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12.6.1881, varo della regia nave Flavio Gioia

di Antonio Cimmino

La nave fu progettata dall’Ispettore Generale Carlo Vigna e costituiva una classe di due unità assieme alla gemella Amerigo Vespucci costruita nell’arsenale di Venezia.
La cerimonia del varo e alcune caratteristiche tecniche dell’unità, furono descritte, con una prosa alquanto enfatica ma sicuramente esatta nei dettaglio, dal giornalista Nicola Lazzaro sull’Illustrazione Italiana n. 27 del 3 luglio 1881.

“…Intanto il Flavio Gioia, quasi donzella che presso al matrimonio si vede allontanato il giorno deciso ed aspetta tranquilla, se ne restava al suo letto nel cantiere e sfidava lo imperversar della pioggia, come il saettare del fulminer. Ma il giorno di domenica 12 giugno si vide rivestire a festa, gli operai gli appiccicarono nei fianchi delle immagini di santi e madonne, altri lo copersero di fiori e l’imbandierarono tutto. Quale elegante mostra di sé dava la nave sulo suo scalo! Non era la colossale mole dell’Italia, ma qualche cosa di civettuolo e di simpatico. L’Italia era la imponente matrona romana, il Flavio Gioia la piccola donnina elegante di un salone. La folla corse a vederla scendere nel mare, come era accorsa per l’altra, e tutta Castellammare sembrava irriconoscibile. Vi si giumgeva da Napoli mercé gli avvisi della R.Marina, i piroscafi delle società commerciali, la ferrovia e le carrozze. Vi si arrivava dai paesi limitrofi per le ferrovie, sulla carrozze ed anche a piedi. Anzi quest’ultimo mezzo fu quello adoperato dalla generalità dei contadini, che prefittando della festa, lasciarono i villaggi e vennero in città.
Alle undici monsignor Sarnelli, vescovo di Castellamare, intervenuto alla cerimonia, per tema avessero nuovamente a sospendergli le temporalità, seguito dal clero dà la benedizione religiosa alla fidanzata, cioè al Flavio Gioia; è uno msposalizio della signora nave con il signor mare. Buon numero di invitati sono già presenti. Alle 11 ½ arrivano altri molti e con essi tre grosse corazzate, il Duilio, l’Affondatore e d il Principe Amedeo. I cannoni delle tre matrone salutano la sposa. (…)

Si tolgono gli ultimi puntelli, ed alle due e dieci minuti il capo operaio grida la formula sacramentale – In nome di Dio tagliate le gomene! Da un capo e dall’altro due nerboruti artigiani prendono affilate ascie. Un lampo, un colpo secco ed il Flavio Gioia resta in balia di sé stesso, sciolto da qualsiasi legame. Per qusi non ne sia certo e ad assicurarsene si dondola per un istante. Convintosi che niente, assolutamente niente, lo attacca alla terra, leggermente scivola sul suo letto e fra un grido massimo, immenso, di Viva l’Italia! che prorompe dagli spettatori, si tuffa nelle acque. La sposa si getta nelle braccia dello sposo, che amorevolmente l’accoglie, e gli invitati vanno via per non disturbare, con la loro presenza inopportuna, gli intimi colloqui. Il varo non poteva riuscire meglio ed ha mostrato ancora una volta come Castellammare sia un cantiere di primo ordine.
(…) Prende posto… fra i legni di secondo ordine non corazzati, e tuttavia è destinato a rendere importanti servizi dei legni di primo ordine anche dei corazzati. Il suo nome tecnico è incrociatore, sua missione in tempo di guerra, di essere all’avanguardia della flotta, esplorare, dar la caccia ai legni mercantili del nemico. Necessita quindi che cammini celermente e sia potentemente armato. A ciò si è pensato fornendolo di una macchina a tre cilindri, che sviluppa una forza di 5000 cavalli ed imprime al legno una velocità media di 16 miglia all’ora. La macchina è stata costruita dalla rinomata casa inglese Penn (…)

