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    1.4.1883, Giuseppe Micheli un ingegnere navale dimenticato

    di Antonio Cimmino

    Ingegnere navale, nato a Livorno il 30 marzo 1823, morto a Castellammare di Stabia il 1° aprile 1883. Costruttore navale nella marina mercantile, entrò nel genio navale alla costituzione del corpo nel 1861 come ingegnere di 1ª classe, del cantiere di San Bartolomeo e poi delle costruzioni navali negli arsenali di Venezia, Napoli e La Spezia; fu autore del progetto delle corazzate Francesco Morosini, Andrea Doria e Ruggero di Lauria. Precedentemente aveva progettato la pirocorvetta Caracciolo (ex Brillante) varata a Castellammare di Stabia il 18 gennaio 1869.
    Il figlio di lui, Ruggero Alfredo, ingegnere navale, nato a Volterra il 14 novembre 1847, morto a Roma il 19 febbraio 1919, percorse tutta la carriera nel genio navale fino al grado supremo; fu direttore del cantiere di Castellammare, delle costruzioni navali negli arsenali di Napoli e La Spezia; e autore del progetto delle corazzate Benedetto Brin e Regina Margherita. Fu anche deputato al parlamento.
    Nel quartiere operaio di Scanzano, su istanza degli abitanti del luogo, venne intitolata a Giuseppe Micheli, con delibera del 12 aprile 1885 del Consiglio Comunale la strada principale già Via Salvatore attualmente Via Micheli. Il 20 maggio 1883 sulla sua casa di Scanzano venne affissa una lapide (purtroppo perduta) che così recitava:” Nato operaio egli seppe con il suo genio elevarsi ai primi posti del genio navale, e rese possibile quelle macchine potentissime da guerra che nessuna Nazione al mondo possedeva, e che riscossero l’ammirazione d’Inghilterra Regina dei mari”.

    Commemorazione di Giuseppe Micheli alla Camera dei Deputati il 5 aprile 1883
    Presidente
    Il dì 1° aprile moriva in Castellamare Giuseppe Micheli. Nato di popolo in Livorno, il 29 marzo 1823, Giuseppe Micheli intese nella officina paterna a costruire navi, imparando sino da giovanetto ogni mestiere di codesta branca. Ottimi studi di ingegneria navale recarono poi sussidio alla pratica acquistata nella prima età, ed aprirongli il vasto campo nel quale presto acquistò rinomanza e grido come uno dei migliori costruttori della sua città. In pochi anni, oltre cento navi da lui ideate e sotto la sua direzione costruite, salparono attestando la valentia del loro autore; giacché il Governo della Toscana, dovendo porre mano ad una nave da guerra, lo elesse il 1° gennaio 1859 a costruttore navale. Intanto il rivolgimento del 1859 schiudeva al Micheli una brillante carriera ed offrivangli occasione di mostrare quanto ne fosse l’ingegno e la valentìa. Perchè, entrato nel corpo del Genio navale, vi percorreva tutti i gradi, raggiungendo quello d’ispettore, ed erangli affidati studi e direzioni, che lo confermarono peritissimo fra i provetti ingegni navali. La Magenta, la Caracciolo, la Vittor Pisani la Ruggiero di Lauria, la Morosini, L’Andrea Doria, da lui tutte architettate ed in parte costruite rimangono a testimoniarne il potente ingegno, il genio marinaresco, l’amore grandissimo col quale il Micheli consacrò cuore e mente in servizio della patria marineria. Eletto deputato del collegio di Chioggia nella XIII e nella XIV legislatura, alla attuale appartenne quale rappresentante del 2° collegio di Venezia; quantunque, travagliato da gravissimo morbo, egli non potesse mai recarsi in mezzo a noi, nè la sua elezione fosse pur anco convalidata. Ma nelle precedenti legislature più volte discorrendo, sovrattutto di cose agli ordinamenti marittimi attinenti, con vibrata parola e con accento profondamente convinto, Giuseppe Micheli si segnalò anche in Parlamento per la grande perizia ed amore onde proseguiva gli ordini ed istituti che a costituire la potenza navale dell’Italia dovevano condurre. Onorevoli colleghi. Commemorando la morte di Giuseppe Micheli, del valoroso collega, del valente ingegnere navale, la mia mente ricorre mestamente alla numerosa famiglia sua, che desolata rimane priva di chi ne era orgoglio e sostegno e ad essa io mando in nome vostro una parola di affettuoso conforto. (Benissimo !) Alla marina nazionale, alla quale nel momento appunto in cui essa esige l’opera sapiente di tutti coloro che misero mano alla sua audace rinnovazione, manca, colla morte del Micheli, un ingegnere espertissimo ; io volgo l’augurio che alla operosità dei superstiti sia vivo stimolo lo esempio del defunto. Ed io rimango ammirato davanti alla memoria di Giuseppe Micheli, che, sorto da umilissimi principi, mostrò ogni grado ed onore essere, nei liberi reggimenti dischiuso all’ingegno, al sapere, al lavoro; e ne addito la vita operosa a conforto ed incitamento dei volenterosi e dei forti

    Ferdinando Acton, ministro della marineria
    “In nome del Governo ed in quello della marineria, mi associo ai sentimenti di cordoglio… dell’onorevole Giuseppe Micheli… Autore ed esecutore di parecchie fra le più belle navi della marina del passato, singolarmente pregiate per sveltezza ed eleganza di forme e per eccellenti qualità nautiche, il commendatore Micheli aveva ultimato, poco prima che lo cogliesse la grave malattia che lo ha tratto al sepolcro, i piani sui quali vengono costruite nei nostri arsenali le tre navi da guerra di l a classe: Andrea Doria, Francesco Morosini e Ruggero di Lauria. Sono del pari suoi i disegni delle due cannoniere, l’Andrea Provana ed il Sebastiano Veniero che sorgeranno sugli scali della sua nativa Livorno… Amava d’immenso affetto la marineria, e ne era cordialmente ricambiato… A lui morte immatura non ha lasciato il conforto di vedere sul mare quelle navi che saranno frutto dei suoi lunghi e pazienti studi. Ma gli avrà sorriso nell’ora estrema il pensiero che ben cinque cantieri sono intenti ad attuare i suoi disegni, avrà con compiacenza pensato che la sua memoria durerà per lungo tempo nella marineria, la quale è sempre stata custode gelosa del nome di quanti concorsero alla sua gloria. Rispondo poi all’onorevole Nicotera, che qualora lo stato di servizio prestato dal compianto onorevole Micheli, non sia sufficiente pel conferimento della pensione alla vedova, il Ministero provvederà sul fondo dei casuali, che sono inscritti in bilancio, a sostituire la pensione che dovrebbe essere accordata.”

    Deputato Nicotera
    Abbiamo udito da tutti i lati della Camera ricordare le doti dell’animo del compianto nostro collega Micheli; ed uno degli oratori, molto opportunamente, ha rammentato che egli, pur coprendo alti uffici, lascia una famiglia povera. In Italia accade un fatto assai strano, ed è questo: quando muore un uomo che ha reso segnalati servigi al paese, noi crediamo di pagare un largo tributo alla sua memoria ricordando questi servigi o nella Camera, o nel Senato, se è deputato, o senatore, o nella stampa, se non appartiene ad uno dei rami del Parlamento. Ma, signori, questo mi paro troppo poco ; anzi permettete che io dica francamente che questo mi sembra una amar a ironia. Ricordare i meriti di un estinto, senza dimostrare che si sente veramente gratitudine pei servigi che egli ha resi al paese, è troppo poca cosa. L’onorevole Micheli lascia una vedova e nove figli. A quanto mi si assicura, per avere il diritto di liquidare la pensione, che neppure sarebbe lauta, mancano tre mesi. Or dunque, o signori, a me sembra che il modo migliore di attestare gratitudine alla memoria di questo uomo che ha reso segnalati servigi al paese sia quello di sanare questa deficienza di tre mesi. Quindi io faccio formale invito all’onorevole ministro della marina e al presidente del Consiglio, il quale essendo stato anche egli ministro della marina può, più di ogni altro, apprezzare i servigi che l’onorevole Micheli ha reso al paese, io faccio loro formale invito (non propongo un ordine del giorno, perché crederei di far torto al sentimento di equità e di giustizia tanto dell’onorevole presidente del Consiglio, quanto del ministro della marina, e sono certo ehò essi accetteranno l’invito) di trovar modo di riparare, non dirò alla ingiustizia della legge, perché la legge deve provvedere egualmente per tutti, ma all’inconveniente dei tre mesi che mancano alla liquidazione della pensione per la famiglia di un uomo veramente benemerito del paese. E d intanto, siccome io comprendo che per provvedere alla riparazione di questa mancanza di tre mesi, occorre un disegno di legge speciale, o, per lo meno, occorre aspettare la legge sulle pensioni (perché in quella occasione si potrebbe adottare una misura generale), io prego l’onorevole ministro della marina di provvedere affinché la vedova esperimenti fin da questo momento, col fatto, il sentimento di gratitudine che oggi unanimemente è stato espresso da tutti i lati della Camera.
    Io debbo credere di avere avuto la disgrazia di non essermi bene espresso, poiché mi aspettava dall’onorevole ministro della marineria una risposta più precisa alla mia, non dirò proposta, ma raccomandazione. Io sono sicuro che l’onorevole ministro della marineria saprà provvedere, coi fondi stanziati in bilancio, a sovvenire la famiglia del Micheli fino a quando non sarà liquidata la pensione. Ma non si tratta di questo, onorevole ministro. Io ho detto che mancano per aver diritto alla liquidazione della pensione tre mesi, e quindi mi sono rivolto all’onorevole ministro della marineria e l’ho pregato di studiare il modo col quale si possa sanare questa mancanza di tre mesi per dare il diritto della pensione alla vedova Micheli. Non ho domandato un sussidio, non ho domandato che si provveda provvisoriamente, ma ho chiesto che si studi il modo migliore di riparare a questo difetto di tre mesi

    Deputato Pandolfi
    Associarmi all’ omaggio tributato alla memoria di Giuseppe Micheli era dovere per me, a lui da lunghi anni legato da affetto e da stima, quali può inspirare solamente la conoscenza della vita dell’uomo probo. Rappresentante di Pisa, io sentiva il bisogno di esprimere alla vicina Livorno quella solidarietà, che i popoli traggono, assai più che dalle gioie, dalle sventure. Figlio di operaio, Giuseppe Micheli fu incarnazione nuova di quella verità, elio dovrebbe echeggiare di continuo lungo le faticose vie della vita, quasi parola d’ordine, per 1′ individuo come per i popoli : Volere è potere ! A lui Livorno deve grande parte della sua odierna importanza, quale centro di costruzioni navali. Prima del varo della Lepanto, il varo della Magenta nel 1862, per la eccezionale difficoltà delle condizioni, in cui dov’è compiersi, più che fortunata soluzione di un problema, era apparso un miracolo. Quando egli mi narrava le veglie penose, e le ansie di quei giorni, i suoi occhi si riempivano di lacrime. In quei momenti nella sua mente non aveva radiato l’immagine della gloria, che da quell’opera veramente stupenda avrebbe raccolto ; ma il suo pensiero era corso ai figli; a’suoi figli, cui, malauguratamente presago, sentiva che non avrebbe potuto lasciare altra eredità, che la volontà del lavoro, e l’onorabilità del nome. Giuseppe Micheli ebbe pari alla potenza della melitela squisitezza dell’animo. Modesto, non mendicò mai i clamori dei facili plausi. Ma negli alti Consigli della marina, come in quest’aula senza mire personali, come senza esitanze, egli seppe levare alta la voce dei suoi studi e della sua coscienza. Visse lavorando; è morto povero! Sia scuola ai superstiti il ricordo delle sue virtù!.

    Caratteristiche delle navi progettate da Micheli
    Regia nave Morosini

    Costruita su progetto dell’Ispettore del Genio Navale Giuseppe Micheli costituiva una classe di tre unità, insieme alle gemelle Ruggero di Lauria e Andrea Doria, mutuata, con alcune migliorie, dalla classe Caio Duilio. La vita operativa della R.N. Francesco Morosini la vide particolarmente attiva all’interno del bacino Mediterraneo e segnatamente nel bacino orientale dove venne chiamata ad intervenire anche a causa dei torbidi verificatisi nell’isola di Creta. Prima di essere posta in disarmo all’unità venne richiesto di effettuare alcune sperimentazioni in ordine agli effetti prodotti dalla concussione prodotta dai grossi calibri sulle strutture della nave. Dopo avere regolarmente eseguito, in data 6 settembre 1907, i test richiesti, la R.N. Francesco Morosini venne quindi posta in disarmo il giorno 11 dello stesso mese ed infine radiata con Regio Decreto del 3.08.1909.

    Regia nave Caracciolo

    Impostata nell’ottobre 1865 nei cantieri di Castellammare di Stabia come Brillante e varata con questo nome il 18 gennaio 1869, la pirocorvetta venne ribattezzata Caracciolo sempre nel 1869, poco tempo dopo varo, e fu completata il 20 luglio. Progettata dal generale ispettore del Genio Navale Giuseppe Micheli, la nave aveva scafo in legno con carena ricoperta di rame e tre alberi a vele quadre.
Piuttosto ridotto era l’armamento, composto da sei cannoni cerchiati in ferro, a canna rigata ed avancarica, da 160 mm, disposti sul ponte di coperta.

    

Regia nave Ruggero di Lauria
    La vita operativa della R.N. Ruggero di Lauria la vide partecipare nel corso del 1895 alla inaugurazione del Canale di Kiel quale rappresentante, unitamente ad altre unità della flotta, della Regia Marina Italiana.
Nel corso del 1897 prese parte alle operazioni internazionali nelle acque di Creta cooperando al blocco dell’isola e partecipando, con i suoi reparti da sbarco, ad azioni terrestri. In particolare dall’1 al 10 marzo stazionò a Hierapetra difendendola dagli attacchi degli insorti e dei soldati greci. Posta in disarmo il 1.02.1907 l’unità venne quindi radiata dai quadri del naviglio militare con Regio Decreto dell’11.11.1909.

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    1.4.1917, entra in servizio il regio monitore Faà di Bruno

    di Carlo Di Nitto

    Il regio monitore “Faà di Bruno” fu un grosso pontone armato semovente. Dislocava 2854 tonnellate e derivava dalla modifica di un ex pontone gru della Regia Marina (il G.A. 43).
    Impostato il 10.10.1915, presso i Cantieri dell’Arsenale Marina Militare di Venezia, fu varato il 30.3.1916 ed entrò in servizio il 01.4.1917.
    Potentemente armato con due cannoni da 381/40, quattro da 76/40 e due mitragliere da 40 mm., aveva un equipaggio composto di 45 uomini tra ufficiali, sottufficiali e marinai. Due motrici alternative gli consentivano una velocità di tre nodi. Come altre unità similari, era stato realizzato per affiancare l’esercito appoggiando, per quanto possibile, le operazioni sul fronte terrestre e le difese costiere.
    Il suo primo impiego operativo avvenne il 18 agosto 1917 bombardando le posizione austriache durante l’undicesima battaglia dell’Isonzo.
    A seguito dei fatti di Caporetto si dispose il suo trasferimento ad Ancona insieme al quasi gemello “Cappellini”. Purtroppo, il 18 novembre 1917, furono sorpresi da una violenta tempesta. Il “Cappellini” si capovolse ed affondò con la perdita di oltre 60 uomini mentre il “Faà di Bruno”, spezzati anch’esso i cavi di rimorchio, grazie all’azione del suo comandante, Capitano di Corvetta Ildebrando Goiran, fu portato ad incagliare nei pressi del borgo di Marotta (Pesaro). L’equipaggio rimasto a bordo fu aiutato in quel frangente, nonostante la tempesta in corso, da undici coraggiose ragazze che postesi ai remi di un palischermo raggiunsero l’unità e la rifornirono di viveri, frutta e alcune damigiane accompagnate da un biglietto che diceva:
    – “Le spose di Marotta offrono ai Marinai d’Italia un bicchiere di vino”.
    Una di esse poi, gettatasi arditamente a nuoto, riuscì a svolgere fino alla riva una sagola che consenti di filare dei cavi d’ormeggio per impedire che l’unità venisse trascinata nuovamente al largo.
    Dopo la guerra, il 24 agosto 1919, le undici eroiche ragazze furono decorate con la Medaglia di bronzo al Valor Marina. I loro nomi: ai remi Giustina Francesconi, Silvia Ginestra, Teresa Isotti, Edda Paolini, Arduina Portavia, Emilia Portavia, Emilia Portavia di Nicola, Maria Portavia, Nella Portavia, Erinna Simoncelli, e l’undicesima, la giovanissima sposa Zampa Maria, alla barra del timone.

    Riclassificato “Cannoniera” l’1/7/1921, Il “Faà di Bruno” venne radiato il 13/1/1924 ma fu rimesso in servizio all’inizio della seconda guerra mondiale come batteria galleggiante GM 194 a difesa delle città di Genova e Savona dove fu affondato nel 1945 dai tedeschi in ritirata. Fu recuperato a pezzi negli anni successivi.


    Il suo motto fu: “ Nec ferro nec igne” (né ferro né fuoco possono offendermi).
    ONORE AI CADUTI E ALLE “RAGAZZE DI MAROTTA”.
    Dello stesso argomento sul blog:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2019/11/18-11-1917-marotta-e-le-undici-eroine-del-faa-di-bruno/

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    30.3.1916, varo del regio monitore Faà di Bruno

    di Carlo Di Nitto

    Il regio monitore “Faà di Bruno” fu un grosso pontone armato semovente. Dislocava 2854 tonnellate e derivava dalla modifica di un ex pontone gru della Regia Marina (il G.A. 43).
    Impostato il 10.10.1915, presso i Cantieri dell’Arsenale Marina Militare di Venezia, fu varato il 30.3.1916 ed entrò in servizio il 01.4.1917.
    Potentemente armato con due cannoni da 381/40, quattro da 76/40 e due mitragliere da 40 mm., aveva un equipaggio composto di 45 uomini tra ufficiali, sottufficiali e marinai. Due motrici alternative gli consentivano una velocità di tre nodi. Come altre unità similari, era stato realizzato per affiancare l’esercito appoggiando, per quanto possibile, le operazioni sul fronte terrestre e le difese costiere.
    Il suo primo impiego operativo avvenne il 18 agosto 1917 bombardando le posizione austriache durante l’undicesima battaglia dell’Isonzo.
    A seguito dei fatti di Caporetto si dispose il suo trasferimento ad Ancona insieme al quasi gemello “Cappellini”. Purtroppo, il 18 novembre 1917, furono sorpresi da una violenta tempesta. Il “Cappellini” si capovolse ed affondò con la perdita di oltre 60 uomini mentre il “Faà di Bruno”, spezzati anch’esso i cavi di rimorchio, grazie all’azione del suo comandante, Capitano di Corvetta Ildebrando Goiran, fu portato ad incagliare nei pressi del borgo di Marotta (Pesaro). L’equipaggio rimasto a bordo fu aiutato in quel frangente, nonostante la tempesta in corso, da undici coraggiose ragazze che postesi ai remi di un palischermo raggiunsero l’unità e la rifornirono di viveri, frutta e alcune damigiane accompagnate da un biglietto che diceva:
    – “Le spose di Marotta offrono ai Marinai d’Italia un bicchiere di vino”.
    Una di esse poi, gettatasi arditamente a nuoto, riuscì a svolgere fino alla riva una sagola che consenti di filare dei cavi d’ormeggio per impedire che l’unità venisse trascinata nuovamente al largo.
    Dopo la guerra, il 24 agosto 1919, le undici eroiche ragazze furono decorate con la Medaglia di bronzo al Valor Marina. I loro nomi: ai remi Giustina Francesconi, Silvia Ginestra, Teresa Isotti, Edda Paolini, Arduina Portavia, Emilia Portavia, Emilia Portavia di Nicola, Maria Portavia, Nella Portavia, Erinna Simoncelli, e l’undicesima, la giovanissima sposa Zampa Maria, alla barra del timone.

    Riclassificato “Cannoniera” l’1/7/1921, Il “Faà di Bruno” venne radiato il 13/1/1924 ma fu rimesso in servizio all’inizio della seconda guerra mondiale come batteria galleggiante GM 194 a difesa delle città di Genova e Savona dove fu affondato nel 1945 dai tedeschi in ritirata. Fu recuperato a pezzi negli anni successivi.


    Il suo motto fu: “ Nec ferro nec igne” (né ferro né fuoco possono offendermi).
    ONORE AI CADUTI E ALLE “RAGAZZE DI MAROTTA”.
    Dello stesso argomento sul blog:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2019/11/18-11-1917-marotta-e-le-undici-eroine-del-faa-di-bruno/

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    29.3.1941, Capo Matapan per non dimenticarli mai

    Gennaro Bali
    di Vincenzo Marasco – Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”

    (Torre Annunziata, 15.12.1919 – Mare, 29.3.1941)

    Alla cara e lieta Memoria del Marinaio Bali Gennaro, Figlio di Torre Annunziata.

    Gennaro è figlio di una Torre Annunziata diversa da quella che era rappresentata da quelle sue viscere di dedali, da cui tanti ragazzi si sono levati per la Patria. Egli nasce tra il Vesuvio e il mare e di sicuro non avrebbe mai pensato, in quella sua giovane fanciullezza che la sua vita sarebbe finita proprio su quel vasto mare che fronteggia la delicata costa vesuviana torrese.
    Gennaro nasce il 15 dicembre del 1919 a Torre Annunziata da Giovanni e Pepe Emilia. Poco dopo la famiglia risiederà a Boscoreale in Via Tenente Angelo Cirillo, al civico 18, poi si trasferirà in Via Vesuvio, nel comune di Torre Annunziata al civico 60, lì dove arriverà anche ad egli la chiamata alle Armi: la cartolina!

    Arruolato tra le fila degli equipaggi della Regia Marina, parte per La Spezia dove una volta inquadrato, e avuta la categoria di Marò Servizi Vari, viene destinato all’imbarco su Unità da guerra. Gennaro sale a bordo dell’Incrociatore Pesante Zara, dell’omonima classe, una delle navi ammiraglie della Regia Marina, tra le più potenti che l’Italia avesse a disposizione per l’epoca. E fu così che quella nave, per qualche anno, divenne la sua casa e la sua piazza.
    Alla fine del marzo del 1941, la guerra di superficie chiama ancora una volta in ballo la Regia Marina la quale si contendeva l’egemonia del Mediterraneo contro la potente flotta inglese. Il piano di Supermarina messo in essere a partire dalla notte del 26 marzo, prevedeva due rapidi incursioni della Squadra Navale italiana, posta per l’occasione a comando dell’Ammiraglio Iachino, nelle acque dell’isola di Creta, a caccia dei convogli Alleati e le loro relative scorte. Tutto doveva essere concentrato sull’effetto sorpresa, che a dire il vero venne subito sfatato, in quanto già nella serata del giorno successivo il comando navale inglese di Alessandria d’Egitto aveva intercettato e decifrati i messaggi che annunciavano le operazioni italiane.

    Dopo un primo scontro tra le unità navali italiane e inglesi avvenuto nella mattinata del 28 nelle acque dell’isola di Gaudo, non molto lontano da Creta, benché fossero in superiorità, cominciò lo stillicidio delle navi italiane a cui venne ordinato di invertire la rotta verso l’Italia, e con esse dei loro equipaggi. L’inseguimento inglese fu tanto coraggioso quanto spietato continuando senza sosta fino a quando non si arrivò nelle acque a sud di Capo Matapan. Nonostante gli equipaggi italiani continuarono a battersi con estremo valore e da grandi eroi, scansando e ricevendo colpi che arrivavano dal mare e dal cielo, senza il risparmio di risposte da parte delle unità per cui combattevano e in alcuni casi anche riparando in mare aperto i danni subiti dai siluramenti delle loro navi, per la loro fotta non ci fu scampo. La sera e la notte che seguirono furono quelli dell’agonia del Pola, del tentativo di soccorrerla da parte degli incrociatori Zara e Fiume e dello scatenarsi dell’inferno per queste ultime.
    Chissà Gennaro cosa pensò, e se ebbe tempo di pensare, in quel momento di estrema confusione. In tal caso vogliamo immaginarlo come un uomo coraggioso alla pari di tutti i suoi altri compagni, insieme spinti nel dovere dal motto “NESSUNO INDIETRO!”.
    La stessa sera, le due unità italiane da battaglia comandate dall’ammiraglio Cattaneo che ebbe l’ordine di ritornare incontro alla nave danneggiata per soccorrerla, arrivate nelle vicinanze del Pola agonizzante, non si accorsero della presenza delle corazzate inglesi che, appena le scorsero, cominciarono a cannoneggiarle da distanza ravvicinata.
    Alle 22.30 circa lo Zara e il Fiume vennero investiti da un’ondata di fuoco nemico, senza avere nemmeno il tempo di reagire. In pochi minuti, le esplosioni scatenate a bordo dai proietti navali della flotta inglese, che colpirono anche le santa barbare di bordo e dal fuoco che divampò ovunque, fecero strage di marinai che non ebbero modo di potersi salvare. Il colpo di grazia allo Zara arrivò poco dopo da parte del cacciatorpediniere inglese Jervis che la centrò con due siluri facendola saltare in aria.
    Dei 1098 uomini di equipaggio ne morirono 798. Tra questi il giovane torrese Bali Gennaro, il comandante Capitano di Vascello Luigi Corsi che non volle abbandonare la nave con i suoi uomini e lo stesso ammiraglio Cattaneo. Dai flutti vennero ripescati dagli inglesi solo 279 che furono condotti in prigionia.
    Era il 29 marzo del 1941!
    Evviva il Marinaio Bali Gennaro!


