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    4.11.2013, in ricordo di Giacomo Leopardi

    di Pietro Serarcangeli

    Il 4 novembre del 2013 il Maresciallo Meccanico Giacomo LEOPARDI, dopo una lunga quanto sofferente malattia, dovuta alla lunga esposizione all’amianto, salpava per la sua ultima missione lasciando nello sconforto l’adorata moglie Francesca e i Figli Giovanna, Monica e Nunzio. Giacomo era persona speciale che avrei voluto e desiderato conoscere di persona. Purtroppo non c’è stato il tempo. Ci sentivamo regolarmente per telefono ed eravamo diventati amici. Negli ultimi mesi della Sua vita, tormentata dalla malattia e dalla burocrazia (che non gli ha risparmiato assolutamente nulla volendolo sottoporre a continue visite mediche quando tutto era chiaramente testimoniato dalla abbondante documentazione medica) Giacomo era sereno.
    Quel 4 novembre la sua famiglia mi comunicò il triste evento…
    Giacomo oggi vive nel cuore dei suoi cari e di coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerlo.
    Il tuo nome, caro Amico, sarà scandito il prossimo anno nel corso dell’inaugurazione del monumento dedicato a Te e a tutte le Vittime del Dovere.
    Noi non ti dimenticheremo, onorandoti ogni anno, affinché la tua memoria rimanga viva nei nostri cuori.

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    4.11.1933, inaugurazione del monumento nazionale al Marinaio d’Italia

    di Giorgio Gianoncelli e Marino Miccoli (*)

    Il Monumento Nazionale al Marinaio d’Italia è costruito sul porto della città di Brindisi nella Regione Puglia, sulla costa del mare Adriatico, tra Bari a Nord e Otranto a Sud. La costruzione del Monumento proposta dal Ministero della Marina, è decisa il 20 giugno 1925 con il patronato di Vittorio Emanuele III Re d’Italia.
    Per la raccolta dei fondi necessari, la scelta della città e il bando di concorso per il progetto, è costituito un Comitato presieduto dalla Lega Navale.
    Il bando di concorso tra 92 progetti presentati è vinto con il motto: “Sta come torre” dall’Architetto Dott. Luigi Brunanti assieme allo scultore Amerigo Bartoli.
    I lavori di costruzione iniziano il 28 ottobre 1932.
    Il Comune di Brindisi dona il terreno necessario e copre le spese per le opere murarie laterali, del parco e del viale alberato d’accesso.
    L’imponente monumento è inaugurato e consegnato alla Regia Marina il 4 novembre 1933, alla presenza del Re d’Italia Vittorio Emanuele III.

    Perché il Monumento nella città di Brindisi
    La città di Brindisi è scelta perché il porto marittimo nella Prima Guerra mMondiale è la base navale naturale delle grosse unità italiane e alleate per il controllo dell’Adriatico e per lo svolgimento delle operazioni navali nel Mediterraneo, inoltre a Brindisi, il 12 novembre 1918 il Capo di Stato Maggiore della Regia Marina Ammiraglio Paolo Emilio Thaon di Revel firrma il Bollettino della Vittoria sul mare della Grande Guerra.

    Monumento Nazionale al Marinaio d’Italia
    di Marino Miccoli

    “STA COME TORRE” questo era il nome del progetto con cui l’architetto Luigi Brunati e lo scultore Amerigo Bartoli vinsero, nel 1932, il concorso nazionale indetto dalla Lega Navale per la realizzazione di un monumento al Marinaio d’Italia. Al concorso furono presentati ben 92 progetti, che furono esposti a Roma nel Luglio del 1932. Ma bisogna fare qualche passo indietro nel tempo, esattamente nell’anno 1924, quando una delibera del comune di Brindisi stanziò “50 mila lire” per la costruzione del suddetto monumento.
    Nel 1925 il duce accettava la proposta brindisina di divenire Presidente onorario del comitato d’onore per la costruzione del monumento.
    A capo del comitato cittadino vi erano due personalità: il grande ammiraglio Thaon de Revel e il podestà Serafino Giannelli. Tutti i componenti del comitato si diedero da fare per raccogliere i fondi necessari alla costruzione, organizzando feste, lotterie e sottoscrizioni. Anche il celebre tenore Tito Schipa diede il suo contributo tenendo concerti in diverse città italiane.

