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Il marinaio Antonino Russo torna a casa dopo 72 anni naufrago del cacciatorpediniere Espero

di Antonio Cimmino

Inizia la tragica Battaglia dei Convogli per l’Africa settentrionale
Il giorno 16 marzo 2012 si è svolta a Sorrento una commovente cerimonia in occasione della traslazione, dal cimitero monumentale di Taranto, delle spoglie mortali del marinaio Antonino Russo. Questi, già sommergibilista del Finzi, era imbarcato sul cacciatorpediniere Espero quando l’unità fu affondata il 28 giugno del 1940 nel Mediterraneo centrale da navi della Royal Navy inglese. Il corpo del marinaio, nato a Sant’Agnello il 13 ottobre del 1919,  scaraventato in mare, fu portato dalle correnti marine, dopo un mese, sulla battigia della spiaggia di Ras el Tin nei pressi di Tobruk e seppellito nel cimitero militare di Derna in Libia e, successivamente, portato a Taranto.
Dopo 72 anni, Antonino Russo è tornato nella sua terra natale grazie anche all’impegno di Michele Gargiulo presidente della locale Associazione Carabinieri e con il contributo delle amministrazioni comunali dei Comuni della penisola sorrentina, nonché con la partecipazione della Capitaneria di Porto di Castellammare di Stabia. L’A.N.M.I. era presente con i gruppi di Castellammare di Stabia e di Capri.
Gonfaloni delle sei città della penisola sorrentina, bandiere e labari di decine di associazioni d’arma e combattentistiche, di marittimi e scuole, hanno sfilato per le strade cittadine davanti all’urna dello sfortunato marinaio cui è stato reso l’onore di un picchetto armato inviato dal Ministero della Difesa. Finalmente nel sacrario del cimitero di Sorrento, dopo il suono del silenzio fuori ordinanza e i trilli del nocchiere della Capitaneria di Porto, Antonino Russo ha trovato la sua ultima dimora.

