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Virgilio Barucca e il senso della vita

Buongiorno stimato maresciallo mio,
in allegato t’invio due articoli che reputo tra i più belli e significativi di tutti quelli che ho scritto per te e i nostri amici de LA VOCE DEL MARINAIO. In particolare desidero evidenziare come il titolo di uno me l’hai proprio suggerito tu: IL SENSO DELLA VITA. Ezio, per favore fammi sapere se ti sono piaciuti e se intendi pubblicarli. Io ci tengo molto, perché essi parlano di Uomini e contengono Valori che oggi abbiamo perso di vista un po’ tutti. Ti abbraccio forte amico mio.
Marino

Virgilio Barucca e il senso della vita
di Marino Miccoli

…a proposito della cosiddetta Battaglia di Capo Matapan.

Nella giornata del 28 marzo 1941 c’era stata grande tensione tra gli equipaggi della Squadra Navale Italiana che sin dal mattino, a causa dei ripetuti attacchi nemici, erano stati impegnati a lungo nel “posto di combattimento”.
Il ventenne Marinaio cannoniere Virgilio Barucca, nato a Senigallia il 23 luglio1920, era imbarcato sul Regio Incrociatore Fiume, un temibile colosso di diecimila tonnellate di dislocamento che con le altre tre unità della sua classe denominata “Zara”, che costituivano la I^ Divisione Navale, rappresentava quanto di meglio, riguardo agli Incrociatori, potesse disporre la Regia Marina in quell’epoca. Su quella stessa nave, con la qualifica di maresciallo capocannoniere stereotelemetrista, era imbarcato anche mio padre Antonio Miccoli, allora trentenne, originario di Spongano (Lecce). Poiché prestavano servizio nella medesima specialità, quella dei cannonieri appunto, è possibile anzi assai probabile che i due marinai abbiano avuto occasione di conoscersi.
Mio padre Antonio prestava servizio al telemetro e per questo si trovava sul punto più alto della nave, in coffa, e assieme a lui vi erano i marinai di vedetta.
La possente nave da battaglia Vittorio Veneto, che era l’unità ammiraglia e certamente una tra le più moderne e orgoglio della nostra flotta, navigava a velocità ridotta a causa di un siluro che nella mattinata l’aveva colpita a poppa. Pertanto la corazzata procedeva al centro della formazione che, per ordine del Comandante di Squadra ammiraglio Iachino, aveva assunto la formazione  “a istrice” Questo tipo di formazione consisteva nel proteggere al centro l’unità più importante e, ai due lati di questa venivano posizionati gli incrociatori pesanti mentre nella parte più esterna della formazione procedevano i cacciatorpediniere.

I coraggiosi piloti britannici, che condussero l’attacco con 6 aerei “Albacore” e 2 “Swordfish”, alle ore 19:30 circa si avventarono temerariamente contro le unità italiane. Ne seguì un quarto d’ora di battaglia navale in cui le diverse unità  che componevano la nostra Squadra  emisero cortine fumogene di copertura, accesero i proiettori per abbagliare i piloti e aprirono il fuoco con tutte le armi antiaeree disponibili. Tale e tanto veemente fu la reazione italiana che in principio gli inglesi furono costretti a ritirarsi; poi ciascun aereo tentò di portare a segno l’attacco per suo conto, ovvero “in solitaria”. Infatti i piloti cercavano di infilarsi laddove il fuoco antiaereo era meno intenso. Sganciarono i loro siluri e si allontanarono in direzione dell’isola di Creta, da dove erano partiti.