    Dedicato a tutti quei ragazzi che persero la vita durante la Battaglia di Capo Matapan. Italiani e Inglesi!
    Si ringraziano le signore Anna De Nicola, nipote, e Fortunata Bali, sorella, per avermi concesso la foto del loro congiunto.

    Piero Abatangelo , (Mola di Bari, 8.12.1915 – Mare, 29.3.1941)
    di Nicola Aversa (*)
    Associazione “il Mondo Solidale” Mola di Bari

    (Mola di Bari, 8.12.1915 – Mare, 29.3.1941)

    Pietro Abatangelo fu il primo aviatore caduto durante la Seconda Guerra Mondiale.
    Figlio di Giuseppe e di Rago Anna, nasce a Mola di Bari l’8 dicembre 1915. Battezzato nella chiesa Matrice di Mola. Atto di Battesimo n. 565.
    E’ stato imbarcato sul regio incrociatore Pola (classe Zara) affondato durante la Seconda Guerra Mondiale, nella battaglia di Capo Matapan, il 29 marzo 1941. Aveva 26 anni.

    Pietro Abatangelo era un primo pilota di uno dei due idrovolanti del regio incrociatore Pola.
    E’ stato l’unico aviatore Molese caduto nella Seconda Guerra Mondiale.
    Scelse di imbarcarsi sulle navi e di pilotare gli idrovolanti che perlustravano le acque antistante le navi.
    Partecipò allo scontro della battaglia di Punta Stilo del 9 luglio 1940.
    Il 26 novembre 1940 prese parte alla battaglia di Capo Teulada.
    Partecipò con la sua nave alla battaglia di Capo Matapan (vicino la Grecia) (28-29 marzo 1941)la cosiddetta “piccola Caporetto della Regia Marina”.
    Difatti, dopo il siluramento della regia nave ammiraglia Vittorio Veneto, le altre unità si radunarono tutt’attorno all’unità colpita per difenderla da altri attacchi aerei.
    Fu in uno di questi attacchi che un aerosilurante inglese colpì il Pola con un siluro.
    L ‘aereo nemico aveva sganciato il siluro a soli 500 metri di distanza dalla nave, che non l’aveva potuto evitare. Dopo l’esplosione, il Pola aveva imbarcato grandi quantità d’acqua, le caldaie si erano spente, le macchine fermate, e la nave era rimasta immobile, priva di luce e dì energia.
    L’incrociatore, rimasto immobile nello scontro perché impossibilitato a fare fuoco (la mancanza di corrente elettrica, causata dal siluramento, impediva di usare le artiglierie), fu poi raggiunto dai cacciatorpediniere inglesi, che ne recuperarono l’equipaggio e successivamente lo silurarono.
    L’Incrociatore Pola, scosso da una violenta esplosione, affondò alle 4.03 del 29 marzo 1941, ultima nave italiana ad andare perduta nello scontro. Buona parte dell’equipaggio fu tratto in salvo da Gaetano Tavoni che poi, per l’immane sforzo, morì di infarto e il suo corpo non fu mai ritrovato così come il corpo di Pietro Abatangelo.
    Nella tragedia perirono 328 uomini su 1041 imbarcati.

    Caratteristiche tecniche regia nave Pola
    Dislocamento: 13.531 t (standard), 13.145 (pieno carico) t
    Lunghezza 182,8 m
    Larghezza 20,6 m
    Pescaggio 7,2 m
    Propulsione 8 caldaie; 2 turbine; 2 eliche 95.000 CV
    Velocità 32 nodi (pari a 63 km/h)
    Autonomia 5.230 miglia a 16 nodi
    Equipaggio 841
    Era armato da:
    • 8 cannoni da 203/50mm Ansaldo modello 1924 (in 4 installazioni binate)
    • 16 cannoni da 100/47mm OTO modello 1927 (in 8 installazioni binate)
    • 6 mitragliere da 40 mm/49 Vickers-Terni (in installazioni singole)
    • 8 mitragliere da 13,2 mm (4 installazioni binate)
    . 8 tubi lanciasiluri da 533 mm (in 4 installazioni binate fisse)
    . 2 idrovolanti della Piaggio P6
    . 1 catapulta

    La battaglia di Capo Matapan
    Le navi italiane che parteciparono allo scontro furono:
    1 nave da battaglia, la Corazzata Vittorio Veneto
    6 incrociatori pesanti, tra essi il Pola
    2 incrociatori leggeri
    13 cacciatorpediniere
    Tot. 22 navi

    Le Navi Inglesi e australiane che parteciparono allo scontro:
    1 portaerei
    3 navi da battaglia
    7 incrociatori leggeri
    16 cacciatorpediniere
    Tot. 27 navi

    Le Perdite italiane
    3 incrociatori affondati (Zara, Fiume, Pola)
    2 cacciatorpediniere affondati (Alfieri, Carducci)
    1 nave da battaglia danneggiata (Vittorio Veneto) 2.331 morti
    1.163 prigionieri

    Perdite inglesi
    1 aerosilurante abbattuto
    3 morti

    La battaglia navale di Capo Matapan viene ricordata da quasi tutti gli storici come la “tragedia della flotta italiana” nella quale la nostra poderosa flotta fu annientata da quella inglese perdendo definitivamente il dominio sul Mediterraneo.

    (*) Nicola Aversa è deceduto il 25.5.2019.

    Aniello Bosco, disperso
    di Carlo Gianotti (foto e ricerche)

    Nasce a Stintino.
    Aniello era imbarcato sul regio incrociatore Zara, come marinaio telemetria di 3^classe.
    Al tramonto del 28 marzo 1941, nei pressi di Capo Matapan, un siluro inglese colpì il regio incrociatore Pola, mentre gli incrociatori Zara e Fiume e 4 cacciatorpediniere andarono a prestar loro soccorso.

    Nella notte le navi britanniche aprirono il fuoco affondando gli incrociatori Fiume e Zara e i due cacciatorpediniere Alfieri e Carducci. Successivamente affondò anche il Pola. Nello scontro morirono 834 uomini.

    29.3.1941, Francesco Mazzella disperso
    a cura Antonio Cimmino


    29.3.1941, Giovanni Cossu disperso
    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    (Samugheo, 19.2.1920 – Mare, 29.3.1941)

    29.3.1941, Rinal Renzo disperso
    a cura Roberto Tento

    (Monte Argentario, 5.9.1913 – Mare, 29.3.1941)

    …la Regia Marina per mio mezzo Vi prega di accogliere le più profonde espressioni di cordoglio.

    29.3.1941, Vittorio Giannattasio disperso
    a cura Antonio Cimmino

    (San Giuseppe (NA), 13.8.1904 – Mare, 29.3.1941)

    Vittorio Giannattazio, Capitano di Fregata, nato a San Giuseppe (Napoli) il 13 agosto 1904 (gli è stata intitolata la sezione A.N.M.I. di Pompei).

    MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE “alla memoria- sul campo”
    Comandante in 2° di incrociatore, fedele, intelligente, appassionato collaboratore del suo comandante, quando la nave, sotto il tiro, a brevissima distanza dei grossi calibri di una squadra nemica comprendenti più navi da battaglia, veniva smantellata e incendiata, era dovunque fosse maggiore il pericolo, pronto per riparare un’avaria, per domare un incendio.
    Vicino all’Ammiraglio e al Comandante, quando venne deciso l’abbandono della nave, riunì a poppa i superstiti per l’estremo saluto, li rincuorò, li animò, ne curò la salvezza. Di sé non ebbe pensiero, perché la sua opera non era compiuta.
    All’ordine del comandante di affondare la nave, cercò e subito trovò un compagno che si calasse con lui nel deposito delle munizioni.
    Scesero insieme in Santa Barbara; diedero fuoco alle cariche e non tornarono più”. (Mediterraneo Orientale, 28 marzo 1941).

    Vittorio Giannattasio, a soli 13 anni entrò all’Accademia Navale e nel luglio 1922 conseguì la nomina a Guardiamarina. Promosso Sottotenente di vascello nel gennaio del 1924 e Tenente di vascello nel 1927, si specializzò nella Direzione del Tiro divenendo insegnante di Artiglieria e Balistica all’Accademia Navale negli anni 1931-1934.
    Promosso Capitano di corvetta nel 1936, imbarcò prima sull’incrociatore Gorizia nell’incarico di 1° Direttore del Tiro e nel 1938 ebbe il comando di una squadriglia di torpediniere, con insegna sulla torpediniera Cassiopea. Promosso Capitano di fregata nel 1939, venne nuovamente destinato all’Accademia Navale nell’incarico di insegnate al Corso di Specializzazione D.T.
    Con l’inizio del secondo conflitto mondiale imbarcò, a domanda e nell’incarico di Comandante in 2° sull’incrociatore Zara, a bordo del quale si distinse nella battaglia navale di Punta Stilo.
    Nello scontro notturno di Capo Matapan sulla notte del 28 marzo 1941 e nel quale l’unità, gravemente danneggiata e con incendi a bordo si trovava nell’impossibilità a manovrare, all’ordine di autoaffondamento impartito dal Comandante si portava immediatamente, seguito dall’ufficiale addetto al deposito Sottotenente del C.R.E.M. Umberto Grosso, nella santabarbara e coscientemente provvedeva all’innesco degli esplosivi, scomparendo nell’immane esplosione avvenuta alle ore 02,30 circa del mattino del 29 marzo, unitamente al Ten. Col. G.N. Domenico Sebastianini di Tuscanica, anch’egli insignito di M.O.V.M.
    La nave, colpita da aerosiluranti, fu finita con i siluri dei cacciatorpediniere inglesi Jervis e Nubian.
    Il Comandante C.V. Luigi Corsi di La Spezia, insignito di M.O.V.M. “alla memoria”, attuate tutte le misure necessarie per la salvezza dei superstiti, diede l’ordine dell’autoaffondamento, rifiutandosi di salvarsi.
    Furono, inoltre, conferite M.A.V.M. a: C.F. Bravelli Franco di Milano “alla memoria”, GM Moni Sergio di Pisa “ alla memoria”, Cap. G.N. Parodi Salvo Giuseppe di Genova “ alla memoria”, Sc. mecc. Pellico Luigi di Manfredonia “ alla memoria”, Capo IEF 2° Cl. Piazzi Carlo di Bologna “alla memoria”, Cap. G.N. Quercietti Lamberti di Giulianova, GM Renato D’Antonio di Salerno.

    Incrociatore ZARA
    Capo classe di 4 unità (Fiume, Gorizia, Pola), il Zara aveva un dislocamento di 11.870 tonnellate, una lunghezza di 182 metri, una larghezza di 20,6 ed un’immersione di 6,2 metri; sviluppava una potenza di 95.000 HP ed una velocità di 35 nodi. Aveva un equipaggio di 841 uomini. Il suo armamento consisteva in 8 cannoni da 203/53; 16 cannoni da 100/47; 4 pezzi da 40/49 e 8 mitragliatrici da 13,2, nonché 2 aerei.

    Nel 1943, prima dell’Armistizio, si pensò di costruire 20 cacciatorpediniere della classe Comandanti Medaglie d’Oro, meglio armate e con migliori qualità nautiche delle navi della classe Soldati.
    Una era intitolata al Comandante Giannattasio, da costruirsi presso il cantiere navale CRDA di Monfalcone. Le altre erano:
    Comandante Baroni (O.T.O. – Livorno),
    Comandante Borsini (O.T.O. – Livorno),
    Comandante Botti (C.R.D.A. – Monfalcone),
    Comandante Casana (C.N.R. – Ancona),
    Comandante Corsi (C.R.D.A. – Monfalcone),
    Comandante De Cristofaro (Cantieri del Tirreno – Riva Trigoso),
    Comandante Dell’Anno (C.N.R. – Ancona),
    Comandante Esposito (C.R.D.A. – Monfalcone),
    Comandante Fiorelli (C.R.D.A. – Monfalcone),
    Comandante Fontana (O.T.O. – Livorno),
    Comandante Giannattasio (C.R.D.A. – Monfalcone),
    Comandante Giobbe(Cantieri del Tirreno – Riva Trigoso),
    Comandante Giorgis (Cantieri del Tirreno – Riva Trigoso),
    Comandante Milano (C.R.D.A. – Monfalcone),
    Comandante Moccagatta (O.T.O. – Livorno),
    Comandante Novaro (C.R.D.A. – Monfalcone),
    Comandante Rodocanacchi (O.T.O. – Livorno),
    Comandante Ruta (C.R.D.A. – Monfalcone),
    Comandante Toscano (Cantieri del Tirreno – Riva Trigoso).

    Nessuna di queste unità fu terminata o varata tranne il Margottini che fu varato dai tedeschi nel 1944. Undici navi non furono mai impostate.

    29.3.1941, Luigi Migliore disperso
    a cura Antonio Cimmino

    (Castellammare di Stabia, 9.1.1918 – Mare, 29.3.1941)

     

    29.3.1941, i dispersi della regia nave Alfieri
    di Antonio Cimmino

    A Pietro Di Capua disperso unitamente ad altri Marinai del regio cacciatorpediniere Alfieri il 28.3.1941 nella battaglia di Capo Matapan.
    La nave fu affondata da un siluro lanciato dal HMS Stuart.

    (Castellammare di Stabia, 1.4.1917 – Mare, 28.3.1941)

    Elenco personale deceduto o disperso di nave Alfieri

    Ludovico Abate, sottocapo segnalatore (disperso) – Antonio Addis, capo cannoniere (disperso) – Giulio Alberti, marinaio (disperso) – Aldo Antonucci, cannoniere (disperso) – Andrea Arone (o Araneo), tenente medico (disperso) (decorato) – Giuseppe Artico, cannoniere (deceduto) –  Raffaele Aruta, silurista (disperso)  – Mario Ascione, fuochista (disperso) – Angelo Balderi, motorista navale (disperso) –  Elio Balò, cannoniere (disperso) – Renzo Bartaini, meccanico (disperso) –  Bianco Bartolucci, fuochista, da Numama (disperso) – Giordano Battelini, cannoniere (disperso) – Erminio Battistini, fuochista (deceduto) – Carlo Bellante, fuochista (disperso) – Flaviano Bernardi, cannoniere (disperso) – Quinto Bertozzini, fuochista (disperso) – Vincenzo Bilotti, marinaio (disperso) – Nunzio Bonaiuto, sottocapo cannoniere (disperso) – Andrea Bonavita, silurista (disperso) –  Aldo Borezzi, cannoniere (disperso) – Angelo Borsato, fuochista (disperso) –  Attilio Bracciale, sottocapo cannoniere (disperso) –  Niccolò Bradizza, marinaio (disperso) –  Zoel Brandinelli, capo meccanico (disperso) –  Pasquale Brando, fuochista (disperso) – Giovanni Bricca, radiotelegrafista (disperso) – Nello Bronzi, marinaio (disperso) – Luigi Bruna, fuochista (disperso) – Ettore Bruni, fuochista (disperso) – Pietro Gaetano Busolli, capitano di corvetta (disperso) – Agostino Cacace, fuochista (disperso) – Lino Cadia, segnalatore (disperso) – Salvatore Caldacci, fuochista (disperso) – Rodolfo Campana, elettricista (disperso) – Renato Campi, cannoniere (disperso) – Giuseppe Carbone, sottocapo meccanico (disperso) – Carlo Carillo, fuochista (disperso) – Giacomo Caristi, cannoniere (disperso) – Marcello Carlesso, sergente meccanico (disperso) – Gustavo Carlomagno, sergente radiotelegrafista (disperso) – Cornelio Carpeneti, specialista direzione tiro (disperso) –  Oreste Caruso, marinaio (disperso) – Augusto Castardi, fuochista (disperso) – Alighiero Ciacci, cannoniere (disperso) – Cataldo Cigliola, cannoniere (disperso) – Pasquale Cioffi, marinaio (disperso) – Gaetano Cippolletta, marinaio (deceduto) – Raffaele Colella, cannoniere (disperso) – Vittorio Conte, cannoniere (disperso) – Angelo Corbaccio, torpediniere (disperso) – Giuseppe Cordoni, fuochista (disperso) – Calogero Corsini, fuochista, 22 anni, da Porto Empedocle (disperso) – Giovanni Costamagna, capo radiotelegrafista (disperso) (decorato) – Giuseppino Crespi, torpediniere (disperso) – Giovanni Daniele, fuochista (disperso) – Pietro D’Augenti, marinaio (disperso) – Giuseppe Davi, fuochista (disperso) –  Marino De Giorgi, marinaio (disperso) – Salvatore De Sio, fuochista (disperso) – Alfiero De Stefani, sergente meccanico (disperso) – Mario De Zorzi, meccanico (disperso) – Pietro Dell’Isola, cannoniere (disperso) – Calogero Destro, marinaio (disperso) –  Pietro Di Capua, specialista direzione del tiro (disperso) – Vincenzo Di Franco, marinaio (disperso) – Leonardo Di Pierro, marinaio (disperso) – Antonio Di Pinto, marinaio (disperso) –  Michele Di Sante, marinaio (disperso) – Enzo Doddi, sottocapo cannoniere (disperso) –  Arturo D’Onofrio, capo meccanico (disperso) – Pietro Dotto, sottocapo specialista direzione del tiro (disperso) – Giuseppe D’Urso, fuochista (disperso) – Antonio Elia, cannoniere (disperso) – Roberto Erramonti, elettricista (disperso) – Luigi Evangelista, capo elettricista (disperso) – Pacifico Fala, fuochista (disperso) – Darlo Falcone, fuochista (disperso) – Aldo Fani, cannoniere (disperso) – Ettore Fasolin, sottocapo cannoniere (disperso) – Carlo Femminili, furiere (disperso) – Furano Ferrarese, marinaio (disperso) – Rodolfo Ferraro, sottocapo specialista direzione del tiro (disperso) – Agostino Ferrazzi, sergente silurista (disperso) – Ferruccio Ferreri, sergente radiotelegrafista (disperso) – Luigi Fumagalli, sergente radiotelegrafista (disperso) – Ermanno Fuser, elettricista (disperso) –  Alessandro Gambini, fuochista (disperso) – Aldo Gams, marinaio (disperso) – Gaetano Gangarossa, fuochista, 21 anni, da Porto Empedocle (disperso) – Osvaldo Garbati, fuochista (disperso) – Fortunato Genangeli, sergente meccanico (disperso) – Alfonso Ghezzi, capo meccanico, 31 anni, da Prata Camportaccio (disperso) – Claudio Giannini, sergente cannoniere (deceduto) – Italo Giannini, sottocapo cannoniere (disperso) – Giuseppe Giordano, sottocapo elettricista (disperso) – Alfeo Giorgetti, fuochista (disperso) – Bruno Giubilei, nocchiere (disperso) – Pietro Giugliano, fuochista (disperso) – Enrico Giuntini, cannoniere (disperso) – Angelo Grassi, sottocapo cannoniere (disperso) –  Ciro Grossi, secondo capo furiere (disperso) – Giovanni Ierala, sottocapo infermiere (disperso) – Antonio Improta, specialista direzione del tiro (disperso) – Accursio Indelicato, marinaio (disperso) – Francesco Isgrò, marinaio (disperso) – Salvatore La Rosa, fuochista (disperso) –  Vincenzo Lamia, nocchiere (disperso) – Castone Lanza, secondo capo meccanico (disperso) – Michele Lavafila, cannoniere (disperso) – Vittorio Levi, fuochista (disperso) – Salvatore Licata, marinaio, 23 anni, da Licata (disperso) – Antonio Limpido, fuochista (disperso) – Pietro Livigni, silurista (disperso) – Felice Lorenzut, marinaio (disperso) – Giulio Lotterò, fuochista (disperso) – Antonio Maddaluno, sottocapo cannoniere (disperso) – Luigi Maio, cannoniere (disperso) – Mauro Malone, cannoniere (disperso) – Oberto Manfredi, sottotenente di vascello (disperso) – Giuseppe Mangione, sottocapo specialista direzione del tiro (disperso) – Raffaele Mantone, sottocapo segnalatore (disperso) – Marcello Marangoni, sottocapo elettricista (disperso) – Mario Marini, sergente silurista (disperso) – Emanuele Marini, marinaio (disperso) – Arturo Martinotti, sottocapo silurista (disperso) (decorato) – Bruno Marzolla, fuochista (disperso) – Giuseppe Masiello, sottocapo radiotelegrafista (disperso) – Carlo Masotti, capo meccanico (disperso) – Giuseppe Mattei, secondo capo meccanico (disperso) – Giuseppe Mazzilli, capo meccanico (disperso) – Giovanni Millo, elettricista (disperso) – Luigi Minetto, specialista direzione del tiro (disperso) – Luigi Miniussi, fuochista (disperso) – Pietro Misuraca, sottocapo silurista (disperso) – Mario Mittino, elettricista (disperso) – Giorgio Modugno, capitano del Genio Navale (direttore di macchina) (deceduto) (MOVM) – Giuseppe Monaldini, fuochista (disperso) – Giovanni Mondera, nocchiere (disperso) – Michele Montalto, marinaio (disperso) – Umberto Morelli, segnalatore (disperso) – Giovanni Moretta, secondo capo cannoniere (disperso) – Vittorio Mucci, cannoniere (disperso) – Francesco Musicò, cannoniere (disperso) – Italo Naitana, nocchiere (disperso) – Sicialfredo Navilli, cannoniere (disperso) – Giovanni Negrich, marinaio (disperso) – Renzo Nesti, sottocapo cannoniere (disperso) – Vittorio Nicoli, cannoniere (disperso) – Onofrio Nocerino, marinaio (disperso) – Aldo Novelli, cannoniere (disperso) – Ivan Occhiali, cannoniere (deceduto) – Alessandro Ottolino, marinaio (disperso) – Tommaso Ottonello, marinaio (disperso) – Giuseppe Panarinfo, maestrino ufficiali (deceduto) – Egidio Panigo, capo cannoniere (disperso) – Nicola Paparella, cannoniere (disperso) – Bartolomeo Parodi, capo (disperso) – Giuseppe Parrella, secondo capo radiotelegrafista (deceduto) – Arturo Penitenti, cannoniere (disperso) (decorato) – Salvatore Peraino, specialista direzione del tiro (disperso) – Giacinto Perfetti, fuochista (disperso) – Pietro Piacquadio, sottocapo cannoniere (disperso) – Duilio Picchianti, marinaio (disperso) – Gastone Picciolut, fuochista (disperso) – Andrea Polatri, fuochista (disperso) – Francesco Ponticiello, capo segnalatore (disperso) – Paolo Proietto, marinaio (disperso) – Antonio Protopapa, fuochista (disperso) – Giovanni Raffaelli, elettricista (disperso) – Gaetano Reitano, marinaio (disperso) – Alessandro Rezzi, meccanico (disperso) – Rosario Ritunno, marinaio (disperso) – Rocco Rizzi, specialista direzione del tiro (disperso) (MBVM) – Domenico Robusto, marinaio (disperso) –  Giovanni Romano, cuoco ufficiali (disperso) – Siro Rossi, capo meccanico (deceduto) – Beniamino Ruggero, secondo capo radiotelegrafista (deceduto) – Romeo Salvi, elettricista (disperso) – Francesco Sanfilippo, fuochista (disperso) – Luigi Sarnataro, fuochista (disperso) –  Giovanni Savini, marinaio (disperso) – Giuseppe Scaglia, silurista (disperso) – Mario Scavo, radiotelegrafista (disperso) – Gilberto Schillani, fuochista (disperso) – Alfredo Schiocchetti, capo meccanico (disperso) –  Vincenzo Scialone, fuochista (disperso) – Antonio Sciutto, sergente cannoniere (disperso) – Vincenzo Scoglio, marinaio (disperso) – Vittor Ugo Scortichini, sottocapo radiotelegrafista, 21 anni, da Fabriano (disperso) – Vincenzo Scuderi, cannoniere (disperso) – Nicola Sernicola, sottocapo meccanico, 29 anni, da Cava de’ Tirreni (disperso) – Augusto Simonelli, nocchiere di seconda classe (disperso) (decorato) – Giuseppe Soave, secondo capo (disperso) – Gino Squizzato, elettricista (disperso) – Paolo Stabile, cannoniere (disperso) – Giuseppe Tassoni, sottocapo cannoniere (disperso) – Antonio Testi, secondo capo cannoniere (disperso) – Giuseppe Tiralongo, sottocapo radiotelegrafista (disperso) – Marino Torregiani, cannoniere (disperso) – Salvatore Toscano, capitano di vascello (comandante; caposquadriglia della IX Squadriglia Cacciatorpediniere) (deceduto) (MOVM) – Mario Trifoglio, cannoniere (disperso) – Giovanni Urbani, marinaio (disperso) – Giuseppe Valerio, fuochista (disperso) – Walter Valleri, nocchiere (disperso) – Adriano Vecchiotti, tenente commissario (disperso) – Antonio Villa, segnalatore (disperso) – Baldassarre Vinci, marinaio (disperso) – Giovanni Vitelli, sottotenente del Genio Navale Direzione Macchine (disperso)  – Giuseppe Wararan, secondo capo specialista direzione del tiro (disperso) – Luigi Zanone, cannoniere (disperso).