Cosa era successo al cacciatorpediniere Espero?
L’unità, di base a Taranto e caposquadriglia di dei cacciatorpediniere Borea, Ostro e Zeffiro, era al comando del fiorentino Capitano di Vascello Enrico Baroni. Il 27 giugno del 1940 alle ore 22,45 ricevette l’ordine di salpare, in convoglio con l’Ostro e lo Zeffiro,  per Tobruk imbarcando  due batterie contraeree della con relative munizioni mitraglieri della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, nonché 160 camice nere. Mentre il convoglio si dirigeva verso le coste libiche, nel tardo pomeriggio ( ore 18,20) del giorno seguente fu intercettato a circa 100 miglia a nord di Tobruk e attaccato da unità della VII Cruiser Squadron    proveniente da Malta e composta dagli incrociatori leggeri britannici Orion, Liverpool, Neptune, Glaucester e dall’australiano Sidney.  Il convoglio italiano era stato avvistato a ovest dell’isola di Zante nella mattinata da due aerei Sunderland di ricognizione  che avvisarono subito le navi inglesi, già a conoscenza dell’uscita da Taranto del convoglio italiano. Le navi anglo-australiane erano supportate a distanza  dalle corazzata Ramilles e Royal Sovereign,nonché dalla portaerei Eagle e otto cacciatorpediniere. Come per le successive azioni navali,mancava la necessaria copertura aerea,una delle cause di future immani tragedie per la nostra Marina . Resosi conto della situazione, il Comandante Baroni decise di attaccare le navi inglesi, ordinando allo Zeffiro e al Borea di sganciarsi e dirigersi verso Bengasi. L’Espero si sacrificava per salvare le altre due unità e permettere il rifornimento della base italiana d’oltremare.  Con le batterie di bordo l’Espero aprì il fuoco e cominciò a lanciare i siluri, mentre manovrava per scansare i colpi dei 5 incrociatori nemici. Il combattimento durò ben due ore e circa 5.000 proiettili di vario calibro furono sparati contro la nave  italiana. Mai nella storia delle battaglie navali una tale quantità di colpi fu scagliata contro una sola nave!  Le prime vittime si ebbero tra le camice nere sistemate in coperta mentre la nave, colpita nel locale caldaie, restava immobilizzata.  Numerosissimi episodi di valore e di altruismo si verificarono a bordo mentre le batterie nemiche flagellavano l’Espero, ormai facile bersaglio per i loro pezzi. Il Tenente D.M. Quinzio Baglietto di Savona, si prodigava nel locale caldaie per mantenerne, per quanto possibile, l’efficienza unitamente al Direttore di macchina Capitano Renato De Gregorio di Sorrento, poi scomparso in mare. Il Capitano del G.N. Luigi De Ritis di Ancona, invece, si preoccupava della galleggiabilità della nave inclinata a dritta. Mentre il combattimento infuriava, il Capo Rt di 1° Classe Andrea Molino di Giovinazzo (Bari) continuava a lanciare messaggi al Comando Marina di Tobruk fino al successivo affondamento della nave e lui con essa. Morì, dopo aver coordinato il lancio dei siluri, il Tenente di Vascello Giovanni Chiabrera di Ponti (Alessandria).
Tutti furono  decorati con Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Il Capo silurista di 1° Classe Giovanni Baldazzi assicurava il lancio degli ultimi siluri dall’impianto rimasto ancora in efficienza. Il Sottotenente di Vascello Gualtiero Corsetti, dopo aver diretto il tiro dei pezzi di poppa, assicurava, unitamente al collega Gaetano Giussano,  l’ordinato abbandono nave. Il 2° Capo furiere Remigio Doria di Trieste, colpito a morte, rifiutava ogni aiuto e, mentre la nave si inclinava sempre di più, esortava i compagni a mettersi in salvo. Questi ultimi furono decorati con Medaglia di Bronzo.
Ormai l’Espero,  stava inabissandosi ed il Comandante Baroni diede l’ordine di abbandono nave e, in ossequio ad un antico codice d’onore non scritto, decise di morire con la sua unità. Eppure era stato più volte sollecitato dai suoi ufficiali a salire su una zattera accostata sottobordo, ma egli scuotendo la testa, ordinò di verificare se c’erano ancora altri uomini a bordo e di allontanarsi con le lance ed i zatterini. L’Espero fu definitivamente affondato dal Sydney che poi recuperò 40 naufraghi,successivamente inviati prigionieri in India. La nave italiana, sparando le ultime salve dagli impianti di prora, con i locali incendiati, sbandando ancora prima a sinistra e poi a dritta, alle ore 20.15 alle coordinate 35°18’ Nord e 20°12’ Sud sprofondò in mare portando il proprio carico di morte, Antonino Russo forse fu scaraventato in mare da uno degli scoppi succedutosi a bordo e il suo corpo galleggiò nell’acqua sporca di nafta e piena di fiammelle in balia delle correnti.
Morirono molti altri marinai tra cui il Marinaio istriano Giuseppe Ghitz, il Sottocapo cannoniere Angelo Arrigoni di Cisliano (Milano), il Marinaio fuochista Raffaele Cortese ed il Sergente cannoniere Pacifico Crudo entrambi di Gioia Tauro e decorati con Croce di Guerra al Valor Militare, il diciannovenne Cannoniere Andrea Colaianni di  Manfredonia, decorato con Croce di Guerra e Croce al Merito; il Marinaio Torpediniere Dante Vaudo di Gaeta decorato con Croce di Guerra.
Altri atti di valore e coraggio accaddero all’atto dell’abbandono nave e dell’imbarco sui pochi mezzi di salvataggio salvatisi dagli scoppi e dagli incendi.
Il 2° Capo cannoniere Francesco Lo Mastro di Leporano (Torino), dopo aver diretto il tiro con i cannoni da 120 mm., ferito fu issato su una zattera ma, per ben due volte si gettava in mare per aiutare il Comandante in seconda ed un marinaio a guadagnare l’imbarcazione di salvataggio. Morto l’ufficiale nella notte successiva, assumeva il comando dell’imbarcazione per i successivi 14 giorni di peregrinazione. Fu insignito di Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Gli altri naufraghi si allontanarono subito dal luogo della tragedia sia per non essere inghiottiti nel gorgo dell’Espero in affondamento e sia per evitare di essere recuperati dalle navi inglesi e andare incontro a dura e lunga prigionia. Andarono incontro, però, a un lungo peregrinare in mare, patendo fame e sete per diversi giorni. Molti naufraghi, dopo diversi giorni in deriva,  impazzirono per la sete e si lanciarono in mare.
I restanti sei naufraghi, ormai all’estremo delle forze, furono salvati dopo 14 giorni,  dal sommergibile Topazio in perlustrazione nel Mediterraneo Centrale.
Il Comandante Baroni fu insignito di Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:

