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22.3.1965, collisione fra nave Castore e nave Etna

di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

…dedicato a tutti gli equipaggi dei Marinai di una volta di Nave Castore e ai loro familiari in memoria di Aristide, Vittorio, Domenico e Franco. Per non dimenticare, mai!

Era il 22 marzo 1965, ore 21 15, nave Etna entrava in collisione con nave Castore, un minuto di raccoglimento, per ricordare con questo scritto:

– Sottocapo F.O. Duse-Aristide 1943/3° di Chioggia (VE);
– Marinaio F.C. Celli Vittorio-1943/4° di Castel del Monte-(AQ);
– Marinaio F.O. Franzese Domenico 1943/6° di Napoli;
– Marinaio R.D. Pardini Franco 1944/5° di Savona.

Tutti deceduti nella collisione 10 miglia a levante di Punta Stilo.
Di seguito si trascrive la cronaca della collisione, come riportata dal Bollettino di Informazione della Marina Militare n.3-4 Aprile 1965.

COLLISIONE AVVENUTA AL LARGO DI PUNTA STILO FRA LE NAVI “ETNA” E “CASTORE” LA SERA DEL 22 MARZO
La sera del 22 marzo c.a. 10 miglia a levante di Punta Stilo, durante una esercitazione di protezione di convoglio nella quale nave Etna rappresentava il convoglio e Castore e Rizzo ne costituivano la scorta, le prime due unità entravano in collisione fra loro. Non appena avvenuta la collisione i comandi di nave Etna e della fregata Castore prendevano tutti i possibili provvedimenti ad assicurare la galleggiabilità e la sicurezza delle due unità, e su nave Castore si dava immediatamente inizio all’opera di soccorso degli uomini che si trovavano all’atto del sinistro nella zona danneggiata. Mentre su nave Etna i danni erano limitati nella zona di estrema prora, su nave Castore la prora dell’Etna era profondamente entrata nello scafo a circa 15 metri dalla poppa estrema, zona occupata dal locale equipaggio n. 6 e dal deposito BAS. La parte del Castore a poppavia dello squarcio, risultava praticamente troncata dal resto dello scafo e trattenuta ad esso unicamente dall’asse sinistro dell’elica, da cavi elettrici e da una lamiera del fasciame del lato sinistro.

Accertata la situazione veniva effettuato il puntellamento di una paratia stagna principale a proravia della zona danneggiata e venivano messi in atto tutti i possibili provvedimenti atti a prevenire ulteriori danni quali incendi ecc ed iniziava contemporaneamente l’opera dei soccorso del personale che si trovava nella zona devastata dall’urto.
Successivamente si provvedeva anche ad assicurare con mezzi di fortuna il troncone poppiero della nave alla parte anteriore della stessa, onde evitare che improvvisi movimenti del troncone potessero produrre ulteriori danni alla parte restante della nave, alta quale esso era collegato come già detto dall’asse sinistro dell’elica.
Nell’ardua opera svolta dal personale di bordo per assicurare la galleggiabilità dell’unità danneggiata e per dare soccorso agli infortunati, è risultato palesemente prezioso l’ottimo grado di efficienza raggiunto dal personale grazie ai periodici tirocini di addestramento al Servizio di sicurezza che tutti gli equipaggi seguono presso il Centro addestramento servizi di sicurezza di Taranto. Mentre nave Etna scortata dal CT Indomito raggiungeva con i propri mezzi Taranto la sera del 23, il Castore, veniva preso a rimorchio dal Rizzo e scortato dal Garibaldi nella notte fra il 23/24 raggiungeva Messina e veniva immesso immediatamente in bacino.
Purtroppo l’incidente oltre ai danni materiali ha causato la dolorosa perdita di quattro componenti dell’equipaggio del Castore ed il ferimento di altri 11 componenti dell’equipaggio.
Le vittime sono:

– sottocapo FO Duse Aristide 1943/3°;
– FO Celli Vittorio 1943/4°;
– Franzese Domenico 1943/6°;
– Pardini Franco 1944/5°.