    29.3.1941, Catello Maresca (sopravvissuto)
    a cura Antonio Cimmino

    28-29.3.1941, Marinai dispersi in mare
    a cura Antonio Cimmino

    29.3.1941, Giorgio Modugno
    a cura Antonio Cimmino

    (Genova, 30.4.1991 – Mare, 29.3.1941)

    28-29.3.1941, il personale a bordo della regia nave Carducci
    a cura Francesco Carriglio

     

    28-29.3.1941, battaglia di Capo Matapn: due episodi strani, misteriosi e inquietanti
    di Salvatore Amodio

    segnalato da Carlo Di Nittto

    Ciao Ezio, 
    ti inoltro un articolo a firma Salvatore Amodio, pubblicato sul notiziario dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia del Mese di Marzo 1996, in occasione del 55° anniversario della tragica battaglia navale di capo Matapan. In quel luttuoso evento, accaduto il 29 marzo 1941, la Regia Marina Italiana perse cinque splendide unità: gli incrociatori pesanti “Fiume”, “Pola”, “Zara” e i Cacciatorpediniere “Alfieri” e “Carducci”. Nello scontro e nei giorni successivi trovarono la morte 2331 Marinai italiani. 
    Nell’articolo sono riportati due strani ed inquietanti episodi, già noti agli studiosi di storia navale, ai quali ancora oggi non si riesce a dare una spiegazione razionale.

    ACCADDE ALL’ALBA PRIMA DELLO SPUNTAR DEL SOLE
    “… Durante l’ultima guerra il marinaio Giovanni Pinta era imbarcato sul “Fiume” quando l’incrociatore fu mortalmente colpito dal fuoco delle corazzate inglesi nel corso della battaglia di Capo Matapan. Il comandante Giorgi aveva dato l’ordine di abbandonare la nave, quand’erano risultati inutili tutti i tentativi di spegnere gli incendi divampati a bordo, e si era lasciato affondare con essa.
    Un gruppo di superstiti, vagando alla deriva su una zattera, senz’acqua e senza viveri, fu raccolto dopo cinque giorni; ma all’alba del secondo giorno…
    All’alba del secondo giorno vissero un’esperienza, che Giovanni Pinta una volta a terra narrò ad un suo ex comandante, l’ammiraglio Aldo Cocchia (noto storico navale n.d.r), il quale ne fece oggetto di un articolo pubblicato da “Il Tirreno” dell’’11 febbraio 1951.
    “Fu all’alba, poco prima che spuntasse il sole, (cito dall’articolo del com.te Cocchia) – mi disse Pinta. Mare, soltanto mare, un mare calmo, oleoso. Non avevamo da bere né da mangiare e qualcuno di noi già smaniava per la disperazione, ma la nave la scorgemmo tutti, un quattro – cinque miglia lontano da noi. Spuntava dal mare: lo capimmo subito. Prima gli alberi, il fumaiolo, il torrione. Chi di noi non avrebbe riconosciuto il “Fiume”?

    “Venne fuori il ponte di comando, poi spuntarono i cannoni. Affiorò fin quasi alla coperta, ma con una lentezza che ci pareva di morire. Qualcuno urlò, ma in quello scafo apparso su dal mare c’era qualcosa che non dava gioia, qualcosa che agghiacciava, invece di rallegrarci.
    “Per un lungo istante fummo convinti che il “Fiume” si sarebbe avvicinato, che sarebbe venuto a prenderci, che ci avrebbe tolto dall’agonia nella quale vivevamo… La nave rimase ferma lì, per un po’ di tempo, senza riuscire a venir fuori tutta, poi, poco a poco, quasi insensibilmente, scomparve”.
    Questo fu l’episodio narrato da Giovanni Pinta al suo superiore; alcuni uomini, sperduti sul mare, “rivedono” la loro nave affondata due notti prima col suo comandante. Fu un episodio vissuto in uno stato particolare, di disagio e di angoscia, ma vissuto da più uomini i quali, in seguito, confermarono il racconto di Pinta.
    Ma questo non fu il solo fenomeno fuori dell’ordinario verificatosi in occasione della tragedia di Capo Matapan; nello stesso scritto del comandante Cocchia viene riferito un altro fatto inspiegabile.
    In quella battaglia primo ad essere colpito fu il nostro incrociatore “Pola” che, in preda alle fiamme, rimase immobilizzato in mezzo al mare. In suo soccorso mossero gli incrociatori “Fiume” e “Zara” scortati da quattro caccia. Purtroppo anch’essi erano destinati a subire la stessa sorte del “Pola”, come s’è visto dall’episodio precedente a proposito del “Fiume”.
    Le nostre navi, dunque, navigavano in soccorso del “Pola” ignare di essere state, a loro volta, già rilevate dai radar avversari. Questa nuova apparecchiatura, della quale gli italiani erano privi, ebbe peso determinante sull’esito di quella sfortunata battaglia.
    Gli inglesi rilevarono le nostre navi e poi individuarono “prima attraverso i radar e poi direttamente, un incrociatore tipo “Colleoni” a proravia delle due maggiori “Fiume” e “Zara”, quasi battistrada della formazione italiana.

    “Lo videro tutti dalle navi britanniche, lo videro e ci spararono contro, finché quello, incendiato, non si allontanò dal campo di battaglia…”
    L’avvistamento e l’azione che ne seguì furono annotate dall’ammiraglio Cunningham, comandante della formazione avversaria, nel suo rapporto ufficialeAnche i superstiti del “Pola”, che assisté inerte allo scontro, affermarono di aver visto un “Colleoni” abbandonare in fiamme il campo.
    Ebbene risulta con assoluta certezza, da varie fonti storiche che esaminarono minuziosamente, minuto per minuto, tutto quanto avvenne durante quella battaglia, che “nessun’altra nave italiana” si trovava in quelle acque quella notte, oltre quelle che navigavano in soccorso del “Pola”.
    Non solo, ma “lo strano è che proprio in quelle acque dell’Egeo – prosegue in comandante Cocchia – circa otto mesi prima di Matapan, l’incrociatore “Colleoni” era affondato combattendo valorosamente contro il “Sidney” britannico”.
    Dunque il “Colleoni” non poteva essere. Nessuna altra unità navale italiana si trovava in quelle acque.
    Contro chi spararono gli inglesi?
    Anche questo fu un fenomeno di allucinazione collettiva?
    Si noti che anche l’apparecchiatura radar rilevò il presunto battistrada in testa alla nostra piccola formazione.
    Questi interrogativi rimasero senza risposta”.

    29.3.1941, Emilio Gianni
    di Mario Veronesi

    (Lodi, 1.4.1919 – Mare, 29.3.1941)

    29.3.1941, Carmine Cennamo
    a cura Antonio Cimmino

    (Pomigliano d’Arco, 23.4.1921 – Mare, 29.3.1941)

    29.3.1941, Carlo Cattaneo
    a cura Antonio Cimmino

    (S.Anastasia, 6.10.1883 – Mare, 29.3.1941)

    29.3.1941, Antonio Santopuoli
    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    (Riccia, 8.10.1920 – Mare, 29.3.1941)

    … nell’annuario dei Caduti e Dispersi della Marina Militare risulta Santopoli Antonio.

    29.3.1941, Domenico Ciro De Falco
    a cura Antonio Cimmino

    (Somma Vesuviana, 5.11.1919 – Mare, 29.3.1941)

    29.3.1941, Francesco Satirio
    di Carlo Di Nitto

    (Formia, 1.12.1912 – Mare, 29.3.1941)

    2° Capo Meccanico Francesco Satirio, di Saturnino e di Franzini Angela.
    Decorato di Croce al Merito di Guerra.
    Disperso nell’affondamento del regio incrociatore Fiume il 28 marzo 1941 durante la battaglia di Capo Matapan.
    L’unità, faceva parte, con i regi incrociatori Zara e Pola della I Divisione. Aveva partecipato ad una incursione a sud di Creta. Sulla via del ritorno verso Taranto il Pola rimase immobilizzato a seguito di un attacco aereo; gli altri incrociatori con quattro cacciatorpediniere invertirono la rotta per portargli assistenza ma furono sorpresi da una consistente, superiore squadra britannica della quale non era nota la presenza in zona. Le unità inglesi, con l’ausilio del radar, centrarono subito i tiri.
    Sul Fiume, colpito da alcune salve da 381, si verificarono avarie non riparabili e consistenti vie d’acqua. In circa 25 minuti, alle ore 23.15, affondò di poppa abbattendosi sulla sinistra.
    Francesco Satirio era nato il 01 dicembre 1912 a Formia.
    (foto p.g.c. della Famiglia)

    29.3.1941, Scipione Galeanda disperso
    di Giovanni Greco

    (Taranto, 7.8.1914 – Mare, 29.3.1941)

    … riceviamo e pubblichiamo.

    Il suo nome: Galeanda Scipione vittima della seconda guerra mondiale .Era imbarcato su una Unità.
    Come fare per avere qualche informazione in più? Grazie Ezio Pancrazio Vinciguerra .

    Buongiorno signor Giovanni Greco,
    grazie per la testimonianza.
    Scipione Gaelanda è nato a Taranto il 7.8.1914. Imbarcato sulla regia nave Zara con la categoria di meccanico risultò disperso nel Mar Mediterraneo Centrale il 29.3.1941.

    Per quanto concerne la sua richiesta si rivolga per foto e materiale storico (libri, ecc. ecc.):
    – Ufficio Storico della Marina che ha sede in Roma, presso il comprensorio militare della Caserma “Angelo Paolucci”, sito in Via Taormina n. 4. – Telefono/Fax: 06-3680-7220
    oppure all’indirizzo e-mail: 
    ufficiostorico@marina.difesa.it
    L’Ufficio Storico, come tutti gli istituti dello Stato in possesso d’archivi, non effettua ricerche per conto terzi.
    L’Ufficio Storico, per la consultazione di tutta la documentazione, è aperto al pubblico dal lunedì al venerdì previo appuntamento telefonico ai nr. 06/36807233 oppure 06/36807227 (per l’Archivio Storico) – 06/36807234 (per l’Archivio Fotografico).

    Per le informazioni relative al passato militare di una persona, le richieste vanno inoltrate, nel rispetto delle leggi vigenti, alla:
    Direzione Generale del Personale Militare
    5° Reparto – 11ª Divisione – 2ªSezione (Ufficiali), tel. 06/517050173
    5° Reparto – 11ª Divisione – 4ªSezione (Sottufficiali e Truppa), tel. 06/517050187
    Gli uffici si trovano in Viale dell’Esercito, 186 – (00143) ROMA
    Un abbraccio grande come il mare della Misericordia.
    Ezio 

    29.3.1941, Matteo Aprile
    a cura Vincenzo Campese (*)

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

    Pasquale de Pascale (Barletta, 5.5.1920 – Mare, 29.3.1941)
    di Giovanni De Pascale

    (Barletta, 5 maggio 1920 – Mare, 29 marzo 1941)

    … riceviamo e con immenso orgoglio e commozione pubblichiamo.

    Egregio Ezio Pancrazio Vinciguerra,
    mi chiamo Giovanni de Pascale nato a Napoli il 18 gennaio 1939 ed appartengo al 2/39; arruolato in Marina Militare ho completato i 26 mesi di ferma: un anno al Ministero Marina e successivamente in Capitaneria di Porto di Livorno con il grado di S.C. furiere ordinario dove mi congedati per fine ferma.
    Ho letto tante volte le sue brillanti recensioni su Facebook e Le chiedo se posso inviarle una foto di un mio cugino Pasquale de Pascale, marinaio scomparso nell’affondamento dell’incrociatore Pola a Capo Matapan.
    Purtroppo la sua salma non fu ritrovata e mio zio Giuseppe, fratello di mio Padre, si è disperato per il mancato ritrovamento.
    Le chiedo se può pubblicare su Facebook la foto in divisa di mio cugino scomparso, in onoranze della sua dipartita dalla terra.
    Se me lo concede, invierò  la foto in mio possesso.
    La ringrazio anticipatamente per l’attenzione.
    Cari saluti marinareschi.

    Egregio signor Vinciguerra,
    Le accludo la foto di mio cugino Pasquale de Pascale (marinaio elettricista) disperso in mare a seguito dell’affondamento del regio incrociatore Pola nella battaglia di Capo Matapan ed il cui corpo non fu mai ritrovato. Era originario di Barletta.
    La ringrazio in anticipo se può farla pubblicare.
    Distinti saluti ed auguri per il santo Natale.
    La mia e-mail è: gde.pascale@alice.it

    L’EROICO REGIO INCROCIATORE PESANTE “POLA”
    di Carlo Di Nitto

    Bella foto – cartolina aziendale realizzata il 5 dicembre 1931 in occasione del varo del regio incrociatore pesante “Pola” e viaggiata il 9 dicembre successivo, quattro giorni dopo la cerimonia.
    L’unità completerà l’allestimento ed entrerà in servizio il 21/12/1932.
    Costruito nei Cantieri Navali O.T.O. di Livorno, il “Pola”, classe “Zara”, dislocava 14360 tonnellate.
    Il 14 dicembre 1940 venne gravemente danneggiato durante un bombardamento aereo su Napoli che causò la perdita di 22 marinai.
    La regia nave “Pola” fu affondata durante lo scontro di Capo Matapan il 28 marzo 1941.
    Nell’affondamento persero la vita altri 336 uomini del suo equipaggio.
    ONORE AI CADUTI !

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Racconti,  Recensioni,  Storia

    Capo Matapan, su di noi si chiuse il mare

    di Marino Miccoli

    A TUTTI QUEI VALOROSI MARINAI ITALIANI

    Ricordando Capo Matapan nell’82° anniversario.

    Quando la sera del 28 marzo 1941 i Marinai degli Equipaggi della Prima Divisione videro invertire la rotta delle loro Unità non pensavano certamente di andare incontro alla morte. Non lo immaginavano nemmeno perché sapevano che si trattava di una missione di soccorso, che le loro navi avevano invertito la rotta per andare a prestare assistenza e rimorchiare l’incrociatore POLA che poco tempo prima, precisamente alle ore 19,46 durante un attacco aereo, era stato colpito gravemente da un siluro e pertanto era rimasto fermo e immobilizzato sul mare.
    Fu così che le navi italiane in linea di fila andarono incontro al loro crudele destino COMPLETAMENTE IGNARE della presenza della flotta britannica in quelle acque del Mediterraneo centrale. In testa alla formazione vi era lo ZARA, su cui era imbarcato il Comandante della Divisione ammiraglio Carlo Cattaneo, seguito dal FIUME e dai quattro Cacciatorpediniere: ALFIERI, GIOBERTI, CARDUCCI, ORIANI.
    Alle ore 22,27 le tenebre della notte furono improvvisamente squarciate dai fasci di luce dei proiettori del nemico che inquadrarono per primo proprio l’incrociatore FIUME… su di lui si abbattono le prime terribili bordate della corazzata inglese WARSPITE. Dopo pochi secondi anche la VALIANT e la BARHAM aprirono il fuoco e fu così che una vera e propria TEMPESTA DI PROIETTILI si abbatté da breve distanza (circa 3000 metri) sulle Unità italiane.

    La sorpresa fu totale e le devastazioni furono di tale portata che impedirono qualsiasi reazione da parte italiana. L’attacco delle navi britanniche, che costò la vita a oltre 2300 Marinai Italiani, durò non più di tre minuti.
    Dei 1083 uomini imbarcati sul Regio Incrociatore FIUME soltanto 269 furono i sopravvissuti e ben 814 furono i Caduti e Dispersi. Tra questi vi era il capocannoniere Nazzareno Bramante di Siracusa.
    A tutti quei valorosi Marinai Italiani  che non fecero più ritorno alla base.

    di Marino Miccoli (*)

    Buongiorno Ezio,
    ti invio una mia poesia dal titolo “Su di noi si chiuse il mare”, che ho scritto in occasione dell’82° anniversario di Capo Matapan, con l’intento di ricordare il sacrificio e onorare la memoria di tutti i Marinai italiani Caduti e Dispersi. Come sai mio padre Antonio Miccoli (all’epoca era capocannoniere stereo-telemetrista imbarcato sul regio incrociatore Fiume) fu uno dei pochi sopravvissuti di quella tragica notte e, sebbene le ferite nel corpo da lui riportate con il passare del tempo si rimarginarono un po’, invece le ferite che quei drammatici fatti procurarono nella sua anima non si chiusero mai. A tal proposito ricordo che Egli era restìo a ricordare Capo Matapan e, quelle rare volte che lo faceva, non riusciva mai a terminare il racconto di quegli avvenimenti, di cui era stato diretto testimone, a causa della forte commozione che i ricordi di quella notte funesta provocavano nel più profondo del suo animo. Allora interrompeva la sua narrazione e con gli occhi arrossati si allontanava…

    In questa occasione rivolgo un deferente pensiero ai suoi Amici e Commilitoni morti nonché a tutti i Marinai italiani Caduti e Dispersi la notte del 28 marzo 1941; ne onoro la memoria e a tutti loro dedico i pochi versi che seguono.

    SU DI NOI SI CHIUSE IL MARE

    L’ordine ricevuto era di invertire la rotta
    raggiungere, soccorrere e rimorchiare l’incrociatore Pola rimasto indietro,
    fermo con macchine in avaria, con morti e feriti a bordo, causa siluramento nemico.
    Fu così che alle 22,30 circa di una notte fredda e oscura di fine marzo
    mentre dirigevamo sul punto segnalato fummo abbagliati da una luce improvvisa
    e istantaneamente udimmo un gran fragore, come rombo di tuono…
    erano le batterie nemiche che aprivano il fuoco contro di noi…
    fuoco ravvicinato e preciso,
    fuoco spietato,
    fuoco inesorabile,
    fuoco di morte che tutto squarcia e tutto incendia,
    tutto distrugge e tutto disintegra sulle nostre belle navi…
    fuoco che dilania e smembra i nostri corpi,
    fuoco che stermina tantissime nostre giovani vite…
    fuoco micidiale che giungendo di sorpresa nelle tenebre non ci concede scampo…
    fuoco crudele portato dalle devastanti bordate da 381 mm delle navi da battaglia britanniche
    sulle nostre Unità della I Divisione Incrociatori pesanti
    e sulle Cacciatorpediniere di scorta della IX Squadriglia,
    IGNARI fino a qualche attimo prima di andare incontro alla morte.
    APPENA POCHI MINUTI di tiro notturno delle corazzate inglesi,
    un tiro guidato dai radar, preciso e letale…
    APPENA POCHI MINUTI
    e fu così che il mare si trasformò in inferno,
    l’acqua si tramutò in fuoco,
    nell’aria echeggiarono urla disumane e grida strazianti
    delle vittime di questa carneficina,
    grida mai dimenticate da quei pochi Marinai che sopravvissero;
    APPENA POCHI MINUTI
    e fu così che le onde si tinsero di rosso del nostro giovane sangue…
    SU DI NOI MARINAI D’ITALIA
    dopo cotanto immane strazio
    SU DI NOI SI CHIUSE IL MARE.

    Iddio grande ed eterno, Signore del cielo e dell’abisso,
    che con tali appellativi sei invocato devotamente dai nostri Marinai quando sono in preghiera,
    accogli in Paradiso le anime di TUTTE LE VITTIME di questa terribile STRAGE
    e nella tua infinita misericordia non permettere più quell’assurda follia chiamata guerra.
    Tu che sei il Principe della Pace fa’ che non si ripetano mai più,
    MAI PIU’ tragedie simili a quella che per mano umana si compì
    la notte del 28 MARZO 1941 a largo di CAPO MATAPAN.

    Capo Matapan, nel nome dei Padri, dei figli e della Misericordia Divina
    di Roberto Barucca e Marino Miccoli

    … riceviano, a ridosso della Settimana Santa, e con immenso orgoglio pubblichiamo.

    Virgilio Barucca, nato a Senigallia il 23 luglio 1920 era un Marinaio Cannoniere, imbarcato sul Regio Incrociatore FIUME. Su quella stessa nave, con la qualifica di Maresciallo Capocannoniere Stereotelemetrista, era imbarcato anche mio padre Antonio Miccoli, nato a Spongano (Lecce) il 28 marzo 1910. Poiché prestavano servizio nella medesima specialità, ovvero quella dei Cannonieri ed erano imbarcati sulla medesima unità, è assai probabile anzi ritengo sia sicuro il fatto che i due Marinai si conoscessero personalmente.


    Il Marinaio di Senigallia insieme a mio padre è stato uno dei pochi sopravvissuti all’affondamento dell’Incrociatore FIUME avvenuto nella tragica notte del 28 marzo 1941 e così come avvenne per mio padre, anch’egli fu fatto prigioniero dagli inglesi e internato nel campo di prigionia di Zonderwater (Sud-Africa).

    Ebbene, a seguito dei miei diversi articoli su Capo Matapan pubblicati qui, sono stato contattato e in seguito, precisamente il 3 agosto 2012, recandomi a Senigallia ho avuto il piacere di conoscere di persona il signor Roberto Barucca, figlio di Virgilio.


    E’ accaduto in tal modo che Roberto e Marino, due figli di Marinai i quali, grazie a te e a “LA VOCE DEL MARINAIO”, si sono ritrovati nel nome dei propri genitori e nel ricordo delle simili e tristi vicende vissute dagli stessi. Ebbene stimati amici de LA VOCE DEL MARINAIO, dovete sapere che per me abbracciare Roberto in quella sera di agosto è stato un po’ come se Antonio avesse riabbracciato Virgilio. Sì, ci siamo ritrovati nel nome dei padri.

    Per saperne di più sull’amore dei figli verso i padri, digita sul motore di ricerca del blog, Marino Miccoli, Antonio Miccoli e Virgilio Barucca.

    Ciao Marino Miccoli e Roberto Barucca,
    ho le lacrime agli occhi, grazie.
    In questa Settimana Santa il vostro gesto assume un valore spirituale Altissimo… chi vuole intendere intenda!
    La settimana scora qualcuno addirittura mi lapidava perché pubblico sempre notizie di Marinai deceduti… (leggete i commenti se avete tempo) e addirittura mi censuravano i post nelle loro bacheche e gruppi facebook.
    Colgo questa occasione per ribadire che i padri vanno al Figlio come il Figlio va al Padre, e ringrazio i collaboratori del blog e coloro che ci aiutano nelle ricerche per dare una risposta alle moglie e parenti e a quei figli che non hanno avuto il tempo di conoscere ed abbracciare i loro e nostri cari Marinai deceduti.
    Un abbraccio grande come il mare. Se vi dico che vi voglio bene, mi credete?
    IN QUESTO PAGINA DIAMO LA VOCE A TUTTI, ANCHE AI MARINAI MORTI DIMENTICATI DI STATO, E CI METTIAMO LA FACCIA (Pancrazio “Ezio” Vinciguerra).

    Una promessa Mantenuta
    di Marino Miccoli

    …ovvero ricordando il 82° anniversario di Capo Matapan.

    Buongiorno Ezio carissimo e stimatissimo,
    pensando al mio compianto padre (*) e ai suoi carissimi colleghi ed amici caduti e dispersi la notte del 28 marzo 1941, anche quest’anno ho voluto comporre un modesto articolo per ricordare l’anniversario  di Capo Matapan. L’ho intitolato UNA PROMESSA MANTENUTA, si tratta di un mio scritto inedito che narra un fatto realmente accaduto e che con piacere ti invio per il nostro giornale di bordo.
    Lo troverai in allegato, unitamente alle immagini con cui ho ritenuto opportuno di corredarlo.
    Se e quando vorrai, potrai pubblicarlo su LA VOCE DEL MARINAIO.
    Ti ringrazio non soltanto per l’attenzione e la grande sensibilità che da sempre dimostri per i nostri Marinai caduti e dispersi, ma anche per la tua opera di divulgazione e di raccolta in quella preziosa banca della memoria che la VOCE DEL MARINAIO costituisce per noi tutti.
    Con profonda stima, ti abbraccio
    Marino Miccoli

    E’ notte, una notte fredda e oscura di guerra, quella del 28 marzo 1941.
    I Marinai italiani, scampati all’improvvisa tempesta di fuoco scatenata alcune ore prima dalle navi da battaglia britanniche della “Mediterranean Fleet”, sono sparsi qua e là sulla superficie del mare, quello stesso mare che quella sera si è tinto di rosso del sangue dei tantissimi Caduti e Dispersi della Regia Marina.
    Tra i sopravvissuti di quella carneficina c’è chi si è aggrappato a dei relitti galleggianti, i più fortunati hanno trovato posto su pochi battelli o zattere di salvataggio disponibili… i galleggianti sono insufficienti per tutti i naufraghi cosicché si stabiliscono dei turni tra coloro i quali, per lunghe ore, devono alternarsi tra chi può stare all’interno dei galleggianti e chi invece deve stare in acqua, aggrappato fuoribordo.
    Tra questi vi è un sottufficiale ferito, un Capo, il quale ad un certo momento è esausto ed avvertendo che le forze stanno per venirgli meno, si rivolge al suo amico e collega, il Capo Antonio Miccoli (*), e lo chiama vicino a sé. Dopo aver proteso un braccio verso di lui, apre la mano per consegnargli qualcosa… si tratta di una catenina d’oro con infilata una fede nuziale. Antonio lo guarda con aria interrogativa “Promettimi che quando tornerai ai nostri paesi, portali a mia moglie! Mi raccomando…”.

