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A proposito dei 18.000 prigionieri italiani in Australia

di Mario DeLuca

… riceviamo e pubblichiamo come testimonianza al seguente articolo:
https://www.lavocedelmarinaio.com/2013/02/quei-18-000-prigionieri-italiani-in-australia/

Durante la seconda guerra mondiale, come nella grande guerra, civili di nazioni nemiche sono stati arrestati dietro il filo spinato, indipendentemente dell’età, dallo stato di salute o di politica. Molti emigranti italiani hanno sperimentato sulla propria pelle il risentimento del popolo australiano, anche chi era sfuggito dal fascismo e dalla guerra incombente in Europa.
L’Italia monarchica aveva combattuto con gli inglesi durante la Grande Guerra, ma la dittatura fascista di Benito Mussolini e l’invasione dell’Abissinia a metà degli anni 1930 avevano creato alla Gran Bretagna e ad altre nazioni scomode relazioni politiche a causa anche dei forti interessi coloniali in Africa.
Quando Mussolini dichiarò guerra alla Gran Bretagna e ai suoi alleati, il 10 giugno 1940, gli immigrati italiani in Australia divennero pedine politiche e furono considerati “stranieri nemici”.
I successivi governi australiani hanno taciuto sulla questione del risarcimento di guerra a questi italiani civili che sono stati travolti dagli eventi.
Il  tentativo di far riconoscere la sofferenza degli immigranti italiani in tempo di guerra per mano dei militari australiani fu perorato dal senatore liberale Giovanni Panizza che presentò la questione al governo Hawke nel 1990 ma con risultati insoddisfacenti.

Si trattava comunque di un positivo passo per il riconosciuto dal parlamento del South Australian. Il passo successivo doveva essere il pieno riconoscimento del Parlamento federale.
Purtroppo non si è andato oltre al “dispiaciuto riconoscimento” per i tanti  errori di giudizio e di violazioni dei diritti umani che hanno causato sofferenze incredibili per le famiglie emigrate in questa nazione che è cosa diversa dal riconoscimento limitato della xenofobia diffusa contro le famiglie italiane nel corso degli anni della guerra.
La mia ricerca ha scoperto che anche dopo 70 anni, la questione non trova soluzione neanche per i militari prigionieri italiani che hanno vissuto quel periodo in internamento.
Infatti le famiglie italiane internate in Australia durante la guerra non avevano accesso al sostegno del governo. L’Esercito della Salvezza ha offerto aiuti di emergenza per le famiglie indigenti, ma un certo numero di questi sono stati poi internati a Tatura.
Le donne che sono state lasciate in libertà furono impiegate per la sopravvivenza nelle aziende agricole, nelle imprese o come sarte. Molti furono le famiglie che subirono saccheggiamenti e confische di beni materiali che successivamente vennero inutilizzabili.
L’allora parlamento omise anche di citare i numerosi casi tristi di morti italiani durante l’internamento. In alcuni casi, gli internati hanno avuto accesso a cure specialistiche mediche essenziali. Mentre il numero dei decessi riportati sembra relativamente piccolo, molti erano evitabili, mentre altri sono rimasti non dichiarati. Fra questi c’erano anche donne e bambini che sono morti durante il loro internamento nel campo di Tatura, ma questi non sono mai discussi. A Salvatore Previtera, un internato Queensland il cui figlio è morto, non è stato permesso di partecipare al funerale.

7 commenti

  • EZIO VINCIGUERRA

    A proposito dei 18.000 prigionieri italiani in Australia,
    si ringraziano Mario DeLuca e Giulio Zambon per aver riportato un’altra pagina di storia chiusa troppo frettolosamente…

  • Gizzo Augusto

    mio padre e’ stato prigioniero di guerra per 5 anni in Australia,ma ne ha sempre parlato bene.

  • EZIO VINCIGUERRA

    Ciao Giulio Zambon nel ringraziarti ancora per l’eccellente lavoro di ricerca, rimango/rimaniamo in attesa di altri tuoi articoli e schede che possano aprire una breccia su questa triste storia dimenticata.

  • Angelo APRILE

    CARO EZIO, GRAZIE PER AVERCI FATTO CONOSCERE LA SORTE DI TANTI LAVORATORI ITALIANI, FATTI INTERNARE DAL GOVERNO AUSTRALIANO E ANCHE COSTRETTI A LAVORARE NEI CAMPI E NELLE
    FABBRICHE SENZA RICONOSCIMENTI,
    NEL DOPO GUERRA, HO CONOSCIUTO UFF.LI
    E SOTT.LI PRIGIONIERI IN AUSTRALIA E NE
    PARLAVANO BENE, MOLTI HANNO IMPARATO
    BENE L’INGLESE E PERFEZIONATO IN DESTINAZIONI “NATO”.

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