Accertata la mancanza dei quattro uomini subito dopo l’incidente, navi ed elicotteri ne iniziavano le ricerche protrattesi sino all’alba del giorno successivo, purtroppo, senza alcun risultato.
Le salme di due delle quattro vittime e precisamente …
Il 25 marzo nella seduta pomeridiana della Camera dei Deputati l’On. Mario Marino Guadalupi, Sottosegretario alla Difesa ha detto:
“Anche a nome del Ministro e degli altri Sottosegretari alla difesa, mi sia consentito esprimere la nostra fraterna partecipazione e cordoglio a questo momento di lutto e di dolore della Marina Militare”.
Dopo aver succintamente descritto le circostanze nelle quali era avvenuta la collisione lo Onorevole Guadalupi ha così proseguito:
“L’incidente è avvenuto mentre parte del personale si trovava nel locale investito per il turno di riposo. Pur nella sua gravita va considerato fra i rischi conseguenti l’addestramento delle marine da guerra e non è certo nuovo nella storia delle varie marine. Possiamo dire che nella nostra Marina militare essi sono fortunatamente molto rari: La collisione nel suo aspetto tecnico navale, nelle sue causali, come per ogni eventuale responsabilità, dovrà essere esaminata nelle dovute forme regolamentari.
Le circostanze successive cui l’incidente ha dato luogo pur nella sua tragicità, hanno messo in luce l’alto grado di addestramento degli equipaggi, il cui comportamento è risultato superiore ad ogni elogio, sia come disciplina che come addestramento marinaro. I marinai del Castore infatti, lavorando in condizioni estremamente difficili, si sono prodigati all’estremo per soccorrere i feriti e salvare l’unità basti pensare che per salvare uno dei feriti rimasto imprigionato fra le lamiere, sono state necessarie oltre tre ore di lavoro nella zona più esposta e con rischi non lievi per coloro che lo eseguivano. Si deve a questo magnifico comportamento che l’incidente non abbia assunto ben più tragiche conseguenze e proporzioni. Altro elemento decisamente positivo e l’ottima qualità delle nuove costruzioni navali. Malgrado l’entità dello squarcio e dei danni riportati, l’unità ha conservato la sua galleggiabilità sia immediatamente dopo l’urto che durante tutte le operazioni di soccorso e rimorchio, consentendo così il rimorchio ed il ricovero nel porto di Messina, l’unità potrà cosi essere presto ripristinata nella su a piena efficienza.
Una magnifica e chiara testimonianza sul comportamento degli equipaggi di fronte alla sciagura è quella offertaci dai giornalisti imbarcati sulle varie unità per assistere all’esercitazione, molti dei quali hanno avuto la possibilità di assistere da vicino a tutte le operazioni di soccorso.
Una inchiesta per accertare le eventuali responsabilità, è stata immediatamente disposta dal Comando in Capo della Squadra Navale secondo le normali procedure in vigore.
Nel pomeriggio del 25 Marzo si sono svolti a Messina i solenni funerali del Sc Fo Aristide Duse e del Fo Vittorio Celli le cui salme erano state recuperate nella parte danneggiata della nave, e nella notte trasferite ai loro paesi di origine. Mentre le salme del Fo Domenico Francese e del RD Franco Pardini risultano disperse in mare”.