    Mio padre ha appena il tempo di raccogliere nelle sue mani quegli oggetti e di guardare in viso il suo carissimo amico che questi molla la presa del galleggiante e si lascia andare, giù… scomparendo per sempre sotto la superficie del mare.
    Non conosco il nome di quel Sottufficiale e ricordo che mio padre, per comprensibili ragioni personali, non ha mai voluto narrare quel drammatico frangente che ha vissuto né ha voluto mai rivelarmi il nome del suo caro amico e stimato Collega perito la notte del 28 marzo 1941.
    Tuttavia mia zia, Amelia Miccoli (classe 1921, sorella minore di mio padre e tuttora vivente), l’ultima volta che ho avuto modo di rivederla, nella sua casa di Spongano (Lecce), ha voluto narrami questa tragica vicenda, confermando poi il fatto che mio padre, quando fu rimpatriato dalla prigionia, nell’estate del 1946, una delle prime cose che fece quando si recò in licenza, fu proprio quella di andare a casa del suo amico e consegnare nelle mani della vedova l’anello infilato nella catenina d’oro.
    Quella promessa, con uno stato d’animo che noi oggi forse possiamo soltanto lontanamente immaginare,  era stata mantenuta da mio padre.


    Oggi, in occasione del 82° anniversario di Capo Matapan, nel rivolgere un deferente pensiero a tutti i Marinai italiani Caduti e Dispersi la notte del 28 marzo 1941, chiniamo il nostro capo in segno di profondo rispetto. Ricordando il loro sacrificio onoriamone la memoria e al contempo riflettiamo su quanto sia incommensurabile il valore della pace tra le nazioni.

    (*) digita sul motore di ricerca del blog Antonio Miccoli per conoscere la sua storia e Marino Miccoli per conoscere gli articoli.

    Salvatore Bruno (Castellammare di Stabia, 1.6.1912 – N.D.), sopravvissuto
    di Antonio Cimmino

    Salvatore Bruno era un marinaio di Castellammare di Stabia nato il 1° giugno 1912 e deceduto a febbraio del 1999. Fu sopravvissuto all’affondamento della regia nave Zara nella cosiddetta battaglia di Capo Matapan dove morirono 782 marinai su 1090 nomi dell’equipaggio. Furono affondati anche i regi incrociatori Pola e Fiume e i regi cacciatorpediniere Carducci e Alfieri per un totale di 2.331 scomparsi in mare.

    Salvatore Bruno ricevette la Medaglia di Bronzo al Valor Militare con la seguente motivazione:
    Capoguardia in caldaia di incrociatore sorpreso nottetempo, nel corso di ardita missione di guerra, da soverchianti forze nemiche, ed in breve tempo ridotto a fumante relitto in preda alle fiamme e alle esplosioni, rimaneva impavido al proprio posto di combattimento, incurante del pericolo, si prodigava nell’estinzione degli incendi e abbandonava l’unità solo dopo aver ricevuto diretto ordine. Esempio di attaccamento al dovere e di elevate virtù militari” (Mediterraneo Centrale 28 marzo 1941).

    Operazione Gaudo e loscontro notturno di Capo Matapan di Francesco Mattesini
    a cura Pancrazio”Ezio” Vinciguerra

    Capo Matapan, la regia nave ospedale Gradisca recupera i naufraghi
    di Claudio Confessore

    In ricordo di coloro non più tornati dagli orrori della guerra combattuta sul mare contro la più forte Marina del mondo, per difendere le rotte dei nostri convogli nel Mediterraneo.

    L’Italia entrò in guerra con sette grandi unità ospedaliere, esse erano le Regie Navi Aquileia, Arno, California, Città di Trapani, Gradisca, Po, Principessa Giovanna, Rambo IV, Sicilia, Tevere, Toscana, Virgilio, attrezzate per il trasporto dei malati e dei feriti. Ad esse si devono aggiungere le navi soccorso adibite al recupero naufraghi di navi affondate o di aerei quali il Capri, l’Epomeo, il Laurana, il Meta, il Giuseppe Orlando, il San Giusto ed il Sorrento. Tranne l’Epomeo, il Gradisca ed il Sorrento tutte le altre subirono ben 39 attacchi da parte del nemico. Prima dell’8 settembre 1943 ben 8 furono affondate, 2 catturate e le altre danneggiate più o meno gravemente. Effettuarono complessivamente 467 missioni di trasporto feriti e 156 di soccorso, trasportando 65.567 feriti e naufraghi e 215.693 ammalati.

    Il Gradisca fu coinvolto nel recupero dei naufraghi della battaglia di Capo Matapan. Era un piroscafo passeggeri costruito tra il 1912 ed il 1913 con il nome di Gelria nei cantieri A. Stephens & Co. Di Glasgow per conto del Royal Holland Lloyd di Amsterdam. Sino al 1929 fu impiegata sulle rotte tra Amsterdam ed il Sud America. Fallito il tentativo di farla acquistare dal Governo Argentino, in seguito alla crisi economica del 1929, fu posta in disarmo nel 1931. Nel 1935 fu acquistata dal Lloyd Triestino che la ribattezzò con il nome di Gradisca. Fu noleggiata dalla Regia Marina per le guerre di Etiopia, Spagna ed Albania ed impiegata prima come trasporto truppe e poi come nave ospedale. Anche nella Seconda Guerra Mondiale venne noleggiata ed impiegata come nave ospedale. Nell’ultimo conflitto ha svolto 74 missioni di trasporto e 3 di soccorso trasportando 15.662 feriti e naufraghi e 43.676 ammalati. Come già accennato, la sua missione più nota fu quella del marzo 1941, di soccorso ai superstiti della Battaglia di Capo Matapan dove l’unità riuscì a recuperare 161 naufraghi mentre i britannici ne salvarono 1163. Scomparvero in mare 2303 uomini. In particolare, durante la missione dal Gradisca furono recuperati 8 cadaveri e 161 militari fra naufraghi e feriti così ripartiti:
    • 13 ufficiali
    • 28 sottufficiali
    • 119 sottocapi e comuni
    • 1 cuoco (civile) di nave Fiume
    Un naufrago di nave Fiume morì poco dopo il salvataggio portando da 8 a 9 i cadaveri trasportati. All’arrivo a Messina 55 naufraghi furono ricoverati in ospedale e gli altri 105 furono inviati al deposito CREM. Le 9 salme furono tumulate nel Sacrario di Cristo Re a Messina.

     

    Si riporta la sintesi degli eventi dell’attività di recupero effettuata dall’unità:

    Nave Gradisca arriva a Messina. 55 naufraghi furono ricoverati in ospedale e gli altri 105 furono inviati al deposito CREM. Le 9 salme furono tumulate nel Sacrario di Cristo Re a Messina.

    In seguito alla relazione di fine missione fatta dal Gradisca furono migliorate le dotazioni delle navi ospedale, fu imbarcato un maggior numero di proiettori di maggiore potenza ed incrementate le attrezzature ed i materiali per i soccorsi ai naufraghi.
    L’unità continuò le sue attività ma il 27 maggio 1941, nel porto del Pireo (Grecia) rimase danneggiata dall’urto contro un relitto sommerso. Mentre era ormeggiata in porto, il 30 maggio venne investita e danneggiata dalle onde d’urto di una serie di esplosioni a catena che coinvolsero inizialmente il piroscafo francese, requisito dai tedeschi, Marie Louise Le Borgne, il cui scoppio fece successivamente esplodere il piroscafo romeno Juli, il motoveliero italiano Albatros ed infine il piroscafo tedesco Alikante.
    Dopo due mesi, ad attività quasi ultimate, le riparazioni furono allungate di un’altra settimana a seguito dei danni causati da un incendio che scoppiò in un deposito di bordo contenente tabacco.
    Ritornata operativa il 17 luglio 1941, dopo aver imbarcato a Salamina 129 feriti della Wehrmacht, a causa di un errore del pilota tedesco, s’incagliò su un banco di sabbia nelle acque di Capo Kara (Egeo). Il 23 luglio, dopo lunghe operazioni per alleggerirla, con l’aiuto di rimorchiatori greci e tedeschi, la nave fu disincagliata e dopo aver fatto un breve scalo a Rodi per imbarcare altri infermi, giunse a Bari sbarcando 294 feriti. Subito trasferita a Trieste entrò ai lavori tornando in attività nell’ottobre 1941 e finite le riparazioni continuò la sua attività di trasporto feriti, recupero naufraghi di navi e di aerei ed anche scambio di prigionieri invalidi con i britannici.
    Alla data dell’armistizio l’unità fu catturata dai Tedeschi ma nel 1944 fu ripresa dagli Inglesi e l’anno seguente tornò alla Compagnia proprietaria. Il 23 gennaio 1946 si incagliò sull’isolotto di Gaudo. Recuperata nel 1947 fu trasportata a Venezia dove nel 1950 venne demolita.

    ====================================================================
    Nota 1
    Uno viene identificato per l’elettricista Lombardo Aldo (Nave Fiume) e del secondo che indossava una tuta di macchina viene rilevata solo la matricola 90435.
    Nota 2
    M El Fiorani Luigino (Nave Fiume), militare con matricola 39560, militare senza alcun identificativo, 2° Capo SDT Barbato Francesco (Nave Fiume), Sc Segnalatore Pepe Leonardo (Nave Zara), C° 3^ Cl. Furiere Infante Francesco (Nave Fiume).
    Nota 3
    Nave Alfieri: TV Bimbi Italo, STV Mascini Francesco, M. Bovolente Alfredo, M. Lisi Pasquale, tutti di nave Alfieri.
    Nota 4
    Nave Zara: Cannonieri Ordinari Bani Ernesto, Petrazzuolo Sabatino, Balanzoni Vittorio, Allievo Meccanico Mezzetti Vincenzo, Marinai Perdomini Onorato, Semoli Miroslao, Bobicchio Giuliano, Venosa Vincenzo.
    Nota 5 – Nave Fiume
    Mag Com Pugliesi Vincenzo, TV Busacchi Raffaele, Ten CREM Mazzorani Renato, Asp. GM Onori Vincenzo, Asp GM Oletti Luigi, Capo Cl 1^ Cannoniere Roccon Aurelio, Capo 2^ Cl Cannoniere Avanzolini Giuseppe, Capo 3^ Cl Cannoniere Murciano Michele, 2° Capo PS Giunti Costantino, 2° Capo A Perotto Leonello, 2° Capo PS Cimino Armando, Capo 3^ Cl SDT Pellati Luigi, Capo 3^ CL SDT Mantovani Bruno, Sgt SDT Lucchetti Giovanni, Capo 1^ Cl Meccanico Coppola Alfredo, Capo 3^ Cl Meccanico Barile Romeo, 2° Capo Meccanico Carparelli Donato, 2° Capo Meccanico Zaccarelli Fernando, 2° Capo Meccanico Bortoletto Giuseppe, 2° Capo RT Brandoli Mario, 2° Capo RT Tiella Luigi, 2° Capo RT Trio Giuseppe, 2° capo S Dragone Damiano, 2° Capo N Vaglini Angelo, 2° Capo Aiutante Di Donato Aquilino, Sc N Bianchi Rizzieri, Sc N Landi Ermes, Sc N Soddi Luigi, Sc SDT Aiazzi Nello, Sc Mec De Pianto Mario, Sc Pal Carrao Enzo, Sc Can PS Alessio Antonio, Sc S Feliù Giuseppe, Sc El Chiappini Luigi, Sc El Palla Iader, Sc Inf Tondini Giordano, M Scapoli Mario, M Pprosperi Giovanni, M Perrini Fernando, M. Veri Antonio, M Columbo Antonio, M Calcagno Luciano, M Giarrizzo Tindaro, M Cazzato Vito, M Pedich Antonio, M Pasquali Emilio, M Rubini Venceslao, M Pansini Ignazio, M Altamura Raffaele, M Marconi Rino, M Barbagelata Luigi, M Flegar Giuseppe, M Cappelli Giuseppe, M Vianello Vincenzo, M Cesarini Enzo, M Lo Noce Cosimo, M Esposito Vincenzo, M Stamaglia Francesco, M Mazzeo Pietro, M Di Dato Luigi, M Ruzza Quitilio, M Natale Andrea, M D’Addelfio Antonio, M Zurolò Nicola, M Pisani Domenico, S Grienti Francesco, Inf Cerreto Sebastiano, Inf Palandri Enzo, All. Fur S Russo Edoardo, Can Ord Costa Battista, Can Ord Deiana Aurelio, Can Ord Creciach Mario, Can Ord Decotto Mario, Can Ord De Santis Antonio, Can Ord Cuscito Giuseppe, Can Ord Maresciano Francesco, Can Ord Veneraso Beniamino, Can Ord Lombardi Giuseppe, Can Ord Teresi Francesco, Can Ord Travaglia Luigi, Can Ord D’Angelo Gennaro, Can Ord Mian Edoardo, Can Ord Micalizzi Tommaso, Can A Cosina Mario, Can A Sartori Pietro, Can A Cecchetti Pietro, Can A Moretti Angelo, Can PM Giaggini Mario, Can PM De Luca Armando, Can S D’Aquino Giovanni, Can S Funaro Antonio, Can S Simonini Giovanni, SDT Pinceti Rinaldo, SDT Bosco Mario, Fuochista A Finocchi Giuseppe, Fuochista A Budei Pietro, Fuochista A Aiello Nicola, Fuochista O Gilardi Francesco, Fuochista O Consigli Marino, All. Fuochista A Bufalini Giuseppe, All. Fuochista A Missaia Andrea, All. Fuochista O Annunziato Vincenzo, All. Fuochista O Neri Attilio, Civile (cuoco) Percario Alberigo.
    Nota 6 – Nave Alfieri
    Tv Zancardi Pietro, Sgt Can PS Corneri Dino, Sgt Can PS Rossetti Renzo, M Perrazzi Antonio, M Bucceri Francesco, Can O Fossenigo Antonio, Can PS Minoletti Giuseppe, Can PS Elemosinieri Renato.
    Nota 7 – Nave Carducci
    C.F. Ginocchio Alberto (Comandante), TV Ninni Vito, STV Cimaglia Michele, STV Fontana Michele, S.T. di Macchina Sponza Antonio, 2° Capo RT Massa Regileno, 2° SDT Mazzei Andrea, 2° Capo Solaro Giuseppe, Sgt Mec Turco Romano, Sc N Bonaielli Mario, Sc Torp De Maio Francesco, Sc Fur Di Terlizzi Mario, Sc PS Raffaghelli Vittorio, Sc SDT Raschioni Umberto, M Arcuri Alvaro, M Arena Giuseppe e Sil Baroni Aldo.

    Capo Matapan e la spilletta del marinaio Chirico Francesco da Futani
    di Carlo Di Nitto 

    Questa è una storia dimenticata, una storia che si è ripetuta tantissime volte durante il secondo conflitto mondiale, purtroppo. E’ la storia del regio incrociatore ZARA e della spilletta ritrovata.


    Una spilletta in argento dell’incrociatore affondato nella Battaglia di Capo Matapan la notte tra il 28 ed il 29 marzo 1941. (1)
Nella tragedia di Matapan trovarono la morte 2303 Marinai Italiani: 782 dello Zara, 813 del Fiume, 328 del Pola, 211 del C.T. Alfieri e 169 del C.T. Carducci.
Riporta lo storico Gianni Rocca (2): “Nelle acque rimasero a lungo rottami di ogni genere, tra cui una bottiglia, ermeticamente tappata da uno strato di cera. Fluttuerà per anni nel Mediterraneo fino a quando, un mattino dell’agosto 1952, venne rinvenuta sulla spiaggia di Villasimius, presso Cagliari.


    Quando una mano curiosa la osservò, scoprì al suo interno un pezzo di tela, strappato da una copertura di mitragliera, con su scritto: «Regia Nave Fiume – Prego signori date mie notizie alla mia cara mamma mentre io muoio per la Patria. Marinaio Chirico Francesco da Futani, via Eremiti 1, Salerno. Grazie signori – Italia !».

    apertura del fuoco durante la rivista H (5 maggio 1938)

    Il messaggio fu recapitato alla madre del povero marinaio in una frazione di Futani, paese poco distante da Capo Palinuro. Il padre, che mai aveva disperato del ritorno del figlio, era già morto nel 1948.
Alla memoria del Marò Chirico Francesco fu decretata una medaglia di bronzo al valor militare: «…prima di scomparire in mare con l’unità, confermava il suo alto spirito militare affidando ai flutti un messaggio di fede e di amor patrio che, dopo undici anni, veniva rinvenuto in costa italiana ».
Mai decorazione fu più meritata.

    (1) per saperne di più digita a sugli argomenti del blog “La disfatta di Capo Matapan”

    (2) autore del libro “Fucilate gli ammiragli” (Mondadori).

    Per ricordare la notte di Matapan : Nelle acque rimasero a lungo rottami di ogni genere, tra cui una bottiglia, ermeticamente tappata da uno strato di cera. Fluttuerà per anni nel Mediterraneo fino a quando, un mattino dell’agosto 1952, venne rinvenuta sulla spiaggia di Villasimius, presso Cagliari. Quando una mano curiosa la osservò, scoprì al suo interno un pezzo di tela, strappato da una copertura di mitragliera, con su scritto:
    «Regia Nave Fiume – Prego signori date mie notizie alla mia cara mamma mentre io muoio per la Patria. Marinaio Chirico Francesco da Futani, via Eremiti 1, Salerno.Italia…. Post di Giampiero Galeotti.

    Capo Matapan, l’alloro di casa Bramante è sempre in fiore
    di Marino Miccoli

    Buongiorno allo stimato maresciallo Ezio Vinciguerra, anche quest’anno, grazie alla tua disponibilità e sensibilità riguardo ai fatti e agli Uomini che sono stati vittime e protagonisti, ho l’onore e sento il dovere di ricordare, insieme a te,  i Marinai Caduti nella notte del 28 marzo 1941 a largo di Capo Matapan. L’articolo che segue s’intitola: “L’alloro di casa Bramante”.
    Devi sapere che scrivere un articolo per questa nefasta e tragica ricorrenza è per me come se fosse divenuto doveroso; lo definirei un appuntamento fisso, importante al quale non mi sento di venire meno. Quest’anno ricordiamo i nostri Marinai recandoci a Siracusa, conscio che una fiera donna ottuagenaria siciliana di nome LUCIA BRAMANTE ha fatto e continua a fare (Iddio ci conservi a lungo questa donna straordinaria che in quel di Siracusa ha concretamente realizzato quanto nemmeno un ammiraglio avrebbe mai pensato!), affinché la memoria del loro sacrificio non si perda nell’oblio!
    Ezio, mille grazie per la tua attenzione e ricevi pure un abbraccio grande come il nostro mare.
    Buona lettura!
    Marino


    L’alloro di casa Bramante e sempre in fiore
    di Marino Miccoli

    …ovvero come tutti i Marinai Caduti della notte di Capo Matapan sono onorati degnamente ogni anno nella città di Siracusa.

    Da epoche assai lontane le fronde di alloro hanno rappresentato per l’uomo un simbolo di gloria e di valore; sappiamo infatti che dall’antichità classica, ovvero dai tempi degli antichi Greci, era in uso adornare il capo degli atleti vincitori delle Olimpiadi con corone formate da fronde di alloro intrecciate; non solo ma anche i poeti, i geni, i saggi e gli eroi ricevevano questo riconoscimento. Era ed è tuttora oggi il lauro nobilis (questo è il suo nome botanico) il simbolo dei campioni, che contraddistingueva coloro che avevano conseguito una vittoria onorevole dimostrando di possedere un grande valore. E’ così che definiamo laureato colui che al termine di un lungo e impegnativo ciclo di studi, ha conseguito una laurea; allorché il traguardo è raggiunto il suo capo è simbolicamente cinto da due serti di alloro intrecciati.
    Una corona d’alloro attualmente si usa deporre ai piedi di un monumento o sulla tomba dei Caduti per la Patria per onorane degnamente la memoria.
    Ciò accade anche a Siracusa, unica città in Italia e credo nel mondo, laddove recentemente (ottobre 2007) è stata finalmente intitolata una piazza dedicata ai Caduti di Capo Matapan.


    Ogni anno, per merito dell’instancabile promotrice signora professoressa Lucia Bramante (che mi ha contattato dopo aver letto alcuni miei scritti pubblicati sul meritevole sito La voce del Marinaio) nella città che diede i natali ad Archimede ha luogo una suggestiva cerimonia che ricorda il sacrificio dei 2303 Marinai italiani caduti nell’agguato che la flotta inglese tenne a largo di Capo Matapan la notte del 28 marzo 1941. Tra questi il Capocannoniere NAZARENO BRAMANTE, amatissimo e compianto padre della signora Lucia, che in quella tragica notte in cui il mare si tinse di rosso sangue, fu tra i dispersi.

    In questa sede voglio ricordare le drammatiche cifre della carneficina di Marinai Italiani che avvenne quella notte:
    – Regio Incrociatore FIUME813 Caduti su 1104 imbarcati;
    – Regio Incrociatore POLA328 Caduti su 1041 imbarcati;
    – Regio Incrociatore ZARA782 Caduti su 1098 imbarcati;
    – Regio Cacciatorpediniere ALFIERI211 Caduti su 257 imbarcati;
    – Regio Cacciatorpediniere CARDUCCI169 Caduti su 204 imbarcati.

    Della mesta e sentita cerimonia che annualmente si tiene in quel di Siracusa vi è un particolare degno di nota che voglio evidenziare: le fronde di alloro con cui viene confezionata la corona provengono da un arbusto di lauro piantumato nel giardino di casa Bramante. La corona viene poi portata al largo da una motovedetta della Capitaneria di porto di Siracusa (sempre sensibile e disponibile a dare il proprio fattivo contributo alla cerimonia di commemorazione) e gettata a mare.
    Personalmente trovo molto significativo questo fatto, frutto di un toccante gesto d’amore della figlia per il padre, un amore sincero e incondizionato rimasto immutato (proprio come sempreverdi sono le fronde dell’alloro) nonostante lo scorrere del tempo. Ciò deve farci riflettere sull’importanza di uno dei sentimenti umani più importanti, profondi ed autentici costituito dall’amore filiale. Questo sentimento, non disgiunto dalla consapevolezza dell’immenso valore costituito dalla pace tra le nazioni, ci aiuta ad evitare di ripetere quei tragici errori che l’Umanità ha commesso nel passato.
    In conclusione mi piace riportare un significativo brano del discorso che la professoressa Lucia Bramante ha pronunciato durante la manifestazione di commemorazione che si è tenuta a Siracusa nel 70º anniversario di Capo Matapan (29.3.2011)“…l’augurio che la memoria di quanto accaduto quella notte a circa tremila Marinai che ebbero come tomba il mare e a tutti quei fratelli che furono falciati dalla guerra, serva a noi posteri, a tenere vive le radici per trarre dal passato una bussola per il presente! Con imperituro ricordo!”
    Grazie di cuore, signora Lucia Bramante, per quanto lei concretamente ha fatto nel far intitolare ai Caduti di Capo Matapan una piazza della città di Siracusa e per quanto Lei continua a fare affinché il sacrificio dei nostri amati Marinai non sia mai dimenticato. Sappia, stimata professoressa Bramante, che suo Padre e tutti noi siamo ammirati e orgogliosi di Lei.

    Capo Matapan? Io non mangio sardine perché in quella battaglia si sono divorati mio figlio
    di Marino Miccoli

    …ovvero quando giunse la notizia a casa Miccoli.

    Nelle due vecchie fotografie in b/n che ho estratto, dall’album di mio padre Antonio (*), si può notare l’equipaggio del Regio Incrociatore Fiume riunito a poppa per la recita della Preghiera del Marinaio e le batterie che fanno fuoco. Quest’ultima immagine, inedita, rende solo in minima parte ciò che rappresentava la potenza di fuoco costituita dall’entrata in azione di quelle torri binate del calibro da 203 mm.; infatti, secondo quanto narrava il mio compianto genitore, quando queste batterie aprivano il fuoco, sprigionavano una potenza tale da far sussultare tutta la nave.

    All’epoca in cui è stata scattata la fotografia (fine degli anni ’30) mio padre era imbarcato proprio su questa superba unità navale con la qualifica di Capocannoniere stereotelemetrista ed aveva appena superato un corso di aggiornamento professionale sul funzionamento del nuovo telemetro, presso le Scuole del C.R.E.M. a Pola (Istria italiana). A tal proposito consiglio la seguente lettura qui: https://www.lavocedelmarinaio.com/2010/06/le-scuole-c-r-e-m-di-pola-istria-italiana/

    Regi incrociatori Fiume, Pola, Zara e Gorizia
    Questi i nomi delle quattro moderne Unità che costituivano la superba quanto temibile classe “Zara”; erano quanto di meglio poteva schierare la flotta della regia Marina riguardo agli incrociatori pesanti.
    La I^ Divisione fu quasi totalmente annientata a largo di Capo Matapan (Mediterraneo centrale) la notte del 28 marzo 1941; scampò al sicuro affondamento il Gorizia che si trovava in cantiere a Messina per la riparazione di un’avaria ai motori.
    Quella maledetta notte, nelle acque del Mediterraneo centrale, colarono a picco tre dei quattro migliori incrociatori pesanti (tipo Washington) della nostra squadra navale e due regi cacciatorpediniere della classe “Poeti”: Alfieri e Carducci.
    Persero la vita oltre 2.300 uomini, tra questi amici e colleghi di mio padre come Nazareno Bramante di Siracusa (*).
    Oggi possiamo affermare che da quel momento ebbe inizio il tramonto della regia Marina Italiana; la flotta, considerata fino ad allora, la quinta al mondo per numero e potenza.
    L’implacabile, quanto terribilmente preciso tiro a segno notturno guidato dal radar che le corazzate britanniche della Mediterranean Fleet effettuarono sugli ignari regi incrociatori della I^ Divisione, provocò una vera e propria strage di Marinai italiani.
    Dalle ore 22,27 alle 22,31: quattro minuti di fuoco bastarono a causare la carneficina.
    Le corazzate britanniche azionarono i loro cannoni del calibro di 381 mm. da distanze ravvicinate, ovvero tra i 2.000 e i 3.000 metri, con alzo quasi a zero.
    Il regio incrociatore Fiume fu l’unico degli incrociatori pesanti ad affondare per causa direttamente da attribuirsi alle bordate delle navi da battaglia nemiche; infatti preso di mira da due corazzate (Warspite e Valiant) ,si appoppò fino a capovolgersi per poi affondare.
    Le altre due unità, Pola e Zara, furono finite dai siluri lanciati dai Cacciatorpediniere Britannici.