“Comandante di una squadriglia cacciatorpediniere durante un combattimento contro reparti nemici soverchianti, dava prova di salde qualità di comando, di grandezza e di serenità di animo. Colpita la sua nave da numerosi proiettili che ne avevano fortemente diminuita l’efficienza, senza esitazione e con profondo sprezzo del pericolo, accostava verso gli incrociatori britannici per portarsi a distanza di lancio.
Dopo prolungata azione di fuoco, ultimate le munizioni dell’unico complesso da 120 ancora in condizioni di sparare, mentre il cacciatorpediniere lentamente affondava sotto il tiro nemico, scendeva dalla plancia in coperta per provvedere alla salvezza del personale superstite che si gettava in mare al suo ordine, dopo aver inneggiato al Re e alla Patria.
Date disposizioni per assicurare un più rapido affondamento del cacciatorpediniere, sebbene insistentemente invitato dalla sua gente a prendere posto sui mezzi di salvataggio, risaliva sulla plancia per morire, secondo la più nobile tradizione navale, con il bastimento del quale aveva il comando.
Mar Jonio, 28 giugno 1940”

 

32 commenti

  • Carmela Picci

    Non riporre mai le tue speranze negli altri, nel tempo, nella fortuna, la tua speranza sei tu! Quello che ti si presenterà poi sarà un bonus alla tua grande fatica. BUONGIORNO

  • Franco La Rosa

    Voglio ringraziare Ezio, credendo di interpretare, anche il pensiero di tutti quelli che lo seguono, x quello che ci dona ogni giorno.

  • Carlo Di Nitto

    ONORE ED UN RISPETTOSO SALUTO AL MARINAIO ANTONINO RUSSO, FINALMENTE RITORNATO A CASA!!!

  • Ornella Aimone

    E’ giusto che sia tornato nella sua terra, con tutti gli onori spettanti a un eroe, morto per la Patria. Non posso che non pensare a mio cugino, naufrago nel 1941…ma disperso in mare.

  • MARCELLO FILACI

    QUANDO PARLANO MALE DI UN SOLDATO ….
    QUANDO DICONO CHE VA IN MISSIONE SOLO PER DENARO…

  • Giuseppe Magazzù

    Il Gruppo ANMI è intestato ad uno dei due concittadini Caduti dell’Espero. Grazie Antonio, per la ”taggatura”

  • Marino Miccoli

    Grazie allo stimato Antonio Cimmino per questo suo toccante scritto sul ritorno di Antonino Russo nella Terra che gli ha dato i natali. E grazie anche e soprattutto al sig. Michele Gargiulo dell’Ass. Naz. Carabinieri che si è prodigato in prima persona per far sì che ciò accadesse. E’ stato un bel gesto, concreto, che onora la memoria di tutti i Caduti del Mare.
    I Marinai che furono e quelli che sono non possono che essere lieti di questo ritorno.
    Onore a tutti i Marinai caduti e dispersi della Regia Marina.