Quella sera Virgilio Barucca, da bravo cannoniere, aveva fatto “cantare” a lungo la sua mitragliera tanto che si era arroventata a causa dei numerosi colpi esplosi contro gli aerosiluranti inglesi. Quando l’attacco aereo cessò sembrava, in un primo momento, che non avesse avuto alcuna conseguenza sulle nostre unità che fecero rotta per il ritorno,dirigendosi alla base di Taranto. Ma, proprio sul finire dello scontro, un aereo Albacore (pilotato dal Sottotenente di vascello Williams)  si era portato nel frattempo a pelo d’acqua e, coraggiosamente, si era spinto fino a giungere a circa 500 metri dal Regio Incrociatore Pola, lanciando il suo siluro che era andato a segno e colpendo la poppa della nave. L’esplosione danneggiò le caldaie e mandò in avaria l’impianto elettrico dell’incrociatore che, dopo aver imbarcato molta acqua dalla falla, si fermò del tutto. Per questo motivo il Pola rimase indietro rispetto alla Squadra. La nave era immobile nella notte e non poteva più combattere; tuttavia non affondava perché le paratie dei locali, non allagati, resistevano alla pressione dell’acqua.
“Nave Pola informa essere colpita da siluro a poppa. Nave est ferma.” questo è il messaggio che il comandante della I^ Divisione Incrociatori, ammiraglio Carlo Cattaneo, inviò al Comandante della Squadra Navale ammiraglio Iachino il quale diede ordine allo stesso  Cattaneo (a cui fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare) di far invertire la rotta ai suoi incrociatori Zara e Fiume e ai 4 cacciatorpediniere della IX Squadriglia (Alfieri, Gioberti, Carducci e Oriani) per recare soccorso al Pola. A nave Fiume era stato comandato di provvedere al rimorchio dell’unità gemella, il Pola. Per le nostre navi e per i loro equipaggi tornare indietro per dare soccorso al Pola rappresenterà l’inizio della loro drammatica fine, ovvero andranno a finire diritti nelle fauci delle navi da battaglia britanniche che stavano seguendo la nostra Squadra Navale.

Gli avvenimenti in ordine cronologico
Alle ore 22.30 circa la Warspite e la Valiant aprirono il fuoco “a bruciapelo”con i loro pezzi da 381mm sull’incrociatore Fiume. Alla prima salva seguirono rapidamente le altre che fecero centro sugli ignari incrociatori italiani. Gli effetti di quelle bordate sulle unità italiane furono a dir poco disastrosi e trasformarono le nostre navi in bracieri ardenti, affondandole e trascinandole a picco con  gran parte dell’equipaggio.
Riguardo a quel massacro che ancora oggi le persone male informate definiscono “Battaglia di Capo Matapan”, desidero evidenziare che è quanto meno improprio definirla tale perché battaglia non ce ne fu o quasi; delle due parti contrapposte, una (la squadra navale inglese) sparava a distanza ravvicinata e l’altra (la squadra navale italiana) completamente all’oscuro di quanto stava per succedere, riceveva i colpi. In quattro minuti ebbe luogo il macello: le corazzate dell’ammiraglio Cunningham spararono a breve distanza (dai 2.000 ai 3.000 metri)  100 colpi da 381mm: 40 dal Warspite, 39 dal Valiant e 31 dal Barham. Il costo in termini di vite umane perdute, che la Regia Marina pagò, fu altissimo: 2.303 (ripeto duemilatrecentotre) tra morti e dispersi.
Delle 921 persone presenti a bordo del Regio Incrociatore Fiume quella notte se ne salvarono solo 83. Tra questi pochi fortunati, anzi “graziati”, c’erano Virgilio Barucca e Antonio Miccoli.
Virgilio si salvò perché quando le corazzate inglesi aprirono il fuoco egli si trovava casualmente in coperta; non essendo in quel turno di guardia si sarebbe dovuto trovare sottocoperta, in branda a riposare ed affermava che se si fosse trovato in quel luogo a dormire, certamente non si sarebbe salvato.
Antonio che, come ho scritto, prestava servizio nella parte più alta della nave, fu proiettato in mare assieme al personale di vedetta che con lui era in coffa.
Il mattino del 29 marzo 1941 i nostri due Marinai, che come pochi altri erano scampati al fuoco e avevano trascorso le lunghissime ore di quella tragica notte su zattere, battellini o aggrappati a rottami galleggianti rischiando la morte per assideramento, per annegamento o per attacco degli squali, furono finalmente raccolti da alcuni cacciatorpedinieri britannici e in seguito sbarcati ad Alessandria d’Egitto. Qui avvenne la loro identificazione e fu assegnato a ciascun prigioniero un numero di matricola.  Poi furono trasportati via mare fino a Durban in Sud-Africa. Da quel porto furono avviati per l’internamento nel campo di prigionia di Zonderwater fino al termine del conflitto allorquando furono rimpatriati.

La serie di particolari che vi ho narrato mi fa pertanto supporre che probabilmente i due Marinai si conoscessero personalmente. Ritornati in Italia, Virgilio continuò la sua vita in ambito civile; mio padre riprese la sua carriera quale maresciallo capocannoniere nella neonata Marina Militare, imbarcato sulla corvetta Sibilla.
A seguito del  tragico evento sopra menzionato, che fece comprendere loro nel modo più drammatico quale è il “senso della vita”, entrambi rimasero profondamente segnati nel loro animo, fino alla fine. Il destino volle che tutti e due terminassero la loro vicenda terrena salpando per l’ultima missione nello stesso anno, il 1976.
E’ motivo di speranza e di conforto per me pensare che, dopo aver vissuto i drammatici fatti della notte del 28 marzo 1941 (quello era il giorno del 31° compleanno di mio padre) Virgilio e Antonio nel mondo dei più siano insieme, ancora oggi.

