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8-9.1.1896, il mistero della regia torpediniera 19T

di Guglielmo Evangelista

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guglielmo-evangelista-f-p-g-c-a-www-lavocedelmarinaio-comE’ tradizione secolare che la Guardia di Finanza riceva dalla Marina Militare delle unità che, pur non essendo più adatte per una qualsiasi ragione per l’attività bellica, possono invece essere ancora validissime per il servizio di polizia.
Nell’ambito di queste cessioni a fine ‘800 il Corpo si arricchì di 9 torpediniere costruite in Gran Bretagna dai cantieri Thornycroft di Londra fra il 1883 e il 1885.
Erano piccole unità da 13,5 tonnellate e lunghe 17 metri, navi quasi nuove. A quell’epoca la torpediniera era considerata in tutte le marinerie un elemento di punta così che il loro sviluppo tecnico era stato rapidissimo, con un progressivo aumento della velocità e delle dimensioni, facendo invecchiare in poco tempo i modelli meno recenti.
La Regia Marina aveva assegnato, a ciascuna di queste piccole navi, un nome proprio; in genere di insetti, ma poi, a causa del numero sempre maggiore di unità in servizio, si decise di contrassegnarle semplicemente con un numero seguito dalla lettera iniziale del nome del cantiere di costruzione.
Delle 9 torpediniere di cui si è detto all’inizio tre unità vennero destinare al lago di Garda, tre al lago di Lugano e tre al lago Maggiore con base rispettivamente a Limone, Porlezza e Cannobio.
In relazione al servizio da svolgere presso la Guardia di Finanza vennero ovviamente smontati i lanciasiluri mantenendo il cannoncino da 25 mm e vennero dotate di un grande proiettore e di una nuova timoneria più spostata a proravia della precedente.
La Finanza le classificò come “incrociatori” una denominazione che era comune a quasi tutte le sua unità e non era assegnata a sproposito. Infatti oggi abbiniamo istintivamente a questa parola i ricordi della storia del ‘900, quando il termine designava una grande nave veloce e ben armata, ma non va dimenticato che l’etimologia è semplicemente quella di un’unità il cui compito è rastrellare le acque alla ricerca dell’avversario e, individuatolo, dargli la caccia approfittando della sua velocità.
Quindi il nome era tagliato su misura per le unità “anti contrabbando”, anche se erano di piccole dimensioni.
Sul lago Maggiore i traffici locali, a parte i piroscafi di linea, si svolgevano ancora con barche a vela o a remi di tipo tradizionale e il costante pendolare delle unità della Finanza, per chi naturalmente non avesse qualcosa da nascondere, rappresentavano una sicurezza e un aiuto nel caso di qualcuno degli incidenti o dei contrattempi tanto frequenti e imprevedibili quando si naviga su piccole imbarcazioni.

…Ma non ci fu nessuno che poté soccorrere la torpediniera 19T in quella notte del 8/9 gennaio 1896.