Generalità
Dopo l’entrata in vigore del trattato di pace, che impose la consegna a nazioni ex nemiche o la demolizione di un elevato numero di unità navali la Marina Militare Italiana sì trovò di fronte all’urgente problema del rinnovamento ed ampliamento delle esigue ed in massima parte usurate forze navali. Nel 1950 un primo modesto programma di ammodernamento e di nuove costruzioni venne presentato in Parlamento per l’approvazione della prima parte, di cui facevano parte gli “Avviso scorta“, studiati interamente dal Comitato progetti navi della Marina Militare, che rappresentavano un tipo di nave completamente nuovo per le nostre forze navali e che si possono considerare come le prime unità costruite nel dopoguerra guerra con criteri veramente moderni.
Il via alle costruzioni venne dato nel 1951, ma l’inizio vero e proprio si ebbe soltanto il 15 Maggio 1952 con la posa sullo scalo dei Cantieri Navali di Taranto dei primo troncone prefabbricato di nave “Canopo” il “Centauro” prototipo della serie venne invece impostato a Livorno nei Cantieri Arnaldo, il 17 Maggio dello stesso anno la costruzione delle due navi paragonabili nelle caratteristiche e nell’armamento ai più recenti tipi contemporanei di “DE” americani ed alle fregate Francesi della classe “Le Corse”, procedette con grande lentezza.
Lo scafo nudo e vuoto del Centauro venne varato il 4 Aprile del 1954, dopo circa due anni di permanenza sullo scalo, mentre quello del “Canopo” scendeva in mare dopo tre anni, il 2 Febbraio del 1955. Anche l’allestimento non fu più spedito; la verità era che la mancanza di fondi, dovuta alle difficoltà economiche del dopo guerra nel quale ancora si dibatteva l’Italia, pesò su tutte le costruzioni navali di quel periodo. Un aiuto venne dagli Stati Uniti, che alla fine del 1953 ordinarono altre due unità gemelle classificandole DE 10290 e DE 1021; queste, a costruzione finita vennero assegnate all’Italia, che le denominò rispettivamente “Cigno” e “Castore” nonostante fossero state impostate una con due e l’altra con tre anni di ritardo rispetto alle gemelle del programma Nazionale, Cigno e Castore, costruite off-shore, furono consegnate alla Marina Militare contemporaneamente al Centauro ed al Canopo; anzi il Cigno addirittura prima.

L’iscrizione di queste quattro unità nei quadri del navigli militare avvenne in tempi successivi: Centauro e Canopo classificati con definizione prettamente Italiana come avviso scorta, vennero iscritti il 15 Novembre 1951, prima della costruzione, con decreto P.R. riportato dalla G.U. annata 1952 dispensa n°15, Cigno e Castore vennero invece iscritti al momento della lo ro consegna alla Marina. Il Cigno fu anch’esso classificato come avviso scorta e iscritto il 7 Marzo 1957.
A partire dai 10 Aprile 1957 le prime tre unità entrate in servizio cambiarono la classificazione da avviso scorta a fregate A/S, con decreto del P.R. datato 13 maggio 1957 e riportato sul G.U. annata 1957 dispensa n°17. Pertanto il Castore, consegnato per ultimo, entrò in servizio subito con la classifica di “Fregata Antisom” e iscritto nei quadri del naviglio militare in data 14 luglio 1957. Prime unità di costruzione post bellica, di disegno completamente nuovo, di linea gradevole ma piuttosto tozza, con scafo “flush deck” e prora a cutter, le fregate della classe Centauro non hanno una velocità molto elevata, ma buone doti di manovrabilità ed ottime qualità marine. Partendo dall’altra prora a cutter delle corvette della classe Albatros ma con forme piene, il ponte di coperta corre continuo, con ampio cavallino, fini alla poppa, che è piuttosto stretta ed affilata con specchio inclinato e leggermente tondeggiante. Notevole, dal punto di vista della sicurezza, è la compartimentazione dello scafo. Tra un compartimento e l’altro, come del resto in tutte le nuove costruzioni, sono state abolite le porte, in modo da evitare punti di indebolimento delle paratie stagne che dividono fra loro i vari locali. Questo fatto ha anche portato ad una maggiore robustezza strutturale ; infatti ogni paratia diventa in questo modo, non solo stagna ma continua nel senso della resistenza.
Lo scafo a bordi arrotondati, e completamente privo di oblò, i quali potrebbero costituire un’eventuale via d’acqua quando l’unita, per una qualsiasi ragione, dovesse trovarsi in condizioni critiche di galleggi abilità e di stabilità. Non solo: l’abolizione degli oblò ha reso più resistenti le murate evitando altresì l’ingresso all’interno dello scafo di eventuali nebbie radioattive dovute ad esplosioni nucleari. Le sovrastrutture, armonicamente disposte, hanno su queste navi un notevole sviluppo, constano di un voluminoso cassero centrale spostato verso proravia che prosegue verso poppa in una lunga e larga tuga e sormontato da una costruzione a due piani. Per la prima volta, dopo molti anni, ricompaiono su unità di modesto tonnellaggio, due fumaioli, dì non grandi dimensioni, che, disposti simmetricamente rispetto alla prora ed alla poppa contribuiscono a dare una certa eleganza e sveltezza alla linea non troppo slanciata di queste fregate.

