• Attualità,  Curiosità,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Racconti,  Recensioni,  Storia

    23 aprile San Giorgio: le navi della Marina Militare

    di Marino Miccoli

    Il 23 aprile di ogni anno si festeggia un grande santo: San Giorgio. La devozione verso questo Santo cavaliere è molto diffusa da tempi assai lontani in tutta la Cristianità, in Russia come in Gran Bretagna, in Italia come in Portogallo; innumerevoli sono le persone che hanno ricevuto il giorno del loro battesimo questo bel nome; esso deriva dal greco ‘ghergós’ che significa ‘agricoltore’. Più volte la Marina ha imposto il nome di San Giorgio alle sue più prestigiose unità. A tal proposito è doveroso ricordare la gloriosa vicenda del Regio Incrociatore Corazzato SAN GIORGIO, la nave che durante l’ultimo conflitto mondiale nella difesa del porto si meritò il titolo di “Leonessa di Tobruk”, proprio nel momento in cui la città della nostra colonia Libica subì l’attacco degli Inglesi. Mio zio Vittorio Polimeno (era maresciallo della Regia Aeronautica e a quell’epoca si trovava in Libia) mi narrava che la nave San Giorgio è rimasta ormeggiata nel porto di Tobruk per circa otto mesi respingendo con le sue poderose bocche da fuoco i continui ed ostinati attacchi che gli erano stati condotti contro dal mare e dal cielo. Quando apriva il fuoco con tutte le sue armi, il Regio Incrociatore si trasformava in un vero e proprio vulcano e per questo gli Inglesi, soprattutto i piloti della R.A.F., avevano imparato a temere sempre le sue energiche reazioni. Nella notte fra il 21 e il 22 gennaio 1941, dopo aver fronteggiato l’avanzata dell’VIII Armata inglese, questa superba unità che aveva partecipato a tre guerre, era autoaffondata dal suo equipaggio per evitare che cadesse in mano nemica.
    La leggenda di San Giorgio nei secoli è stata alimentata anche dal racconto che segue. Si narra che, ai tempi del Santo, in un’angusta grotta situata nei pressi di Lydda, in Terra Santa, si era rintanato un enorme drago, perciò chiunque si fosse avvicinato sicuramente sarebbe stato sbranato da quella bestia feroce e immonda che spandeva il suo puzzo mefitico e pestilenziale nell’aria circostante, ammorbandola. Dopo alcuni giorni il drago affamato si diresse verso il paese per sfamarsi con le persone che vi abitavano e siccome tutti i cittadini temevano di essere sbranati, si riunirono in assemblea e si decise di tirare a sorte per stabilire chi sarebbe stato dato in pasto per primo a quella terrificante bestia.
    Fu estratto proprio il nome di Rosella, la giovane e bella figlia del re. A bordo di una carrozza, la principessa fu condotta dinanzi alla tana del drago. La folla che l’accompagnava piangeva disperatamente per l’atroce destino al quale la fanciulla era condannata. Proprio in quel momento passò per quella contrada San Giorgio il quale, colpito dai pianti e dalle grida di dolore del popolo, ne chiese il motivo. Conosciutane la causa, il Santo si recò dal re e gli disse:
    – “Io sono Giorgio, cavaliere di Cristo, e m’impegno ad uccidere il drago crudele e a salvare la vostra adorata figliola!”.
    Il re fiducioso rispose:
    – “Oh valoroso cavaliere! Se riuscirete in quest’impresa vi darò in dono metà del mio regno!”.
    – “Non accetto nulla di ciò” rispose S. Giorgio e, dette queste parole, si fece indicare dove fosse la grotta del drago e in sella al suo candido destriero vi si diresse risolutamente.
    Giunto dov’era l’orrenda bestia, si trovò presto al suo cospetto ed ingaggiò con quella un’accesa lotta. San Giorgio stava per avere la peggio quando il suo cavallo, con un balzo prodigioso, consentì al cavaliere di trafiggere con la sua lancia il drago, uccidendolo.
    La principessa era alfine salva e con lei tutti gli abitanti del paese. Il Santo fece montare in sella al suo destriero la regale fanciulla ed insieme giunsero al palazzo. Egli consegnò Rosella al re e disse: – “Maestà, ecco vostra figlia. E’ salva!”.
    – “Prodigioso cavaliere! – esclamò esultante il re – avete mantenuto la promessa, ora io manterrò la mia!”.