    Giunse il 28 ottobre 1932 (anniversario della marcia su Roma) e si diede inizio ai lavori di edificazione, eseguiti dall’impresa Simoncini di Roma e diretti dall’architetto progettista, Luigi Brunati. Il materiale usato è quanto di meglio poteva offrire il Salento: la pietra di carparo. Questa magnifica quanto versatile materia assume una stupenda colorazione dorata sotto i raggi del sole. Per impreziosire il monumento fu usata anche la rinomata pietra di Trani. Ai lati della base furono collocate le grandi ancore appartenute alle corazzate della flotta sconfitta, le navi austriache “Viribus unitis” e “Teghetoff”. Due cannoni, appartenuti a sommergibili austriaci, furono collocati ai piedi del monumento che ha la forma di un gigantesco timone. Ai due lati di questo due fasci littori.

    I lavori terminarono l’anno seguente e il 4 novembre 1933 (anniversario della Vittoria) il maestoso monumento, alto ben 54 metri, fu inaugurato con una grande manifestazione a cui presenziò il re Vittorio Emanuele III.
    Nel 1955, all’interno della nicchia situata quasi in cima al monumento, fu collocata la statua della Madonna Stella Maris, donata dall’Arcidiocesi al termine dell’Anno Santo.
    Nel 1968, a seguito del dragaggio dell’avanporto di Brindisi, fu recuperata la campana della Regia Corazzata Benedetto Brin (affondata ivi nel 1915) e per decisione del Comando Marina, questa fu collocata all’interno del Sacrario del Monumento, laddove vi è anche conservata un’urna contenete la “Sabbia di El Alamein”.
    La prima domenica di ogni mese, alle ore 11:00, viene celebrata una santa Messa presso la cripta sottostante.

    Note aggiuntive
    Le ancore poste sul piazzale superiore del Monumento al Marinaio di Brindisi sono quelle dell’incrociatore leggero austriaco Saida ceduto nel 1920 alla Regia Marina in ottemperanza al trattato di pace con l’Austria, ed entrato in vigore il 1921.
    Le ancore al momento dell’inaugurazione non facevano parte del monumento in quanto, l’architetto Brunati e l’ingegnere Bertoli, ritenevano che esse disturbavano, per le loro proporzioni, certi rapporti di armonia. Esse furono sistemate non prima del 1938.
    L’incrociatore Saida prese poi il nome di “Venezia”. Il suo gemello l’incrociatore Helgoland fu ceduto anch’esso all’Italia nel 1920, entrò in servizio nel 1923 e prese il nome di “Brindisi”.
    Claudio Confessore

    (*) per conoscere i loro articoli digita sul more di ricerca del blog i loro rispettivi nome e cognome. Giorgio Gianoncelli è deceduto il 7.9.2022.

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    4.11.1929, consegna della Bandiera di combattimento al regio sommergibile Giovanni Bausan

    di Adriano Di Nitto, Carlo Di Nitto e Antonio Cimmino (*)

    Caratteristiche tecniche
    Cantiere: C.N.T. – Monfalcone
    Impostazione: 20.1.1926
    Varo: 24.3.1928
    Consegna: 15.9.1929
    Consegna bandiera di combattimento: 4.11.1929
    Disarmo: 18.5.1942
    Radiazione: 18.10.1946
    Dislocamento. 880,178 t (in superficie) – 1058,093 t (in immersione)
    Dimensioni: Lunghezza 68,2 mt – Larghezza 6,088 mt – immersione  4,848
    Apparato Motore : 2 Motori Diesel Tosi – 2 Motori Elettrici C.G.E.
    Potenza: motori a scoppio: 2700 hp – motori Elettrici: 1100 hp
    Velocità massima: 15 nodi (superficie) – 8,2 nodi (immersione)
    Autonomia: 4200 miglia a 9 nodi (superficie) –  8,2 miglia a 8,2 nodi (immersione)
    Armamento: 4 Tls da 533 mm Ant. – 2 Tls da 533 mm Post.  – 1 cannone da 102/35 mm – 2 mitragliere da 13,2 mm 168 proiettili per cannone
    Equipaggio: 5 ufficiali, 44 (tra sottufficiali e marinai)
    Motto: ” Per maria per hostes” (Per i mari in cerca del nemico)
    fonti bibliografiche e fotografiche:
    “Sommergibili italiani” – di A. Turrini/O.Mozzi – U.S.M.M.

    Consegna della bandiera di combattimento al regio sommergibile “Giovanni Bausan” avvenuta a Gaeta il 4/11/1929.
    Foto scattata da Torquato Ciacchi e per gentile concessione della famiglia nella persona di Giovanna Ciacchi.
    Per curiosità, la Madrina del sommergibile “Giovanni Bausan” fu la signora Riccio-Alleva, mentre il comandante che la accolse fu il Capitano di Corvetta Fontana.