Il Flavio Gioia sarà armato con 8 cannoni ognuno di 15 centimetri, atti a forare le corazzate di secondo ordine, ed avrà inoltre due mitragliatrici sistema Northenfield e due stazioni, una per lato, per lancio dei siluri. Lo scafo di acciaio al pari delle pareti-stagne, e della struttura dei ponti. Tutta la lunghezza della nave è difesa da un ponte cellulare corazzato che si stende orizzontalmente, assicurando così dai proiettili nemici i locali sottostanti (…) Sul Flavio Gioia non c’è nulla che manchi o venga meno al progresso marittimo; timone a vapore, macchina per salpare le ancore, barcacce a vapore insommergibili, campanelli elettrici, luce elettrica per illuminare i ponti, indicatori di giri sul ponte del comando ed altre invenzioni moderne per rendere abitabile, sicura e comoda una nave da guerra. (…)
Come si evince dalle stampe, il varo fu eseguito di prora e non, come usualmente avveniva ed avviene, costruendo la nave sullo scalo con la poppa rivolta verso il mare in modo che, all’atto dell’incontro con l’acqua della parte poppiera più rotondeggiante, faciliti la cd. spinta di Archimede. Tale spinta di galleggiabilità assume la forza massima quando la parte prodiera dell’invasatura toccando l’acqua fa inclinare leggermente la prua. Questo momento è chiamato, in gergo, nasata o saluto.
Dopo i lavori di allestimento, la nave fu portata a Napoli nel bacino di raddobbo per i controlli di routine della linea d’asse e il completamento della pitturazione dell’opera viva. Unitamente al Vespucci, fu adatta a nave scuola degli allievi dell’Accademia Navale di Livrono apportando modifiche sia alle sovrastrutture e sia ai locali interni.

Un particolare interessante che accomuna il Flavio Gioia e il Vespucci fu rappresentato dall’uso dei cavi in acciaio. Per la prima volta su navi della Regia Marina furono utilizzati tali cavi in sostituzione di quelli tradizionali in canapa costruiti dalla Regia Corderia di Castellammare di Stabia, voluta da Ferdinando IV di Borbone nel 1796.

Crociere oceaniche
Il giovane Guardiamarina effettuava il periodo d’imbarco sulle navi scuole per “ completare la sua istruzione tecnica, rendersi atto al comando delle manovrea e degli esercizi militari e acquisire pratica del mare…”.La navigazione oceanica, così come avveniva nella marineria inglese e francese, era ritenuta indispensabile per la formazione degli ufficiali e degli equipaggi e fu svolta unitamente a crociere commerciali e di rappresentanza, nonché di difesa degli interessi italiani nel mondo da parte di molte unità.
Il 23 giugno del 1883 il Flavio Gioia (Comandante Ricotti), unitamente alla pirofregata Vittorio Emanuele (Comandante Parascandolo) e all’incrociatore gemello Amerigo Vespucci (Comandante Carnevali) , agli ordini del Contrammiraglio Morin, partecipò ad una crociera oceanica imbarcando gli allievi ufficiali dell’Accademia Navale di Livorno. I 277 allievi trovarono la seguente sistemazione a bordo: 84 sul Gioia, 84 sul Vespucci e 109 sul Vittorio Emanuele.
Tutta la traversata atlantica fu effettuata quasi per intera con la propulsione a vela durando circa un mese. Dopo aver attraccato ad Annapoli, Baltimora e New York, il 31 agosto la Squadra oceanica ripresa la rotta per il ritorno in Patria arrivando a Livorno il 31 ottobre avendo percoso un totale di 10.570 miglia (6.691 a vela e 3.879 a vapore).