    Ma San Giorgio rispose:
    – “Io voglio solo che voi, maestà, ed il vostro popolo siate battezzati nella vera fede e gridiate esultanti il nome di Cristo nostro Signore e Salvatore e di colui che ha vinto il drago selvaggio”.
    Da quel giorno nacque una grande devozione verso il Santo che presto si propagò in tutta la Cristianità.

    Forse nessun santo ha riscosso tanta venerazione popolare quanto San Giorgio e, a testimonianza di ciò, sono innumerevoli le chiese dedicate al suo nome; anche la Parrocchiale di Spongano (il mio paese d’origine, nel Salento) è stata a Lui dedicata quando fu consacrata nel lontano 1768.
    Giova precisare che non soltanto nella Cristianità, ma anche i  musulmani lo onorano; infatti gli diedero l’appellativo di ‘profeta’. Per il grande coraggio ed il valore dimostrati, fu acclamato Patrono della gente in armi e della Cavalleria in particolare.
    Le nazioni e le città che hanno eletto il Santo come proprio Patrono sono numerose: è Patrono del Portogallo, dell’Inghilterra e della Russia; il nome dello stato della Georgia (dove si festeggia il 14 agosto di ogni anno) deriva proprio da Lui; tra le diverse città prime fra tutte le città marinare di Genova, Venezia e Barcellona da cui i cavalieri Crociati partivano per l’Oriente. La croce rossa in campo bianco di San Giorgio è il vessillo della regione Lombardia e, sovrapposta alle croci di Sant’Andrea e di San Patrizio, costituisce l’Union Jack che è la bandiera della Gran Bretagna. Il Santo è ancora oggi invocato contro la peste, la lebbra, la sifilide, i morsi dei serpenti velenosi, le malattie della testa e le popolazioni dei paesi situati alle pendici del Vesuvio lo supplicano contro le devastanti eruzioni del vulcano. A conclusione di questo mio scritto voglio riportare di seguito una bella preghiera in dialetto calabrese che è stata dedicata proprio al grande santo, s’intitola:

    U vintitrì d’aprili”
    U vintitrì d’aprili
    Giorgiu Santu trapassau
    a sua santa, bella gloria
    mparadisu sa levau.
    Lu celu nci l’apriu li sacri porti,
    na quantità d’Angeli calaru
    e tutti chi cantavanu orazioni
    e cantavanu scheri scheri
    “Viva San Giorgi, nostru cavalieri!”

    Il ventitrè di aprile
    San Giorgio morì
    la sua santa, bella gloria
    in paradiso se l’è portata.
    Il cielo gli ha aperto le sacre porte,
    una quantità di Angeli scesero
    e tutti che cantavano orazioni
    e cantavano a schiere a schiere
    “Viva S. Giorgio, nostro cavaliere!”