    La storia di nonna Santa
    Quanto sopra riportato fa parte della storia, ma cerchiamo di comprendere come fu accolta quella triste notizia nella famiglia di mio padre e precisamente da sua madre Santa.
    Mia nonna paterna non mangiava le sardine; ella non le appetiva non per motivi legati al suo gusto, alla sua dieta o a qualche particolare allergia alimentare. Nonna Santa decise di non cibarsi di sardine o di aringhe dalla fine di marzo 1941, ovvero dal triste giorno in cui Le fu comunicato che l’incrociatore Fiume, ovvero la nave sulla quale era imbarcato suo figlio Antonio, era stata affondata dagl’inglesi la notte del 28 marzo 1941.
    Per una strana coincidenza la strage di nostri Marinai, a seguito dell’agguato notturno teso dalla Mediterranean Fleet, avvenne proprio nel giorno in cui ricorreva il 31° compleanno del Capo Antonio Miccoli; egli fu tra i pochi sopravvissuti ma fu dato sin da subito tra i dispersi.
    Mia nonna, sconvolta da quella notizia, si recò nella Chiesa parrocchiale del paese, a Spongano (Lecce); disperata per la triste sorte toccata al figlio, si rivolse accoratamente alla Madonna e fece questo voto: “non si sarebbe più fatta tagliare i capelli fino a quando non avesse riabbracciato suo figlio”. E poiché sapeva che le sardine sono tra i primi pesci che, attirati dai cadaveri, accorrono per divorarne le carni, nonna Santa non volle più cibarsi di esse.
    A chi inconsapevolmente le chiedeva la ragione di questo suo comportamento, addolorata e scuotendo il capo, con gli occhi bagnati dalle lacrime rispondeva:
    – “percè s’hannu mangiatu lu fiju meu!” (perchè hanno mangiato mio figlio!).

    Quel tragico giorno anche per mio padre, sopravvissuto a quel macello, significò l’inizio di un’amarissima quanto dolorosa esperienza; cominciò per lui e per quei pochi fortunati, anzi “graziati”, che sopravvissero, un calvario di diverse ore in acqua, durante il quale vide e sentì le urla disumane dei suoi più fraterni amici e stimati colleghi, morire atrocemente tra le fiamme sulla coperta del Fiume; li vide poi morire assiderati, li vide morire annegati, li vide morire divorati dagli squali, li vide morire impazziti dalla disperazione.
    Mi raccontava, con gli occhi arrossati, che i corpi dei Marinai erano attaccati prima dalle sardine che ne rosicchiavano le estremità e poi venivano improvvisamente trascinati giù, in un gorgo, dagli squali. Sulle zattere non c’era posto per tutti, e si faceva a turno tra chi era in mare, reggendosi aggrappati fuoribordo. Lunghissime ore di disperazione, nella notte, faccia a faccia con la morte, fino a quando non fu fatto prigioniero da un cacciatorpediniere inglese che lo issò a bordo con i pochi superstiti.
    Ma quando in famiglia si ebbe qualche notizia sulla sorte di mio padre?
    Il giorno 10 maggio 1941 (ben 42 giorni dopo la tragedia di Capo Matapan!).
    Giunse a Spongano, nella casa dei nonni, una lettera della Croce Rossa Internazionale in cui si comunicava che il maresciallo della regia Marina Antonio Miccoli era tra i pochi sopravvissuti all’affondamento dell’incrociatore Fiume. Catturato in mare dagli inglesi, era stato temporaneamente imprigionato ad Alessandria d’Egitto e poi era stato internato con molti altri Militari italiani, catturati non solo in mare, in un grande campo di concentramento P.O.W. situato a Zonderwater, in Sud-Africa. Rimase prigioniero degli inglesi in Sud-Africa per 5 anni e 2 mesi; un lungo periodo in cui patì la fame, subì angherie e maltrattamenti perché quando fu sottoposto più volte a interrogatorio si rifiutava di rivelare come era fatto e quale fosse il funzionamento del telemetro italiano (che per la qualifica posseduta egli ben conosceva) ai britannici.
    Fu liberato nel maggio del 1946 e rimpatriato a Napoli.
    Riprese la sua carriera di sottufficiale nella neonata Marina Militare e, dopo essere stato più volte decorato e nominato Cavaliere al merito della Repubblica dal Presidente Giovanni Gronchi, si congedò nel 1962 con il grado di Sottotenente del C.E.M.M..
    Questo mio modesto scritto, oltre che ricordare e onorare la memoria degli oltre 2300 Marinai Caduti e i Dispersi di Capo Matapan, vuole anche rappresentare un’occasione per considerare e riconoscere i grandissimi meriti della Croce Rossa Internazionale che sin dalla sua fondazione svolge quell’importante missione di recare soccorso, assistenza e conforto ai prigionieri e ai familiari delle vittime delle guerre. Ritengo pertanto tributare a questa organizzazione umanitaria di avermi fatto il dono del più prezioso frutti che la civiltà e il progresso umano ha dato a tutte le nazioni: l’umana solidarietà.

    (*) per saperne di più digita i nomi sul motore di ricerca del blog.

    82° anniversario della battaglia di Capo Matapan
    di Marino Miccoli

    Buongiorno stimatissimo Ezio,
    oggi  28 marzo ricorre il 82° anniversario di Capo Matapan.
    Per commemorare i Caduti e i Dispersi di quella drammatica notte, così come ho fatto negli anni passati, anche quest’anno ho scritto un mio articolo per il tuo meritevole quanto seguitissimo sito ”La voce del Marinaio”. A corredo iconografico allego due vecchie quanto suggestive fotografie in bianco/nero che ho estratto appositamente dall’album di ricordi di mio padre. In tal modo, di buon grado, onoreremo i nostri Marinai ricordando l’eroico Capitano di Vascello Giorgio Giorgis, ultimo Comandante del Regio Incrociatore Fiume. Era quella la superba Unità su cui era imbarcato anche mio padre Antonio Miccoli, con il collega maresciallo capocannoniere Nazareno Bramante di Siracusa, Virgilio Barucca di Senigallia, Giuseppe Palazzolo di Torino di Sangro e tanti altri valorosi Marina italiani.
    Per l’occasione, non senza commozione, ho composto una dedica al Comandante Giorgis (che fu una mente brillante, un valente scrittore in materia navale e tra gli ideatori dei temuti barchini esplosivi utilizzati poi dalla XMAS); si tratta di un condensato di quanto narrava mio padre (che fu uno dei pochi sopravvissuti all’affondamento dell’incrociatore Fiume) a proposito della figura del Comandante di una nave.

    Nel ricordare il sacrificio del Capitano di Vascello Giorgio Giorgis e quello di numerosi Marinai italiani, voglio ribadire che non si trattò di una “battaglia” (come affermano ancora tante persone male informate) ma fu una vera e propria strage conseguente all’agguato notturno che fu teso dalla squadra navale inglese e al tiro a segno guidato dai radar che ne seguì sulle ignare Unità della nostra I Divisione Navale mentre stavano recandosi a soccorrere il Regio Incrociatore Pola in avaria.
    Riflettiamo non solo sui Caduti e Dispersi di quella tragica notte ma anche sul dolore e sulla disperazione che colpirono le loro famiglie; queste non videro più tornare a casa i loro Cari e ancora oggi ne piangono la perdita. Per tutti, mi sovviene ora il nome della carissima signora Lucia Bramante di Siracusa, figlia di Nazareno, che nella sua bellissima città è riuscita a far intitolare una piazza ai Caduti di Capo Matapan.
    In questo giorno rivolgiamo a tutti i nostri Marinai Caduti e Dispersi il nostro deferente pensiero.
    E a te mio stimatissimo maresciallo Vinciguerra con un forte abbraccio giunge pure la mia sincera riconoscenza per la sensibilità che dimostri di avere nei confronti di tutti i nostri Marinai che non hanno più fatto ritorno alle basi.
    Marino

    Capo Matapan nel ricordo del comandante Giorgio Giorgis
    di Marino Miccoli

    AL COMANDANTE GIORGIO GIORGIS

    In occasione del 82° anniversario di Capo Matapan ho scritto una mia dedica all’eroico e indimenticabile Capitano di Vascello Giorgio Giorgis ultimo Comandante del Regio Incrociatore Fiume. Questa breve raccolta di considerazioni sono estratte dalle narrazioni di mio padre Antonio Miccoli (all’epoca maresciallo capocannoniere stereotelemetrista). Egli fu uno dei pochi sopravvissuti all’affondamento dell’incrociatore pesante Fiume ed ebbe l’onore di conoscere personalmente la Medaglia d’Oro al Valor Militare Giorgio Giorgis.

    “Il Comandante e la sua nave sono un tutt’uno; possiamo dire che Egli si identifica con l’Unità che comanda; per questo il “padrone” di una lancia che riconduce a bordo di una nave il suo Comandante, all’intimazione rivoltagli dalla scolta (sentinella) di turno in coperta “CHI VA LA’?” risponde con il nome stesso della nave: “NAVE FIUME!” e non con il grado dell’Ufficiale, come avviene invece negli altri casi. Tutti i componenti dell’Equipaggio ubbidiscono consapevolmente al loro Comandante e lo rispettano innanzitutto come Uomo e poi come primo degli Ufficiali di bordo. Infatti i Marinai sanno che in caso di estremo pericolo Egli si adopererà per la salvezza di tutti i suoi Uomini, dal serpante al suo comandante in seconda. Egli sarà l’ultimo a lasciare la sua nave e non di rado accade che scelga di rimanere a bordo per seguirne onorevolmente il destino”. (Antonio Miccoli)

    E’ la notte del 28 marzo 1941, il destino del Regio Incrociatore Fiume e della gran parte del suo Equipaggio decise di seguire con grande onore il suo valoroso Comandante, il Capitano di Vascello Giorgio Giorgis. Infatti, poco prima dell’affondamento, nonostante fosse ferito alla testa e sanguinante, volle scendere tra i suoi Marinai per rincuorarli; li riunì e ordinò il saluto al Re. Poi diede l’ordine di abbandonare la nave. I Marinai sulle zattere e quelli già in mare, aggrappati a relitti e a galleggianti di fortuna (tra questi vi era anche mio padre) videro tra i bagliori delle fiamme dei numerosi incendi che divampavano a bordo, il loro fiero Comandante che, dopo essere salito a prora, scomparì tra le onde insieme a gran parte del suo valoroso Equipaggio e alla nave che aveva tanto amato.
    Oggi, attraverso la meritevole “banca della memoria” creata e sostenuta da Ezio Vinciguerra, io che sono il figlio di uno dei pochi sopravvissuti, ho voluto rievocare a tutti gli stimati visitatori di questo lodevole sito web il sacrificio dei tanti Marinai Italiani Caduti e Dispersi la tragica notte di 77 anni fa a largo di Capo Matapan attraverso il ricordo del valoroso comandante del Regio Incrociatore Fiume M.O.V.M. GIORGIO GIORGIS.
    Dinanzi al loro sacrificio chiniamo il nostro capo, rivolgiamo Loro il nostro riverente pensiero e in rispettoso silenzio onoriamone la memoria.

    PER SAPERNE DI PIU’ DIGITA SUL MOTORE DI RICERCA DEL BLOG “CAPO MATAPAN” OPPURE “NOMI” E “NAVI CITATE” NEL COMMOVENTE RICORDO.

    Capo Matapan, quelli che non fecero rientro alla base ma vivono e si chiamano Mario Del Monaco, Demetrio Del Monaco, Tino Cavazzutti
    di 
    Alberto Cernuta

    Gentile Ezio,
    la ringrazio per l’amicizia che mi ha concordato e testimoniato inserendomi nel gruppo amici del marinaio, cosa molto gradita. L’avevo contattata alcuni giorni or sono in quanto avendo letto un suo scritto, appunto sulla voce del marinaio, che mi aveva in particolar modo colpito, “quelle urla mai dimenticate”, mi pare si intitolasse così quel racconto, dove narrava la dolorosa esperienza vissuta da suo padre, la notte del 28 marzo ‘41a bordo del regio incrociatore “Pola”nella tragica Battaglia di Capo Matapan.
    Non mi dilungo con commenti e giudizi in merito perché mi sono reso conto che lei è informatissimo e sa come si svolsero (sic) i fatti!
    Volevo solo portarlo a conoscenza di un fatto del quale forse lei è già al corrente; in quella battaglia, ed esattamente sul “Pola”era imbarcato anche un fratello di mia mamma nativo de La Maddalena e militare di leva, Demetrio Del Monaco. Suo padre mi sembra di avere capito, si salvò, fu fatto prigioniero, deportato in Africa, alla fine liberato. Analoga sorte toccò un commilitone ed amico fraterno di Demetrio, certo Tino Cavazzuti, tranviere milanese, il quale una volta liberato, e tornato a Milano, si precipitò a casa della sorella di (Demetrio aveva 4 fratelli a Milano) ansioso di sapere la sorte che era toccata a Demetrio.
    Pianse quando venne a sapere che con un laconico comunicato della Marina, il giovane (aveva 21anni ) fu dato disperso, ma la cosa che più mi ha colpito che tra il racconto fatto da suo padre e quello dell’amico di Demetrio, in merito a quella notte di delirio, non cambia una virgola. Ci tenevo lo sapesse Ezio, inoltre mia mamma perse un secondo fratello Mario, sempre in guerra e nella Marina, Lui riposa nel Sacrario dei Caduti a Palermo, città dove morì vittima di un’incursione aerea, la nave in porto, lui in città, corse in rifugio dove venne colpito da una scheggia al cuore, mori all’istante, e a Palermo rimase.
    Ricordo mia mamma piangeva sempre quando nominava questi due poveri sfortunati ragazzi t’antè che chiamò il mio fratello maggiore, suo primo figlio, Mario Demetrio.
    Sarei tanto desideroso di sapere se La Maddalena ha dedicato anche a loro un ricordo per questi suoi sfortunati figli che, assieme a tanti altri, hanno sacrificato la propria vita.
    Mi perdoni per questo chilometrico messaggio ma desideravo lo sapesse come altra testimonianza.
    Attendo, un suo riscontro con i migliori saluti, e ringraziamenti!
    Alberto Cernuta.

    Buonasera signor Alberto Cernuta e grazie per la bellissima e accorata mail che ha scritto sul mio profilo.
    Le chiedo se desidera ricevere notizie dettagliate sui suoi parenti che non hanno fatto rientro alla base.
    Quello che mi occorre sapere è il nome e cognome luogo e data di nascita e, se si ricorda le navi dove furono imbarcati, per attivarmi in una ricerca.
    Per quanto attiene La Maddalena, Sassari e più in generale la parte settentrionale della Sardegna, dall’inizio del 2° conflitto e fino a quel tragico 8 settembre ’43, ne sono successe tante … troppe.
    La prego anche in questo caso di essere il più preciso nella descrizione/quesito in modo da attivare i canali istituzionali ma anche degli storici che tanto hanno scritto su questa guerra iniziata male e finita peggio.
    Un abbraccio a Lei grande come il mare ed il cuore dei Marinai di una volta.
    Ezio.
    P.s il 28.3.1941 ricordiamo la battaglia di Capo Matapan e tutti i Marinai che non fecero rientro alla base.


    Gentile Ezio, la ringrazio per la sollecita risposta, purtroppo non posso essere di grande aiuto a riguardo dei dati che occorrono le posso solo dire quanto so’ a memoria, oramai i parenti più prossimi quelli che sapevano di più sono defunti, ed io le posso solo dire che i marinai erano due fratelli, entrambi nati a La Maddalena, la data precisa potrebbe confermarla l’anagrafe.
    Il primo, Del Monaco Demetrio, militare di leva, imbarcato sull’incrociatore “POLA” dopo la battaglia di Capo Matapan, risultò disperso; il secondo Del Monaco Mario, imbarcato non so su quale nave (SIC), si trovava a Palermo, e li morì perchè sceso dalla nave, in libera uscita, dovette correre in rifugio antiareo, e li fu colpito, al cuore da una scheggia. Luiè tumulato nel Sacrario dei Caduti di Guerra a Palermo, questo l’abbiamo accertato.
    Quello che le avevo chiesto nel precedente messaggio e’ se a La Maddalena, dove sono nati questi ragazzi, c’è una lapide, un monumento che li ricordi.
    Mi perdoni, sembrerebbe una domanda ovvia, tuttavia questa è solo una mia curiosità, io sono stato a La Maddalena e ci ritornerò ancora, ma questo particolare, mi era sfuggito, la ringrazio per le informazioni che mi potrà dare, e la ringrazio restituendole un caloroso abbraccio.!
    Alberto Cernuta

    Buonasera Alberto Cernuta, ho appena ricevuto notizie da un sottufficiale in pensione e nativo di La Maddalena delle seguenti notizie:
    – i Marinai caduti in guerra vengono commemorati in Piazza Garibaldi facciata atrio Palazzo Comunale dove ai due lati vi sono due grandi targhe in marmo con scritti i nomi dei Marinai caduti in guerra.
    – Al Sacrario Militare al civico cimitero vi sono atri caduti e targhe e vengono commemorati con cerimonia solenne, al centro del cimitero vi e’ una colonna alta una decina di metri in ricordo dei caduti ed al Milite Ignoto.
    – Non esistono altri luoghi dove vi sono targhe e cippi per i Caduti.
    – Vie e Piazze non portano alcun nome di Caduti. Di Demetrio nessuna targa in loro ricordo.
    Qualora decidesse di andare a La Maddalena la prego di tenerci informati.
    Un abbraccio a Lei grande come il mare e il suo cuore.


    I quattro regi incrociatori classe “Zara”
    di Marino Miccoli

    Buongiorno carissimo Ezio,
    come ho fatto anche negli anni scorsi, anche quest’anno ho voluto scrivere per il nostro Giornale di bordo un articolo in occasione del 81° anniversario di “CAPO MATAPAN”.
    Le due fotografie del regio Incrociatore FIUME le ho estratte appositamente dall’album di mio padre Antonio.
    Ti ringrazio perché tramite il tuo sito potremo ricordare i nostri Marinai Caduti e Dispersi di quella tragica notte.
    Ti abbraccio, con sincero affetto e profonda stima.
    Marino

    REGI INCROCIATORI CLASSE ZARA 
    di Marino Miccoli

    …dai ricordi tramandati da Antonio Miccoli, mio padre, uno dei pochi Marinai sopravvissuti.

    I regi incrociatori della classe “Zara” possono essere considerati tra le migliori unità della Regia Marina, frutto delle più valide maestranze della cantieristica italiana, varate tra la fine degli anni ’20 e gli inizi degli anni ’30.
    I quattro incrociatori vennero denominati: Fiume, Pola, Zara e Gorizia. Alla classe erano stati dati i nomi di quattro provincie del Nord-Est dell’Italia (Istria, Dalmazia e Venezia Giulia). Il primo dei quattro nuovi incrociatori pesanti ad essere costruito fu il Fiume (cantieri di Trieste), seguito dallo Zara (La Spezia) e poi dal Gorizia e dal Pola (Livorno). Tutti e quattro gli incrociatori entrarono in servizio tra il 1931 ed il 1932. Ad una robusta corazzatura, sia riguardo alla sua estensione che allo spessore, gli “Zara” abbinavano una elevata velocità. Per le loro caratteristiche costruttive erano considerati migliori degli incrociatori classe “Trento” poiché, gli errori commessi con la costruzione di questi ultimi, erano stati corretti ed il risultato furono quattro superbi quanto temibili incrociatori pesanti. Effettuando una comparazione con le unità coeve della stessa classe (tipo “Washington”) possiamo affermare che possedevano delle qualità mai eguagliate da nessuna delle marine belligeranti. In verità, sebbene fossero stati dichiarati ufficialmente come unità di 10.000 tonnellate, il loro effettivo dislocamento standard sfiorava le 12.000 tonnellate di stazza. 
L’armamento degli “Zara” era di tutto rispetto: otto pezzi da 203 mm Ansaldo su torri binate; sedici pezzi da 100/47 antiaerei e antinave, da quattro a sei impianti singoli da 40/39 e quattro complessi binati di mitragliere da 13,2 mm.

    Il mio compianto padre Antonio Miccoli, Capocannoniere Stereotelemetrista della Regia Marina, nelle sue narrazioni riguardanti l’armamento degli Zara ricordava alcuni particolari che riporto di seguito:
    1) la potenza dei pezzi principali da 203 mm. che erano in grado di tirare proiettili pesanti ben 120 kg. contenenti 50 kg. di carica per una gittata massima di 30 km.
    Nel 1938, quando mio padre ricevette l’ordine d’imbarco sul regio incrociatore Fiume, i due impianti da 100/47 situati a poppa erano stati da poco tempo sostituiti con mitragliere Breda 37/54, evidentemente ritenute più utili.
    2) Ricordava inoltre con un certo orgoglio che le batterie degli “Zara” erano più rapide nell’eseguire il tiro rispetto ai “Trento”. I pezzi di calibro maggiore erano diretti da efficienti centrali di tiro, assai protette, probabilmente le migliori tra quelle esistenti in quell’epoca, con il personale addetto al tiro ben addestrato.
    3) Infine un particolare riguardante l’estetica: a distanza era facile confondere il Fiumecon lo Zar perché si assomigliavano, ossia avevano sagome simili, tali da renderli non facilmente distinguibili.
    Per quanto concerne i commenti di mio padre sui fatti della tragica notte di Capo Matapan, ricordo che egli preferiva tacere perché dover ricordare quella immane strage notturna rappresentava sempre per Lui un motivo di gran dolore e profonda amarezza. In gergo pugilistico egli affermava che la I Divisione Incrociatori era stata attaccata mentre si trovava << con la guardia bassa >>, ovvero era stata presa completamente di sorpresa, in quanto i pezzi, come prevedeva il regolamento vigente allora, erano <<brandeggiati per chiglia>>, ovvero i cannoni erano disposti longitudinalmente ed in asse, pertanto non erano pronti a reagire al fuoco del nemico.

    La bella, quanto inedita, fotografia che ho estratto dall’album di mio padre e che con piacere pongo a corredo del presente articolo raffigura proprio il regio incrociatore Zara durante le manovre navali del 1932, probabilmente tenutesi nel golfo di La Spezia. La fascia sui fumaioli era stata appositamente dipinta per la distinzione delle unità durante lo svolgimento delle suddette manovre.

    I quattro incrociatori pesanti furono accomunati anche dalla tragica fine che essi subirono, infatti la perdita delle superbe unità della classe “Zara” avvenne purtroppo con la morte di migliaia di Marinai italiani. I componenti la I DIVISIONE REGI INCROCIATORI ovvero Fiume, Pola e Zara furono affondati a seguito del tiro a segno notturno guidato dai radar di cui disponevano le corazzate inglesi nella drammatica notte del 28 marzo 1941, a largo di Capo Matapan.
    A tutti i Marinai Caduti dei Regi Incrociatori della classe “Zara” rivolgiamo oggi, nel 77° anniversario di Capo Matapan, il nostro deferente pensiero e nel ricordare le numerose vittime dell’immane strage che avvenne quella drammatica notte, chiniamo rispettosamente il nostro capo e onoriamo la loro memoria. Rivolgo un reverente omaggio al capo cannonniere siracusano Nazareno Bramante che, come tanti altri Marinai italiani, non fece più ritorno alla base e un pensiero riconoscente alla di Lui figlia professoressa Lucia Bramante che, prima in Italia e nel mondo, è riuscita a far intitolare una piazza di Siracusa ai Caduti e Dispersi della notte del 28 marzo 1941.

    Quell’Iddio grande ed eterno, così come è invocato nella Preghiera del Marinaio, con la sua infinita grazia preservi sempre la pace tra le Nazioni e nella sua misericordia impedisca che simili atrocità possano nuovamente verificarsi.
    Onore ai Marinai Caduti di Capo Matapan.

