fino a quando la salute glielo ha permesso, è tornata spesso a Licata per partecipare alla manifestazione in ricordo dei dispersi in mare organizzata puntualmente nel mese di febbraio di ogni anno nella parrocchia di Sant’Agostino.
Raina Dandulova nasce a Kazanluk, in Bulgaria, il 15 dicembre 1914, secondogenita in una famiglia benestante ed altolocata; vive la sua prima infanzia nell’interno della Bulgaria, tra le montagne, perché il padre, ufficiale di carriera, era di stanza nella “Valle delle rose”; successivamente soggiorna per un certo periodo nella città di Sofia, la capitale. In seguito lascia la sua terra d’origine e si trasferisce in Italia, dove consegue la Laurea in Lettere e si iscrive all’albo dei giornalisti; risiede quindi a Roma e nei successivi quarant’anni lavora alla Radio, all’Ansa, e presta servizio presso Radio Belgrado, Radio Vaticana ed Onde Corte. Nel 1942 sposa Frane Junakovic, ufficiale marconista di bordo e da quest’unione nascono due bambini: Ivan e Nikolaj.
Dotata di spirito battagliero fin dalla giovinezza, affronta con fermezza e caparbietà i momenti terribili che la vita le offre in quel periodo: i giorni di clandestinità, dopo il settembre 1943, durante la seconda guerra mondiale e la strenua lotta durata dieci anni per uscire dalla Jugoslavia dove aveva seguito nel 1946, con i due piccoli figli, il marito dalmata tornato in patria.
Ma è certamente la vicenda della “Seagull” a sconvolgerle la vita; il 17 febbraio 1974, infatti la nave mercantile “Seagull”, una vecchia “carretta del mare” di 6507 tonnellate di stazza lorda, con carico di 8800 tonnellate di fosfati, costruita nel 1947 e allungata nel 1961, viaggiante sotto “bandiera ombra” liberiana, scompare nelle acque internazionali al largo di Licata, portando con sé le 29 persone dell’equipaggio e la moglie del capitano. Anche lei sarebbe stata coinvolta nella sciagura se, per un caso fortuito, non fosse sbarcata da quella nave giorni prima. Per otto giorni nessuno indaga sulla vicenda, l’unica a preoccuparsi della ricerca della nave è lei, la moglie dell’ufficiale marconista di bordo, che però incontra negli armatori un muro di silenzio e di falsità.
Determinata ed armata di una grande forza d’animo, raggiunge la Sicilia per meglio mantenere i contatti con “Marisicilia”, il comando per le operazioni di soccorso di Messina, ed Augusta, porto nel quale avrebbe dovuto essere sbarcato il carico della motonave, e da dove raggiunge Licata alla disperata ricerca della verità. Al porto incontra il personale della capitaneria, i pescatori ed i marittimi che intervista nella speranza di ottenere buone notizie circa la sorte del congiunto e dell’equipaggio; viene quindi indirizzata dal parroco del luogo, il Can. Michele Polizzi e grazie a lui avviene l’incontro con il prof. Giuseppe Cavaleri e la moglie. Al conforto morale e l’aiuto di queste persone e della gente locale si aggiunge ben presto la disperazione per i primi avvistamenti di relitti della motonave ed il ritrovamento, vicino ad una zatterina, della salma di un naufrago, Ivan Valic, secondo ufficiale di macchina, che secondo l’esame autoptico era sopravvissuto tre o forse quattro giorni in attesa degli aiuti, che non erano mai arrivati perché gli armatori non li avevano mai richiesti!
Rimasta vedova a sessant’anni, con due figli giovani, priva di mezzi finanziari e senza una rete di conoscenze che contano, ma con tanta forza che lei stessa non sa spiegare, la signora Junakovic intraprende la sua “lunga battaglia” alla scoperta della verità sul naufragio e alla individuazione dei colpevoli e poi, con il “Comitato Seagull”, da lei stessa creato, avvia una lotta contro quella che lei stessa definisce “l’industria del naufragio” per l’affermazione dei diritti e della dignità dei lavoratori in mare. A Genova si celebra il processo e si arriva all’arresto degli armatori che fino alla fine rinnegano la proprietà della nave, perché, secondo loro, appartenente ad una società “ombra” di Monrovia: da un lato, quindi, rimane appagata per aver ottenuto giustizia ma da un altro si sente profondamente amareggiata, avendo appurato che per la “Seagull” erano stati assicurati lo scafo e il carico ma non il personale e che la navigazione procedeva tranquillamente nonostante si fossero riscontrate numerose avarie.
A volte il suo aspetto di donna anziana, dimessa nel vestire, traeva in inganno un pò tutti, tanto che qualche giornalista fantasticava su questa povera “vedova del mare” definendola “…di ambiente costiero e dunque segnata dal mare, donna semplice di poche letture, non troppo istruita…”, ma la signora Junakovic, nonostante le apparenze, matura grazie alle sue battaglie una profonda conoscenza in materia di navigazione, tanto da affrontare a viso aperto, con piena preparazione giuridica e con concrete argomentazioni, parlamentari, professori di diritto internazionale, avvocati, sindacalisti e magistrati dicendo loro “Io non ho fretta per i nostri morti annegati, loro ormai sono in pace: sono i vivi che hanno fretta, che hanno bisogno di giustizia da vivi!”.