    La storia
    Alla nave è stato assegnato il nome di San Giorgio, il soldato che fu martire in Palestina ancora prima dell’ascesa dell’Imperatore Costantino.
    L’immagine che l’unità ha adottato per il suo Crest è la riproduzione di quella che abili ed esperte mani di pittori e scultori hanno saputo interpretare e tramandare fino a noi: il coraggioso guerriero a cavallo ripreso nell’atto di trafiggere con la sua lunga lancia l’enorme drago. Di San Giorgio non è possibile tracciare il profilo della vita reale poiché essa sconfina fino a confondersi con la leggenda.
    Si narra infatti di un drago che, uscendo dalle acque di un lago, insidiava gli abitanti di una città della Palestina. Per placare l’ orribile mostro gli abitanti sacrificavano i più valenti giovani finché fu la volta della giovane e bella principessa.
    Fu in quel momento che San Giorgio, raggiunta la città e appreso il motivo del sacrificio, quando il drago uscì dall’acqua per perpetrare il sacrificio, lo inchiodò al terreno con la sua lunga lancia salvando così la principessa e gli abitanti della città. Subito la leggenda si diffuse ad Occidente e ad Oriente e la letteratura, ma soprattutto l’ arte figurativa, si impossessò del mito tramandandoci l’ immagine dell’eroico soldato vincitore.
    L’immagine a cui invece la Cristianità, attraverso i secoli ha voluto ricondurci, è quella del Santo che, con la sua grande forza sia d’animo che fisica, messa al servizio di Dio e con l’ausilio del Suo Prodigio, esalta la lotta dell’uomo contro il flagello del malefico a vantaggio dell’Umanità. San Giorgio è quindi considerato uno dei primi martiri cristiani dai contorni forti e significativi: la notevole intensità del suo volere e la determinazione delle sue azioni sublimano l’ animo verso alti valori. La figura del Santo si carica così di significati e di valori morali ed etici di tale importanza da decretare la sua nomina a patrono di Nazioni come l’Inghilterra e di città come Genova.
    È stato altresì immediato trasporre, con la figurazione, i molti e complessi valori attribuiti a San Giorgio nel significato e nell’operato a cui la nave con scopi militari e civili deve tendere. Il Crest dell’unità, come detto, è la rappresentazione iconografica di quanto l’ arte classica ha trasmesso fino a noi: un valoroso guerriero che con la sua lancia ferma sul terreno il mostruoso drago.
    Il bordo, doppiamente rifinito da una leggera corda, contiene al suo interno, divisi da due stellette, il motto, “Arremba San Zorzo” alloggiato nel semitondo superiore, e il nome dell’unità con la sigla identificativa “LPD S. Giorgio” sistemati, nel semitondo inferiore.

    Le caratteristiche tecniche dell’attuale Nave San Giorgio
    Tipologia: Nave assalto anfibio;
    Impostata il 27/05/1985;
    Varata il 21/02/1987;
    Cantieri Navali Riva Trigoso;
    Dislocamento: 7790 m;
    Lunghezza: 133,3 m;
    Larghezza: 20, 5;
    Larghezza Ponte di Volo: 20,5 m – lungh: 133,3;
    Immersione: 5,4;
    Apparato motore: 2 motori diesel GMT A-420.12, 2 assi con eliche a passo variabile e pale orientabili;
    Potenza: 12353 KW (16565,64 HP );
    Velocità: 20;
    Autonomia: 4500 mg;
    Armamento: 2 mitragliere binate da 25/90; capacità di trasporto: 350 militari delle truppe da sbarco; 36 veicoli corazzati da combattimento VCC-1 più vari veicoli ruotati;
    Equipaggio: 165;
    Motto: Arremba San Zorzo.

    …armatura di fede e scudo di buona volontà.

