La missione del giovane cavaliere

La missione del giovane cavaliere – VIII capitolo

di Marino Miccoli


Breve riassunto dei capitoli precedenti
Il romanzo è ambientato nell’alto Medio-evo; inizia in una non precisata località situata a Nord della Contea di Puglia, Regione del Regno normanno di Sicilia. Alla fine di novembre dell’Anno del Signore 1187, presso i monti Frentani, in un piccolo villaggio, avviene l’incontro tra i due protagonisti del romanzo: un cavaliere di nobile stirpe chiede indicazioni sul suo itinerario ad un povero ragazzo (orfano di entrambi i genitori) di nome ADALBERTO. Questi si offre di accompagnarlo nel suo viaggio. Il primo, dopo una breve riflessione, acconsente e getta le redini del suo pregiato cavallo al giovane che, assai contento, raccoglie sùbito le redini e inizia in tal modo il viaggio dei nostri due protagonisti. Dopo aver pernottato vicino al fiume Trigno, i nostri rimangono privi di Caligine, il superbo destriero del cavaliere. Tuttavia, imperterriti, proseguono a piedi in direzione Sud. Durante il cammino Adalberto apprende che il suo cavaliere (del quale non conosce ancora il nome) è partito da Perugia ed è diretto a Otranto, per compiere una misteriosa missione. Dopo alcune miglia di cammino, effettuano un’altra tappa presso la casa di Raffaele, un contadino che li accoglierà calorosamente nella sua umile ma dignitosa dimora. Qui il cavaliere rivela la sua età: 28 anni e il suo nome: fratel Pietro da Mola. Svela pure la denominazione dell’antica Fraternitas a cui appartiene: il potente quanto autorevole ordine dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Dopo essersi sfamati, lavati e riposati, riprendono il loro cammino. Il ragazzo, proprio prima della partenza, si avvede che il cavaliere cela nella sua bisaccia uno scrigno di legno nero assicurato da legacci… in esso vi è custodita una pergamena chiusa da alcuni sigilli, l’integrità dei quali il cavaliere aveva  controllato meticolosamente. I due attraversano un fitto bosco e seguendo un sentiero giungono ai limiti di una radura; è qui che hanno una gradita sorpresa: ritrovano il pregiatissimo destriero del cavaliere, Caligine che stava pascolando congiuntamente alla sua nuova compagna, una bella giumenta bianca che Adalberto adotterà immediatamente imponendole il nome di Candida. Cavalcando i due preziosi quanto utili quadrupedi, i nostri due amici riprendono di buona lena il loro viaggio in direzione del Mezzogiorno. Proprio nel momento in cui tanno per fare un’altra tappa, in riva al fiume Celone, sono attaccati improvvisamente da quattro soldati normanni; il ragazzo, atterrito ma lesto come uno scoiattolo, fugge e si nasconde nel canneto, sull’argine del fiume. Pietro, il nobile cavaliere, riesce a malapena ad estrarre la sua spada dal fodero e ad incrociarla con uno dei soldati che viene subito sopraffatto! Infatti, colpito non mortalmente da tergo, stramazza al suolo. Poco dopo si rialza e richiama Adalberto, il quale, obbedendo al suo signore fuoriesce ancora terrorizzato dal suo nascondiglio. Il cavaliere mostra l’oggetto della sua missione al sergente normanno, il quale, nel riconoscere i sigilli del suo connestabile Ruggero d’Andria e quelli del Regno della Chiesa apposti sulla pergamena, esterna il suo rispetto. Non solo, ma Goffredo De Berck dà la sua disponibilità a scortare Pietro (qualificato e riconosciuto come “Legato Missi” del sommo Pontefice) e il suo giovane scudiero per una parte del viaggio. Giungono così sicuramente scortati nella magnifica città di Barletta, laddove il cavaliere ha una gradita sorpresa: riabbraccia Letardus, l’anziano vescovo di Nazareth che aveva avuto modo di conoscere quando era in terra santa. Arrivano finalmente al palazzo dei cavalieri di San Giovanni dove sono accolti calorosamente e con tutti gli onori. Il Priore, Paolo De Sanctis, venuto a conoscenza della missione del “Legato Missi” Pietro Da Mola, predispone un banchetto in suo onore e durante il pranzo i nostri amici hanno modo di conoscere anche il grande ammiraglio Margarito da Brindisi, comandante di una potente flotta costituita da ben 60 galere normanne, il quale era in procinto di partire per il Mediterraneo Orientale al fine di liberarlo dalle incursioni dei pirati saraceni. Dopo aver comodamente pernottato presso il palazzo degli Ospitalieri di Barletta, con l’intervento del potente Priore i due protagonisti imbarcano su di un piccolo vascello mercantile Amalfitano, la “Temeraria”, che dovrà condurli fino al porto di Brindisi. Da lì poi dovranno proseguire via terra fino alla méta del loro viaggio…

3 commenti

  • Roberto Cannia

    Marino, devo dire che sono stato letteralmente trascinato a bordo della Temeraria. Questo capitolo mi ha coinvolto in modo particolare, mi sembra di sentire le urla dei mori che inneggiano alla grandezza del loro Dio. Sono toccato dalla sorte di Pietro confido che in qualche modo possa essersi salvato. La pergamena non è caduta in mano nemica…! Adalberto ha un compito veramente grande adesso. Bellissimo, grazie Marino!

  • Marino miccoli

    Grazie a te, Roberto, per il gradimento e per la costanza di aver letto il mio romanzo fin qui.
    Buona lettura del prossimo capitolo.

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