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29-31 gennaio, i tre giorni della merla

di Gaetano Mustica

…29-30-31 Gennaio: Brrr, che Freddo o che caldo?

Come farebbero i nipoti senza i Nonni? Se ci pensate, questi “grandi più degli altri” sono davvero necessari e insostituibili. Intanto, i Nonni sono la memoria della Casa, come anche quella dei tempi andati, tanto passati che, dai loro racconti, sembrano favolosi, e poi assolvono anche l’amorevole compito di rispondere alle domande più curiose dei cari nipotini, sia perché hanno più tempo e pazienza dei Papà, ma anche per via che ne sanno sempre almeno una di più a cagione della loro ragguardevole età.
Pertanto, io, come amoroso Nonno Tano delle quattro adorabili nipotine Sophia, Marina, Giuliana e Ginevra, oggi sono contento di adempiere a questo mio gradito incarico rispondendo alla domanda postami da Sophia, la  più grande delle quattro mie delizie, appagando così la sua curiosità circa il:

Tema
Perché gli ultimi tre giorni del mese di gennaio sono appellati “I Tre Giorni della Merla” e perché il 29, 30 e 31 sono anche conosciuti come i tre giorni più freddi della stagione invernale?

Orbene, rispondendo alla prima nipote, per risparmio di tempo (che alla mia età bisogna curare particolarmente), prego Sophia, non solo di comunicare tanto quanto sto per riferirle alla cugina Marina, ma, pure, di spiegarlo più in là alle sorelline Giuliana e Ginevra, ancora tanto piccole.