Le sistemazioni interne sono molto curate, anche se un a certa deficienza di spazio si fa sentire a causa del voluminoso apparato motore a vapore, delle forme stellate della prora e della poppa e del numero di apparecchiature ed automatismi installati. Questi ultimi non certo sviluppati come sulle unità di più recente costruzione, hanno consentito di ridurre il numero degli uomini imbarcati, richiedendo però per ognuno di essi una specializzazione più spinta.
L’equipaggio è alloggiato in tre locali, uno a poppa e due a prora sottocoperta e sotto copertino, gli uomini dormono in cuccette ribaltabili. La mensa equipaggio, organizzata tipo tavola calda, è ubicata sulla sinistra del cassero centrale ed e raggiungibile sia dai locali prora sia da quelli di poppa senza uscire in coperta. I sottufficiali hanno i loro camerini da uno o più posti, alcuni all’interno del cassero, altri sottocoperta i in mediatamente a proravia dei locale caldaie di prora, ed il loro quadrato si trova nella tuga in coperta a centro nave immediatamente a proravia del secondo fumaiolo. I camerini degli ufficiali sono invece ubicati, parte sulla dritta del cassero centrale e parte, compreso l’alloggio del comandante ed il quadrato, nel piano inferiore della tuga sovrapposta al cassero stesso.
I principali locali di comando, per il governo della nave sia in navigazione che in combattimento, si trovano distribuiti nella sovrastruttura principale. Anteriormente a questa tuga si ha il ponte di comando, molto ampio ed aperto, per la protezione del personale di guardia dal vento e dai colpi di mare, lo stesso è dotato di schermi aerodinamici vetri abbassabili e, nella centrale, di un tettino in plexiglas che lascia ampia visibilità superiore.
La timoneria chiusa si trova al centro della grande plancia dietro la timoneria, nel piano superiore della tuga, abbiamo la Centrale Operativa di Combattimento C.O.C le Stazione operativa radar. Al piano inferiore, sotto il ponte di comando la centrale Antisom e più a poppavia la stazione R.T. principale, Centrale AS-SIOC Antisom servizio informazioni operazioni combattimento.
La centrale di tiro di tiro principale è posta sotto coperta a centro nave, mentre una stazione di tiro secondaria trova posto nella piccola tuga posta a poppavia del secondo fumaiolo.
Caratteristica di queste fregate è il grande albero a tripode che sorge anteriormente al primo fumaiolo e che, oltre a sostenere le antenne dei radar ed una piattaforma con proiettore e dotato di un pennone per la manovra delle bandiere da segnalazione largo quanto l’intera nave. Un altro albero più picciolo s’innalza dalla sovrastruttura a poppavia del fumaiolo del secondo fumaiolo. Data la non eccessiva velocità operativa di queste navi, un solo timone semi compensato di ampia superficie e sufficiente a conferire loro buone qualità manovriere.
Le ancore di posta sono due, a marre articolate tipo Hall, e come su tutte le unità di piccolo tonnellaggio manovrabili da un solo argano elettrico posto sull’estrema prora.
L’apparato motore è costituito da due gruppi di turbine a vapore Ansaldo, indipendenti fra loro e posti in due compartimenti stagni separati ed agenti ognuno su un’elica mediante ingranaggi di riduzione. Ogni gruppo si compone di un a turbina ad alta pressione che ha incorporata la palettatura di crociera e di una turbina di bassa pressione che ha incorporata la palettatura per la marcia indietro. II vapore necessario al funzionamento delle turbine è prodotto da due moderne caldaie POSTER WHEELER, la cui temperatura di esercizio è di 410°c e la pressione di 43atm. La potenza complessiva sviluppata dall’apparato motore è di 22.000HP, capace di imprimere all’unità una velocità massima di circa 26 nodi. Detta velocità non è molto elevata ma è sempre tale di consentire a queste unità di avere la necessaria prevalenza sul convoglio scortato, per maggiore sicurezza e per poter continuare la navigazione anche con una sola elica, in caso di colpo a bordo l’apparato motore e diviso in due gruppi distinti ed autosufficienti. Il gruppo più a proravia, che a gisce sull’elica di dritta, consta di una caldaia la cui canna fumaria finisce nel fumaiolo prodiero e di un gruppo turbo riduttore posti in due locali separati e contigui. Il gruppo di sinistra è analogo al precedente e la canna fumaria sfoga nel fumaiolo poppiero.