    PREGHIERA DEL CAVALIERE COSTANTINIANO

    Signore Gesù,
    che Vi siete degnato di farmi partecipare
    alla Milizia dei Cavalieri Costantiniani di San Giorgio,
    Vi supplico umilmente,
    per l’intercessione della Beata Vergine di Pompei,
    Regina delle Vittorie,
    del valoroso San Giorgio Martire, Vostro glorioso Cavaliere,
    e di tutti i Santi,
    di aiutarmi a restare fedele alle tradizioni del nostro Ordine,
    praticando e difendendo la Santa Religione Cattolica, Apostolica, Romana
    contro l’assalto dell’empietà.
    Essa diventi per me armatura di fede e scudo di buona volontà,
    sicura difesa contro le insidie dei miei nemici,
    tanto visibili quanto invisibili.
    Vi prego affinché possa avere la grazia
    di esercitare la Carità  verso il prossimo
    e specialmente verso i poveri ed i perseguitati
    a causa della Giustizia.
    Datemi infine le virtù necessarie per realizzare,
    secondo lo spirito del Vangelo,
    con animo disinteressato e profondamente cristiano,
    questi santi desideri per la maggiore Gloria di Dio,
    la glorificazione della Santa Croce
    e la Propaganda della Fede,
    per la pace nel Mondo ed il bene dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio.
    Così sia.

    ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
    Stimato mio Maresciallo Vinciguerra,
    con la preghiera degli antichi Cavalieri fondati dall’imperatore Costantino, a te e a tutti i lettori de LAVOCE DEL MARINAIO giungono i miei più cordiali saluti.
    Marinareschi saluti da Marino Miccoli.

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia

    23.4.1949, radiazione della regia nave Aliseo

    di Carlo Di Nitto

    Il regio avviso scorta (torpediniera) “Aliseo ”, classe “Orsa” 2^ serie, dislocava 1700 tonnellate. Fu varato il 20 settembre 1942 presso i Cantieri Navalmeccanica di Castellammare di Stabia ed entrò in servizio nella Regia Marina il 28 febbraio 1943.
    Iniziò l’addestramento nel Golfo di Napoli, poi si trasferì a La Spezia per completare il collaudo delle sistemazioni belliche. Il 17 aprile 1943 ne assunse il comando il Capitano di Fregata Carlo Fecia di Cossato, già asso dei sommergibilisti atlantici.
    Effettuò alcune missioni di scorta nel Tirreno durante le quali, se si eccettua qualche breve contatto con aerei avversari, non si verificarono avvenimenti di particolare importanza.
    Alla proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre 1943, si trovava con il gemello “Ardito” in porto a Bastia (Corsica). Essendosi verificati episodi di aggressione ad altre navi italiane da parte dei tedeschi, la mattina del 9, il Comandante di Cossato condusse la sua unità fuori dal porto e qui, vedendo l’ ”Ardito” pesantemente danneggiato e in gravi difficoltà, invertì la rotta e senza esitazione attaccò un’intera flottiglia di battelli germanici (due caccia sommergibili, cinque motozattere, una motobarca della Luftwaffe e due piroscafi armati che erano stati catturati agli italiani).
    Sia pur centrato nella sala macchine, riuscì ad affondare i due caccia sommergibili, tre motozattere costringendo le altre due ad incagliarsi, la motobarca e mettendo fuori uso i due piroscafi armati. Dopo il combattimento, raccolti 25 naufraghi tedeschi, partì per Portoferraio insieme al mal ridotto “Ardito” dove sbarcò i naufraghi. Successivamente, con altre unità, diresse prima a Palermo e poi a Malta in ottemperanza alle clausole armistiziali.
    Anche l’azione di Bastia, fu tra le motivazioni che portarono al conferimento della Medaglia d’Oro al Comandante di Cossato.
    La nave, rientrata a Taranto, durante la cobelligeranza effettuò altre missioni di scorta restando al comando di Carlo Fecia di Cossato fino a giugno 1944, quando questi fu posto agli arresti per il suo rifiuto di prestare giuramento al nuovo governo Bonomi che non aveva giurato, a sua volta, fedeltà al Re. A bordo dell’ ”Aliseo” scoppiarono dei tumulti in seguito ai quali il Comandante fu liberato e messo in congedo. A causa di ciò, Carlo Fecia di Cossato si suicidò per denunciare la grave crisi dei valori nei quali aveva sempre creduto.
    Al termine del conflitto, l’ “Aliseo”, dopo essere stato impiegato per trasporto materiali e personale, dal 1947 rimase fermo a Castellammare di Stabia, dove effettuò un lungo periodo di lavori dovendo essere consegnato alla Jugoslavia in conto riparazioni danni di guerra.
    Fu radiato il 23 aprile 1949 e consegnato con la sigla “Y” alla Marina jugoslava il 3 maggio successivo nel porto di Spalato. Ribattezzato “Biokovo”, rimase in servizio attivo fino al 6 aprile 1965, quando fu radiato definitivamente ed avviato, nel 1971, alla demolizione.

