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Libertà è partecipazione (cit.)

di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

Omaggio al discepolo Giorgio Gaber e al Maestro.

Giorgio Gaber, indimenticabile poeta della canzone italiana invitava, in tempi non sospetti, a partecipare all’elaborazione di idee nella convinzione che “la libertà è partecipazione”.
Io mi sento di sottoscrivere il suo pensiero perché solo da un dibattito si ottiene la condivisione degli obiettivi aumentando il senso di appartenenza ad una qualsiasi organizzazione politica, morale, religiosa, associativa, ecc..
Nelle parole delle sue acute, autorevoli e riconosciute liriche, abbiamo compreso che il potere (da qualunque parte si eserciti) ha bisogno di una “legittimazione” del popolo e che il popolo sente la necessità di  emulare, in qualsiasi campo, chi si mette in evidenza.
Ebbene, per quanto sopra premesso, abbiamo emulato il peggio del peggio legittimando comportamenti e paradossi tali da non comprendere più e, ancora peggio, non “credere” più a niente e a nessuno se non a noi stessi, chiudendoci spesso in un individualismo che, in molti casi, sfocia nel peggiore dei vizi capitali, l’invidia.
Ci siamo impantanati perché non riusciamo più a comprendere e quindi a foraggiare ed  alimentare chi invece offre nuove prospettive di analisi e quindi di opportunità per la crescita sociale e quindi economica. Nel Paese, il nostro, dove oggi abbiamo la presunzione di essere, insostituibili ed in qualche insano caso anche onnipotenti. Le “teste pensanti” sono migrate all’estero, anche in quei paesi tradizionalmente avversi ai nostri usi e costumi.  Da noi, specialmente in questo periodo di lunga crisi in cui sono richiesti sacrifici sempre maggiori, l’attività di pensiero ha travolto gli argini del pudore (leggasi morale). Siamo un paese vecchio che non arrossisce più alla vergogna e per questo rischiamo di estinguerci.
Appellarsi a leggi o prescrizioni non è più sufficiente nel “paese dei regolamenti (…di conti)” e delle leggi infinite “ad hoc”.Quelle leggi e quei regolamenti che producono solo chiacchiere, diatribe dove a guadagnarci sono solo le grandi corporazioni (leggasi signoraggio bancario) e gli avvocati e quindi gli interessi personali del singolo.
Dove tutto deve essere regolamento ma per ritorcersi successivamente proprio contro il popolo, il  popolo  non è più disposto a “legittimare” un potere (anche religioso) corrotto.
Non basta più urlare “al voto, al voto” (Sicilia docet ) perché un Maestro è seguito nella sua missione dai discepoli a patto che i migliori alunni, in una potenziale scala di meritocrazia, possano a sua volta subentrare al Maestro senza scorciatoie di turno (nepotismi, bizantinismi, raccomandazioni, corruzione, ecc). Si deve arrivare all’apice soltanto con l’esempio dell’assunzione di responsabilità unita al sentimento di umanità ed empatia.
Grazie al nostro spinto individualismo siamo tutti un po’ dirigenti, grandi artisti, ambasciatori, ministri, ecc. così come, durante i campionati di calcio, siamo tutti un po’ allenatori.
Manca la formazione, che passa attraverso “l’educazione”, ricevuta in diversi momenti della nostra vita con l’assimilazione spontanea negli anni e quindi col passare degli anni manca “l’assunzione di responsabilità”, solo così diventeremo merce preziosa per la nostra società anche in periodo di crisi.
Un buon Maestro, a capo di qualsivoglia organizzazione (anche malavitosa) questo lo sa perché sa analizzare le situazione, le critiche costruttive e le soluzioni alternative proposte dai suoi discenti  trasformandole  in realtà semplicemente perché un buon Maestro sa ascoltare e invitare coloro che hanno idee e suggerimenti a elaborare il proprio pensiero per evitare il declino e la pericolosa tendenza al conformismo sempre in agguato anche nei Paesi democratici come il nostro.
Siamo ancora capaci si saper riconoscere il Maestro?

La libertà
Giorgio Gaber (1972)

Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Vorrei essere libero come un uomo.

Come un uomo appena nato che ha di fronte solamente la natura
e cammina dentro un bosco con la gioia di inseguire un’avventura,
sempre libero e vitale, fa l’amore come fosse un animale,
incosciente come un uomo compiaciuto della propria libertà.

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.

Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come un uomo che ha bisogno di spaziare con la propria fantasia
e che trova questo spazio solamente nella sua democrazia,
che ha il diritto di votare e che passa la sua vita a delegare
e nel farsi comandare ha trovato la sua nuova libertà.

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche avere un’opinione,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.

Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come l’uomo più evoluto che si innalza con la propria intelligenza
e che sfida la natura con la forza incontrastata della scienza,
con addosso l’entusiasmo di spaziare senza limiti nel cosmo
e convinto che la forza del pensiero sia la sola libertà.

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche un gesto o un’invenzione,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione

Da “Dialogo tra un impegnato e un non so”.

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