Concludendo mi corre l’obbligo di ringraziare il signor Roberto Barucca, figlio del signor Virgilio, il quale mi ha gentilmente concesso sia le immagini inserite a corredo di questo articolo, sia le notizie sul suo amatissimo padre. Un grazie di cuore è dovuto allo stimato maresciallo Pancrazio “Ezio” Vinciguerra che, dimostrando di possedere una sensibilità non comune, ha pubblicato questo mio modesto scritto e testimonianza.

43 commenti

  • Claudio Morgese

    Grazie per il racconto, nonostante tante volte abbia letto della cosiddetta notte di Capomatapan mi sono sinceramente commosso.Onore a chi l’ha scritto ed a tutti coloro che si immolarono al servizio dell’Italia.

    C.Amm. Claudio Morgese

  • Umberto

    e pensare che potevamo essere i primi ad avere il radar; a Capo Matapan è lui che ha fatto le vittime. Quando ci si mette a fare la guerra o lo si fà bene o non lo si fà; non dichiarandola la guerra non c’è bisogno di arrendersi. Farla male significa sacrificare vite umane per niente: i marinai non dovrebbero mai dimenticarlo.

  • VINCENZO SCARIOLO

    Caro Marino è una storia a dir poco incredibile.
    Condividendo i tratti essenziali del tuo scritto mi preme sottolineare che amore e denaro siano entità molto ben distinte: l’amore è un sentimento intenso e profondo di affetto, simpatia ed adesione, rivolto verso una persona, assolutamente scevro da condizionamenti esterni, puro, naturale, doloroso o sublime ma mai infettato dal “mezzo di scambio” costituito dal denaro.
    Oggi ce ne siamo proprio dimenticati.
    Per fortuna esiste gente come Voi.

  • Danilo Vezzà

    Il mercimonio è affare diverso dall’amicizia e i marinai questo lo sanno benissimo.
    Il denaro configura il corrispettivo di una prestazione: se dovessimo ridurre anche il semplice “affetto” a merce di scambio con il denaro, non saremmo più capaci di gustare le vibrazioni del cuore.
    Grazie per avermi coinvolto nel tuo racconto.
    Marinai di una volta, marinai per sempre!

  • Elena Danti

    ‎Bisogna provvedersi a vicenda e se non si può ci si accontenta di quello che si ha!! Che dovrebbe fare un uomo? Se ci si ama, se ci si vuol bene, ci si rimboccano le maniche entrambi!!!
    Complimenti

  • Stella Barzagli

    L’amicizia quella vera non ha prezzo, l’amore è un dono l’unica tasca che riconosce è il cuore, nel bene e nel male nella salute e nelle difficoltà nel pieno rispetto dell’amore stesso..

  • Giovanni Gangemi

    Quante amicizie di oggi finiscono per denaro?
    …. come al supermercato…. prendo quello che mi occorre ora e adesso, poi vedrò….
    L’amicizia vera è quella che ha raccontato benissimo il signor Miccoli. I Marinai lo sanno.
    Grazie

  • Ileana Parsi

    Sono contenta di avere letto una storia così bella e di affermare che appartengo alla categoria delle persone “pazze” che ancora credono che esistono i buoni sentimenti.

  • Franco 1956

    Un caloroso saluto a tutto l’equipaggio e a quelli che sono salpati per l’ultima missione
    grazie

  • Salvo Scopelliti

    mio nonno era con la regia marina e grazie a questo racconto mi è tornato in mente.
    Grazie

  • Bino Bruni

    sempre uniche e di rara bellezza sia le tue foto caro Ezio che i racconti di vita. Complimenti

  • Antonio Melis

    Bellissimo ricordo della Regia Marina, che porta la mia stessa età grazie Marino Miccoli

  • Carlo Zuttioni

    Noi marinai siamo grati per la tua condivisione di questi cimeli storici, Grazie Ezio

  • EZIO VINCIGUERRA

    Carissimi amici del marinaio, grazie a tutti per i commenti.
    L’amicizia è un mare, dove ogni giorno qualcuno si salva, dove ogni giorno qualcuno muore. E’ spesso un’ancora, altre volte un pretesto, sovente un inganno. Ogni tanto è un porto, dove ci si lascia legare tra le altre barche, in silenzio, pur di sentire intorno il flusso dei passaggi. E’ un legame ineguagliabile, perché un amico non è un fratello, non è un amante, non è un figlio o un genitore, non è una condizione…