A New York la Squadra navale trovò il Corsaro uno yacht da 50 tonnellate al comando del capitano d’Albertis che era andato in America per onorare la memoria di Cristoforo Colombo ripecorrendo la stessa rotta. L’Ammiraglio Morin gli offrì di farsi rimorchiare dal Flavio Gioia. Dopo un giorno di navigazione, le peggiorate condizioni del mare costrinsero a mollare il cavo di traino. Il Corsaro dovette affrontare da solo le tempeste dell’Atlantio e solo il 26 settembre arrivò a Capo San Vincenzo accolto dagli urrah dei marinai della Squadra navale che avevano temuto per la sua sorte dopo lo sgancio effettuato 25 giorni prima.
Nel 1884 il Flavio Gioia, al comando di Eugenio Grandiville effettuò un’altra crociera d’oltremare fermandosi a Cuba per difendere gli interessi della comunità italiana. In quella occasione fu tentata la stipula di un accordo tra il Banco de Crédito Territorial Hipotecario de Cuba ed il Bando di Credito e Sconto di Napoli per favorire l’immigrazione diretta dall’Italia. Il Comandante elevò vibrate proteste al Ministro De Pretis quando si accorse che tale accordo serviva a sostituire gli schiavi affrancati dalla schiavitù che lavoravano nelle piantagioni di tabacco, con braccianti italiani. Il Comandante Grandville scrisse che:” l’abolizione della schiavitù fu accettata a malincuore ed ove non è dimenticato il sistema di oppressione verso il lavoratore obbligato” riportando anche l’alto tasso di delinquenza e corruzione che vigeva all’Avana ed in tutta l’isola. Tale progetto fortunatamente fallì.
Nel 1886 assieme al Vespucci ed alla cannoniera Verniero, al comando del Contrammiraglio Giuseppe Mantese, il Flavio Gioia fu inquadrato nella Divisione Navale dell’America Meridionale ed effettuò un’altra circumnavigazione del globo.
Fino al 1911 effettuò con gli allievi dell’Accademia Navale di Livorno diverse crociere: dal 10 luglio al 26 settembre 1896 in Mediterraneo ed in Atlantico; nel mese di settembre del 1897 e ad agosto-settembre dell’anno successivo nel Levante; nei mesi di agosto-ottobre 1899 nel Mar Baltico; nell’estate del 1900 e del 1901 ancora nel Mediterraneo ed in Atlantico. E così fino al 1911.
Nella guerra italo-turca il Flavio Gioia, inquadrato nella Divisione Navi Scuola partecipò alle operazioni di bombardamento di Misurata ed agli sbarchi di Zaura. A bordo, oltre agli Allievi dell’Accademia Navale, c’era anche i Mozzi del Corpo dei Reali Equipaggi (C.R.E.M.) e ciè gli attuali Nocchieri. Nell’estate del 1913 e 1914 effettuò crociere nel Mediterraneo ed in Atlantico.

Allo scoppio della prima guerra mondiale l’unità fu impegnata in compiti di vigilanza costiera e scorta antisommergibile nel Tirreno. Terminata la guerra, ripresa l’attività usuale di nave scuola fino al 1920 quando venne rediata dal naviglio militare ed utilizzatas come Convitto per Marinaretti a Napoli con la sigla CM181. Questa iniziativa si aggiunse a quella già in corso a Napoli con la vecchia nave Caracciolo iniziata nel 1913 così come la nave-officina Garaventa a Genova e, la prima esperienza del genere che si formò a Venezia nel 1903 con lex nave idrografica Scilla. Nel 1923 l’esperimento didattico-educativo delle Navi-scuola terminarono con l’assorbimento nell’Opera Nazionale Balilla. Il Flavio Gioia, quindi, il 4 marzo cessò definitivamente anche questa attività.

Marinai famosi imbarcati sul Flavio Gioia
Molti ufficiali si forgiarono su questa unità nel corso dei lunghi anni di attività. Se ne vogliono ricordare due, insigniti di Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Il primo, il Capitano di Corvetta Lorenzo Gandolfi di Mantova, imbarcato durante la crociera oceanico del 1987. Egli, il 3 luglio del 1916, sacrificò la sua vita nel domare un incendio scoppiato su un treno carico di munizioni bel Deposito Munizionamento di La Spezia, la motivazione era la segunte:” Accorreva prontamente e radunava militari e maestranze al pontile delle munizioni presso lo stabilimento Pirelli, sul quale erano parecchi vagoni carichi di esplosivi e uno di razzi che si era già incendiato. Conscio del grande pericolo che correva, con mirabile sangue freddo e giusto intuito, provvedeva ad organizzare opera di salvamento, cercando di spegnere l’incendio e di staccare i vagoni non ancora incendiati, fulgido esempio di eroismo ai dipendenti; e mentre attendeva a quest’opera mercé la quale si evitava disastro assai maggiore, cadeva gloriosa vittima della sua gloriosa abnegazione per lo scoppio avvenuto in vagoni isolati”.