A centro nave, infine, fra i locali e dei due gruppi si trova la centrale elettrica principale che alimenta rutti i circuiti di bordo per mezzo di tre diesel alternatori Mayback per una potenza complessiva erogata di 200Kw. I locali abitati delle sovrastrutture possono essere ventila te mediante normale circolazione d’aria: ognuna delle quattro fregate è dotata anche di un impianto di condizionamento completo a ciclo chiuso o aperto per tutti i locali abitati ed operativi, che unitamente ad un impianto di lavaggio esterno ed ad un sistema automatico di allarme e rivelazione, permette alle navi di permanere ed operare in zona di ricaduta radio attiva. Pur trattandosi, in fondo, di navi di transizione, esse sono provvedute di apparecchiature radar ed ecogoniometriche di notevole sensibilità i cui dati vengono elaborati dalla Centrale Operativa di Combattimento, dalla centrale di tiro e della centrale antisom, che permettono una costante valutatone del la situazione, sia nell’aspetto generale operativo che in quello specifico della minaccia nelle varie forme.
All’entrata in servizio le apparecchiature elettroniche di scoperta presentavano delle diversità rispetto alle attuai i identiche per tutte le unità della serie Centauro e Canopo avevano un radar americano ASP/NS 6 per scoperta aeronavale con copertura fino a 250 Km. Cigno e Castore costruite off-shore montavano invece un radar Microlambda di costruzione nazionale.
Nei 1960 l’apparecchiatura è stata uniformata e da allora tutte e quattro le unità della classe montavano il radar ASP/ NS 6. Oltre al radar principale si aveva in una coffa più sopraelevata quasi in testa all’albero, un radar Selenia di costruzione nazionale di scoperta in superficie su bassi siti fino a circa 9 Km.
Nel 1964 questo tipo di radar è stato sostituito con uno Jason di tipo più moderno. L’apparecchiatura ecogoniometrica per la ricerca dei sommergibili immersi costa di un sonar panoramico ad alta frequenza di costruzione americana, tipo AN/SQS-11A, il cui proiettore sporge sotto la chiglia verso prora entro un bulbo carenato. Per quanto riguarda l’armamento, possiamo dire che nonostante il lungo periodo di allestimento di queste navi, l’adozione di armi moderne antiaeree e antisom fece si che alla loro entrata in servizio le fregate della classe “Centauro” erano navi senz’altro all’altezza dei tempi e perfettamente idonee alla scorta dei convogli. L’armamento antiaereo e navale comprendeva: 4 cannoni da 76/62 mm AA Oto Melara, i cannoni da 76, in una sistemazione binata a canne sovrapposte che, geniale nella concezione, non ha però dato i risultati di praticità sperati e che non sarà quindi ripetuta su nessuna altra unità, erano armi modernissime progettate per un’eventuale complesso a quattro canne mediante accoppiamento di unità binate. Il caricamento era completamente automatico e continuo, con elevata frequenza di tiro: 60 colpi al minuto. Rispetto al tipo SMP 3 imbarcato sulle corvette della classe Albatros e da cui questi derivano, presentando soltanto l’innovazione del caricamento continuo per mezzo di apposite norie a qualsiasi elevazione, ciò che consentiva la più elevata cadenza di tiro. Le due torrette abbinate erano asservite ad una centrale D.T. tipo NSG con radar di tiro MLT 4 ed ad una colonnina di direzione tiro. 4 mitragliere antiaeree Breda-Bofors da 40/70 mm. in impianti binati posti su apposite piazzole a destra e sinistra della tuga centrale a poppavia del secondo fumaiolo, i due impianti di mitragliere antiaeree erano asserviti elettronicamente a due colonnine di punteria Galileo OG 1 poste in apposite piazzole nella tughetta poppiera, immediatamente a poppavia del secondo fumaiolo. Queste armi però, benché ottime e di funzionamento preciso e sicuro, furono le ultime ad essere imbarcate su unità di notevole tonnellaggio. Esse infatti ritenute ormai superate per la relativa efficacia dimostrata dal tiro antiaereo ravvicinato contro i moderni reattori, non compariranno mai più su navi nuove, avendo la Marina Militare Italiana adottato come calibro antiaereo il 76 mm 2 Lanciarazzi trinati da 105 mm telecomandali per il tiro notturno, a completamento dell’armamento antiaereo e navale, i due impianti si trovano sul cassero centrale, uno per lato, immediatamente a proravia del ponte di comando. L’armamento antisom all’entrata in servizio, era composto di: 1 lanciabas lungo trinato tipo Menon, posto a prora sul cassero immediatamente a poppavia delta torre da 76 mm. 4 Lanciabas Menon corti, disposti in coperta due per lato quasi a centro nave, ma leggermente spostati verso poppavia. 2 Guide fisse per il lancio di siluri antisom da 553 mm. posta sulla tuga fra i due fumaioli, una a dritta ed una sinistra denominata tuga siluri. 1 tramoggia da 10 bombe torpedini da getto, posta ad estrema poppa al centro dello specchio. Il lanciabas trinato da 305 mm., progettato e costruito interamente in Italia, deriva dal Limbo Inglese e può lanciare una salva di tre grosse bombe antisom ad una distanza massime di 1500m, sparate le tre cariche l’arma va ad una massima elevazione di 90° e viene automaticamente ricaricata, mentre le spolette vengono ricaricate direttamente dalla Centrale Antisom, in base ai dati forniti dall’ecogoniometro, la gittata viene regolata mediante variazioni della potenza della carica di lancio, l’arma piuttosto ingombrante, e racchiusa in una torretta brandeggiante da cui sporgono le ire lunghe canne. I lanciabas pirici Menon posti sui due lati della nave, sono stati sostituiti insieme alle due guide lanciasiluri poste sulla tuga centrale. su tutte e quattro le unità, negli anni 1963/64con due lanciasiluri trinati antisom tipo Mark 32 posti sui due lati della nave nella posizione di centro nave dove antecedentemente erano piazzati i lanciabas corti Menon nel 1966 venne dato corso ad un programma di ammodernamento e trasformazione delle quattro unità che rimasero in servizio fino alla metà degli anni ’80.