Svolgimento

Un tempo i Merli erano ingenui, cioè, uccelli sempliciotti, non scaltri, insomma, non proprio dotati di particolare acume, tanto che gli antipatici e i maliziosi –che, in ogni tempo, non mancano mai- per dare del tonto a qualcuno, o, peggio, del babbeo, o, addirittura, del minchione, dicevano –e qualcuno ancora dice- : “bravo merlo!”, o, “sei proprio un bel merlo!”, oppure, “stupido come un merlo”.
A quel tempo i merli erano anche bianchi, proprio candidi come la neve appena fioccata, non neri come oggi son tutti (tranne forse qualcuno albino –esemplare talmente raro e pregiato, che per indicare un tale soggetto eccezionale si diceva –e qualcuno ancora dice- “rara avis”-; in natura, pare esista un’altra eccezione: la mosca bianca, ma è tanto di minor valore che nessuno, infatti, dice “rara musca”. Basta così, altrimenti temo di confondervi, nonché di sentire i vostri Papà (che, come vi ho già spiegato, sono i miei figli –ora, a volte, un po’ saccenti) criticarmi col solito: “Papà quanto la fai lunga e complicata!”
Dunque, i merli (passeracei della famiglia turdidi: lo specifico solo per Sophia ch’è appassionata di zoologia) erano ingenui e bianchi e così restarono per diverso tempo, sicché a causa di quel malandrino di Gennaio, che, anche nelle giornate di sole, sorridendo sardonico, scuoteva per tutto il tempo a sua disposizione (che –attenzione!- a quel tempo era di 28 giorni e non di 31 come oggi) il suo mantello gelato, nascondendo sotto il ghiaccio il mangime, molti di questi poverini, nell’inutile ricerca di cibo, non resistendo a quei giorni di gelida buriana, o di sole smorto, con le ali intirizzite, stremati anche dalla fame, alla fine cadevano al suolo stecchiti come secchi stoccafissi ed era davvero una gran pena, vederli, spalati dagli spazzaneve, finire nel fango: loro così  candidi e briosi.
Finché, una merla, un po’ prima dell’arrivo dell’Inverno, al primo sole smunto preannunciante freddo pungente, temendo l’arrivo ormai prossimo del famigerato Gennaio, ebbe un’alzata d’ingegno, un vero lampo di genio!  (Specie in caso di stretta necessità, quando, pensando e ponzando, si cerca ad ogni costo una soluzione ad un problema assillante, capita, fortunatamente, anche a chi normalmente è lento di riflessi, d’avere una pensata geniale) e, usando l’improvvisa luce dell’intelletto che le schiariva il problema oscuro, si fece furba, raccogliendo e immagazzinando ogni giorno tanto di quel bendidìo da farsi una vera e propria provvista alimentare per tutti i 28 giorni del terribile Gennaio, cioè -ripeto apposta- per tutti giorni che a quel tempo contava il freddo gelido  mese. E, smaliziata, cantò, anzi fischiò motteggiando: “Benedìcite!, marameo al maramaldo. Ribaldo d’un Gennaio, t’ho fregato! Mi ritiro con la famiglia al calduccio del mio nido e bravo a chi mi vede la coda.”
Ma, la merla accorta aveva previsto provviste giusto per 28 giorni e, dunque, solo per tutto il tempo che allora durava il mese di Gennaio (ripeto per l’ultima volta) e non aveva previsto l’arrabbiatura che questa sua furba previdenza e l’irridente fischio avrebbero provocato nello stizzoso Gennaio mortifero.
Il primo mese dell’anno, soprattutto per la sua posizione di Capo d’anno, sentendosi gabbato da quella notoria tonterella della merla, tanto montò su tutte le furie che, non sopportando tanto scorno, tanto fece –usando e abusando del suo grado di Capo- che ottenne dal mese più debole dell’anno e, cioè, dal fragile e febbricitante Febbraio, che gli cedesse tre giorni, tanto quanto per aver ragione di quel presuntuoso e arrogante uccello, prendendolo alla sprovvista con l’imprevisto, anzi, impensabile, prolungamento del suo gelido rigore. E, quando, il giorno 29, vide affacciarsi dal nido la merla -la quale, stimando essere quel giorno il primo di febbraio e, dunque, considerando ormai tracollato lo spietato Gennaio, si accingeva a uscire per far la spesa, non essendo, per la voracità dei suoi piccoli ingordi figli, rimaste neanche le briciole nella màdia- spedendole una folata di vento gelido e tagliente come il filo del rasoio, le mandò a dire: “Brava merla!, hai proprio fatto i conti senza l’oste, vediamo  ora chi tira le somme; vedrai che in questi tre giorni supplementari avrò ragione della tua spocchia e dovrai per forza darmela vinta.”
La merla, per lo spavento e lo sgomento, rinculò, sorpresa e spaurita, e, senza darlo a divedere agli implumi figliolini per non spaventarli a morte, preso da parte il marito -che, fischiando un’aria mattutina, ancora si lisciava le penne prima di andare a becchettare la colazione davanti al bar della piazza-, gli espose, corrucciata e concitata, il grave problema vitale.  Il merlo, come si conviene al capo di casa, coprendola con l’ala per infonderle senso di protezione, gonfiando le penne e spingendo il petto in fuori per esprimere forza e decisione coraggiosa, tranquillò la moglie: “Merla, moglie mia cara, non ti scorare, ci sono qua io!, e che no? Non la daremo vinta a quel furfante di Gennaio truffaldino. Stammi bene a sentire: mentre io mi metto subito in cammino, cioè in volo radente, o procedendo a balzelli fra i cespugli del suolo per non dare nell’occhio, così ingannando la sicumera del gaglioffo Gennaio e mettendo nella bisaccia tutto quello che trovo di commestibile –e ne troverò, perché tutta la natura comincerà a far capolino dalla neve, stimando già arrivato quel mese di burletta che s’è rivelato Febbraio- , tu, gioia bella, senza perder tempo a far fagotto di questo e quell’altro, coi nostri teneri pargoletti, ti rifugerai nel comignolo più vicino giacché temo che Gennarone lazzarone userà anche la grandine per annientarci frantumando la tegola del tetto che ci ripara. Perciò, subito nel comignolo, al calduccio. Intesi? Stai in campana!”
– “Ma non hai appena detto nel comignolo? E allora perché ora mi confondi col campanile? Devo trasferirmi nell’uno o nell’altro, benedetto maschio mio?!” –interloquì la merla, confusa dal linguaggio e frastornata dagli eventi e anche …un po’ irritata.
– “Femminella mia stordita, ben sai che parlo forbito, che ci posso fare, se ho questo vezzo?- : “stai in campana” non è che un modo… elegante (beninteso, buono anche per… sdrammatizzare circostanze come questa che ci affligge) per dire “stai attenta …a come rintocca”, cioè, a come si svolgono gli eventi, a quello che può succedere. Mi sono spiegato, cocca?”- rispose, benevolo, ma con sussiego, il marito, e s’involò, cioè spiccò il volo rapidamente, dileguandosi, cioè sottraendosi sveltamente alla vista per non irritare la moglie con l’inutile battibecco.
– “Cioè, cioè, cioè, …lui benedetto!  Sbrighiamoci frugoletti, avete sentito Papà? Non fatemi arrabbiare voi adesso. Mettetevi in fila ordinati e senza spingere, che vi trasbordo subito in una nuova casa più accogliente, dove poi vostro Padre vi porterà la colazione”-. E, detto fatto, la famigliola si sistemò nel comignolo più vicino, giocoforza sopportando pazientemente il nero fumo denso e la lunga attesa.
Quando il merlo – grazie a Dio-  finalmente tornò con le provviste raggranellate, non trovò subito la moglie e i figli, cosicché, stanco e preoccupato, vedendo, comunque, il comignolo occupato da una famiglia di uccelli neri come la notte, interpellò la padrona di casa:  -“Scusi, gentile signora vedova, davvero non vorrei disturbarla vedendola coi figli in lutto stretto, ma -pace all’Anima di suo marito-, avrei qui dovuto trovare la moglie mia, un’uccellina di bell’aspetto –senza nulla togliere a lei, ch’è davvero graziosa!-, di piumaggio spumoso e bianco come il latte appena munto…, ne sa qualcosa, bella vedovella?”-
– “Stolido che sei –per la fatica e il freddo insaccato, …spero- e impertinente galante con le belle vedovelle –perderai le penne e non il vizio, …o il  “vezzo”, come dici tu, ma sono io la moglietta tua e questi i tuoi neri teneri figli, neri tutti come il nerofumo che ci ha circonfuso per tutto il tempo che sei stato via; dai! vieni dentro, che apparecchio; nel frattempo, vedrai che anche tu diventerai nero come il carbone: faremo così davvero una cena elegante con un livrea appropriata ed elegante, distinta, come piace a te …e anche a me”-.
Così lietamente, care nipoti, finisce la storia con la quale rispondo alla domanda di Sophia;  pertanto, spero che, d’ora in avanti, tutte e quattro, quando vedrete un merlo, nero tirato a lucido, col becco e le zampine giallo-arancione, elegante, vivace e con un armonioso fischio sonoro, col quale riesce anche a imitare altri suoni: anche il verso del gatto, quando, ricordandosi della beffa giocata a Gennaio, fa “marameo”, penserete al Nonno Tano, sempre tra il serio e il faceto, che da sempre ama in particolare questo uccello simpatico e …ironico.