    Nella foto l’ “Aliseo”, pitturato con la colorazione delle marine alleate (scafo grigio scuro e sovrastrutture grigio chiaro), è ripreso unitamente alle corvette C11 “Gabbiano” (a dx) e C13 “Cormorano”, verosimilmente nell’ultimo periodo della cobelligeranza.

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Racconti,  Recensioni,  Storia

    Giuseppe Nenz (Belluno, 22.4.1915 – 15.9.1943)

    di Franco Nenz

    (Belluno, 22.4.1915 – 14 o 15.9.1943)

    …riceviamo e con orgoglio misto a commozione pubblichiamo.

    Mio padre è morto a causa dell’affondamento della “Corazzata Roma”. Non ho molta documentazione, se non delle lettere.
    Il suo nome: Nenz Giuseppe, nato il 22 aprile 1915 e morto 15 settembre 1943.

    Sono in possesso di molte fotografie quando era a bordo del “Montecuccoli”, nella guerra tra la Cina e il Giappone.
    A bordo della “Roma” era sottufficiale.


    Buongiorno signor Franco e grazie della testimonianza e del commovente ricordo sulla banca della memoria. Sappiamo solo che era nato a Belluno e che era della categoria Cannonieri (sull’elenco dei Caduti e Dispersi della M.M. risulta essere deceduto il 14.9.1943, ma non è documento ufficiale). Riceva gradito un abbraccio grande come il mare della Misericordia Divina e grande anche come il suo cuore di figlio di Marinaio per sempre.
    Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia

    Luigi Longobardi (Lettere, 22.4.1920 – Mare, 15.10.1940)

    di Antonio Cimmino

 e A.N.M.I. Stabia

    (Lettere, 22.4.1920 – Mare, 15.10.1940 la data si riferisce all’elenco Caduti e Dispersi della Marina Militare)

    Elettricista imbarcato sul sommergibile Gondar, attaccato con bombe di profondità da tre navi ed un aereo avversari per dodici ore consecutive, si prodigava instancabilmente nell’espletare, con bravura e decisione, i compiti affidatigli.

    Determinatesi la necessità di emergere ed auto affondare il sommergibile ormai reso inoperante dalle esplosione delle bombe, dava prova di eccezionale coraggio e profondo senso del dovere, restando al proprio posto di manovra fino alle estreme possibilità onde contribuire alla salvezza dell’unità.
    Lanciatosi in mare negli ultimi istanti, restava investito dallo scoppio di bombe lanciate da aereo ed immolava la giovane vita per un estremo ideale di Patria che lo aveva trattenuto sulla sua nave oltre il dovere.
    Mediterraneo Orientale, 30 settembre 1940.

    Il foglio d’ordine n. 75 del 31.12.1945 – D.V.M. – del Ministero della Marina Italiana recita così:
    “Elettricista di un Sommergibile che, gravemente avariato, non poteva più immergersi né combattere ed era stretto da forze avversarie; si offriva spontaneamente, con la sicurezza di dare la vita, per restare sul Sommergibile ed affondarlo, e impedire così che, riparata la sua nave, potesse divenire nelle mani del nemico strumento di offesa e di morte contro le nostre navi e i nostri marinai. Davanti a questo atto di Eroismo Supremo anche il nemico piegava il capo ammirato”.