Caratteristiche Tecniche
Nave Castore F553

Tipologia: Fregata
Motto “Ardisco ad ogni impresa”
Impostata il13/3/1955 – varata 8/7/1956
In servizio dal 14/7/1957fino alla fine degli anni ’80
Dislocamento: standard1680-tonn.; normale-2137-tonn.
Dimensioni: Lunghezza F.t.m.103,14; Larghezza m.12
Immersione: p.c.m.3,83
Apparato-motore: 2caldaie Poster Wheeler; 2 gruppi turbo riduttori F.Tosi, BP e condens.Ansaldo
Potenza: 22.000HP
Velocità:26 nodi
Combustibile: 400tonn. nafta
Autonomia: 3.020 miglia a 12nodi; 2.860 miglia a 18 nodi; 1250 miglia a 26 nodi
Armamento iniziale:
– 4 cannoni da 76/72 mm in due torri binate
– 4m mitragliere da 40/70 mm. in due imp. binati
– 2 lanciarazzi trinati da 105mm. illuminanti
– 2 lanciasiluri AS da 503 mm(fino al 1963)
– 4 lanciabas Menoncorti (fino al 1963)
– 2 impianti trinati lanciasiluri A.S. Mark 32 (dal 1963)
Dopo la trasformazione:
– 3 cannoni da 76/72 mm Oto-Melara in tre torrette singole
– 2 lancia-lanciarazzi trinati da 105 mm. illuminanti
– 1 lanciabas lungo trinato Menon
– 2 impianti lanciasiluri trinati A.S. Mark32
Equipaggio: 13 Ufficiali; 222 Sottufficiali e Comuni
Affondata il 30 marzo 2001 al largo di Civitavecchia mentre veniva rimorchiata in Turchia per essere demolita.