    Alfonso Ghezzi
    di Giorgio Gianoncelli (*)

    (Prata Camportaccio (SO),  27.9.1910 – Capo Matapan 28.3.1941)

    Alfonso Ghezzi nasce a Prata Camportaccio (SO) il 27.9.1910 da famiglia di agricoltori della montagna in un borgo ameno sulla riva sinistra del fiume Mera (Maira), nella bassa Val Bregaglia.
    In quelle aree vallive i ragazzi, allo studio superiore devono privilegiare e prestare le braccia, il cuore e la mente alle necessità della vita quotidiana della famiglia.
    Alfonso cresce con il tuono del cannone della Prima Guerra Mondiale e la sua maturazione si conforma ai venti ruotanti del regime. Appassionato di meccanica, dopo la regolare scuola elementare, diventa garzone di officina, attrezzista meccanico. Attirato come tanti di noi montanari dal manifesto della Regia Marina, a domanda, il 29 luglio 1927, entra alle scuole CREM per il corso meccanici e inizia a vivere da Marinaio.
    Dopo molti imbarchi e su nave “Siracusa” per la Guerra d’Africa, arriva l’imbarco sul regio cacciatorpediniere “V. Alfieri” ai grandi lavori in arsenale.
    Il 10 giugno 1940 “l’Alfieri” è in linea con gli altri Poeti per la … danza sulle onde.

    Nell’inferno di fuoco di Capo Matapan, “l’Alfieri” è l’unica unità che riesce a dirigere alcuni colpi su un caccia avversario, poi, la violenta aggressione costringe il Comandante Salvatore Toscano a ordinare l’abbandono nave. Tra i superstiti, pochi, manca all’appello Alfonso Ghezzi, nato montanaro, rimasto Marinaio.

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

    28.3.1941, Aniello Bosco
    di Carlo Gianotti (foto e ricerche)

    Nasce a Stintino.
    Aniello era imbarcato sul regio incrociatore Zara, come marinaio telemetria di 3^classe.
    Al tramonto del 28 marzo 1941, nei pressi di Capo Matapan, un siluro inglese colpì il regio incrociatore Pola, mentre gli incrociatori Zara e Fiume e 4 cacciatorpediniere andarono a prestar loro soccorso. Nella notte le navi britanniche aprirono il fuoco affondando gli incrociatori Fiume e Zara e i due cacciatorpediniere Alfieri e Carducci. Successivamente affondò anche il Pola. Nello scontro morirono 834 uomini.

    28.3.1941, Salvatore Martone
    di Carlo Di Nitto

    (Formia, 25.5.1919 – Mare, 28.3.1941)

    Il marinaio S.M. Salvatore Martone, di Gennaro e di Supino Francesca, fu fra i dispersi nell’affondamento del regio incrociatore “Zara” il 28 marzo 1941.

    Durante la battaglia di Capo Matapan, l’unità venne centrata da numerose salve della soverchiante forza nemica che provocarono grosse falle, vasti incendi e avarie all’apparato di propulsione. L’equipaggio lottò per oltre tre ore per cercare di salvare la nave che, purtroppo, alle ore 02.30 affondò trascinando con se 799 Marinai.
    Era nato il 25 maggio 1919 a Formia.

    (La foto di Salvatore Martone appartiene alla collezione Carlo Di Nitto).

    28.3.1941 – 28.4.2022, Capo Matapan per mai dimenticare
    di Marino Miccoli

    Ezio carissimo e stimatissimo,
    c
    ome ti avevo preannunciato, quest’anno grazie alla tua sensibilità, ricorderemo la strage di Capo Matapan del 28 marzo 1941 in maniera originale.  Ti confesso che per me non è stato semplice scriverla perché durante la sua stesura avevo sempre presenti gli occhi bagnati dalle lacrime di mio padre, tra i pochi sopravvissuti di Capo Matapan e che non riusciva a terminare la narrazione dei tragici fatti, ovvero la morte di tutti i suoi amici Marinai, a cui aveva assistito in prima persona.
    Preciso inoltre che entrambe le fotografie allegate sono mie:
    1) la Preghiera del Marinaio a poppa sul Regio Incrociatore Fiume estratta dall’album di famiglia;
    2) la bella quanto significativa targa viaria che ho fotografato l’estate scorsa nel comune di Marittima (Lecce).
    Sperando che siano apprezzati dai visitatori de LA VOCE DEL MARINAIO, ti saluto cordialmente e ti abbraccio forte. Con stima.
    Marino

    28 marzo 1941 (Marino Miccoli)
    Non un raggio di sole
    non una croce
    non un fiore
    adornano il fondale sabbioso del mare
    che è il tuo giaciglio, Marinaio Italiano.
    Le alghe ondeggianti
    per il tuo capo
    fungono da guanciale
    e mentre dormi il tuo lungo sonno
    sei cullato dolcemente dalle correnti…

    I Marinai addormentati giacciono
    ora sparsi su di un letto di sabbia
    ora ancora prigionieri tra le lamiere incrostate e contorte
    delle paratie dei compartimenti stagni;
    il loro acqueo sepolcro è fatto di lastre metalliche deformate
    arroventate
    squarciate
    sventrate
    insanguinate…

    questi compartimenti in pochi attimi
    sono divenuti casse di risonanza di urla disperate
    raccapricciante orrendo scenario
    frutto dell’umana assurda follia chiamata guerra!

    Ecco cosa è rimasto di queste Regie Navi,
    queste Unità da diecimila tonnellate di dislocamento
    possenti
    temibili
    veloci…

    questi ignari giganti d’acciaio
    su cui all’improvviso nella notte buia
    si sono abbattuti i colpi da 381mm
    tirati a bruciapelo dalle corazzate britanniche
    sono implosi
    esplosi
    incendiati
    spezzati
    capovolti

    e colati a picco nel cuore della notte in pochi minuti…

    I superbi Regi Incrociatori della I Divisione
    sono ridotti ad ammassi informi di lamiere
    sono adagiati per sempre sul fondo del Mediterraneo…
    sugli scafi possiamo ancora leggere i loro NOMI:
    “FIUME”, “POLA”, “ZARA”
    e gli stemmi di ciascuna di queste stupende città marinare,
    dell’Istria Italiana; costituiscono ancora oggi
    lo splendido acrostòlio
    che adorna la sommità delle prore.

    Marinai d’Italia,
    i delfini amici dell’uomo sin dalla notte dei tempi
    vi sono vicini
    e vi recano il loro saluto!
    Oh mite delfino,
    ti prego, accogli questa mia accorata supplica:
    porta ad ogni Marinaio caduto
    lo sguardo fiero e ammirato del padre,
    la carezza affettuosa della mai rassegnata madre,
    dell’amata sposa il dolce bacio
    e del pargolo il lieto abbraccio filiale.

    Porta un fiore che rechi il soave profumo
    dall’amata Terra Italiana
    a tutti i Marinai caduti e dispersi
    nella fredda notte del 28 marzo 1941!

    Di ciascun componente di questi valorosi Equipaggi
    non conosco il  nome
    ma ti chiedo, fidato delfino,
    riferisci loro questo breve messaggio:
    più di settant’anni sono trascorsi
    da quella tragica notte in cui della morte
    diveniste facile e repentina preda
    ma custodiamo ancora
    gelosamente
    imperituro ricordo
    del vostro sacrificio
    nei nostri cuori.
    Onore a voi, prodi Marinai d’Italia!

    28.3.1941, Michele Ambrosio
    di Antonio Cimmino

    (Meta, 22.10.1907 – Mare, 28.3.1941)

    Il Maggiore del Genio Navale Michele Ambrosio nasce a Meta il 22 ottobre 1907.
    Morì a seguito dell’affondamento del regio incrociatore Fiume assieme ad altri 812 uomini dell’equipaggio su 1.104.

    A Capo Matapan (a sud del Peloponneso) la flotta inglese affondò anche i regi incrociatori Pola e Zara e i cacciatorpediniere Alfieri e Carducci.
    Complessivamente trovarono la morte 2.318 marinai.
    Eterno riposo a Loro.

    28.3.1941, regia nave Vittorio Alfieri
    a cura Antonio Cimmino


    A Pietro Di Capua disperso unitamente ad altri Marinai del regio cacciatorpediniere Alfieri il 28.3.1941 nella battaglia di Capo Matapan.
    La nave fu affondata da un siluro lanciato dal HMS Stuart.

    Elenco personale deceduto o disperso di nave Alfieri

    Ludovico Abate, sottocapo segnalatore (disperso) – Antonio Addis, capo cannoniere (disperso) – Giulio Alberti, marinaio (disperso) – Aldo Antonucci, cannoniere (disperso) – Andrea Arone (o Araneo), tenente medico (disperso) (decorato) – Giuseppe Artico, cannoniere (deceduto) –  Raffaele Aruta, silurista (disperso)  – Mario Ascione, fuochista (disperso) – Angelo Balderi, motorista navale (disperso) –  Elio Balò, cannoniere (disperso) – Renzo Bartaini, meccanico (disperso) –  Bianco Bartolucci, fuochista, da Numama (disperso) – Giordano Battelini, cannoniere (disperso) – Erminio Battistini, fuochista (deceduto) – Carlo Bellante, fuochista (disperso) – Flaviano Bernardi, cannoniere (disperso) – Quinto Bertozzini, fuochista (disperso) – Vincenzo Bilotti, marinaio (disperso) – Nunzio Bonaiuto, sottocapo cannoniere (disperso) – Andrea Bonavita, silurista (disperso) –  Aldo Borezzi, cannoniere (disperso) – Angelo Borsato, fuochista (disperso) –  Attilio Bracciale, sottocapo cannoniere (disperso) –  Niccolò Bradizza, marinaio (disperso) –  Zoel Brandinelli, capo meccanico (disperso) –  Pasquale Brando, fuochista (disperso) – Giovanni Bricca, radiotelegrafista (disperso) – Nello Bronzi, marinaio (disperso) – Luigi Bruna, fuochista (disperso) – Ettore Bruni, fuochista (disperso) – Pietro Gaetano Busolli, capitano di corvetta (disperso) – Agostino Cacace, fuochista (disperso) – Lino Cadia, segnalatore (disperso) – Salvatore Caldacci, fuochista (disperso) – Rodolfo Campana, elettricista (disperso) – Renato Campi, cannoniere (disperso) – Giuseppe Carbone, sottocapo meccanico (disperso) – Carlo Carillo, fuochista (disperso) – Giacomo Caristi, cannoniere (disperso) – Marcello Carlesso, sergente meccanico (disperso) – Gustavo Carlomagno, sergente radiotelegrafista (disperso) – Cornelio Carpeneti, specialista direzione tiro (disperso) –  Oreste Caruso, marinaio (disperso) – Augusto Castardi, fuochista (disperso) – Alighiero Ciacci, cannoniere (disperso) – Cataldo Cigliola, cannoniere (disperso) – Pasquale Cioffi, marinaio (disperso) – Gaetano Cippolletta, marinaio (deceduto) – Raffaele Colella, cannoniere (disperso) – Vittorio Conte, cannoniere (disperso) – Angelo Corbaccio, torpediniere (disperso) – Giuseppe Cordoni, fuochista (disperso) – Calogero Corsini, fuochista, 22 anni, da Porto Empedocle (disperso) – Giovanni Costamagna, capo radiotelegrafista (disperso) (decorato) – Giuseppino Crespi, torpediniere (disperso) – Giovanni Daniele, fuochista (disperso) – Pietro D’Augenti, marinaio (disperso) – Giuseppe Davi, fuochista (disperso) –  Marino De Giorgi, marinaio (disperso) – Salvatore De Sio, fuochista (disperso) – Alfiero De Stefani, sergente meccanico (disperso) – Mario De Zorzi, meccanico (disperso) – Pietro Dell’Isola, cannoniere (disperso) – Calogero Destro, marinaio (disperso) –  Pietro Di Capua, specialista direzione del tiro (disperso) – Vincenzo Di Franco, marinaio (disperso) – Leonardo Di Pierro, marinaio (disperso) – Antonio Di Pinto, marinaio (disperso) –  Michele Di Sante, marinaio (disperso) – Enzo Doddi, sottocapo cannoniere (disperso) –  Arturo D’Onofrio, capo meccanico (disperso) – Pietro Dotto, sottocapo specialista direzione del tiro (disperso) – Giuseppe D’Urso, fuochista (disperso) – Antonio Elia, cannoniere (disperso) – Roberto Erramonti, elettricista (disperso) – Luigi Evangelista, capo elettricista (disperso) – Pacifico Fala, fuochista (disperso) – Darlo Falcone, fuochista (disperso) – Aldo Fani, cannoniere (disperso) – Ettore Fasolin, sottocapo cannoniere (disperso) – Carlo Femminili, furiere (disperso) – Furano Ferrarese, marinaio (disperso) – Rodolfo Ferraro, sottocapo specialista direzione del tiro (disperso) – Agostino Ferrazzi, sergente silurista (disperso) – Ferruccio Ferreri, sergente radiotelegrafista (disperso) – Luigi Fumagalli, sergente radiotelegrafista (disperso) – Ermanno Fuser, elettricista (disperso) –  Alessandro Gambini, fuochista (disperso) – Aldo Gams, marinaio (disperso) – Gaetano Gangarossa, fuochista, 21 anni, da Porto Empedocle (disperso) – Osvaldo Garbati, fuochista (disperso) – Fortunato Genangeli, sergente meccanico (disperso) – Alfonso Ghezzi, capo meccanico, 31 anni, da Prata Camportaccio (disperso) – Claudio Giannini, sergente cannoniere (deceduto) – Italo Giannini, sottocapo cannoniere (disperso) – Giuseppe Giordano, sottocapo elettricista (disperso) – Alfeo Giorgetti, fuochista (disperso) – Bruno Giubilei, nocchiere (disperso) – Pietro Giugliano, fuochista (disperso) – Enrico Giuntini, cannoniere (disperso) – Angelo Grassi, sottocapo cannoniere (disperso) –  Ciro Grossi, secondo capo furiere (disperso) – Giovanni Ierala, sottocapo infermiere (disperso) – Antonio Improta, specialista direzione del tiro (disperso) – Accursio Indelicato, marinaio (disperso) – Francesco Isgrò, marinaio (disperso) – Salvatore La Rosa, fuochista (disperso) –  Vincenzo Lamia, nocchiere (disperso) – Castone Lanza, secondo capo meccanico (disperso) – Michele Lavafila, cannoniere (disperso) – Vittorio Levi, fuochista (disperso) – Salvatore Licata, marinaio, 23 anni, da Licata (disperso) – Antonio Limpido, fuochista (disperso) – Pietro Livigni, silurista (disperso) – Felice Lorenzut, marinaio (disperso) – Giulio Lotterò, fuochista (disperso) – Antonio Maddaluno, sottocapo cannoniere (disperso) – Luigi Maio, cannoniere (disperso) – Mauro Malone, cannoniere (disperso) – Oberto Manfredi, sottotenente di vascello (disperso) – Giuseppe Mangione, sottocapo specialista direzione del tiro (disperso) – Raffaele Mantone, sottocapo segnalatore (disperso) – Marcello Marangoni, sottocapo elettricista (disperso) – Mario Marini, sergente silurista (disperso) – Emanuele Marini, marinaio (disperso) – Arturo Martinotti, sottocapo silurista (disperso) (decorato) – Bruno Marzolla, fuochista (disperso) – Giuseppe Masiello, sottocapo radiotelegrafista (disperso) – Carlo Masotti, capo meccanico (disperso) – Giuseppe Mattei, secondo capo meccanico (disperso) – Giuseppe Mazzilli, capo meccanico (disperso) – Giovanni Millo, elettricista (disperso) – Luigi Minetto, specialista direzione del tiro (disperso) – Luigi Miniussi, fuochista (disperso) – Pietro Misuraca, sottocapo silurista (disperso) – Mario Mittino, elettricista (disperso) – Giorgio Modugno, capitano del Genio Navale (direttore di macchina) (deceduto) (MOVM) – Giuseppe Monaldini, fuochista (disperso) – Giovanni Mondera, nocchiere (disperso) – Michele Montalto, marinaio (disperso) – Umberto Morelli, segnalatore (disperso) – Giovanni Moretta, secondo capo cannoniere (disperso) – Vittorio Mucci, cannoniere (disperso) – Francesco Musicò, cannoniere (disperso) – Italo Naitana, nocchiere (disperso) – Sicialfredo Navilli, cannoniere (disperso) – Giovanni Negrich, marinaio (disperso) – Renzo Nesti, sottocapo cannoniere (disperso) – Vittorio Nicoli, cannoniere (disperso) – Onofrio Nocerino, marinaio (disperso) – Aldo Novelli, cannoniere (disperso) – Ivan Occhiali, cannoniere (deceduto) – Alessandro Ottolino, marinaio (disperso) – Tommaso Ottonello, marinaio (disperso) – Giuseppe Panarinfo, maestrino ufficiali (deceduto) – Egidio Panigo, capo cannoniere (disperso) – Nicola Paparella, cannoniere (disperso) – Bartolomeo Parodi, capo (disperso) – Giuseppe Parrella, secondo capo radiotelegrafista (deceduto) – Arturo Penitenti, cannoniere (disperso) (decorato) – Salvatore Peraino, specialista direzione del tiro (disperso) – Giacinto Perfetti, fuochista (disperso) – Pietro Piacquadio, sottocapo cannoniere (disperso) – Duilio Picchianti, marinaio (disperso) – Gastone Picciolut, fuochista (disperso) – Andrea Polatri, fuochista (disperso) – Francesco Ponticiello, capo segnalatore (disperso) – Paolo Proietto, marinaio (disperso) – Antonio Protopapa, fuochista (disperso) – Giovanni Raffaelli, elettricista (disperso) – Gaetano Reitano, marinaio (disperso) – Alessandro Rezzi, meccanico (disperso) – Rosario Ritunno, marinaio (disperso) – Rocco Rizzi, specialista direzione del tiro (disperso) (MBVM) – Domenico Robusto, marinaio (disperso) –  Giovanni Romano, cuoco ufficiali (disperso) – Siro Rossi, capo meccanico (deceduto) – Beniamino Ruggero, secondo capo radiotelegrafista (deceduto) – Romeo Salvi, elettricista (disperso) – Francesco Sanfilippo, fuochista (disperso) – Luigi Sarnataro, fuochista (disperso) –  Giovanni Savini, marinaio (disperso) – Giuseppe Scaglia, silurista (disperso) – Mario Scavo, radiotelegrafista (disperso) – Gilberto Schillani, fuochista (disperso) – Alfredo Schiocchetti, capo meccanico (disperso) –  Vincenzo Scialone, fuochista (disperso) – Antonio Sciutto, sergente cannoniere (disperso) – Vincenzo Scoglio, marinaio (disperso) – Vittor Ugo Scortichini, sottocapo radiotelegrafista, 21 anni, da Fabriano (disperso) – Vincenzo Scuderi, cannoniere (disperso) – Nicola Sernicola, sottocapo meccanico, 29 anni, da Cava de’ Tirreni (disperso) – Augusto Simonelli, nocchiere di seconda classe (disperso) (decorato) – Giuseppe Soave, secondo capo (disperso) – Gino Squizzato, elettricista (disperso) – Paolo Stabile, cannoniere (disperso) – Giuseppe Tassoni, sottocapo cannoniere (disperso) – Antonio Testi, secondo capo cannoniere (disperso) – Giuseppe Tiralongo, sottocapo radiotelegrafista (disperso) – Marino Torregiani, cannoniere (disperso) – Salvatore Toscano, capitano di vascello (comandante; caposquadriglia della IX Squadriglia Cacciatorpediniere) (deceduto) (MOVM) – Mario Trifoglio, cannoniere (disperso) – Giovanni Urbani, marinaio (disperso) – Giuseppe Valerio, fuochista (disperso) – Walter Valleri, nocchiere (disperso) – Adriano Vecchiotti, tenente commissario (disperso) – Antonio Villa, segnalatore (disperso) – Baldassarre Vinci, marinaio (disperso) – Giovanni Vitelli, sottotenente del Genio Navale Direzione Macchine (disperso)  – Giuseppe Wararan, secondo capo specialista direzione del tiro (disperso) – Luigi Zanone, cannoniere (disperso).

    28.3.1941, affonda la regia nave Carducci
    a cura Antonio Cimmino

    …regio cacciatorpediniere Carducci affondato in combattimento a Capo Matapan il 28 marzo 1941.

    28.3.1941 Regia nave Carducci - www.lavocedelmarinaio.com

    28.3.1910, un compleanno drammaticamente memorabile
    di Marino Miccoli (*)

    Il 28 marzo 1941 era il giorno del 31° compleanno di mio padre Antonio Miccoli. Era nato il 28 marzo 1910 a Spongano, un piccolo centro del Salento, in provincia di Lecce e credo che Egli tutto potesse immaginare tranne il fatto che proprio in quella notte avrebbe ricevuto il dono più prezioso che un essere umano può ricevere: salvare la propria vita.
    Dal 1938 era imbarcato, con la qualifica di Capocannoniere stereotelemetrista, sul regio incrociatore pesante Fiume e fu uno dei pochi marinai sopravvissuti all’agguato che la squadra navale inglese tese quella notte agli incrociatori della 1^ Divisione e ai CC.TT. della IX Squadriglia di scorta mentre si portavano in soccorso dell’incrociatore Pola. Quest’ultimo era immobilizzato in mezzo al mare a causa delle avarie riportate dall’apparato motore ed elettrico per il precedente siluramento avvenuto durante un attacco di idrovolanti britannici.

    Ricordo che nella sua descrizione dei fatti accaduti nella tragica notte di Capo Matapan, mio padre arrivava ad un certo punto e non riusciva più ad andare avanti nella narrazione. Egli ad un tratto, quando ricordava gli attimi successivi all’apertura del fuoco da parte delle corazzate inglesi, si interrompeva e con gli occhi arrossati e bagnati dalle lacrime scuoteva il capo, quindi si allontanava.
    Oggi, in occasione del 82° anniversario di Capo Matapan, desidero ricordare ed onorare tutti quei Marinai italiani che dopo quella tragica notte non fecero più ritorno alla base e rivolgo un rispettoso pensiero ai loro congiunti, alle madri, ai padri, alle mogli e ai figli dei Caduti e dei Dispersi.
    Onore ai Marinai caduti di Capo Matapan.

    Piazzaforte di POLA, 1938. Corso di aggiornamento riservato ai Capocannonieri Stereotelemetristi; Antonio Miccoli è il primo da sinistra.

    28.3.1941, Iside la moglie di un marinaio del Zara
    di Antonello Goi (*)

    Qualche anno fa, per una rivista di ex dipendenti Telecom, scrissi una breve biografia di una collega “centenaria” dopo averla intervistata. Riporto qui un breve passo, in ricordo di lei, scomparsa qualche anno dopo, e del marito, che partecipò alla battaglia di Capo Matapan.
    Un pensiero a tutti e due e un bacetto alla mia cara collega.
    “Iside era fedele al “suo” fidanzato, Vladimiro, che avrebbe sposato alla fine della guerra. Vladimiro, è bello ricordare anche lui, era un marinaio, sergente del Servizio Direzione di Tiro, imbarcato sull’incrociatore Zara che, all’inizio del conflitto, era inquadrato nella Iª Divisione Incrociatori della Iª Squadra di base a Taranto, quale ammiraglia di Divisione.

    Lo Zara partecipò alle principali missioni belliche della Regia Marina nella seconda guerra mondiale, come la battaglia di Capo Matapan (29 marzo 1941); in tale occasione lo Zara fu affondato. Morirono 782 dei 1148 uomini. I sopravvissuti furono internati dagli inglesi in un campo di concentramento a Johannesburg, soprannominato Zonderwater (che significa “senz’acqua). Da questo campo, dal quale ritornò nel 1947, Vladimiro scriveva tenere lettere d’amore alla sua Iside che già chiamava “moglie mia”e che sono ancora amorevolmente conservate.”

    Dello stesso argomento sul blog
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2017/02/22-2-1943-fulmini-su-zonderwater/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2017/01/18-1-1945-zonderwater-dichiarazione-di-fedelta/

    (*) Antonello Goi è deceduto nel 2020.

    28.3.1941, affonda regia nave Pola
    di Carlo Di Nitto

    Bella foto – cartolina aziendale realizzata il 5 dicembre 1931 in occasione del varo del regio incrociatore pesante “Pola” e viaggiata il 9 dicembre successivo, quattro giorni dopo la cerimonia.
    L’unità completerà l’allestimento ed entrerà in servizio il 21/12/1932.
    Costruito nei Cantieri Navali O.T.O. di Livorno, il “Pola”, classe “Zara”, dislocava 14360 tonnellate.
    Il 14 dicembre 1940 venne gravemente danneggiato durante un bombardamento aereo su Napoli che causò la perdita di 22 marinai.
    La regia nave “Pola” fu affondata durante lo scontro di Capo Matapan il 28 marzo 1941.
    Nell’affondamento persero la vita altri 336 uomini del suo equipaggio.
    ONORE AI CADUTI !