  • Giuseppe Orlando

    Ezio, grazie di questo bellissimo messaggio l’ho apprezzato tantissimo e mi sono quasi commosso in quanto ciò che esprimi – oltre a coinvolgermi emotivamente mi configuro nel tuo modo di essere, dove traspare sempre quel senso di onestà – altruismo – rispetto per i più deboli e umiltà, che mi danno forza a credere che esiste ancora tantissime persone che sono degne essere chiamate BELLE PERSONE, ancora grazie e ricambio il tuo abbraccio grande-profondo e trasparente come il mare, tuo amico Peppino

  • Rita Meloni

    grazie di cuore, carissimo Ezio! Persone come Te, non dovrebbero mai mancare fra i nostri amici più preziosi, insostituibili, sensibili e soprattutto capaci di arrivare sempre al nostro ♥ UN ABBRACCIO SINCERO E UN CARO SALUTO A TE E A TUTTI GLI AMICI E AMICHE CHE CONDIVIDONO QUANTO DICI E FAI

  • Pasquale Di Donno

    magari potesse il mio pensiero librarsi più in alto di quanto vorrei…
    e i miei sentimenti sprigionarsi in un sospiro di intima libertà…
    magari potessero i miei sogni volare alti nel cielo per incontrarsi con le speranze di chi non ne ha…
    magari…

  • ROSSELLA FATICOSI

    CHE ANIMA.. DAVVERO GRAZIE DI QUESTE BELLISSIME PAROLE..
    C’è Nè FOSSERO MOLTI COSI ..
    IL MONDO SAREBBE DECISAMENTE MEGLIO ..:-)

  • Pasquale Biscotti

    … i sentimenti sprigionano, come il mare in tempesta, sensazioni che intimano al cuore sussulti di rabbia, amore e gioia…

    sarà il tempo, poi, ad assopire ciò che resta delle intime emozioni…

  • Pasquale Di Donno

    gli ideali di libertà volano sempre più in alto…
    sorvolando il mare nel suo orizzonte di libertà infinita…

  • EDOARDO BARTOLOMEI

    Buon giorno a chi guardando il cielo è ancora in grado di sognare in un mondo che fa di tutto per distruggere i sogni più belli.

  • Paolo Iorio

    godiamo della purezza e sentiamo il profumo che emana il cuore…
    dei marinai di una volta

  • Domenico Vigliarolo

    Che siate Marinai o simpatizzanti,a tutti l’augurio di una felice e splendida giornata

  • ROBERTO BARUCCA

    Carissimi Marino e Pancrazio “Ezio” ho passato un giorno intero a pensare le parole giuste per esprimervi la mia riconoscenza per quello che siete riusciti a fare per me.Da ieri ,dopo aver letto l’articolo sono senza parole quindi scrivo semplicemente :GRAZIE CON TUTTO IL CUORE .Sperando un giorno di stringervi la mano vi saluto cordialmente e mi permetto di darvi un abbraccio. Roberto .

  • EZIO VINCIGUERRA

    Carissimi, pregiatissimi e preziosissimi Roberto e Marino,
    nella mia carriera di marinaio così come nella vita raramente mi riuscivo a commuovermi ad emozionarmi per il semplicissimo motivo che mi tenevo tutto ed ho sempre sbagliato.
    I sentimenti umani devono esere esternati, condivisi, vissuti…
    Questo l’ho capito tardi, entrando nel ciclo della senilità che non vuol dire vecchiaia.
    Un uomo che si commuove non è un debole, è solamente uno che crede nella vita.
    La vita è il primo dono che Lui ci ha donato attraverso l’amore.
    Da quando ho affrontato questa navigazione dell’informazione con il blog, mi sta capitando, sempre più spesso, di essere messo a conoscenza e partecipe di storie di vita vissute. Quell’intimità personale che spesso si condivide con i propri familiari io l’ho condivisa a bordo e la condivido con persone straordinarie, come voi, come noi marinai di una volta…
    Grazie per avermi considerato uno di famiglia.
    Se vi dico che vi voglio bene mi credete?

  • EZIO VINCIGUERRA

    Grazie a voi tutti e, soprattutto ai figli di questi due marinai che si sono incontrati sul blog dopo tanti anni.