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Tutte queste unità navali, finché da lì a pochi anni non sarebbe entrato a pieno regime il servizio navale della Guardia di Finanza, avevano equipaggi misti: otto marinai per la condotta della navigazione e della macchina, e quattro finanzieri per il servizio di istituto.
Quella notte la 19T, al comando del Capo nocchiere di 2^ classe Giovanni Sofra e con il Capo pattuglia della Finanza maresciallo Franchini, partì da Cannobio con a bordo oltre all’equipaggio il comandante della locale tenenza e un finanziere che sbarcarono a Valmara, proprio a ridosso della linea di confine, dove dovevano svolgere un’ispezione. Da lì la 19T proseguì verso il largo cominciando il suo normale servizio di pattugliamento lungo il limite delle acque territoriali italiane.
Era una notte incantata, di quelle che non raramente si possono avere sui laghi anche in pieno inverno: mite e luminosa. Le vette alpine sembravano a portata di mano nell’aria trasparente e più di un turista, nei lussuosi alberghi che sorgono sulle rive del lago, si sarà goduto quella splendida serata.
Ma non durò a lungo perché a mezzanotte il tempo cambiò: il cielo si oscurò e le onde incresparono sempre di più le acque finché si scatenò una vera tempesta, che provocò parecchi danni alle località rivierasche.
Dalla costa era facile vedere la posizione della 19T grazie al fascio di luce del suo proiettore acceso. Fu vista spostarsi verso terra per guadagnare un punto ridossato, ma poi il proiettore si spense improvvisamente e non vi fu più nulla.
Dalla caserma di Cannobio il finanziere di guardia seguiva le evoluzioni della torpediniera, probabilmente più per abitudine che per altro, ma quando vide scomparire quella luce si rese conto di quanto poteva essere successo e dette l’allarme: partì subito la sezionaria 21T per portare un soccorso ormai inutile: la torpediniera era affondata rapidamente, squassata delle onde.
Purtroppo non fu l’unico caso del genere registrato in Marina: il maltempo fu fatale a più d’una di queste piccole unità concepite solo per scopi offensivi e le cui qualità nautiche e logistiche lasciavano a desiderare.
Il quotidiano “La Stampa” di Torino dà però un’altra versione:
“…era di pattuglia la 21T e, rientrando a Cannobio piuttosto malconcia, vide che il posto della consorella era vuoto e riprese immediatamente il largo per ricercarla, pensando che la tempesta l’avesse strappata dall’ancora. Forse è una delle solite invenzioni dei giornali perché, altrimenti, a bordo della nave ormeggiata non ci sarebbe stato nessuno dato che gli equipaggi non vivevano a bordo. Tra l’altro il giornale, nelle diverse edizioni, parla ora di 14 e ora di 15 uomini di equipaggio”.
A questo punto, imprecisioni giornalistiche a parte, ci si domanderà: dov’è il mistero?
Eppure qualcosa di strano c’è: durante le ricerche, che proseguirono diversi giorni con l’intervento di tutte le navi disponibili, compresi i piroscafi di linea che interruppero il servizio affiancandosi alle unità della Finanza e un gran numero di barche private sia lombarde che piemontesi, non fu trovato nulla, ma proprio nulla. A testimoniare un naufragio rimangono sempre degli oggetti, pezzi di legno, macchie d’olio, effetti dell’equipaggio e purtroppo anche qualche corpo, ma nel nostro caso non fu ritrovato assolutamente niente.
Basterebbe al proposito guardare alcune immagini dell’epoca che mostrano su queste navi vari salvagente lungo le fiancate che, come si sa, sono sistemati apposta per essere facilmente sganciati …Nulla!
Eppure la nave doveva essere proprio lì, la costa era vicina e il lago, benché profondo, non ha un’eccessiva larghezza, ma gli scandagli non rivelarono niente.
Ma il mistero si infittisce negli anni recenti quando – forse con una discutibile curiosità – è invalsa la moda di ricercare relitti in mare o nei laghi, l’intera zona è stata perlustrata con strumenti modernissimi e infallibili usati dalla Marina Militare e perfino mini sommergibili, ma non è stata trovata la più piccola traccia dello scafo.
Abbiamo parlato qualche tempo fa della cannoniera Sesia affondata nel Garda (*): è ancora lì e nonostante i trecento e passa metri di profondità è stata esaminata e fotografata con relativa facilità. Le navi di Lissa sopravvivono sul fondo dell’Adriatico e lo sanno bene i pescatori che ci perdono le reti…perfino il Titanic è stato individuato.
Invece la 19T sembra che non sia mai esistita. La ricorda soltanto un piccolo monumento eretto nel 2006 a Cannobio.
Verrebbe da pensare a quei racconti che parlano di “buchi neri” o di alieni che si appropriano delle più svariate e impensabili cose terrestri per studiarle.
Ma questa è una storia troppo seria per lasciar correre la fantasia.

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(*) https://www.lavocedelmarinaio.com/2016/08/la-cannoniera-sesia-il-primo-mistero-italiano/

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