    L’EROICO REGIO INCROCIATORE PESANTE “POLA”


    BENEDICI NOI CHE VEGLIAMO IN ARMI SUL MARE
    di Marino Miccoli

    E’ la fine degli anni ’30 del secolo scorso quando ci troviamo a bordo di una veloce quanto temibile unità della Regia Marina in qualche parte del mar Mediterraneo. Tutto il personale “franco” dal servizio è stato chiamato a poppa per partecipare un particolare momento della giornata del Marinaio: l’ammainabandiera.
    Stiamo per vivere un breve frangente della vita di bordo in cui prevale la spiritualità, durante il quale il pensiero è rivolto a quanto di più caro i Marinai italiani hanno nel loro cuore. I reparti si schierano rivolgendosi verso l’estrema poppa laddove sventola la Bandiera… Marinai, Sottufficiali e Ufficiali, tutti insieme eseguono gli ordini scanditi seccamente: “EQUIPAGGIO ATTENTI… SCOPRIRSI!” Nel silenzio più assoluto tutti i presenti si tolgono il berretto; trascorrono pochi attimi ed ecco che il Guardiamarina più giovane comincia a recitare ad alta voce… “A TE, OH GRANDE ETERNO IDDIO, SIGNORE DEL CIELO E DELL’ABISSO…”
    A corredo iconografico di quanto sopra inserisco la vecchia ma bellissima quanto significativa fotografia che ho estratto dall’album del mio compianto padre Antonio Miccoli (Capocannoniere Stereo-telemetrista). Questa immagine è stata scattata alla fine degli anni ’30 del secolo scorso, proprio alla vigilia dello scoppio della II Guerra Mondiale, a poppa del Regio Incrociatore FIUME mentre l’Equipaggio recita la Preghiera del Marinaio.
    Purtroppo il FIUME, con il POLA e lo ZARA (tutti e tre superbi quanto moderni incrociatori pesanti “classe ZARA” della I Divisione) e le Cacciatorpediniere di scorta la notte del 28 marzo 1941 saranno affondati in pochi minuti nell’agguato notturno teso a largo di Capo Matapan dalla squadra navale britannica. Fu micidiale l’effetto del tiro ravvicinato guidato dal radar delle artiglierie delle corazzate inglesi sulle totalmente ignare Unità della Regia Marina. Il FIUME affondò in pochi minuti e mio padre fu tra i pochi sopravvissuti dell’Equipaggio. Quella drammatica vicenda lo segnerà profondamente per tutta la vita.


    In occasione dell’82° anniversario della carneficina che avvenne quella notte, che impropriamente talune persone male informate ancora oggi definiscono “battaglia di Capo Matapan”, con questo mio scritto desidero rispettosamente RICORDARE ed ONORARE tutti quei MARINAI ITALIANI che, a seguito di quel tragico evento, non fecero più ritorno alla base. E un altro pensiero doverosamente rivolgo alle famiglie dei Caduti e dei Dispersi in mare, le quali non hanno avuto neppure il conforto di recarsi in un luogo dove andare a deporre un fiore e versare le proprie lacrime.
    Mi e vi domando: giungeremo mai un giorno a vedere RIUNITI IN UN UNICO LUOGO TUTTI I LORO NOMI?


    I nomi di quei 2300 nostri valorosi MARINAI CADUTI E DISPERSI a largo di CAPO MATAPAN il 28 MARZO 1941, INCISI UNO PER UNO E IMMORTALATI NEL MARMO di un memoriale, di un sacrario edificato appositamente per loro in un luogo costiero della nostra bella Italia?
    In tal modo la memoria del loro sacrificio riceverà finalmente il dovuto riconoscimento e sarà concretamente tramandata ai posteri. Un luogo che possa costituire per tutti un imperituro e severo monito ad agire sempre in difesa e per il mantenimento di quel bene inestimabile costituito dalla PACE TRA LE NAZIONI.

    Domenico Bastianini (Tuscania (VT), 24.8.1900 – Mare, 28.3.1941)
    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    (Tuscania (VT), 24.8.1900 – Mare, 28.3.1941)


    Nacque a Tuscania (Viterbo) il 24 agosto 1900. Dopo aver conseguito la laurea in Ingegneria Navale presso la Scuola Superiore Politecnica di Napoli nell’agosto del 1922, nel settembre dello stesso anno, dopo aver brillantemente superato gli esami di concorso, venne nominato Tenente del Genio Navale in servizio permanente effettivo a nomina diretta ed ammesso all’Accademia Navale di Livorno.
    Al termine dei Corsi in Accademia prestò servizio, in tempi successivi: presso la Direzione delle Costruzioni Navali di La Spezia, a Navalgenio Trieste ed ebbe importanti imbarchi su varie unità di superficie. Dal dicembre 1931 al dicembre 1934, nel grado di Capitano, fu Assistente Tecnico dell’Addetto Navale a Londra e partecipo poi alle operazioni militari in Spagna ed alla Campagna d’Albania, nel grado di Maggiore G.N. ed in seguito fu imbarcato su un incrociatore.
    Promosso Tenente Colonnello imbarcò prima sull’incrociatore Trento con il quale partecipò alla battaglia navale di Punta Stilo, e dal dicembre 1940 sull’incrociatore Zara con l’incarico di Capo Servizio G.N. aggiunto della Squadra Navale. Nell’azione navale del 28 marzo 1941 lo Zara, che alzava l’insegna del Comando della 1a Divisione Incrociatori diresse, con l’incrociatore Fiume e 4 cacciatorpediniere, per portare assistenza all’incrociatore Pola, silurato ed immobilizzato la sera dello stesso 28 marzo, ma sorpreso con le altre Unità dalle navi da battaglia britanniche Valiant, Barham, a Warspite, delle quali non era nota la loro presenza nella zona, fu improvvisamente colpito dal tiro nemico che provocò gravi avarie, vasti incendi e l’immobilizzazione dell’Unità, per cui ne venne deciso l’autoaffondamento. Con fredda determinazione e con l’aiuto di pochi animosi Domenico Bastianini si portava nei locali inferiori con l’intento di aprire le valvole, onde accelerare l’affondamento della nave, e scompariva con essa.

    Medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria con la seguente motivazione:
    Ufficiale superiore del Genio Navale, dotato di grande intelligenza, vasta capacità professionale ed elevatissime qualità morali e di carattere, aveva sempre sollecitato destinazioni dove più intensa fosse l’attività e più vivo il rischio. Con lo stesso spirito entusiasta con cui aveva preso parte alla guerra antibolscevica di Spagna ed era volontariamente sbarcato fra i primi nelle operazioni per l’occupazione dell’Albania, allo scoppio del nuovo conflitto insistentemente aveva chiesto il privilegio e l’onore di trovarsi a bordo per prendere parte più attivamente alla lotta.
    Capo servizio del Genio Navale aggiunto della Squadra Navale, già segnalatosi durante un bombardamento aereo nemico per il pronto ricupero e la rapida disattivazione di una bomba inesplosa, partecipava con immutato, entusiastico ardimento su di un incrociatore ad una delicata missione offensiva nel Mediterraneo Orientale.
    Durante breve combattimento contro forze corazzate nemiche, presente ove maggiore era il pericolo, si dedicava con tutte le sue energie agli ordini del Comandante, ad arginare le gravi conseguenze, causate dai colpi nemici e dai violenti incendi.
    Smantellate le torri ed immobilizzate le macchine dal tiro dei grossi calibri, nonostante fosse dato l’ordine di abbandonare la nave, rimaneva a bordo per dare ancora la sua opera generosa alla distruzione dell’unità piuttosto che vederla catturata dal nemico. Con fredda decisione, con sereno spirito di sacrificio, egli con pochi animosi scendeva nei locali inferiori senza aria e senza luce e provvedeva all’apertura delle valvole di allagamento e delle portellerie ed allo sfondamento degli scarichi dei condensatori. Nell’ardua fatica lo illuminava l’amore alla sua nave, lo sosteneva il palpito del suo cuore generoso.
    Con l’unità che qualche istante dopo si inabissava nel vortice dell’esplosione, eroicamente scompariva: nobile esempio di attaccamento al dovere e di indefettibile amor di Patria” – Mediterraneo Orientale, 28 marzo 1941.

    Alla Medaglia d’Oro al Valore Militare Domenico Bastianini è stata dedicata  La Scuola Sottufficiali della Marina La Maddalena. Inaugurata nel 1949 con il nome “Gruppo Scuole C.E.M.M.”, è istituito alla Maddalena il Comando Scuole Corpi Equipaggi Militari Marittimi”.

    L’inizio ufficiale delle attività è il 10 marzo 1949 con i Corsi Ordinari per le categorie Nocchieri, Segnalatori, Furieri, Cuochi e Infermieri si sarebbero tenuti nella nuova Scuola C.E.M.M.
    Il 1 ottobre 1952 entrano nella sede più scuole di diverse categorie. Il Gruppo Scuola C.E.M.M. di La Maddalena fu ridefinito Scuola Meccanici e Scuola Motoristi Navali.

    Nuovi corsi
    Nel 1960 completò i corsi per le categorie Nocchieri, Nocchieri di Porto e Palombari trasferitesi a La Maddalena. La Maddalena ha formato anche gli Infermieri. Poi le Scuole Furieri e dei Servizi Logistico-Amministrativi, dal 1975 si trasferiscono definitivamente a Taranto.
    Dal 1° Maggio 1978 il nome di Gruppo Scuole C.E.M.M. mutò in quella di “Scuola Allievi Sottufficiali M.M.”. Dal 1980 con la chiusura della “Caserma Faravelli” si stabilì definitivamente, nell’attuale sito, iniziando un programma di riorganizzazione interna.
    Nel 1982 prende il nome di “Scuola Sottufficiali Marina Militare”, articolata sugli elementi formativi “Direzione Corsi Sottufficiali”, “Direzione Corsi Allievi” e “Direzione Studi”. 1999 la Direzione Corsi Allievi cambia nome in Direzione Scuola Operatori e la Direzione Corsi Sottufficiali ha assunto la denominazione di “Direzione Corsi  Marescialli”.

    Riorganizzazioni
    Negli ultimi anni la Scuola ha subito infine varie riorganizzazioni interne, legate alle mutate esigenze di formazione del personale della Forza Armata ed alle concomitanti riorganizzazioni dei Comandi presenti a La Maddalena. Attualmente è articolata su una “Direzione Studi” e due “Direzioni Corsi” (Corsi Operatori e Corsi Speciali), affiancate dai diversi Servizi che si occupano del necessario supporto tecnico, logistico ed Amministrativo  esteso a tutti i Comandi presenti.
    La Scuola Sottufficiali della Marina La Maddalena provvede alla formazione etica, militare e tecnico-professionale del personale della Marina Militare Italiana:

    1. nocchieri,
    2. nostromi,
    3. tecnici di macchina,
    4. nocchieri di porto/ Guardia costiera

    Provvede inoltre alla formazione ed all’abilitazione del personale di altre Forze Armate per il:

    1. comando e condotta mezzi navali;
    2. condotta impianti di propulsione.

    La Scuola Sottufficiali della Marina La Maddalena assolve infine al supporto logistico, tecnico ed amministrativo per gli Enti ed i Comandi nell’area operativa del Nord Sardegna.
    L’attività formativa viene disimpegnata con una grossa componente addestrativa (circa 34 %) ed un programma di insegnamento (circa il 66 %) con una media del 30 % di attività teorica e del  36 % di attività pratica.
    Per poter adempiere con la massima efficienza ai compiti assegnati la Scuola impiega stabilmente oltre 420 uomini e donne tra militari (74 Ufficiali, 158 Sottufficiali, 95 truppa) e personale civile  (94 unità tra insegnanti civili e personale di supporto).
    Gli edifici destinati all’insegnamento e le vaste strutture addestrative, ricettive, ricreative e sportive della Scuola si sviluppano in un’area di oltre 150.000 metri quadrati.
    (fonte Marina Militare)

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    24.3.1928, varo del regio sommergibile Giovanni Bausan

    di Adriano Di Nitto, Carlo Di Nitto e Antonio Cimmino (*)

    Caratteristiche tecniche
    Cantiere: C.N.T. – Monfalcone
    Impostazione: 20.1.1926
    Varo: 24.3.1928
    Consegna: 15.9.1929
    Consegna bandiera di combattimento: 4.11.1929
    Disarmo: 18.5.1942
    Radiazione: 18.10.1946
    Dislocamento. 880,178 t (in superficie) – 1058,093 t (in immersione)
    Dimensioni: Lunghezza 68,2 mt – Larghezza 6,088 mt – immersione  4,848
    Apparato Motore : 2 Motori Diesel Tosi – 2 Motori Elettrici C.G.E.
    Potenza: motori a scoppio: 2700 hp – motori Elettrici: 1100 hp
    Velocità massima: 15 nodi (superficie) – 8,2 nodi (immersione)
    Autonomia: 4200 miglia a 9 nodi (superficie) –  8,2 miglia a 8,2 nodi (immersione)
    Armamento: 4 Tls da 533 mm Ant. – 2 Tls da 533 mm Post.  – 1 cannone da 102/35 mm – 2 mitragliere da 13,2 mm 168 proiettili per cannone
    Equipaggio: 5 ufficiali, 44 (tra sottufficiali e marinai)
    Motto: ” Per maria per hostes” (Per i mari in cerca del nemico)
    fonti bibliografiche e fotografiche:
    “Sommergibili italiani” – di A. Turrini/O.Mozzi – U.S.M.M.

    Consegna della bandiera di combattimento al regio sommergibile “Giovanni Bausan” avvenuta a Gaeta il 4/11/1929.
    Foto scattata da Torquato Ciacchi e per gentile concessione della famiglia nella persona di Giovanna Ciacchi.
    Per curiosità, la Madrina del sommergibile “Giovanni Bausan” fu la signora Riccio-Alleva, mentre il comandante che la accolse fu il Capitano di Corvetta Fontana.


    Giovanni Bausan
    di Antonio Cimmino e Carlo Di Nitto

    …e l’ammiraglio Francesco Caracciolo.

    Un mese prima dell’instaurazione della Repubblica napoletana, all’arrivo dei francesi in città il 21 dicembre 1798, il re Ferdinando IV con tutta la famiglia e i suoi ministri, scappò da Napoli a Palermo imbarcandosi sul Vanguard, vascello al comando di Orazio Nelson. Il monarca del Regno delle Due Sicilie preferì la nave inglese al Sannita, il vascello napoletano comandato dall’ammiraglio Francesco Caracciolo. La consistente flotta borbonica, su subdolo suggerimento inglese, fu fatta incendiare nel porto di Napoli e nell’arsenale di Castellammare di Stabia, per non farla cadere nelle mani dei francesi.

    La traversata fu caratterizzata da una violenta tempesta che si protrasse fino all’imbocco della rada di Palermo. Nelson non riusciva a governare la nave per entrare in porto. Caracciolo, invece, con perfetta padronanza della situazione attraccò con un’ardita manovra a Palermo. Egli mandò Giovanni Bausan di Gaeta, comandante della corvetta Aurora che si trovava in rada, in aiuto della nave inglese in difficoltà. Il Bausan con una piccola imbarcazione sfidando i marosi, si portò sul Vanguard e, assunto il comando, lo pilotò fino al molo. Il re, che aveva preferito il grande ammiraglio inglese, suggeritogli anche dal ministro John Acton, elogiò pubblicamente il suo ammiraglio davanti ad un Nelson furibondo. Caracciolo si congedò dalla Marina e tornò a Napoli ove fu convinto ad aderire alla Repubblica assumendo il comando della sua piccolissima flotta composta di qualche fregata e barche cannoniere. Anche Bausan seguì il suo ammiraglio nella sfortunata avventura repubblicana.


    La perizia marinaresca del Caracciolo che aveva umiliato il baldanzoso Nelson considerato il miglior ammiraglio del Mediterraneo, generò un odio profondo dell’inglese nei confronti del napoletano.
    Quando la Repubblica fu sconfitta nel mese di giugno del 1799, il Caracciolo fu processato per tradimento e condannato a morte. A presiedere la corte marziale fu proprio Nelson che non volle ascoltare la richiesta del Caracciolo di essere fucilato. Egli per oltraggiarlo lo fece impiccare al pennone dell’albero di trinchetto della corvetta Minerva, la nave che era stata comandata proprio dal Caracciolo. Al marinaio che, piangendo indugiava a mettergli il cappio intorno al collo Caracciolo lo esortò dicendogli “Sbrigati: è ben grazioso che, mentre io debbo morire, tu debbi piangere”.

    Dopo l’impiccagione il corpo, per ulteriore sfregio, venne gettato in mare. Solo dopo alcuni giorni il cadavere, gonfio d’acqua, riemerse sotto il vascello Foudroyant, la nave ammiraglia di Nelson ove era ospite Ferdinando IV, da poco arrivata dalla Sicilia. Alla spettrale scena assistette anche Emma Hamilton l’amante di Nelson e l’ambasciatore inglese William Hamilton.


    Dello stesso argomento sul blog
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2016/06/il-processo-allammiraglio-francesco-caracciolo/

    A proposito di Giovanni Bausan
    di Carlo Di Nitto

    Il gaetano Giovanni Bausan avrebbe poi avuto occasione, in altre e diverse circostanze, di umiliare i superbi inglesi con la sua perizia marinaresca. Di seguito il quadro, conservato nella Reggia di Caserta; raffigurante il re Gioacchino Murat che, sul ponte della fregata Cerere, si congratula con il Bausan e i suoi marinai, vittoriosi sui “figli di Albione, dopo la seconda battaglia del “Canale di Procida” del 26 giugno 1809. Il dipinto è opera del pittore Guillame – Desirè Descamps.

    (*) per conoscere gli altri articoli degli autori digita sul motore di ricerca del blog i loro nome e cognome.

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia

    24.3.1943, affonda la regia nave Ascari e la regia nave Maolocello

    di Carlo Di Nitto

    Il regio cacciatorpediniere “Ascari” classe “Soldati” (prima serie) dislocava 2460 tonnellate a pieno carico. Impostato nei Cantieri Navali O.T.O di Livorno l’11 dicembre 1937, fu varato il 31 luglio 1938 ed entrò in servizio il 6 maggio 1939.
    La sua attività nel periodo prebellico si limitò soltanto a compiti addestrativi e ad alcune crociere nelle acque del Dodecaneso e dell’Africa Settentrionale.
    Partecipò intensamente alle operazioni belliche del secondo conflitto mondiale totalizzando 152 missioni per scorta forze navali, scorta convogli, ricerca e caccia antisommergibile, percorrendo 59.000 miglia.
    Numerosi furono gli episodi significativi della sua attività bellica. Tra questi: nel 1940, partecipazione alla Battaglie di Punta Stilo e di Capo Teulada; nel 1941,  partecipazione alla Prima Battaglia della Sirte; nel 1942, partecipazione alla Seconda Battaglia della Sirte, alla Battaglia di Pantelleria e all’Operazione Mezz’Agosto.


    Nella notte del 24 marzo 1943 era partito da Palermo per trasportare a Tunisi un reparto di soldati tedeschi e si era riunito con i cacciatorpediniere “Malocello”, “Pancaldo” e “Camicia Nera” impegnati in analoga missione. Verso le 07.30 il “Malocello”urtò contro un mina; l’ ”Ascari” accorse per prestargli assistenza ma investì anch’esso due mine dello stesso sbarramento che gli asportarono prima la prora e poi la poppa. Danneggiato così gravemente, affondò alle ore 13.20 a circa 28 miglia a nord di Capo Bon (Tunisia).
    Nell’evento persero la vita 193 suoi Marinai ed oltre 270 militari tedeschi.
    ONORE AI CADUTI.

    Morirono il comandante Capitano di Fregata Mario Gerini e  193 uomini dell’equipaggio su un totale di 325, più un centinaio di soldati tedeschi imbarcati sull’unità.

    Storia
    Nella notte tra il 23 ed il 24 marzo 1943, al comando del capitano di fregata Mario Gerini partì da Palermo come capo formazione di un gruppo di cacciatorpediniere (Malocello, Pancaldo e Camicia Nera) che avrebbero dovuto trasportare truppe tedesche a Tunisi; le altre tre navi, partite da Pozzuoli, si congiunsero con l’Ascari nella mattinata del 24 Alle 7.18 del 24 marzo, mentre navigava a 27 nodi con rotta a zig zag poco distante da Capo Bon, il Malocello urtò una mina e si fermò con gravi danni, sbandando. Il comandante Gerini ordinò a Pancaldo e Camicia Nera di proseguire per la destinazione (ove giunsero indenni), mentre l’Ascari si fermò per soccorrere il Malocello; la nave affiancò l’unità danneggiata ed iniziò a trasbordarne equipaggio e truppe, ma il sistema «TAG» rilevò un siluro obbligando l’Ascari ad accelerare ed allontanarsi dal Malocello; dopo aver gettato otto bombe di profondità, la nave tornò verso il cacciatorpediniere agonizzante, ma urtò una mina che provocò il distacco della zona prodiera. Nel frattempo, alle 8.45, il Malocello s’inabissò rovesciandosi e spezzandosi in due. L’Ascari resse il danno e poté restare in zona: per cinque ore, mentre le motolance del cacciatorpediniere facevano la spola recuperando i naufraghi della nave affondata, a bordo dell’Ascari si lavorò per rafforzare le paratie, liberare gli uomini rimasti intrappolati nelle lamiere della prora, tenere in funzione le macchine, rifocillare feriti e naufraghi, trovare la posizione dei campi minati; molti intonarono inni patriottici. Poi, mentre il cacciatorpediniere andava a marcia indietro per portarsi nelle vicinanze di altri zatterini, urtò una mina che gli asportò la poppa sino all’altezza del quadrato ufficiali. Con l’unità ormai ridotta ad un relitto alla deriva, tutti gli uomini furono radunati in coperta; alcuni aerei gettarono degli zatterini, che vennero trascinati via dal vento. All’una del pomeriggio l’Ascari urtò una terza mina a centro nave e, abbandonato dall’equipaggio, affondò rapidamente spezzato in due: l’unità s’inabissò alle 13.12, circa 25 miglia a settentrione di Zambretta (Tunisia) e 28 nord di Capo Bon.
    Quattro ore dopo l’affondamento alcuni MAS partiti da Biserta e Pantelleria recuperarono i sopravvissuti delle due navi: 96 ufficiali e marinai degli equipaggi (su 489) ed un centinaio di militari tedeschi (su 650).
    Dell’Ascari scomparvero in mare il comandante Gerini e 193 tra ufficiali, sottufficiali e marinai (i sopravvissuti furono invece 53), oltre a qualche centinaio di militari tedeschi.

    Il regio cacciatorpediniere Ascari – Risposte ai familiari
    di Claudio Confessore
    Riceviamo e con immenso orgoglio ed infinito ringraziamento pubblichiamo in risposta all’articolo in data 24.4.2013:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2013/03/24-3-1943-regio-cacciatorpediniere-ascari/
    Per quanto riguarda le notizie richieste dai parenti dei marinai imbarcati sul regio cacciatorpediniere Ascari, incrociando i dati del sito di ONORCADUTI con l’Albo d’Oro della Marina Militare, emergono i seguenti dati:
    – per la signora Maria Grazia confermo che il Capo 1^ Classe telegrafista Sollai Plinio nato a Suelli il 5 giugno 1907 è morto il 24 marzo 1943 nell’affondamento del CT Ascari a circa 28 miglia a Nord di Capo Bon (Tunisia). Corpo recuperato e tumulato nel cimitero di Cefalù.
    -Per il signor Angelo segnalo che il Marò Papa Annunziato nato a Bonifati il 28 marzo 1922 è morto il 24 marzo 1943 nell’affondamento del CT Ascari a circa 28 miglia a Nord di Capo Bon (Tunisia). Corpo recuperato. Secondo la banca dati di ONORCADUTI risulta deceduto a Trabia e sono indicati due luoghi di sepoltura una presso l’Ossario dei P.P. Cappuccini di Catania e l’altro presso il Sacrario Militare “Cristo Rè” di Messina. Non è una novità trovare due luoghi di sepoltura diversi poiché è possibile che sia stato sepolto prima in un cimitero comunale, in questo caso Catania, e poi la salma traslata al Sacrario di Messina. E’ possibile anche viceversa, ovvero la salma era al Sacrario e poi i parenti hanno voluto la sepoltura in un altro luogo. Inoltre, per definire con precisione il luogo di morte occorre vedere cosa è scritto nel registro del luogo di sepoltura. Se la data è il 24 marzo del 1943 la morte è avvenuta in mare (dato di ONORCADUTI errato) se la data è diversa può essere stato recuperato ferito e morto successivamente (dato Albo d’Oro errato). Consiglio il Sig. Angelo di telefonare prima al Sacrario di Messina ed in caso negativo al cimitero di Catania. In caso di ricerca negativa porre il quesito a ONORCADUTI che potrebbe avere dei documenti all’argomento.

