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    L’affondamento del brigantino Aosta

    di Orazio Ferrara (*)

    Era stato requisito nel porto di Genova in data 8 giugno 1940, due giorni prima dell’entrata in guerra dell’Italia, dalla Regia Marina ed iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario (matricola V87) dello Stato italiano come vedetta foranea. Si trattava del motoveliero da carico (brigantino goletta) Aosta, dalla linea elegante e fascinosa come solo la cantieristica italiana d’anteguerra era in grado di produrre.
    Questo motoveliero era stato costruito nei Cantieri Officine Savoia di Cornigliano Ligure (Genova) ed aveva 340 tonnellate di stazza netta, 494,45 di stazza lorda e 700 tonnellate di portata lorda, inoltre era lungo 55,80 metri, largo 8,80 e un’immersione di 3,70 metri.

    Fin dall’inizio del conflitto l’Aosta, armato di una sola mitragliera da 20/70 Oerlikon, fu adibito al trasporto veloce di carichi bellici strategici verso il nostro teatro di guerra dell’Africa Settentrionale. Per ben due volte riuscì a sfuggire ai siluri dei sommergibili britannici. La prima volta, il 22 dicembre 1940, quando fu oggetto di lancio di siluri da parte del sommergibile HMS Regent (N41) del comandante Hugh Christopher Browne. La seconda, in data 16 maggio 1941, quando evitò i siluri dell’HMS Unbeaten (N93) del tenente di vascello Edward Arthur Woodward.
    Dall’inverno 1941/1942 l’Aosta operò, sempre con carichi di materiale bellico, sulla rotta più defilata (si fa per dire) Pantelleria/Tripoli. In quel tempo ne era comandante il nocchiere di prima classe (militarizzato, matricola 2265) Sesto Franceschi fu Giuseppe e fu Maria Coccoluto, nato a Porto Santo Stefano (Grosseto) il 30 dicembre 1888, quindi di anni 53. Aveva ai suoi ordini un equipaggio di 34 uomini.
    Il Franceschi era un tipo risoluto e determinato, tanto da aver ricevuto in precedenza la croce di guerra con la seguente lusinghiera motivazione:
    Imbarcato su motoveliero requisito, durante un violento attacco di bombardieri nemici, apriva prontamente con spirito aggressivo e noncuranza del pericolo il fuoco c. a. con le armi di bordo, riuscendo a colpire ed abbattere un aereo attaccante” (Determinazione del 1° novembre 1942-XX1). Nell’occasione erano stati insigniti della croce di guerra anche il Sotto Capo Cannoniere Carlo Torriello da Bossoli (Genova) e il Sotto Capo Cannoniere Giovanni De Maria da Acireale (Catania).
    Il 21 dicembre 1941, alle ore 21:30,  il brigantino Aosta, carico di munizioni, salpò da Pantelleria con destinazione Tripoli, dove giunse alle 10:00 circa del mattino del 25 dicembre 1941, dopo aver effettuato un sosta a Zuara. Terminata questa missione l’Aosta rientrò a Pantelleria per ulteriori carichi da trasportare in Tripolitania.
    Alle ore 19:00 circa della sera del 7 febbraio 1942 l’Aosta, sempre al comando di Franceschi, lasciò il porto di Pantelleria alla volta della Libia. Trasportava un prezioso e grosso carico di munizioni per Rommel. Il comandante Franceschi faceva affidamento nel buio dell’incombente notte per sfuggire all’occhiuta sorveglianza inglese nel Canale di Sicilia. Nel frattempo erano salpati dal porto di Malta i cacciatorpediniere HMS Zulu (F18, capo sezione) e HMS Lively (G40, sezionario) in caccia (sempre bene informati i britannici!) della motonave Monviso, che rientrava da Tripoli verso l’Italia.

    Ma quella notte il Canale di Sicilia era decisamente movimentato, infatti in quelle stesse ore aveva lasciato gli ormeggi del porto di Lampedusa, con rotta su Pantelleria, il motopeschereccio militarizzato Grongo (F37), che era solito trasportare uomini e materiali tra le guarnigioni delle due isole. Intanto la caccia dello Zulu e del Lively si stava rivelando infruttuosa. Della motonave Monviso nessuna traccia.
    Alle ore 22:16 del 7 febbraio, a 45 miglia nautiche a sud di Pantelleria, da bordo dei cacciatorpediniere inglesi fu individuata la sagoma di un piccolo naviglio. Si trattava dell’indifeso Grongo, che in men che non si dica fu attaccato e affondato. Dieci marinai dell’equipaggio restarono uccisi sotto le cannonate nemiche, mentre gli altri sette trovarono scampo in mare, aggrappandosi a relitti galleggianti. Più tardi questi superstiti furono tutti tratti in salvo dal MAS 577.
    Già perché in quella notte era in mare anche l’intera XVII Squadriglia MAS (560, 563 e 577) di stanza a Pantelleria. Solo che per la buona sorte dei caccia inglesi gli stessi non furono mai intercettati dalle motosiluranti italiane, mentre per la malasorte degli italiani il nemico, indisturbato, intercettò e affondò prima il Grongo e poi, come vedremo, l’Aosta.
    Proseguendo  nel loro rastrellamento in quel tratto di mare lo Zulu e il Lively, alle ore 01:30 dell’8 febbraio, intercettarono anche il brigantino Aosta, che procedeva verso sud a tutta velocità. Lo scontro era, come per il Grongo, impari e già scontato. Solo che questa volta, come era suo costume, il comandante Sesto Franceschi decise di vendere cara la pelle e diede ordine di controbattere alla continua gragnuola dei proiettili avversari con la mitragliera da 20/70 Oerlikon.