Dicevano dell’accaduto i marinai imbarcati su nave Castore che si sono riuniti nel gruppo facebook ai seguente link:

https://www.facebook.com/groups/nave.castore/?fref=ts
https://www.facebook.com/pages/EQUIPAGGIO-NAVE-CASTORE/102105953160370

“…per i caduti nell’adempimento del dovere, che furono i nostri migliori amici ed ebbimo la fortuna di conoscerli, rimasero e rimarranno sempre nei nostri cuori, e di tutti coloro che nel tempo furono imbarcati su ch’ella meravigliosa NAVE CASTORE.
Aristide Duse, Vittorio Celli, Domenico Francese, Franco Pardini adesso riposate in pace. Ci ricorderemo di voi nei prossimi raduni.”

Dello stesso argomento sul sito:
https://www.lavocedelmarinaio.com/2011/02/spq5/
https://www.lavocedelmarinaio.com/2012/09/2-raduno-nazionale-nave-castore/

45 commenti

  • Francesco Carriglio

    Grazie Ezio, questa storia la sapevo, non così dettagliata, l’ho sentita raccontare quando imbarcai sul Castore nel febbraio del 1968, aveva terminato i grandi lavori da poco e ancora a bordo era vivo il ricordo di questa tragedia.

  • Sandro Saccheri

    Purtroppo io c’ero ero imbarcato sull’ETNA do appena smontato di guardia in Macchina stavo sulla mia branda quando abbiamo avvertito L’urto con la CASTORE richiamato dall’interfono sono subito corso a prora dove era il mio posto di sicurezza e lì quello che ho visto non lo scorderò mai la nostra prora dentro il fianco della CASTORE all’altezza del parà eliche i trombini degli sfoghi delle valvole di sicurezza delle caldaie che urlavano con un sibilo assordante la gente che correva per dare aiuto ai ragazzi che erano rimasti intrappolati nei locali di poppa noi una volta disincagliati passammo una notte intera a tamponare la falla che per fortuna era circoscritta al pozzo ancore e proseguimmo con i nostri mezzi verso Taranto la CASTORE fu rimorchiata in bacino a Messina con il troncone di poppa appeso ai soli assi eliche una tragedia che non ho mai scordato!!!

  • Alessandro Zucker

    Nel 1968 sono stato imbarcato su Nave Castore e di questa storia non ho mai saputo niente; come sono andate le cose?

  • Walter Granieri

    La sera del 22 marzo 1965 alle ore 21, 10 miglia a levante di Punta Stilo, durante una esercitazione di protezione di convoglio nella quale nave Etna rappresentava il convoglio e Castore e Rizzo ne costituivano la scorta, le prime due unità entravano in collisione fra loro. Non appena avvenuta la collisione i comandi di Nave Etna e della fregata Castore prendevano tutti i possibili provvedimenti ad assicurare la galleggiabilità e la sicurezza delle due unità, e su Nave Castore si dava immediatamente inizio all’opera di soccorso degli uomini che si trovavano all’atto del sinistro nella zona danneggiata. Mentre su Nave Etna i danni erano limitati nella zona di estrema prora, su Nave Castore la prora dell’Etna era profondamente entrata nello scafo a circa 15 metri dalla poppa estrema, zona occupata dal locale equipaggio n 6 e dal deposito BAS. La parte del Castore a poppavia dello squarcio, risultava praticamente troncata dal resto dello scafo e trattenuta ad esso unicamente dall’asse sinistro dell’elica, da cavi elettrici e da una lamiera del fasciame del lato sinistro. Nella collisione Nave Castore contò 4 vittime di cui 2 dispersi.

  • Luca Ghersi

    Il Marinaio Pardini era Savonese… il suo corpo non venne mai trovato…..
    buona navigazione nei mari celesti Marinaio…. ciao Franco

    Onori⚓⭐

  • Gino Zito

    Io quella notte ero imbarcato sul c.t indomito. He stato tremendo. Poi abbiamo scortato l ‘Etna fino a Taranto. Non potrò mai dimenticare.

