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24.5.1944, Luigi Mascherpa e Inigo Campioni

di Antonio Cimmino e Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

I Marinai e la Guerra di Liberazione…quelli che non si arresero.

Luigi Mascherpa
Il Contrammiraglio Luigi Mascherpa, nato a Genova il 16 aprile 1893, aveva 51 anni quando fu giustiziato.
Il suo incarico era quello di osservatore aeronautico nella Prima Guerra Mondiale dove fu decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Comandante nel settembre 1943 della base navale di Lero (Egeo), dopo l’armistizio italiano ne organizza la difesa e assume il comando delle isole dell’Egeo.
I massicci bombardamenti tedeschi, iniziati su Lero il 26 settembre, e l’attacco navale tedesco del 12 novembre successivo con la conseguente resa, avvenuta il 14 novembre 1943, lo rendono prigioniero dei tedeschi che lo deportano in Polonia.
Nel Gennaio 1944, viene tradotto a Verona nelle carceri Gli Scalzi e, successivamente a Parma nelle carceri San Francesco (semidistrutte in seguito a bombardamento aereo) assalite dai da partigiani che che ne liberano i detenuti politici.
Mascherpa rifiuta, con l’ammiraglio Inigo Campioni, di sottrarsi all’imminente processo (sommario).
Processato il 22 maggio 1944 dal Tribunale Speciale di Parma viene fucilato dai fascisti il 24 maggio 1944 al poligono di tiro di Parma con l’ammiraglio Campioni.
Fu decorato Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
Ufficiale Ammiraglio di eccezionali doti morali e militari, assumeva, in circostanze estremamente difficili, il comando di un’importante base navale nell’Egeo. Attaccato da schiaccianti forze aeree e navali tedesche, manteneva salda, in oltre cinquanta giorni di durissima e sanguinosa lotta, la compagine difensiva dell’isola. Dopo una strenua ed epica resistenza protrattasi oltre ogni umana possibilità, ormai privo di munizioni e con gli effettivi decimati, era costretto a desistere dalla lotta. Catturato dal nemico e condannato a morte da un tribunale di parte asservito ai tedeschi, coronava fieramente col sacrificio della vita una esistenza nobilmente spesa al servizio della Patria.” (Zona Operazioni, settembre 1943 – maggio 1944).
Le sue ultime parole davanti al plotone di fucilazione furono le seguenti:
“Il mio ultimo pensiero va alla nostra Italia. Ricordatevi sempre dell’Italia. Viva L’Italia”.

Inigo Campioni
Cadeva comandando lui stesso il plotone di esecuzione, dopo avere dichiarato che « bisogna saper offrire in qualunque momento la vita al proprio Paese, perché nulla vi è di più alto e più sacro della Patria ».

Lettera alla Madre scritta nella notte fra il 22 e il 23 maggio 1944
Mamma adorata,
è il mio ultimo saluto nel quale c’è tutto il mio cuore e la mia anima. Ti lascio, ma per ritrovarci più tardi lassù riuniti per sempre. Questa racconsolante certezza ti dia la forza di continuare a vivere sino a che il buon Dio vorrà che torniamo accanto l’una all’altro, come mai purtroppo lo potemmo a lungo durante la vita. È il rimorso più vivo che sento oggi nell’intimo quello di aver dato troppo al mio dovere e tanto poco a voi.
Io sono sereno e forte come mi hai visto qui l’ultima volta, dopo due anni di separazione; e molta forza mi viene appunto dal ricordo e dalla felice commozione di averti potuto allora abbracciare. La giustizia o, meglio, la condanna degli uomini non mi tocca, perché la mia coscienza non ha assolutamente nulla da rimproverarsi, e questo fa sì che io sia così meravigliosamente tranquillo e rassegnato ad una fine ingiusta e immeritata.
Del mio nome siate sicuri che non dovrete mai vergognarvi, perché mai, lo giuro, sono venuto meno alle leggi dell’onore. Non ne voglio a coloro che in un tempo di così tragiche vicende mi hanno condannato; ma un giorno, sicuramente, la mia memoria tornerà in quella luce vera che mi circondò per tutta la vita, e che te, mamma, rendeva così fiera di questo tuo figlio. E quel il giorno sarà quello nel quale questa nostra povera Italia uscirà da questi tormenti, supplizi e rovine che non meritava.
Il buon Dio non ha voluto concedermi di vedere quel giorno tanto ardentemente sperato; ma ci sarai tu, mamma adorata, a vederlo per me. L’unico tormento ed angoscia in queste ore nasce dal pensiero di tutte le tristezze e le pene dolorose che tu, Vittorina e Hilda avete avuto per mia colpa involontaria in questi ultimi mesi, e per quelle che ancora più avrete da questo momento al pensiero che me ne sono andato. Perdonatemi!
Mamma adorata, io ti ringrazio di tutto il bene e la gioia che con la tua affettuosità mi hai dato nella vita. Di lassù io ti seguirò, ti sarò sempre accanto in spirito per darti forza e coraggio.
Ti serro forte forte al mio cuore con una affettuosità che supera qualsiasi amore, ti stringo a me come quella mattina che ci vedemmo qui. Arrivederci, mamma buona, mamma adorata.
Inigo tuo.

Nato a Viareggio (Lucca) il 14 novembre 1878, iniziò la carriera militare nel 1893 come allievo dell’Accademia Navale.
Nel novembre del 1941 fu nominato governatore delle Isole dell’Egeo e comandante di tutte le forze armate operanti in quel settore. Dopo l’8 settembre 1943 guidò la resistenza ai tedeschi fino alla resa dell’Isola di Rodi l’11 settembre. Catturato, fu deportato dapprima in Germania e in seguito consegnato dai tedeschi ai fascisti di Salò insieme all’ammiraglio Luigi Mascherpa. Campioni e Mascherpa furono processati e condannati a morte dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato, convocato a Parma il 22 maggio 1944 e presieduto dal generale Griffini.
I due condannati chiesero di restare in piedi e di non essere bendati. Conservarono un contegno calmo e dignitoso.
Davanti al plotone d’esecuzione Campioni dichiarò:
“Auguriamoci che questa nostra Italia ritorni unita e bella come prima. Viva l’Italia!”.
Solo il 9 novembre 1947 gli fu assegnata la Medaglia d’oro al valor militare alla memoria con la seguente motivazione:
Governatore e comandante delle Forze Armate delle isole italiane dell’Egeo si trovava, nel cruciale periodo dell’armistizio, a capo di uno degli scacchieri più difficili, lontani e vulnerabili. Caduto in mano al nemico in seguito ad occupazione della sede del suo comando, rifiutava reiteratamente di collaborare con esso o comunque di aderire ad un Governo illegale. Processato e condannato da un tribunale straordinario per avere eseguito gli ordini ricevuti dalle Autorità legittime e per avere tenuto fede al suo giuramento di soldato, manteneva contegno fiero e fermo, rifiutando di firmare la domanda di grazia e di dare adesione anche formale alla repubblica sociale italiana, fino al supremo sacrificio della vita“.

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