    To the enemy fire the Aosta reacted valorously with its only 20 mm. cannon and succeeded also to put some hits, but it was set afire and therefore exploded because it was loaded with ammunitions” (Al fuoco nemico l’Aosta reagì valorosamente con il suo solo cannone da 20 mm e riuscì anche a mettere dei colpi a segno, ma fu dato alle fiamme e quindi esplose perché carico di munizioni), così una fonte inglese.

    Le fiamme già avvolgevano tutto lo scafo ligneo dell’Aosta, con l’imminente rischio da un momento all’altro dell’esplosine del carico di munizioni, quando il comandante Franceschi ordinò all’equipaggio l’abbandono nave. Lui restò a bordo, volendo seguire l’antica, bella e tragica tradizione marinara per cui il comandante di una nave, che affonda, deve seguire quest’ultima anche negli abissi marini. E così accadde.

    Alla memoria dell’eroico nocchiere di prima classe Sesto Franceschi da Porto Santo Stefano, di anni 53, comandante del brigantino Aosta, fu conferita la medaglia d’argento al valor militare sul campo con la seguente bella motivazione:
    Comandante di motoveliero requisito, destinato al rifornimento munizioni del fronte libico, attaccato nottetempo da siluranti nemiche, reagiva decisamente con elevato spirito combattivo, incurante delle fiamme che alte si levavano dal locale macchine colpito minacciando di estendersi rapidamente.
    Resosi vano ogni tentativo di salvare la nave, si dedicava con vivo senso di abnegazione al salvataggio del personale, dirigendo le operazioni dal ponte di comando, fermo e sereno di fronte al pericolo sempre più incombente.
    Rimaneva al suo posto con incrollabile saldezza d’animo e incondizionato attaccamento al dovere anche quando, respinta l’offesa nemica ma irrimediabilmente compromessa l’unità, avrebbe potuto mettersi in salvo, preferendo scomparire con la sua nave, che di lì a poco esplodeva col carico, nella suprema dedizione alla consegna. Mediterraneo Centrale, notte sull’8 febbraio 1942”. (Determinazione del 9 agosto 1942).
    Oltre al Franceschi, nell’attacco e affondamento dell’Aosta persero la vita altri 8 uomini dell’equipaggio.  Se ne salvarono 25, di cui molti feriti, raccolti successivamente in mare dai MAS di Pantelleria 560, 563 e 577, giunti anche questa volta in ritardo sul luogo dello scontro. Tutti gli 8 caduti riceverono la croce di guerra al valore, tra essi i valorosi serventi della mitragliera da 20 mm.
    Così recita, tra l’altro, la motivazione della concessione della croce di guerra alla memoria ai cannonieri Salvatore Caroli da Carovigno (Brindisi), Raffaele Vitale da Napoli, Luigi Bolpagni da Ghedi (Brescia), Gerlando Ferlini da Agrigento e Guido Colzi da Signa (Firenze) “Imbarcato su motoveliero, attaccato nottetempo e incendiato da siluranti nemiche, assolveva il proprio compito con serenità e noncuranza del pericolo, contribuendo a ribattere l’offesa nemica” (Determinazione del 9 agosto 1942-XX).
    Gli affondamenti dei quasi indifesi Grongo e Aosta non dovevano portare bene ai cacciatorpediniere britannici Zulu e Lively, che non dovevano vedere la fine dell’anno 1942 e sprofondarono anch’essi negli abissi del Mediterraneo per mano delle forze dell’Asse. Per primo toccò all’HMS Lively che fu affondato l’11 maggio 1942 a 100 miglia nord-est di Tobruk, perdendo ben 77 membri del suo equipaggio. Poi toccò all’HMS Zulu affondato il 14 settembre 1942 durante l’Operazione Agreement nei pressi di Tobruk, con 39 perdite tra il suo equipaggio.