Biografia

Gaetano B. G. Mustica, nato il 24 luglio 1940 a Catania, ivi residente in piazza V. Lanza n. 14 (tel. e fax n. 095-446678/ cell. 333-1366493, e-mail: posta@sirtanus.it),  avvocato fino …al secolo scorso – dal 1963 fino al 1999, essendosi limitato a “narrare” e pubblicare sulle “terze pagine” di giornali quotidiani e “letterarie” di riviste -, …ha concluso il Secondo Millennio come Scrittore a tempo pieno, esordendo, nel 2000, col volume “Una diviso Due e altri racconti”, illustrato dal fratello pittore Nino Mustica ed edito dalla Hefti di Milano.
Da quella data fatidica, in questo inizio del Terzo Millennio, ha già dato alle stampe: con le Edizioni PR-Paleani di Cagli, “Fiabesco – Fole per Tutte le Età e per Tutti i Gusti”, illustrato da Katia Mensà;  ancora con E. Paleani Editore di Cagli, “Il Giardino delle Rose Perdute – Ricordi d’Avantieri fino a Ieri”, illustrato dalle riproduzioni delle opere della madre pittrice Sara Spitaleri Mustica; per i tipi di A & B (Bonanno Ed.-Acireale-Roma), “Epos Siciliano – Miti e Pupi Rinverditi”; quest’ultima Casa Editrice, ha curato, altresì, la seconda edizione riveduta, corretta ed ampliata de “Il Giardino delle Rose Perdute”; ancora con la A & B, “Favolario”; “Le storie della Storia – da Adamo ed Eva a Claretta e Benito”, illustrate da Bianca Brancati Carlevani e, da ultimo, “Eroticaria”.
In attesa di editore: “Il Diwanetto (L’Oriente visto dal tappeto volante a volo radente di SulTanus)”;
In bozza: “Elogio del Vagabondaggio e altri Racconti Erratici” e in corso di stesura, “Tango Y Mango – Venti Racconti Stravaganti”.
Verseggia anche di tanto in tanto: alcune composizioni già pubblicate (1997) in “Meeting di Poeti”, edito dal Centro Culturale Internazionale “III Millennio” di Corinaldo, altre in una futuribile raccolta dal probabile titolo: “Carmina Picena”.
Per il “Teatro di Puro Svago – SirTanus”  ha scritto: “Hamletic Busillis (scherzo scespiriano)” e “Beotia (tragocomoedia)”.

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