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Il gobbo maledetto e le navi

segnalato e consigliato da Roberta – ammiraglia88
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Recentemente mi sono recata al Museo Caproni di Trento. Questa volta si parla perciò di aerei e non di navi! E’ un bel museo che merita una visita anche se le navi sono sempre al primo posto nella mia classifica. Uno di vari pezzi storici custoditi mi ha colpita in particolare perché è direttamente collegato con le navi: l’SM79. La cosa negativa è che purtroppo le ha affondate! Però è un bel “bestione” e se pensate che ne esistono solo due in tutto il mondo, che è datato 1942, che è ben conservato …

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Alcune notizie che ho tratto da Wikipedia.
Il Savoia-Marchetti S.M.79 Sparviero era un trimotore inizialmente progettato come aereo da trasporto civile veloce. Negli anni 1937-39 stabilì 26 record mondiali e fu, per un certo periodo, il più veloce medio bombardiere del mondo. Costruito in legno, tela e metallo, si riconosceva per la tipica “gobba” dietro l’abitacolo che gli valse il nomignolo di “Gobbo maledetto”. La Regia Aeronautica lo impiegò durante la seconda guerra mondiale, prima come bombardiere e poi, con maggior efficacia, come aerosilurante. Fu il bombardiere italiano costruito nel maggior numero (circa 1.300) di esemplari. Viene ricordato per lo più con la sigla “S.M.79” o con il nome “Sparviero”. Il soprannome di “Gobbo”, o meglio “Gobbo Maledetto” (Damned Hunchback), gli venne dato dai piloti britannici della RAF, che avevano non poche difficoltà nell’attaccarlo di coda a causa dell’arma montata sulla gobba dorsale e rivolta all’indietro.
Una delle mitragliatrici Breda-SAFAT era fissa, montata superiormente alla cabina di pilotaggio. Altre due erano brandeggiabili, una in posizione ventrale e una dorsale, nella “gobba”, per la difesa di coda.
Contro le navi inglesi del convoglio Pedestal un S.M.79 si rende protagonista del primo tentativo italiano di attacco con aereo senza pilota, l’Aereo Radio Pilotato. Il 12 agosto del 1942 un S.M.79 radiocomandato e carico di 1.000 kg di esplosivo decolla regolarmente dalla Sardegna. Una volta raggiunta la quota stabilita il pilota, Maresciallo Mario Francesco Badii, si lancia con il paracadute e i comandi vengono presi dal Col. Ferdinando Raffaelli, ideatore del sistema, il quale si trova su di un CANT Z.1007 che lo segue a debita distanza. Tutto funziona perfettamente, ma a causa di un banale guasto della trasmittente il 79 non risponde più ai comandi e, invece che colpire le navi inglesi, pur rimanendo in assetto e in quota e dopo una lunga e ampia deviazione verso sud-ovest, si va a schiantare a 1 800 m sulle montagne dell’Algeria.
Uno dei due unici esemplari rimasti è conservato al museo Caproni di Trento; il secondo, dopo un lungo restauro, si trova ora al Museo storico dell’aeronautica di Vigna di Valle.

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