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

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    22.1.1860, la barca Messina (capitano Senno) scampa al naufragio

    a cura Sergio Pagni

    PER GRAZIA RICEVUTA

    Sergio Pagni per www.lavocedelmarinaio.comEx voto custodito al Civico museo marinaro Gio Bono Ferrari di Camogli (*).
    Su quadro si legge:
    Tempesta sofferta dalla barca Messina, comandata dal capitano Andrea Senno, il 22 gennaio 1860 nella costa di Calabria, distante cinque miglia dal Capo Vaticano, in cui si sarebbe naufragato se per intercezione di Nostra Signora del Boschetto non si fosse variato il vento in senso opposto, da dove si poté mettersi in salvo allontanandosi dallo stesso”.
    Dipinto da Domenico Gavarrone, il quadro è datato 21 febbraio 1861.

    22.1.1860 barca Messina P.G.R. - www.lavocedelmarinaio.com
    (*) si consiglia la visita.

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    21.1.1865, il capitano Giuseppe Sanveri e lo scip Paolo

    a cura Sergio Pagni

    PER GRAZIA RICEVUTA

    Sergio Pagni per www.lavocedelmarinaio.comEx voto custodito nel santuario di Nostra Signora di Monte Allegro, presso Rapallo.
    Questa l’iscrizione dettata sul retro del quadretto:
    “Il scip Paolo attraversando Stretto di Gibilterra il 21 gennaio 1865 soffrì un terribile uragano che fu gettato negli scogli e l’equipaggio gettando la barca in mare fu speronato questa al momento dall’onde: finalmente da terra persone bene merite andarono in soccorso dalla tripolazione, ma fu a stento dopo tre giorni che questi poterono giungere a bordo, e per grazia N.S. del Monte Allegro poterono salvarsi e perciò il capitano Giuseppe Sanveri fa il presente voto per grazia ricevuta”.

    Brigantino Paolo per grazia ricevuta - www.lavocedelmarinaio.com

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    21.1.1869, varo della regia pirofregata Venezia

    a cura Antonio Cimmino

    …c’era una volta a Genova un arsenale che costruiva navi, e adesso?



    varo regia nave Venezia - www.lavocedelmarinaio.com

    Tipo: Pirofregata;
    Varo: Genova il 21 gennaio 1869;
    Caratteristiche: scafo in legno con corazze di ferro riportate;
    Radiata: 23 agosto 1895;
    Armamento velico brigantino a palo, macchina alternativa a vapore;
    Velocità: 13 nodi;
    Dimensioni: 79,65 x 17,48 x 7,6 metri;
    Dislocamento: 6151 tonnellate;
    Equipaggio: 550 uomini.

    pirofregata corazzata Venezia - www.lavocedelmarinaio.com

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    21.1.1901, Giuseppe Massa superstite (Brigantino Vanduara)

    a cura Sergio Pagni

    PER GRAZIA RICEVUTA

    Sergio Pagni per www.lavocedelmarinaio.comMassa Giuseppe, superstite di orribile temporale nelle acque di Sangemin era imbarcato sul brigantino Vanduara.
    Ex voto conservato nel Santuario – basilica di Nostra Signora del Monte di Genova. La dedica dietro il quadro recita:
    Il brigantino Vanduara, comandato dal capitano A. Castagnole, partendo il 21 gennaio 1901 da Sangemin, fu colto da orribile temporale per cui fu miracolo il potersi salvare. In segno di riconoscenza il marinaio Massa Giuseppe offre questo ricordo alla Madonna del Monte per l’ottenuta grazia”.

    21.1.1901 Massa Giuseppe per grazia ricevuta - www.lavocedelmarinaio.com copia (foto da internet)

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    21.1.1889, entra in servizio la regia nave Palinuro

    di Carlo Di Nitto

    La regia nave “Palinuro (2^)”, classe “Miseno”, dislocava 554 tonnellate. Costruita nel Regio Cantiere navale di Castellammare di Stabia, fu varata il 7 settembre 1887 ed entrò in servizio il 21 gennaio 1889.
    Con la gemella “Miseno”, venne definita “goletta”; in realtà, per la sua attrezzatura velica, era di fatto un brigantino.
    Nave Palinuro, appena entrata in servizio, venne inviata in mar Rosso, nelle basi di Assab e Massaua, e utilizzata come nave coloniale essenzialmente per la sorveglianza e la repressione della tratta degli schiavi e della pirateria. Al rientro in Italia, dal 1891 al 1913, venne adibita a nave scuola per Mozzi Nocchieri e Timonieri.

    Negli anni del primo conflitto mondiale diventò nave scuola per gli allievi dell’Accademia Navale. Venne radiata il 10 settembre 1920 e lo scafo fu venduto a privati. Nel suo genere, con la gemella “Miseno”, fu una delle migliori navi che abbia prestato servizio nella Marina italiana.
    Una curiosità: l’attuale Nave Scuola “Palinuro” è la sesta Unità della Marina Italiana a portare questo storico nome.

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    9.1.1865, viene demolito il vascello Vesuvio

    di Antonio Cimmino

    …a Castellammare di Stabia c’era un arsenale che costruiva navi, e adesso?

    Real arsenale di Castellammare di Stabia, 2 dicembre 1824.
    Inaugurazione dell’avantiscalo permanente in occasione del varo del vascello Vesuvio.