Una “piccola” donna perchè di bassa statura ma che agiva con il coraggio di un gigante per scoprire dove si nascondevano le colpe, le omertà e le paure di contrastare gli armatori. Con il “Comitato Seagull”, costituito da collaboratori esperti, e di cui è stato presidente Falco Accame, ottiene molti risultati: la legge del quattro aprile 1977, che attribuisce piena responsabilità penale e civile agli agenti marittimi o raccomandatari che ingaggiano equipaggi italiani e stranieri; la proposta di modifica della legge 273 del codice di navigazione, sulla nomina e revoca del comandante da parte degli armatori; l’abrogazione e sostituzione di una circolare ministeriale del 1952 sugli Ispettorati per l’emigrazione; la presentazione di un disegno di legge per sostituire la vecchia legge del 1940 sugli agenti marittimi; l’avvio delle pratiche per la ratifica di vari trattati internazionali. Partecipa a Ginevra alle riunioni dell’organizzazione internazionale del lavoro, appendice dell’Onu, alle varie conferenze del mare, alle sedute dell’“Itf”, il più importante sindacato dei trasporti su scala mondiale. E’ anche grazie a lei se oggi esistono una legislazione nazionale ed internazionale come il MOU (Memorandum of Understanding di Parigi e di Tokyo) per il controllo delle navi straniere nei porti, un maggiore rigore nei regolamenti dei registri di classificazione navale, una più attenta verifica dello standard professionale degli equipaggi per la salvaguardia della vita umana in mare e una responsabilità collettiva sull’intera materia.
Indomabile per la sua “causa”, dopo anni di battaglie e sacrifici, che la costringono a stabilirsi da Roma a Genova, riesce a farsi risarcire per assicurare un avvenire ai due figli: Ivan, già imbarcato sulla “Seagull”, è oggi un tecnico nel campo delle telecomunicazioni; Nikolaj invece è ricercatore presso il Cnr. Ma il suo profondo altruismo la spinge a collaborare con la moglie del comandante della “Esperia II” che tentava di scoprire, proprio in quel periodo, la verità sulla scomparsa della nave sulla quale era imbarcato il marito e a porsi a fianco dei familiari delle vittime della “Stabia”, della “Tito Campanella” che affonda nel 1981 al largo di Bari, e ancora della “Marina d’Equa”, della “Phoenix”, del “Brick 12”. In questo lungo cammino le sono di grande aiuto la stampa genovese, nazionale ed estera, che diffonde queste iniziative ed il Comitato che si allarga con nuove sedi e nuove competenze, entrando a far parte della “Stella Maris”, associazione di apostolato del settore marittimo, dove spesso la signora Raina trova ospitalità durante le permanenze a Genova.
Anche a Licata, luogo della sciagura, nasce un “Comitato Seagull” che tra le varie iniziative istituisce un’annuale ricorrenza in ricordo delle 30 vittime del naufragio e di tutti i dispersi in mare e fa erigere a fianco al Santuario dell’Addolorata un monumento in ricordo delle “vittime del mare”, scoperto il 21 marzo 1982 dalla stessa signora Raina alla presenza del vescovo Bommarito, del ministro della marina mercantile Mannino e delle massime autorità civili e militari locali e nazionali.
Pur stabilendosi definitivamente a Roma ritorna spesso a Licata per la commemorazione e per abbracciare gli amici; trova il tempo e la forza, all’età di ottant’anni di andare in India dove collabora al progetto “Mi dai mille lire?”, per aiutare le donne e i giovani del posto.
Ma negli ultimi anni la sua salute non gli ha più permesso di ritornare a Licata anche se la signora Junakovic assieme al figlio Nikolaj ha mantenuto i contatti con i membri del locale comitato, mandando un suo messaggio di riconoscenza e di impegno perché si continui l’azione a favore dei marittimi.
Gli ultimi anni della sua vita li ha trascorsi nella sofferenza e nella malattia presso un istituto vicino Roma; il suo corpo per sua espressa volontà è stato cremato il 10 luglio scorso e le sue ceneri ritorneranno li dove è iniziata la sua lunga ed avventurosa storia, in Bulgaria.


La signora Raina lascia questa terra con il rammarico di non aver mai potuto deporre un fiore sulla tomba del marito, perché a distanza di trentaquattro anni dalla sciagura i corpi dei dispersi giacciono ancora sul fondo del nostro mare assieme al relitto del mercantile, ma nello stesso tempo ci ha anche lasciati ringraziandoci per quello che abbia fatto nel ricordo della sciagura e per quello che continueremo a fare, ne siamo certi, in sua memoria. La città del mare non dimenticherà la sua presenza costante a Licata, assieme alle sue testimonianze che rimangono per noi come un testamento; ci impegneremo a ricordarla come conviene ad un cittadino illustre, figlio di questa terra, e depositeremo anche per lei un fiore su quel monumento dove per tanti anni ha onorato il marito. La gente di mare saprà che da ora in poi una nuova stella polare brilla sul firmamento per indicarle il cammino. A febbraio, ricordando le vittime della “Seagull”, quando intoneremo l’inno alla “Stella del Mare”, guarderemo il volto della Vergine Addolorata di Sant’Agostino e il nostro pensiero andrà a questa “piccola” grande donna.
Giacomo Vedda

16.2.2014 Non è il mare il mio nemico

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