Il Capitano di Fregata Pietro De Cristofaro di Napoli imbarcato come Guardiamarina sull’unità durante il primo conflitto mondiale. Il 16 aprile del 1941 al comando del Cacciatorpediniere Luca Tarigo di scorta ad un convoglio nel Mediterraneo Centrale, subì l’attacco di forze nemiche e, benché con una gamba amputata, riuscì ad affondare, con i siluri il caccia britannico Mohawk e, subito dopo, si inabissò con la sua nave. La motivazione era la seguente:
“Ufficiale superiore di altissimo valore. Comandante di silurante in servizio di scorta ad importante convoglio in acque insidiate dal nemico, prendeva tutte le disposizioni atte a garantire la sicurezza del convoglio affidatogli. Assaliti la scorta e il convoglio improvvisamente da soverchianti forze navali nemiche la notte sul 16 aprile 1941, con serena e consapevole audacia conduceva immediatamente all’attacco la nave di suo comando. Crivellata la sua nave da colpi nemici, colpito egli stesso da una granata che gli asportava una gamba, rifiutava di essere trasportato in luogo più ridossato e solo concedeva che gli venisse legato il troncone dell’arto, non per vivere ma per continuare a combattere. Così egli rimaneva fino all’ultimo, fermo al suo posto di dovere e di onore e nella notte buia, illuminata a tratti dalle vampe delle granate e degli incendi, i suoi occhi che si spegnevano avevano ancora la visione di un’unità nemica che sprofondava nel mare, colpita dall’offesa della sua nave E con questa egli volle inabissarsi, mentre i superstiti, riuniti a poppa lanciavano al nemico il loro grido purissimo di fede. Esempio sublime di indomito spirito guerriero, di coraggio eroico, di virtù di capo, di dedizione alla Patria oltre ogni ostacolo e oltre la vita”.

Incrociatore Flavio Gioia – caratteristiche tecniche
Motto dell’unità: “Saldi nella furia dei venti e degli eventi”
Progettata Carlo Vigna
Classe prototipo (Amerigo Vespucci)
Impostata 26 luglio 1879
Varata 12 giugno 1881
Completata 26 gennaio 1883
Dislocamento 2.750 tonn ( a pieno carico) – 2.493 tonn (normale)
Lunghezza 84,50 metri (fuori tutta) – 78,00 (fra le perpendicolari)
Larghezza 12,78 metri
Immersione 5,19 metri
Apparato motore: 8 caldaie tipo Penn – 1 motrice alternativa tipo Ansaldo – 1 elica
Potenza 4.156 cavalli vapore
Combustibile 500 tonnellate di carbone
Velocità massima 14 nodi
Protezione: ponte di coperta a struttura cellulare
Artiglieria: 8 cannoni da 150/40 mm – 3 mitraglie da 75/24 mm tipo Northenfield – 2 mitraglie da 37 mm a 5 canne (il peso cannone-affusto era di 347 chilogrammi, quello di un proiettile di 483 grammi. A 500 metri di distanza, una scarica di proiettili colpivano l’interno di un cerchio di 1 metro di raggio. La velocità era di 42 colpi al 1’.
A 240 metri di distanza i proiettili si conficcavano per 37 mm nella corazza – 2 mitraglie da 25 mm a 4 canne – 2 mitraglie leggere 2 impianti lanciasiluri da 355 mm sistemati a dritta e sinistra sul ponte
Equipaggio: 268 uomini
Radiata: 1920 (demolita 1923).

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