    Giovanni Bausan
    di Antonio Cimmino e Carlo Di Nitto

    …e l’ammiraglio Francesco Caracciolo.

    Un mese prima dell’instaurazione della Repubblica napoletana, all’arrivo dei francesi in città il 21 dicembre 1798, il re Ferdinando IV con tutta la famiglia e i suoi ministri, scappò da Napoli a Palermo imbarcandosi sul Vanguard, vascello al comando di Orazio Nelson. Il monarca del Regno delle Due Sicilie preferì la nave inglese al Sannita, il vascello napoletano comandato dall’ammiraglio Francesco Caracciolo. La consistente flotta borbonica, su subdolo suggerimento inglese, fu fatta incendiare nel porto di Napoli e nell’arsenale di Castellammare di Stabia, per non farla cadere nelle mani dei francesi.

    La traversata fu caratterizzata da una violenta tempesta che si protrasse fino all’imbocco della rada di Palermo. Nelson non riusciva a governare la nave per entrare in porto. Caracciolo, invece, con perfetta padronanza della situazione attraccò con un’ardita manovra a Palermo. Egli mandò Giovanni Bausan di Gaeta, comandante della corvetta Aurora che si trovava in rada, in aiuto della nave inglese in difficoltà. Il Bausan con una piccola imbarcazione sfidando i marosi, si portò sul Vanguard e, assunto il comando, lo pilotò fino al molo. Il re, che aveva preferito il grande ammiraglio inglese, suggeritogli anche dal ministro John Acton, elogiò pubblicamente il suo ammiraglio davanti ad un Nelson furibondo. Caracciolo si congedò dalla Marina e tornò a Napoli ove fu convinto ad aderire alla Repubblica assumendo il comando della sua piccolissima flotta composta di qualche fregata e barche cannoniere. Anche Bausan seguì il suo ammiraglio nella sfortunata avventura repubblicana.


    La perizia marinaresca del Caracciolo che aveva umiliato il baldanzoso Nelson considerato il miglior ammiraglio del Mediterraneo, generò un odio profondo dell’inglese nei confronti del napoletano.
    Quando la Repubblica fu sconfitta nel mese di giugno del 1799, il Caracciolo fu processato per tradimento e condannato a morte. A presiedere la corte marziale fu proprio Nelson che non volle ascoltare la richiesta del Caracciolo di essere fucilato. Egli per oltraggiarlo lo fece impiccare al pennone dell’albero di trinchetto della corvetta Minerva, la nave che era stata comandata proprio dal Caracciolo. Al marinaio che, piangendo indugiava a mettergli il cappio intorno al collo Caracciolo lo esortò dicendogli “Sbrigati: è ben grazioso che, mentre io debbo morire, tu debbi piangere”.

    Dopo l’impiccagione il corpo, per ulteriore sfregio, venne gettato in mare. Solo dopo alcuni giorni il cadavere, gonfio d’acqua, riemerse sotto il vascello Foudroyant, la nave ammiraglia di Nelson ove era ospite Ferdinando IV, da poco arrivata dalla Sicilia. Alla spettrale scena assistette anche Emma Hamilton l’amante di Nelson e l’ambasciatore inglese William Hamilton.


    Dello stesso argomento sul blog
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2016/06/il-processo-allammiraglio-francesco-caracciolo/

    A proposito di Giovanni Bausan
    di Carlo Di Nitto

    Il gaetano Giovanni Bausan avrebbe poi avuto occasione, in altre e diverse circostanze, di umiliare i superbi inglesi con la sua perizia marinaresca. Di seguito il quadro, conservato nella Reggia di Caserta; raffigurante il re Gioacchino Murat che, sul ponte della fregata Cerere, si congratula con il Bausan e i suoi marinai, vittoriosi sui “figli di Albione, dopo la seconda battaglia del “Canale di Procida” del 26 giugno 1809. Il dipinto è opera del pittore Guillame – Desirè Descamps.

    (*) per conoscere gli altri articoli degli autori digita sul motore di ricerca del blog i loro nome e cognome.

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    4.11.1944, affondamento della regia nave Lira (TA 49)

    di Carlo Di Nitto

    Torpediniera Classe “Spica”, dislocamento 1050 tonnellate.
    Varata nel 1937 presso i Cantieri Quarnaro di Fiume, entrò in servizio il 1938.
    Autoaffondata a La Spezia il 9/9/1943, fu recuperata dai tedeschi e denominata TA 49.
    Venne affondata in porto a La Spezia per bombardamento aereo il 4/11/1944. Recuperata nel 1948, venne demolita nello stesso anno.