Racconti

Profumo di Sicilia

di Giuseppe Messina

…non ho mai cercato scorciatoie per giungere in fretta alla meta; non ho confuso querce con sequoie né tanto meno ho atteso la cometa.

Caro Ezio,
tu che sei uomo di mare e che di mare vivi, sicuramente apprezzerai la mia conferma su quanto hai sospettato sul mio conto. È vero. C’è un motivo per cui molte mie opere sono ispirate dal mare. Tutto viene da molto lontano: sono nato a Gala, un paesino collinare del comune di Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina, e dal terrazzino di casa mia era un vedere da sogno.
Ricordo che fin da bambino era tutto un fantasticare in qualsiasi direzione guardassi. Se mi mettevo con le spalle alla collina mi trovavo il mare di fronte, con le sette isole eoliane che si stagliavano nel cielo, e più di una volta ho potuto osservare lo spettacolo di una lingua di fuoco solcare lo Stromboli. Se stavo con le spalle rivolte al mare mi trovavo di fronte il colle verdeggiante che io, da sempre, so essere ricco di sorgenti d’acqua pura e freschissima. A primavera, poi, era uno spettacolo: la collina tutta si colorava di giallo per la fioritura delle ginestre il cui profumo, nelle sere tiepide, era portato dal vento.
Il tempo passa per tutti, ed io raggiunta la maggiore età, così come tanti altri prima di me, ho deciso di lasciare la Sicilia, però non potevo non portare con me ciò che mi aveva visto crescere: il mito del mare e dei boschi, oltre il desiderio di poter fare ritorno in quest’isola, centro dell’universo culturale, qual è il Mediterraneo, dove nacquero il mito, gli dèi, i semidei e gli eroi.
Ed eccomi qui dove ho avuto modo di tornare, dove i tanti appunti e schizzi realizzati a Roma ed altrove diventano opere ultimate. È qui che nascono i tre poemi “Odissea ultimo atto”, continuazione del poema omerico, “La leggenda di Omero” con cui ho reinventato il poeta cieco della classicità e “Stirpi di Atlantide” che narra le ultime ore del mitico continente prima di inabissarsi e la fuga verso altre terre di una parte di quel popolo (per questa trilogia ho avuto l’onore di avere conferita la Medaglia d’Oro del Senato della Repubblica).
È qui che nascono i tanti dipinti in cui il mare è protagonista assoluto come nelle opere letterarie. Il mare di cui ho una chiara idea di cosa esso sia: potenza e delicatezza, poesia e tragedia, vita e morte, ma soprattutto, per me, ispirazione. Non per niente i miei poemi sono ambientati, per la maggior parte sul mare.
Nell’“Odissea Ultimo atto”, Ulisse, compiuta la vendetta contro i proci, subito dopo la morte del figli e del padre, parte e torna nell’isola di Eolo, il dio dei venti, da dove dopo tragiche avventure riparte per l’ignoto Occidente dove “Sul mar parve dissolversi la nave // all’interno di una nebbia confusa // e dentro una voce era la chiave // che io udii nell’inconscio schiusa; // era la voce del cieco Omero // che m’illuminava come un faro, // stranamente tutto sembrava vero // e resterà per me un suono caro; // come quella di un dio tuonò e disse: // qui mortale è chiusa la vicenda; // nessuno mai rivedrà Ulisse: // egli è parte di una leggenda.
Nel poema “La leggenda di Omero”, lo stesso poeta percorre il Mediterraneo da un’avventura all’altra; dal regno di Eolo, al regno di Campano, dalla corte di Nestore a quella di Priamo per cantare i miti degli eroi, fino alla sua scomparsa, ormai vecchio e cieco, quando vuole ritornare nel mitico regno di Eolo, ma scompare tra le onde di una tempesta per assurgere tra gli dèi dell’Olimpo: “Tutto allora intuì il cieco Omero // mentre un fragore si fece sentire; // gli cadde addosso il dramma più nero, // pensò che tutto stesse per finire, // e intanto si sentiva trascinare; // dalle onde era sbattuto su e giù, …
Se andiamo poi a “Stirpi di Atlantide”: “Poco lasciò il mar che le sommerse, // altro mare è il tempo e pur sommerge // le grandi civiltà ormai perse, // e sol dalla leggenda il poco emerge”. E poi: “Cresceva il mare, si scosse la terra, // crollò il muro, pur, d’una prigione; // vittime tante come in una guerra; // Nessuno poté farsene ragione”. Per andare all’input della seconda parte: “Nel navigare con la fantasia // aleggia il pensiero, tocca sponde // tra le ipotesi e l’ acrobazia // saltando come può tra scogli e onde”. E poi alla terza parte, dal verso 381: “Quando il mare allagò l’ultimo piano // a tutti venne la stessa idea, // ma non potevano andar lontano: // sul tetto annegò pur Antinea”. E ancora verso la fine della quarta parte, dal verso 1029: “Era finita la selvaggia lotta; // erano tutti quanti ormai a bordo, // Kirzario con la sua grande flotta, // prese il largo, ma lasciò buon ricordo.

4 commenti

  • Rossana Tirincanti

    .. dopo aver letto questa stupenda lettera dell’illustre prof. Giuseppe Messina …..è difficile potersi congratulare per tanta bravura , perchè non saprei trovarne le parole ! Provo solo un gran sentimento di gratidudine e di rispetto per chi è riuscito con una sola pagina a rapirmi con i suoi meravigliosi ricordi della sua terra e i stupendi poemi che ha scritto !! Lo ascolterei ore ….
    …Grazie veramente di cuore per l’opportunità che mi ha offerto ……..tramite il carissimo amico Ezio .

  • ezio

    Giuseppe Messina 16 aprile alle ore 18.18
    Carissimo Ezio, non avevo notato il tuo atto di amicizia che va al di là di ogni aspettativa. Sono senza parole, ma mi resta tanto affetto per un amico come te. Ciao Grande Ezio.

  • ezio

    Giuseppe Messina 16 aprile alle ore 18.05
    Ciao Ezio. Tu sai che la Sicilia è qui che ti aspetta e che l’amico Giuseppe Messina e pronto ad aprirti il suo cuore. E’ sempre un piacere comunicare con te. Ricevi un affettuoso abbraccio.

  • Giuseppe

    Egregio prof.Giuseppe Messina,sono quasi un Suo compaisano, nativo di Caronia,leggendo quanto Lei ha scritto mi ha fatto venire tanta nostalgia di un tempo che fù. Anch’io abitavo in una posizione che vedevo il mare e dall’atra la collina e più in alto i monti dei Nebrodi, ogni giorno mi si presentava uno spettacolo meraviglioso, vedevo Cefalù a Sn e Capod’Orlando alla mia Ds e in mezzo le meravigliose isole Eolie e che dire lo spettacolo della notte delle lampare dei pescatori…..comunque anch’io a 16 anni ammaliato dal canto XXVI vv112-120 dell’Inferno, quelle famose parole….nati non foste per vivere come bruti,ma per seguir virtude e conoscenza, ho lasciato il paese andando nella grande famiglia della Marina Militare dove ho appagato la mia passione nel fare il Marinaio…

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