Marinai,  Storia

La nave Stella Polare nel Mare Artico

di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra



…ovvero la grande sfida del Duca degli Abruzzi.

Il 7 maggio i componenti la spedizione lasciavano Roma, salutati alla stazione da Sua Maestà il Re Umberto I e dagli ufficiali della Regia Marina, per recarsi in Norvegia. Mentre Cagni, Querini e Cavalli cominciavano a mettere in ordine il materiale che giungeva a Cristania, io a Laurvik affrettavo, per quanto era possibile, la partenza della nave. Il 28 maggio i lavori più importanti erano ultimati, e la Stella Polare lasciava il cantiere del signor Archer della Norvegia.
Lo stivare bene una nave, che deve intraprendere una spedizione polare, non è così facile. Le navi designate a tali viaggi non sono molto grandi, la roba che si mette a bordo è molta, e deve essere stivata in modo che si possa prendere facilmente, se non tutta, almeno in buona parte per il consumo giornaliero. Le stive della Stella Polare erano in cala, in batteria, a poppavia della macchina sotto il quadrato degli ufficiali, ed in coperta sotto la bandiera del timone. La cala fu riempita solo di carbone che, con quello del carboniere, ammontava alla partenza da Arcangelo, a circa 350 tonnellate. La stiva di prua, per non affondare troppo la parte anteriore della nave, fu adibita ai viveri per cani. Questi viveri, consistendo per la maggior parte in pesce secco e biscotto, occupavano molto volume con pochissimo peso.
In batteria si posero tutte le provviste alimentari per gli uomini, meno la parte poppiera, ove furono collocate dieci tonnellate di petrolio in quattro grosse casse. Ai due lati del gran boccaporto della batteria si misero da una parte i viveri per essere caricati sulle slitte, e dall’altra in un apposito armadio il vestiario; in tal modo sì gli uni come l’altro erano facili a prendersi nel caso che si dovesse abbandonare improvvisamente la nave. Nella stiva di poppa, che si apriva nel nostro quadrato, ed era pure la più calda, trovandosi presso la macchina, si mise il vino, che si sarebbe così meglio conservato. A poppa presso il timone si collocò ciò che era da tenersi continuamente alla mano, ed al centro in batteria, in una piccola Santa Barbara, le munizioni separate dal resto del carico.
I palloni, disposti in gabbie per permettere l’aerazione, si posero sul ponte, col generatore all’idrogeno e con la calderina.
Trentasei barili di ferro, contenenti circa dodici tonnellate di acido solforico, furono collocati al centro della coperta in un apposito locale foderato di piombo e provvisto di trincarino per impedire che, in caso di perdita, l’acido bruciasse le tavole del ponte. Sei tonnellate di limatura di ferro compirono l’imbarco del materiale aerostatico. Benché si fosse determinata la cubatura delle stive, e si conoscesse il volume della roba che giungeva, pure si rimaneva incerti sull’esattezza dei calcoli quando si contemplava l’enorme quantità di casse che dovevano scendere nei fianchi della Stella Polare.
Grazie però ad una meticolosa attenzione, si riuscì a stare tutto a bordo. (…)
La mattina del 12 giugno eravamo pronti a salpare Sua Maestà il Re di Svezia e Norvegia aveva telegrafato, augurando felice successo alla spedizione.
Le navi erano pavesate. Molte persone di conoscenza si trovavano a bordo. Le signore avevano portato mazzi di fiori, gentilissimo pensiero per noi che andavamo dove i fiori non crescono. Il professor Nansen mi aveva cortesemente donato due dei suoi cani nati sul Fram. Alle undici lasciammo Cristania, mentre le navi da guerra facevano il saluto con la voce, ed il forte del cannone. (…)
La Stella Polare spinta dall’elica si mosse nelle calme acque dell’estuario, e si allontanò salutata da un incrociatore russo col segnale di
“Auguro buona campagna”. (…)

…tratto dal volume “La Stella Polare nel Mare Artico” (1899 – 1900) di Luigi Amedeo di Savoia Duca degli Abruzzi e Comandante Umberto Cagni (2004 Effemme Edizioni – Milano).

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