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Recensioni,  Storia

    Giovanni Antonioli (Mazzano, 14.11.1921 – Monte Cicurro, 22.4.1944)

    di Giovanni Brandano (*)

    (Mazzano, 14.11.1921 – Monte Cicurro, 22.4.1944)

    I CADUTI (TROPPO) DIMENTICATI DEL REGGIMENTO SAN MARCO

    L’8 maggio il Generale Utili inviò al comandante del Btg. Bafile il seguente messaggio:
    Attraverso un arido elenco, chiesto a scopo puramente statistico, i soldati del I Raggruppamento Motorizzato hanno appreso con commossa fierezza di camerati e soprattutto di gente dello stesso sangue l’alto sacrificio in caduti e feriti che il Btg. Bafile ha già offerto alla causa della riscossa nazionale. In attesa di trovarci effettivamente spalla a spalla ad affrontare insieme in una compattezza fiduciosa e gagliarda le sorti di uno stesso combattimento, i soldati del I Raggruppamento Motorizzato lanciano ai fanti del mare il vibrante saluto del loro orgoglio e del loro affetto fraterno“.
    Il 22 aprile 1944 cadeva a Monte Cicurro (3^ Battaglia di Monte Cassino), durante un attacco tedesco notturno il Sergente Cannoniere Giovanni Antonioli. Si legge nell’atto di morte stilato dal Tenente Medico Arturo Mutti e dal Tenente Cappellano Don Roberto Sighinolfi:
    …morto in seguito a ferite da schegge di mortaio; ferite multiple in tutto il corpo”.
    Era nato il 14 novembre 1921 a Mazzano e abitava a Marcheno, in provincia di Brescia. A. Ricchezza (pag. 48 della seconda parte del suo libro) lo ricorda fra i Caduti come “Cann. [Cannoniere] Antoniolli Giovanni”.
    Per chi legge questo sito il Sergente Cannoniere Giovanni Antonioli ha un’importanza particolare, in primis in quanto volontario caduto in guerra, ma non di meno perché è grazie a lui (in un certo senso), che la ricerca sul battaglione Bafile del Reggimento San Marco ha subito un impulso direi decisivo. Qualche anno fa il suo concittadino Valentino Rossetti ha con intraprendenza raccolto le prime notizie su questo Caduto “anomalo” (un marinaio caduto in mezzo alle montagne), e le ha pubblicate. Di qui la ricerca che ne è seguita, comprese queste note.
    Come la grande maggioranza dei volontari del San Marco, anche il Sergente Cannoniere Giovanni Antonioli era reduce dalla guerra sul mare. Era stato imbarcato come Sottocapo Cannoniere P.M. (puntatore mitragliere) sul Cacciatorpediniere “Premuda” a bordo del quale aveva partecipato alla vittoriosa Battaglia di Pantelleria, ottenendo la Croce di Guerra al Valor Militare sul campo. Promosso Sergente l’1/4/43, sbarcò dal Premuda il 31/8/1943. Fu subito imbarcato sull’Incrociatore “Garibaldi”. che una settimana dopo a seguito dell’armistizio si consegnò agli Inglesi trasferendosi a Malta. Nonostante potesse a questo punto godere di una vita relativamente tranquilla, il Sergente Cannoniere Giovanni Antonioli scelse tuttavia di dare ancora il suo contributo alla Patria sul campo di battaglia e si arruolò volontario nel Reggimento San Marco. Fu incorporato nel Reggimento il 15 dicembre 1943. Cadde in combattimento sotto un attacco tedesco, nelle circostanze di cui si è detto più sopra , il 22 aprile 1944.

    (*) Giovanni Brandano è deceduto il 3 giugno 2015. Prima della sua dipartita mi mandò, per la pubblicazione, questo e altri articoli dei suoi ragazzi. Si consiglia di digitare, sul motore di ricerca del blog, il suo nome e cognome per saperne di più.
    Pancrazio “Ezio” Vinciguerra