  • Ornella Aimone

    Che emozione nel leggere queste pagine di storia vissuta dai vostri padri…è un orgoglio per voi essere i loro figli e poter narrare le loro vicende! Come qualcuno sa bene, (e magari sarà anche stufo di sentirmelo dire) in questi casi mi viene in mente la storia di mio cugino Alvaro, classe 1920, morto nel siluramento dell’Alberico da Barbiano al largo di Capo Bon il 13.12.1941 Per lui, lì è finito tutto. Ci sono stati dei superstiti, ma non so se qualcuno si potrà ricordare di lui. Rinnovo l’appello, se qualcuno avesse foto, diari, ricordi di quell’incrociatore…grazie e complimenti a voi.

  • Angelo

    Ho letto con molta attenzione tutto il racconto che avevo già ascoltato da mio suocero, Bosco Tommaso, imbarcato sul Pola e fatto prigioniero anche lui durante la “battaglia” di CapoMatapan, e quindi deportato nel campo di prigionia in Sud Africa e rimpatriato nel 1947.complimenti per l’iniziativa

  • Angelo

    Ho letto con molta attenzione la cronaca di quei fatti in quanto anche mio suocero era imbarcato sul Pola e ed è stato prigioniero in sudafrica fino al 1947. Si chiamava Bosco Tommaso.

  • ALESSANDRO ROCCABELLA

    Dosson di Casier (TV) 25 LUGLIO 2017
    Sono entrato in questa ” FAMIGLIA” da due giorni e mi sto rendendo conto che CI SARANNO DAVVERO MOLTISSIME EMOZIONI ANCORA DA VIVERE. Qui sopra ho letto con gli occhi sbarrati la storia del marinaio Virgilio Barucca imbarcato sull’incrociatore FIUME.Quando ho letto ” Barucca ”, ho fatto un salto sulla sedia. Anch’io sono nato a Senigallia (17 AGOSTO 1952 ) e precisamente nella frazione di MARZOCCA DI SENIGALLIA. e piu’ precisamente ancora a Marzocchetta. Cosi’ ancora oggi viene denominata la parte di Marzocca, un paesino in riva al mare Adriatico che si trova 8 km. dopo Senigallia… verso sud. .., la parte finale di Marzocca verso SUD vicino al confine con l’altro paese rivierasco MARINA DI MONTEMARCIANO. Dovete sapere che una delle figure piu’ emblematiche, piu’ VERE, di Marzocchetta fu il Sig. Gerardo Barucca che gestiva con la sua famiglia un negozio di alimentari con attiguo un bar con biliardo. Da ‘ BARUCCA ‘ ho visto le prime trasmissioni televisive, quelle che le famiglie andavano a vedere in quanto negli anni 1958 etc.. nessuno aveva ancora la televisione. Io ero piccolino e mio padre ” Guglielmo Roccabella’ ex marinaio cannoniere a bordo dell’incrociatore ZARA , non c’era mai poiche’ era sempre lontano, imbarcato come cuoco sulle navi da trasporto..e i suoi viaggi duravano mesi. (Giappone, Norvegia, India, USA etc..)Andavamo da Barucca con la mamma e mia sorella e si guardavano le prime trasmissioni di Mike Bongiorno. e si consumava ..un ghiacciolo…oppure un bicchierino di spuma. CREDO CHE IL SIG. VIRGILIO BARUCCA SIA STATO SENZ’ALTRO PARENTE DI GERARDO BARUCCA. (LO SCOPRIREMO PRESTO !!!) . Il sig. Gerardo non c’e’ piu’ ma la sua famiglia vive ancora sulla stessa casa, sopra il bar, …che e’ la casa piu’ antica di Marzocca. Una volta era un piccolo castello con i merli e nel Medioevo, serviva come posto per il cambio dei cavalli.La storia racconta che un giorno del 1800 si fermo’ addirittura il grande Napoleone per ristorarsi e riposare.
    Io sono nato a 100 metri dalla casa dei Barucca e sono titolare con mia sorella …ancora…della casetta dove siamo nati nel 1951 e 52 proprio davanti al mare, QUEL MARE CHE ANCORA OGGI CI UNISCE, COME UNISCE QUESTA NUOVA MERAVIGLIOSA FAMIGLIA CHE HO APPENA TROVATO…VOI TUTTI !!!! Spero che il mio scritto possa essere trasmesso al Sig. Roberto Barucca, figlio del marinario Virgilio Barucca ..affinche’ si possa avere conferma dei legami di parentela con la famiglia di Gerardo ‘di’ Barucca di Marzocca di Senigallia. Emozionatissimo passo a salutare tutti augurandoVi una BUONA NOTTE. Ezio carissimo …a Te il testimone.
    Salutissimi da Alessandro Roccabella

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