  • Egidio Alberti

    Caro Ezio solo ora ho visto tutto ciò che hai pubblicato sulla vita delle fregate classe Castore. Nel condividere il lutto di tutta la Marina in memoria di ARISTIDE, VITTORIO, DOMENICO E FRANCO (RR.II.PP. ), apprezzo moltissimo il lavoro fatto per la ricostruzione del sinistro marittimo e della vita di tutte le fregate di quella classe a partire dagli anni 1950.

  • Gian Paolo Bartolini

    Grazie per avermi ricordato il fatto che a suo tempo mi colpì molto. L’anno successivo entravo in Accademia Navale e una delle mie prime uscite in mare fu proprio su una unita’ della classe Nave Cigno.

  • Francesco Carriglio

    Grazie Ezio, questa storia la sapevo, non così dettagliata, l’ho sentita raccontare quando imbarcai sul Castore nel febbraio del 1968, aveva terminato i grandi lavori da poco e ancora a bordo era vivo il ricordo di questa tragedia.

  • Raffaele Passero

    Caro Enzo se puoi mi dai più notizie su questa collusioni in quanto io mi sono congedato aprile 1965 ero imbarcato su nave Anteo dello stesso gruppo dell’Etna.Ti do grazio buona serata da Raffaele.

  • Claudio53

    Mio padre era sul Castore, brutti momenti in attesa di conoscere cosa era successo ed è facile immaginare come fu accolta la notizia in famiglia quando si seppe che vi erano anche dei morti

  • Sergio Avallone

    iO ERO IMBARCATO SUL SOMM. DA VINCI E STAVAMO VENENDO A GAETA,QUANDO A PUNTA STILO, AVVENNE LA COLLISIONE.

  • Nello Mariani

    Quella notte mentre ero appena andato in branda nel locale sergenti ( locale 3 ) dovevo montare di guardia nella modrice di poppa , sentii un forte scossone sul lato destro della nave, poi un odore acre di solfo poi seppi che erano dei barilotti di fumogeni scoppiati a poppa. le sirene suonavano l’altoparlanti diceva tutti in coperta pronti per abbandonare la nave. alcuni minuti dopo visto che la nave ancora galleggiava, il personale di coperta e la squadra antincendio provvedevano a far si che la parte di poppa rimenesse ancora agganciata e giaceva sopra l’asse dell’elica di destra piegato.Locale 6 squarciato due Marinai si sono dispersi in mare, altri due rimasti incastrati fra le lamiere contorte . Immediato l’intervento del fuochista saldatore per tagliare delle lamiere per liberare un suo compagno, e alla vista del compagno il fuochista sviene, Il comandante in seconda ed il maggiore GN. indice un assemblea del settimo/ottavo reparto per sapere chi di noi sapesse usare la fiamma ossidrica,così visto che non ce ne erano altri mi feci avanti io e mi misi subito a lavoro in quel pezzo di poppa che rischiava di andare a fondo con noi che lavoravamo. con la fiamma dovevo tagliare dei tubi della branda che teneva incastrato il marinaio Monsurrò l’operazione era difficile perchè dovevo tagliare vicino al viso del marinaio così alle mia spalle cera il capitano Signor Rossi che con la manichetta raffreeddava il viso del marinaio poi io riprendevo a tagliare. dopo non so quando tempo mi danno il cambio perchè ero indirizzito dall’acqua e dal freddo, però ci siamo riusciti a liberarlo.

  • ezio

    Buongiorno Signor Nello Mariani,
    grazie di questa bellissima, commovente ed ardita testimonianza.
    Non è stata una situazione facile la vostra, affrontare e domare incendi
    a bordo delle unità navali è una attività rischiosa e pericolisissima.
    Tagliare lamiere in punti delicati della nave e, ancor peggio, consapevoli
    di quello che stava accadendo e che era successovi ha reso onore.
    Oggi possiamo raccontare, come testimoni, quanto sia difficile la vita del
    Marinaio, specie quella delle generazioni precedenti di marinai che spesso, molto spesso,
    sono stati battistrada ad innovazioni ed usi della tecnologia che sembra oggi prendere
    predominio sull’equipaggio …ma noi sappiamo che non è così perché che va per mare lo ama,
    lo teme, lo rispetta.
    Un abbraccio grande come il mare e anche come il suo e vostro cuore misericordioso si Marinai
    per sempre.
    Pancrazio “Ezio”

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