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La battaglia navale di Milazzo

di Francesco Cilona
(www.barcellonablog.blogspot.com)

…durante la prima guerra punica (260 a.C.).

La vittoria su Taranto (272 a.C.) permise ai Romani di porre la Magna Grecia sotto il loro controllo diretto: l’idea di Pirro – il re dell’Epiro alleatosi con Taranto – di edificare un grande stato greco nel Mediterraneo occidentale era definitivamente tramontata dopo la sconfitta di Maleventum (275 a.C.), da quel momento in poi rinominata dai Roma…ni “Beneventum”; Taranto stessa era stata obbligata a ospitare una guarnigione romana e a mettera a disposizione di Roma la sua flotta.
Già più di un secolo prima, con la caduta etrusca di Veio nel 396 a.C., era cominciata l’espansione romana anche nel nord Italia: il territorio sotto il controllo di Roma dopo le ultime conquiste nel Meridione si estendeva dall’Appennino tosco – emiliano fino alla punta estrema della Calabria.
Fu in questo contesto che nacque e si sviluppò il lungo periodo di conflitto tra Cartagine e Roma: la potenza cartaginese, prima dell’esplosione delle ostilità, dominava stabilmente la Sicilia occidentale (oltre, naturalmente, all’Africa settentrionale, alle coste meridionali della Spagna, alla Sardegna e alla Corsica) e rappresentava, in virtù di una indiscussa supremazia navale, una minaccia per le città marinare entrate nell’orbita dell’influenza romana.
Agatocle, tiranno di Siracusa, era morto nel 289 a.C. Un gruppo di mercenari italici della Campania, rimasti senza lavoro, l’anno successivo conquistò Messina. Crearono una loro struttura statale con a capo due meddices (termine osco) e si autonominarono Mamertini (dal nome di Mamerte, corrispondente osco del dio latino della guerra, Marte). Dalla base di Messina saccheggiavano il territorio circostante e, ben presto,diventarono un serio problema per Siracusa. I siracusani si affidarono a Gerone che, riorganizzato l’esercito mercenario, dopo alterne vicende riuscì a sconfiggere i Mamertini a Milazzo e pose Messina sotto assedio. I Mamertini, bisognosi di aiuto militare, inviarono due delegazioni, contemporaneamente, a Roma e a Cartagine, le due potenze che erano in grado di sostenere un simile sforzo. Lo scontro, però, divenne inevitabile quando nel 264 a.C., pressati dall’esosità di Cartagine, i Mamertini accettarono l’aiuto di Roma, sostituendo Cartagine nella propria difesa.
Ebbe così inizio la prima guerra punica che si protrasse dal 264 al 241 a.C..
Anche le acque di Milazzo furono luogo di uno degli scontri tra Romani e Cartaginesi per il controllo del Mediterraneo.
Durante la prima fase della prima guerra punica, i combattimenti si svolsero prevalentemente sulla terra; ma la guerra terrestre, ben conosciuta e applicata dai romani, giocò un ruolo secondario nello svolgersi della prima guerra punica. Grande importanza, invece, ebbe lo scontro via mare, al quale, però, i romani, a dispetto dei cartaginesi, non erano abituati. Roma, infatti, a differenza della potente flotta di Cartagine, non possedeva una grande abilità nella guerra per mare né una Marina Militare in grado di far fronte a scontri di questo tipo. A causa delle difficoltà incontrate nell’operare in Sicilia, la seconda fase della prima guerra punica, comprese le battaglie più decisive, si svolse in mare. Roma dovette iniziare la costruzione di una sua flotta militare. Nel 260 a.C. le prime navi romane erano pronte e furono inviate verso la Sicilia. Diciassette navi, al comando del console Gneo Cornelio Scipione Asina furono attaccate da venti navi cartaginesi nel porto di Lipari. La battaglia presso l’isola di Lipari vide il console Scipione catturato e il comandante della flottiglia punica Boode tornò a Palermo dal comandante delle forze cartaginesi in Sicilia, Annibale di Giscone.
La prima battaglia navale combattuta fra Romani e Cartaginesi aveva visto Roma pagare il prezzo dell’inesperienza nel settore navale. Cartagine possedeva una grande esperienza in scontri di questo tipo. Rimasti senza un console, i Romani inviarono messaggi a Gaio Duilio, che comandava le forze terrestri. Nel frattempo cominciò la preparazione della flotta per sostenere l’attacco di quella cartaginese; i Romani, resisi rapidamente conto dell’inferiorità operativa nelle manovre navali e nella guerra per mare in genere, elaborarono una tecnica decisiva: il corvo. In pratica il corvo era una passerella che fissata alla nave avversaria, permetteva a soldati abituati a combattere sulla terraferma di passare da una nave all’altra senza evoluzioni sulle funi e quindi di combattere come erano addestrati a fare. Se le navi restavano accostate ai fianchi l’abbordaggio era generale, se invece si attaccava la prua, il corvo permetteva l’attacco dei fanti su due file. I primi assaltatori riparavano loro stessi e i compagni tenendo gli scudi davanti a loro, quelli che seguivano, sempre con gli scudi, proteggevano i fianchi. Gaio Duilio si recò personalmente al comando della flotta, settore più debole, lasciando ai tribuni la gestione delle truppe e delle operazioni a terra.
Mentre le truppe cartaginesi stavano saccheggiando la zona attorno a Milazzo, Gaio Duilio diresse la flotta romana verso la città e Annibale di Giscone, informato di questo spostamento del teatro delle operazioni, salpò da Palermo al comando di una flotta di 130 navi, convinto dal risultato della battaglia di Lipari.
I Cartaginesi, come racconta Polibio nelle sue Storie, vedendo i corvi sulle tolde delle navi nemiche,« …restarono incerti, stupiti dal modo in cui gli attrezzi erano congegnati; tuttavia, avendo una pessima opinione dei nemici, quelli che navigavano davanti a tutti si gettarono audacemente all’attacco». Il corvo si rivelò decisivo per le sorti della battaglia: le navi immobilizzate tra di loro permisero ai romani di scontrarsi sui ponti delle navi e la battaglia da navale divenne simile a una terrestre, un genere di scontro in cui i romani si erano distinti nei secoli. I Cartaginesi, sbalorditi, furono in parte massacrati e in parte si arresero. Trenta navi, le prime che erano entrate in battaglia furono catturate e con queste anche la nave di Annibale che però riuscì a sfuggire alla cattura su una scialuppa.
Il resto della flotta punica cercò di manovrare per evitare l’aggancio dei corvi, tentando di trarre vantaggio dalla migliore qualità delle navi ed esperienza degli equipaggi.

« Confidando nella loro velocità speravano di portare gli assalti a colpo sicuro, gli uni dai fianchi, gli altri da poppa.» (Polibio, Storie, I, 23,)

I corvi però, essendo imperniati verticalmente, potevano essere diretti quasi in ogni direzione e le navi cartaginesi finivano regolarmente immobilizzate, assaltate e catturate. Alla fine cinquanta navi puniche restarono nelle mani dei Romani e le altre, virarono di bordo e fuggirono. La battaglia di Milazzo aveva segnato l’ingresso di Roma nel Mediterraneo.

Un commento

  • domenico

    fate tutti gagare!!!!!!!!!!!!!!!!! io sono migliore di voi perchè sono il direttore!!!!!!!!!!!! we we we we we we we we we we we we we we we we we we we we we we we w e wwwww

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