    – Per il sig. Alberto evidenzio che nell’Albo d’Oro della Marina risulta che il Marò Nocchiere Pelletti Giacinto nato a Lecce il 11 febbraio 1923 è morto il 24 marzo 1943 nell’affondamento del CT Ascari a circa 28 miglia a Nord di Capo Bon (Tunisia). Nell’ultima colonna dell’Albo è indicata la nota generale “2” che significa “disperso” per cui la salma non è stata trovata. Non si può escludere che sia all’interno della nave che giace su un fondale superiore ai 2000 metri. A conferma evidenzio che nella Banca Dati di ONORCADUTI è riportata la morte ma non è indicato né il luogo di morte né quello di sepoltura.
    – Per il sig. Agostino segnalo che il Marò Cannoniere Fenaroli Alessandro nato a Tavernola Bergamasca il 15 gennaio 1923 è morto il 24 marzo 1943 nell’affondamento del CT Ascari a circa 28 miglia a Nord di Capo Bon (Tunisia). La salma è stata recuperata e tumulata inizialmente presso il cimitero di Lipari e successivamente traslata presso il cimitero di Tavernola Bergamasca.
    – Per tutti, riporto di seguito qualche dettaglio in più su nave Ascari.
    Il 23 marzo 1943 iniziò un’operazione di trasferimento di truppe tedesche dall’Italia a Tunisi. Il Cacciatorpediniere Malocello partì da Pozzuoli la sera del 23 con le navi Camicia Nera e Pancaldo ed il mattino del 24 il gruppo di navi si riunì con nave Ascari, anch’essa intenta a trasportare dei tedeschi, proveniente da Palermo. Il Comandante di nave Ascari, il Capitano di Fregata Mario Gerini, assunse il Comando della formazione. Alle 07.30 il Malocello urtò contro una mina posata alcuni giorni prima dal posamine britannico Abdiel, che scoppiò al centro nave. Il Comandante dell’Ascari dopo aver ordinato al Pancaldo e al Camicia Nera di proseguire per la destinazione, ove giunsero indenni, rimase in zona per soccorrere il CT Malocello su cui alle 08.35 fu dato l’ordine di abbandonare la nave che alle 08.45 affondò spezzandosi in due. Anche l’Ascari, mentre soccorreva i naufraghi del Malocello, investì alcune mine che scoppiando asportarono prima la prora, poi la poppa ed infine provocarono l’affondamento completo della nave alle 13,20.
    Quattro ore dopo l’affondamento dell’Ascari (e quasi nove dopo quello del Malocello) alcuni MAS partiti da Biserta e Pantelleria recuperarono i sopravvissuti delle due navi: 96 ufficiali e marinai degli equipaggi (su 489) ed un centinaio di militari tedeschi (su 650).
    Notizie dettagliate sulla storia e sulla attività del RCT Ascari si trovano su Wikipedia all’indirizzo:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Ascari_%28cacciatorpediniere%29
    Il punto di affondamento è a circa 28 miglia a nord di Capo BON su fondali tra 2000 e 3000 metri.

    Gino Battaglioli
    a cura Carlo Di Nitto


    
2° Capo Silurista Gino Battaglioli, caduto nell’affondamento del Regio Cacciatorpediniere “Malocello”.
    Mare Mediterraneo (a Nord di Capo Bon – Tunisia), 24 marzo 1943.

    A tal proposito,
    Ricevemmo e con immenso orgoglio ed infinito ringraziamento pubblicammo in risposta all’articolo in data 24.4.2013:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2013/03/24-3-1943-regio-cacciatorpediniere-ascari/

    Per quanto riguarda le notizie richieste dai parenti dei marinai imbarcati sul regio cacciatorpediniere Ascari, incrociando i dati del sito di ONORCADUTI con l’Albo d’Oro della Marina Militare, emergono i seguenti dati:
    –  per la signora Maria Grazia confermo che il Capo 1^ Classe telegrafista Sollai Plinio nato a Suelli il 5 giugno 1907 è morto il 24 marzo 1943 nell’affondamento del CT Ascari a circa 28 miglia a Nord di Capo Bon (Tunisia). Corpo recuperato e tumulato nel cimitero di Cefalù.

    –  per il signor Angelo segnalo che il Marò Papa Annunziato nato a Bonifati il 28 marzo 1922 è morto il 24 marzo 1943 nell’affondamento del CT Ascari a circa 28 miglia a Nord di Capo Bon (Tunisia). Corpo recuperato. Secondo la banca dati di ONORCADUTI risulta deceduto a Trabia e sono indicati due luoghi di sepoltura una presso l’Ossario dei P.P. Cappuccini di Catania e l’altro presso il Sacrario Militare “Cristo Rè” di Messina. Non è una novità trovare due luoghi di sepoltura diversi poiché è possibile che sia stato sepolto prima in un cimitero comunale, in questo caso Catania, e poi la salma traslata al Sacrario di Messina. E’ possibile anche viceversa, ovvero la salma era al Sacrario e poi i parenti hanno voluto la sepoltura in un altro luogo. Inoltre, per definire con precisione il luogo di morte occorre vedere cosa è scritto nel registro del luogo di sepoltura. Se la data è il 24 marzo del 1943 la morte è avvenuta in mare (dato di ONORCADUTI errato) se la data è diversa può essere stato recuperato ferito e morto successivamente (dato Albo d’Oro errato). Consiglio il Sig. Angelo di telefonare prima al Sacrario di Messina ed in caso negativo al cimitero di Catania. In caso di ricerca negativa porre il quesito a ONORCADUTI che potrebbe avere dei documenti all’argomento.

     per il sig. Alberto evidenzio che nell’Albo d’Oro della Marina risulta che il Marò Nocchiere Pelletti Giacinto nato a Lecce il 11 febbraio 1923 è morto il 24 marzo 1943 nell’affondamento del CT Ascari a circa 28 miglia a Nord di Capo Bon (Tunisia). Nell’ultima colonna dell’Albo è indicata la nota generale “2” che significa “disperso” per cui la salma non è stata trovata. Non si può escludere che sia all’interno della nave che giace su un fondale superiore ai 2000 metri. A conferma evidenzio che nella Banca Dati di ONORCADUTI è riportata la morte ma non è indicato né il luogo di morte né quello di sepoltura.

    – Per il sig. Agostino segnalo che il Marò Cannoniere Fenaroli Alessandro nato a Tavernola Bergamasca il 15 gennaio 1923 è morto il 24 marzo 1943 nell’affondamento del CT Ascari a circa 28 miglia a Nord di Capo Bon (Tunisia). La salma è stata recuperata e tumulata inizialmente presso il cimitero di Lipari e successivamente traslata presso il cimitero di Tavernola Bergamasca.

    Per tutti, riporto di seguito qualche dettaglio in più su nave Ascari.
    Il 23 marzo 1943 iniziò un’operazione di trasferimento di truppe tedesche dall’Italia a Tunisi. Il Cacciatorpediniere Malocello partì da Pozzuoli la sera del 23 con le navi Camicia Nera e Pancaldo ed il mattino del 24 il gruppo di navi si riunì con nave Ascari, anch’essa intenta a trasportare dei tedeschi, proveniente da Palermo. Il Comandante di nave Ascari, il Capitano di Fregata Mario Gerini, assunse il Comando della formazione. Alle 07.30 il Malocello urtò contro una mina posata alcuni giorni prima dal posamine britannico Abdiel, che scoppiò al centro nave. Il Comandante dell’Ascari dopo aver ordinato al Pancaldo e al Camicia Nera di proseguire per la destinazione, ove giunsero indenni, rimase in zona per soccorrere il CT Malocello su cui alle 08.35 fu dato l’ordine di abbandonare la nave che alle 08.45 affondò spezzandosi in due. Anche l’Ascari, mentre soccorreva i naufraghi del Malocello, investì alcune mine che scoppiando asportarono prima la prora, poi la poppa ed infine provocarono l’affondamento completo della nave alle 13,20.
    Quattro ore dopo l’affondamento dell’Ascari (e quasi nove dopo quello del Malocello) alcuni MAS partiti da Biserta e Pantelleria recuperarono i sopravvissuti delle due navi: 96 ufficiali e marinai degli equipaggi (su 489) ed un centinaio di militari tedeschi (su 650).
    Notizie dettagliate sulla storia e sulla attività del RCT Ascari si trovano su Wikipedia all’indirizzo:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Ascari_%28cacciatorpediniere%29
    Il punto di affondamento è a circa 28 miglia a nord di Capo BON su fondali tra 2000 e 3000 metri.

    Giovanni Frangipane
    di Michele Frangipane

    (Misilmeri (PA), 7.6.1914 – Mare, 24.3.1943)

    … riceviamo e con immenso orgoglio e commozione pubblichiamo.

    Buongiorno Ezio,
    ti invio due foto di mio zio Giovanni Frangipane nato a Misilmeri il 7 giugno 1914. Era imbarcato sul regio cacciatorpediniere Lanzerotto Malocello ed è deceduto il 24.3. 1943 nel Mar Mediterraneo Centrale. Era Ufficiale Medico.
    Onorato di aver servito la Marina Militare.

     

    Dante Madonna
    di Carlo Di Nitto

    (Gaeta, 24.6.1921 – Mare, 24.3.1943)

    Il Guardiamarina Dante Madonna nasce a Gaeta il 24 giugno 1921, di Salvatore e di Buonaugurio Elisabetta, disperso nell’affondamento del regio cacciatorpediniere “Lanzerotto Malocello” il 24 marzo 1943.
    Il mattino del 24 marzo 1943 il “Malocello”, partito il giorno prima da Pozzuoli, era in navigazione per trasportare a Tunisi reparti di soldati tedeschi unitamente ai CC.TT. “Camicia Nera”, “Pancaldo” e “Ascari.  Purtroppo alle ore 07.30 urtò contro una mina nemica che esplose al centro della nave. Assistito inutilmente dall’ “Ascari” alle ore 08.45, spezzato in due, affondò a circa 28 miglia a nord di Capo Bon.
    Sull’unità erano presenti 520 uomini (199 membri dell’equipaggio e 321 tedeschi). All’affondamento sopravvissero soltanto 42 marinai italiani e 38 militari germanici.
    Lo ricordiamo insieme al fratello Marciano, ufficiale di macchina,  disperso il 2 dicembre 1942 nel Canale di Sicilia nell’affondamento della Motonave trasporto truppe “Puccini”.
    ONORE AI CADUTI!
    (foto p.g.c. della Famiglia Madonna)

    Antonio Da Grada (Corsico, 2.8.1923 – Mare, 24.3.1943)
    a cura Roberto Tento (*)

    (Corsico, 2.8.1923 – Mare, 24.3.1943)


    Nasce a Corsico (MI) il 2 agosto 1923, iscritto nelle liste di leva di mare del Compartimento marittimo di Genova, durante il 2° conflitto mondiale imbarcato sul regio cacciatorpediniere Ascari, fu insignito di Medaglia di Bronzo al Valor Militare con la seguente motivazione:
    Imbarcato su cacciatorpediniere durante missione di guerra in acque fortemente insidiate, colpita l’unità da offesa subacquea, con elevato sentimento del dovere e sprezzo del pericolo si prodigava per mantenere i servizi in efficienza e in seguito incessantemente per tre ore nell’opera di salvataggio dei naufraghi in mare molto agitato traendone molti ormai esausti a salvezza” (Mediterraneo Occidentale) 24.3.1943.

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

    Nicola Colonna (Campomarino, 18.8.1921 – Mare, 24.3.1943)
    a cura Vincenzo Campese (*)

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

    Adolfo Gregoretti
    di Umberto Barzaghi

    (Carrara, 25.02.1915 – Mare, 24.3.1943)


    Fra gli innumerevoli atti di valore compiuti dai Marinai d’Italia, durante il corso della II guerra mondiale, desidero ricordare l’eroico comportamento di un mio Concittadino: il Tenente di Vascello Adolfo Gregoretti, nato a Carrara il 25.02.1915 e scomparso a bordo del cacciatorpediniere “Lanzerotto Maloncello” il 24.03.1943 nelle acque del Mediterraneo Occidentale.
    Allievo dell’Accademia Navale di Livorno, conseguì la Nomina a Guardiamarina nel 1936 e la promozione a Sottotenente di Vascello nel 1937. Dopo imbarco sull’Incrociatore pesante “Fiume” venne assegnato all’Incrociatore leggero “Alberto da Giussano”, affondato durante un combattimento notturno nel canale di Sicilia la notte del 13.12.1941. Durante le operazioni di abbandono nave, Adolfo Gregoretti si era talmente prodigato per disciplinare il salvataggio del personale, gettandosi anche in mare per soccorrere i naufraghi più bisognosi, da meritare il conferimento ”sul campo”, con R.D. del 26.09.1942, dietro proposta del Capo del Governo e Ministro della Marina, la medaglia di Bronzo al Valor Militare. In seguito, chiedeva di tornare a combattere ed otteneva l’imbarco prima sulla Corazzata “Roma” in qualità di Direttore del Tiro dei piccoli calibri e successivamente a bordo del Cacciatorpediniere “Lanzerotto Maloncello”, della Classe Navigatori, con l’incarico di I Direttore del Tiro.
    Il giorno 23.03.1943 il CT Maloncello (capo scorta), al comando del Capitano di Fregata Carlo Rossi, il similare CT Leone Pancaldo e il CT Camicia Nera,della Classe Soldati, lasciavano Pozzuoli con direzione Tunisi, carichi di truppe Tedesche destinate all’Afrika Korps comandata dal Feldmaresciallo Erwin Rommel. In un secondo tempo si aggiungeva alla formazione anche il CT Ascari proveniente da Palermo. Alle ore 07.28 del 24.03.1943, nei pressi di Capo Bon, il Maloncello urtava una mina che scoppiando al centro dello scafo causava, alle ore 08.45, l’affondamento dell’Unità che si spezzava in due tronconi.
    Riassumerò l’Eroico e Nobile comportamento, tenuto dal TV Adolfo Gregoretti, attraverso alcune delle commoventi testimonianze che i marinai superstiti portarono al Padre Ammiraglio.

     

    S.C.Elettr. Girobussolista Calogero Raia:
    “Senza un momento di esitazione il I D.T. Sig. Gregoretti (che era sceso allora dalla controplancia in plancia) si è occupato con grande slancio ed altruismo di tutto quanto poteva fare da un animo generoso, eroico ed altruista come il suo in un momento così tragico. Calmo, sereno, deciso, infondeva fiducia anche negli altri. Anche per l’enorme quantità di gente che c’era a bordo era difficile mantenere ordine e lui si prodigava per tutto e per tutti. Provvedeva alla distruzione delle carte segrete mettendole in cassette speciali che poi gettava a mare. Si calava, sprezzante di ogni pericolo, nel locale munizioni da dove traeva in salvo un suo cannoniere. Da un boccaporto si calava pure nel locale macchine colpito che tutti giudicavano pericolosissimo per il vapore surriscaldato che vi si sprigionava. Da li poi usciva portando sulle spalle un fuochista gravemente ferito e sanguinante mentre in quel locale tutti gli altri erano morti per lo scoppio e per il vapore. Instancabilmente si occupava di far sistemare sulle zattere i feriti perché avessero la precedenza nel salvataggio e si interessava per l’equipaggio. Poiché parecchia gente era ancora a bordo, non si è sentito di abbandonare la nave e come a testimoniare il suo attaccamento e la sua solidarietà, risaliva in plancia e rimaneva calmo e sereno a braccia incrociate sull’aletta di sinistra. Così è stato visto da moltissimi fino al momento che la nave è affondata lentamente e senza gorgo. Questo lascia adito alla speranza che nell’ultimo istante abbia potuto gettarsi a mare”.

    Fuoch. Stefano Giacobone:
    “Sul CT Maloncello tutti ammiravano Vostro figlio e gli volevano bene sia per la sua grande genialità di Direttore del Tiro e per l’affetto e la familiarità con cui trattava l’equipaggio sia per il suo coraggio. Egli si è comportato più che da Eroe”.

    Elettr. Francesco Maggiano:
    “Alle 08.35 il Comandante dette ordine di abbandonare la nave, vicino a lui c’era il Sig.Gregoretti calmo, sereno e pieno di energia. Con il suo comportamento esemplare e con il suo indomito coraggio animava tutti coloro che lo avvicinavano”.

    Fuoch. Francesco Urbani:
    “Il Sig. Direttore del Tiro TV Gregoretti godeva la simpatia e la benevolenza di tutto l’equipaggio del Maloncello per la sua bontà, per il suo coraggio e per le sue speciali doti militari. Il Vostro Glorioso, Eroico figlio molte volte si è distinto sfidando con sprezzo ogni pericolo”.

    2°C.R.T. Carlo De Paoli:
    “Al momento del sinistro Vostro figlio era in ottime condizioni fisiche e morali, già si è sempre distinto per la sua prontezza e spirito di iniziativa. L’ho visto accanto al Comandante Rossi, in plancia vicino a me, calmo in condizioni normali sebbene avesse fatto tanto per salvare parte del personale di macchina. Nella lancia che si è capovolta lui non c’era”.

    Cann. Antonio Angiolini:
    “Vi scrivo con quel sentimento di devozione sincera quale si addice a chi ha conosciuto Vostro figlio e ne è stato dipendente. L’ho visto nella plancia della nave fino all’ultimo momento. E’ rimasto al suo posto senza agitazione né si è preoccupato di prendere posto nelle zattere sulle quali aveva spinto i suoi marinai”.

    S.C.Cann. Silvio Busico:
    “Vidi il Vostro magnanimo figlio, il D.T. Tenente di Vascello Sig. Adolfo Gregoretti che, calmo e con animo sereno, gridava di soccorrere i feriti rifiutando di essere aiutato. Io lo guardavo spesso senza poterlo dimenticare perche ci amava avendo un cuore nobile e generoso. Vi posso giurare che Vostro figlio non si è mai allontanato dal suo posto di combattimento in quell’ora così tremenda e terribile per tutti noi. Egli vedendo un mio caro amico che non aveva il salvagente si levò il suo e glielo diede rimanendo impassibile di fronte ad un grande pericolo. In questi suoi mesi di imbarco sul Maloncello aiutava tutti,era molto buono e tutti gli volevano bene, specie noi puntatori che dipendevamo da lui”.

    Cann. Cosimo Zazzera:

    “Dopo il disastro, Vostro figlio ha sempre mantenuto una condotta calma dando coraggio a tutti e prestando opera di soccorso ai feriti. Vostro figlio è rimasto sulla plancia fino al momento in cui il Comandante ha dato l’ordine di abbandonare la nave, mantenendo ordine, calma e coraggio. era sprovvisto di salvagente in quanto l’aveva consegnato ad un ferito”.

    Con Decreto in data 18.03.1947 il Capo Provvisorio dello Stato ha conferito la Medaglia d’Oro alla Memoria a Gregoretti Adolfo di Giuseppe e Lea Lazzoni, nato ad Apuania Carrara il 25 Febbraio 1915 – Tenente di Vascello, con la seguente motivazione:
    Direttore del Tiro di cacciatorpediniere irrimediabilmente colpito da offesa subacquea,si prodigava con calma e perizia nelle operazioni di abbandono della Nave. Nel nobile intento di assistere i propri marinai si calava coraggiosamente in locali allagati ed invasi dal vapore, portando in salvo personale ferito. Distrutti i documenti segreti e le carte nautiche, dimentico di sé, si dedicava al salvataggio della gente, reso difficoltoso dall’infuriare del mare, e generosamente passava la propria cintura di salvataggio a marinaio che ne era sprovvisto. Nell’imminenza dell’affondamento, rifiutava di abbandonare il proprio posto prima di avere la certezza che tutto l’equipaggio lo avesse preceduto e spariva con la Nave tenendo fede fino all’ultimo all’ideale che aveva costantemente animato la sua vita di uomo d’arme e di mare, quello di essere sempre il primo nel dovere e nel sacrificio”.
    (Mediterraneo Occidentale, 24 Marzo 1943).

    Il regio cacciatorpediniere Lanzerotto Maloncello
    (Classe “Navigatori già classificato Esploratore Leggero)

    La Storia
    Il Malocello ha preso nome dal navigatore genovese Lanzerotto Malocello, nato a Varazze nel XIII secolo, scopritore delle isole Canarie. Da lui prese nome l’isola di Lanzarote.
    Il Malocello, pur essendo stato impostato in cantiere per primo, fu la quinta unità della classe ad entrare in servizio all’inizio del 1930 come esploratore leggero. Dopo pochi mesi di attività addestrativa rientrò in cantiere per essere sottoposto al primo ciclo di modifiche per il miglioramento della stabilità (alleggerimento e abbassamento delle sovrastrutture).
    Le Unità della classe “Navigatori”, al loro apparire suscitarono entusiasmi, critiche e polemiche accese in quanto racchiudevano in se pregi e difetti. Comunque i difetti, una volta ovviati, non furono tali da impedire a queste dodici Unità di compere un’attività brillantissima sia in pace che in guerra. Furono infatti fra le unità che ebbero al loro attivo il maggior numero di miglia percorse.
    Esploratore leggero della classe “Navigatori” (composta da 12 Unità: Tarigo – Malocello – Pancaldo – Da Noli – Vivaldi – Usodimare – Pessagno – Da Recco – Zeno – Da Verrazzano – Da Mosto – Pigafetta). Dal 1938 venne classificato, con i gemelli di classe, cacciatorpediniere.
    Costruito nei Cantieri Ansaldo di Sestri, venne impostato il 5/10/1926, varato il 14/3/1929 e consegnato il 18/1/1930.

    Attività
    Dopo la consegna alla Marina Militare eseguì un breve periodo di addestramento al termine del quale dovette ritornare in cantiere per lavori di alleggerimento e modifica delle sovrastrutture. Al termine, passò a far parte del 2° gruppo della Divisione Leggera.
    Partecipò (1931) alla lunga crociera atlantica in appoggio alla prima trasvolata Italia-Brasile e l’8 dicembre dello stesso anno ricevette a Genova la Bandiera di Combattimento offerta dal Comune di Varazze.
    Effettuò quindi intensa attività di squadra partecipando alle principali esercitazioni ed effettuando diverse crociere in porti esteri del Mediterraneo.
    Il 28 giugno 1935 nel corso di una manovra notturna di simulato attacco, avvenne una collisione fra o Zeno ed il Malocello; si ebbero gravi avarie alle due unità con cinque morti e sei feriti sul Malocello ed un morto e due feriti sullo Zeno.
    Dal 1936 al 1938 partecipò alle operazioni militari durante la guerra civile spagnola.
    Nel 1938 venne declassato a cacciatorpediniere ed assegnato al gruppo Ct di riserva della IV Divisione, rimanendo dislocato alla Spezia fino al 5 luglio 1939, quando partì per Tangeri in qualità di stazionario.
    Rientrato in Italia, a Livorno, venne sottoposto a grandi lavori di trasformazione e ammodernamento nel periodo 2 gennaio/31 marzo 1940.
    Il 10 giugno 1940, si trovava a Taranto come unità della 14a. Squadriglia Ct. della IV Div., 2a. Squadra.
    Partecipò inizialmente come Ct di squadra alle uscite delle navi maggiori; fu presente allo scontro di Punta Stilo, ma ben presto venne impiegato alla scorta dei convogli.
    La sua attività fu lunga e brillante; durante la scorta ai convogli attaccò più volte con bombe da getto sommergibili nemici; fu sottoposto ad attacchi aerei riuscendo sempre a disimpegnarsi senza gravi danni ed abbattendo anche alcuni velivoli inglesi; salvò numerose vite umane fra i naufraghi dei mercantili affondati.
    Nel giugno 1942 partecipò allo scontro di Pantelleria, insieme agli incrociatori Eugenio di Savoia Montecuccoli, impegnando decisamente l’avversario. Essendo stato il sezionario Vivaldi colpito dal fuoco nemico, immobilizzato ed incendiato, rimase nelle sue acque per proteggerlo; lo scortò poi in porto difendendolo anche da attacchi aerei. Per questa azione lo stendardo dell’Unità venne decorato di medaglia d’argento al V.M.
    Nell’agosto 1942 passò in riserva alla Spezia per eseguire grandi lavori. Rimase in arsenale quattro mesi, durante il corso dei quali venne dotato, unico della classe Navigatori, del radar tedesco “Dete”.
    Rientrato in armamento nel gennaio 1943, operò attivamente sulla rotta fra Trapani e Tunisi, come trasporto veloce di truppe tedesche.
    L’ultima uscita avvenne il 23 marzo 1943 da Pozzuoli, insieme al Pancaldo ed al Camicia Nera. Riunitosi il mattino seguente con l’ Ascari, il gruppo della quattro Unità cariche di truppe germaniche proseguì per Tunisi. Purtroppo alle ore 7,30 del 24 marzo, ventotto miglia a Nord di Capo Bon, il Malocello urtò contro una mina nemica che scoppiò al centro della nave. Assistito dall’Ascari, affondò poco dopo spezzato in due.
    In guerra aveva percorso 61.709 miglia per un totale di 3737 ore di moto effettuando 149 missioni di guerra fra cui 6 per ricerca nemico, 6 per posa sbarramenti torpedini, 2 per caccia antisom, 68 per scorta convogli.
    Venne ufficialmente radiato dai ruoli del Naviglio Militare il 18 ottobre1946.

    Caratteristiche tecniche
    La classe “Navigatori” aveva le seguenti caratteristiche iniziali :
    Dislocamento: 2605 tonn. (a pieno carico);
    Lunghezza: 107,7 mt.;
    Larghezza: 10,2 mt.;
    Immersione: 4,2 mt (a pieno carico);
    Apparato generatore: 4 caldaie Tipo Odero (il Malocello) con una scorta di combustibile di 630 tonn. di nafta;
    Apparato motore: 2 Turbine Parsons da 55.000 HP di potenza e n° 2 eliche a tre pale;
    Velocità massima: 38 nodi;
    Autonomia: 3800 miglia a 18 nodi;
    Armamento:
    n° 6 cannoni da 120/50 in tre impianti binati;
    n° 6 Lancia siluri da 533 in due impianti trinati;
    n° 2 mitragliere da 40/39 a.a.
    n° 4 mitragliere da 13,2 a.a. in due impianti binati
    sistemazioni per la posa di campi minati.
    L’equipaggio era formato da 173 uomini (dei quali 9 ufficiali).

    Sigla distintiva dipinta sulla prora era: MC;

    Motto: “Impedimento no mi piega”
    (secondo altre fonti “A tutti i costi”).

    Dello stesso argomento sul blog:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2021/03/24-3-1943-affondamento-regie-navi-malocello-e-ascari/