  • stefano corsetti

    sono il figlio del STV Gualtiero Corsetti, direttore del tiro dell’Espero, che dopo sei medi d’ospedale in Egitto si è fatto cinque anni prigioniero degli inglesi in India. Mio padre mi raccontava ogni tanto di quel combattimento, e dei tanti atti di valore che ha visto compiuti da parte di chi stava per perdere la propria vita. Non è retorica, è che dobbiamo avere più consapevolezza del valore degli italiani. Un saluto. SC

  • rino gitz

    I sono nipote di giuseppe ghitz.
    Grazie per l”articolo della storia d’Espero.
    Finally I have learned how my uncle died.
    Repectfully,
    Rino

  • Francesco Lo Mastro

    Caro Antonio, sono Francesco, il figlio del 2° Capo Cannoniere Lo Mastro (porto lo stesso nome), mio padre mi raccontava spesso e sempre con le lacrime agli occhi di quei terribili momenti. Mi disse che dopo la morte del comandante in seconda, essendo lui il più alto in grado assunse il comando della zattera. Mi disse che più che il grado, il ragionamento e la calma lo aiutarono a infondere nei compagni la speranza di sopravvivere. Mi ha anche raccontato degli aneddoti, come quello dei turni in zattera e in mare perché non riuscivano a stare tutti a bordo e come ogni notte qualcuno di turno in acqua mancava all’appello in quanto, stremato dalla fatica, si lasciava andare. Oppure quando dopo qualche giorno sulla zattera scorsero alla deriva una scialuppa di salvataggio con due barili d’acqua dolce e una pistola lanciarazzi Very a bordo. Con quella riuscirono ad uccidere un gabbiano che poi mangiarono crudo. Mi parlò anche di come si nutrirono del cuoio delle proprie cinture. Infine, con una nota di tristezza mi raccontò delle giustificazioni dell’allora regime nell’assegnargli la medaglia d’argento al valor militare e non quella d’oro, adducendo che “due medaglie d’ora su una sola nave erano troppe”, e mi disse di come lui avrebbe fatto volentieri a meno anche di quella in cambio della salvezza altri compagni. Erano in 36 ma furono recuperati in 6.
    Bene, questo mi sentivo di scrivere, la ringrazio per quanto ha scritto.
    Francesco Lo Mastro

  • ezio

    Gentilissimo e pregiatissimo signor Francesco,
    innanzitutto grazie per questa bellissima sua mail testimonianza che provvedo a mandare ad Antonio Cimmino,
    autore dell’articolo e ricercatore della “banca della memoria di marinai”.
    Ho provveduto a pubblicare la sua mail come articolo perché altre testimonianze come la sua si aggiungeranno
    da parte dei marinai di una volta che hanno onorato e servito la Patria.
    Le confesso che mi piacerebbe ricevere una foto del suo e nostro Caro Papà che, col suo permesso, non
    esiterò un attimo a pubblicare sull’articolo.
    Noi marinai usiamo dire sempre col vento in poppa, io mi permetto di aggiungere anche “Marinai una volta, marinai per sempre”…
    e questo vale anche per i Figli come Lei.
    Cordialità
    Pancrazio Ezio Vinciguerra

  • claudio marulli

    e la storia è scritta con un bel rientro in Patria ,questo grazie alla solidarietà e il rispetto per i nostri eroi,onori!!!

  • Roberto

    Sono il figlio di un cannoniere armarolo del RCT Zeffiro.
    Che dire, conosco la cronaca di quella battaglia da sempre. Leggerne un piccolo “lieto” fine ha rinnovato in me l’emozione e la gratitudine che accompagnava il racconto di mio padre.
    Asciugo le lacrime, abbraccio e ringrazio virtualmente tutti quegli eroici…Antonino.

  • Emanuela Borzone

    Francesco Lo Mastro, mio zio Giorgio Borzone , guardiamarina dell’Accademia di Livorno, era su Espero, disperso. Nei racconti di tuo padre è mai emerso ill suo nome? Qualcuno può raccontarmi qualcosa? Grazie

  • FRANCESCO LO MASTRO

    Cara Emanuela, Borzone, chiedo scusa ma ho letto solo oggi la sua richiesta riguardo suo padre. Io non frequento molto il web e solo oggi sono ritornato su questo sito. Purtroppo no, non ho mai udito mio padre fare il suo nome. Mi dispiace molto e mi scusi dell’annoso ritardo nella risposta.

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