Attualità

Un mare di lavoro senza tutele

di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

Quello dei marinai è un lavoro solitario, spesso faticoso, stressante e poco sicuro.
Ci si accorge di questi lavoratori quando vengono sequestrati e presi in ostaggio dai pirati, o quando per la disperazione si aggrappano ad un albero di poppa per protestare contro i licenziamenti, oppure quando muoiono schiacciati dagli elevatori come nel caso dei marittimi di Genova.
La maggior parte degli scambi commerciali fra i vari paesi del mondo avviene per mare. Un giro di affari di colossale (si calcola il triplo del settore auto). Di tutti questi soldi ai marinai non viene in tasca quasi nulla. Gli asiatici, che sono la maggior parte della forza lavoro non qualificata a bordo dei mercantili nel mondo, sono assunti per poco più di 200 dollari al mese, mentre la paga dei marinai italiani dipende dall’armatore, dalla situazione e dalla bandiera che batte il mercantile su cui sono imbarcati. E la sicurezza a bordo?
Difficile da controllare perché non si può andare a bordo di una nave in navigazione solo che in casi eccezionali e per ragioni di sicurezza o emergenza sanitaria.
Agli armatori va bene così. A loro non piace che si ficchi il naso nelle loro stive, né che si chiedano particolari postille sui contratti di lavoro; contratti molte volte fatti solo sulla parola. E allora …“finché la barca và lasciala andare”.

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