Un mare di amici

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    Arrigo Petacco (Castelnuovo Magra, 7.8.1929 – Porto Venere, 3.4.2018)

    di Pancrazio “Ezio”Vinciguerra

    (Castelnuovo Magra, 7.8.1929 – Porto Venere, 3.4.2018)

    PER GRAZIA RICEVUTA

    Arrigo Petacco, storico e autore di molti saggi, ha pubblicato “La croce e la mezzaluna: Lepanto 7 ottobre 1571” (Mondadori 2005). La narrazione dell’epica battaglia, minuziosamente narrata, trasferisce al lettore un documento di elevato impatto per comprendere come il valore della storia sia da tributare all’azione degli uomini. Il libro di Petacco, oltre che di grande attualità, rappresenta un contributo importante alla reciproca conoscenza forse non facile, ma necessaria, tra due diverse culture.
    Più di quattro secoli fa, la Lega Santa Europea sconfiggeva in mare a Lepanto i Turchi. Una svolta nella storia del vecchio continente. La battaglia durò solo cinque ore, cinque ore che cambiarono il nostro destino: l’Europa non diventò una provincia turca e il Mediterraneo non si trasformò in un lago musulmano.
    A Lepanto nel 1571, l’Europa vittoriosa conservò la sua indipendenza e la sua tradizione. I turchi che sembravano invincibili, furono costretti ad arrestare la loro espansione verso occidente. L’Impero Ottomano e la Lega di Stati Europei, a Lepanto si giocarono tutto, per questo lo scontro non fu lungo ma straordinariamente violento.
    Si dice che la flotta cristiana e quella turca in battaglia assunsero rispettivamente le formazioni della croce e della mezza luna. Il coraggio sovraumano con cui i Cavalieri di Malta difesero la loro croce, la più odiata dei musulmani, fanno da sfondo all’eroismo di molti e all’avidità di alcuni. Nella battaglia servì anche l’ingegno umano per l’espediente del grasso spalmato sui ponti delle navi cristiane in modo da far scivolare i turchi all’arrembaggio.

    C’era fra i combattenti cristiani un soldato d’eccezione si chiamava Miguel Cervantes. Nel Don Chisciotte della mancia, qualche anno più tardi racconterà in forma allegorica e onirica il tramonto degli ideai cavallereschi che proprio a Lepanto ebbero l’ultima straordinaria consacrazione.
    Nell’anniversario della vittoria navale di Lepanto riportata dalla flotta cristiana e attribuita all’intercessione di Maria, fu istituita da papa Pio V la preghiera del santo Rosario.
    In realtà l’origine storica della preghiera risale al Medioevo un tempo questo in cui i salmi costituivano il punto di riferimento principale per chi pregava, ma rappresentavano anche un ostacolo insuperabile per coloro che non sapevano leggere.


    Si pensò allora di aggiungere alla preghiera dell’Ave Maria i misteri della vita di Gesù Cristo, allineati, uno dopo l’altro come grani di una collana divenendo quindi una preghiera per tutti, semplice ma profonda. Più tardi, nel 2002- 2003, san Giovanni Paolo II nell’anno del Rosario aggiunse alla preghiera del Rosario i misteri della luce che ci fanno contemplare alcuni momenti significativi della vita pubblica di Gesù.


    Occorre non disperdere questa preziosa eredità ritornando a pregare in famiglia e a pregare per le famiglie. La famiglia che prega unita, resta unita.

    Battaglia di Lepanto
    Lo stendardo di Pio V e la Canzone dei Trofei di Gabriele D’Annunzio. 

    a cura Carlo Di Nitto
    Lo Stendardo di Pio V (o meglio, quello che ne resta) che sventolò a Lepanto sulla galea ammiraglia della squadra pontificia comandata da Marcantonio Colonna e da questi donato alla Cattedrale di Gaeta al suo ritorno da Lepanto.
    Così viene ricordato da Gabriele d’Annunzio nella sua:

    “Canzone dei Trofei”

    “O Gaeta, se in Sant’Erasmo sei
    a pregar pe’ tuoi morti, riconosci
    il Vessillo di Pio ne’ tuoi trofei,
    toglilo alla custodia perché scrosci
    come al vento di Lepanto tra i dardi
    d’Ali, mentre sul molo tristi e flosci
    sbarcano i prigionieri che tu guardi
    e che non puoi mettere al remo.”

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    San Giovanni Paolo Secondo (18.5.1920 – 2.4.2005), l’ultima scintilla mandata dal Cielo

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    ritratto (olio su tela) di Toty Donno (diritti riservati dell’autore)

    PER GRAZIA RICEVUTA

    Questo articolo è dedicato ai padri Micheliti, in particolare ai “padri spirituali” del Pontificio Santuario Maria SS. “ad Rupes” di Castel Sant’Elia (VT) che quotidianamente con fede, speranza e carità, con la preghiera e la perseveranza offrono ai pellegrini di entrare in “dialogo con Dio”, nel silenzio, personalmente e tramite la Sua Parola.

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    Di San Giovanni Paolo II si è parlato tanto, non solo nel suo per il suo pontificato e quindi per i tempi eccezionalmente brevi della beatificazione chiesta dai credenti fin dal giorno del suo solenne ed indimenticabile funerale avvenuto il 2 aprile 2005 ma per il suo cammino in questa Gerusalemme terrena.
    Papa Benedetto XVI il 1° maggio 2011 (altra data non a caso) ne celebrò la sua Beatificazione e l’attuale papa Francesco il 27 aprile 2014 lo ha canonizzato.
    Ma quelle di cui sopra non sono che date volute direttamente dal nostro Signore Dio Padre. In realtà dal giorno della sua nascita, dal giorno della sua dipartita, il sensus fidei di Dio donato al popolo cristiano aveva acclamato santo Giovanni Paolo II.
    Questo papa venuto da lontano, nemico del comunismo, sportivo, amante del teatro e dell’arte, pellegrino per il mondo come nessun suo predecessore, il grande Pontefice.
    La sua grandezza umana, spirituale e storica si può di seguito riassumere dalla sua nascita, dal suo sposalizio con Dio e soprattutto da quegli oltre 26 anni di pontificato (16 ottobre 1978 – 2 aprile 2005) che gli hanno permesso di imprimere nella storia una impronta decisiva ed indelebile fin dalle sue prime parole pronunciate nell’omelia di insediamento al suo pontificato (22 ottobre 1978):

    “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura!”.

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    Questo che lui chiedeva, lo ha fatto per primo: ha aperto a Cristo la società, la cultura, i sistemi economici, invertendo con quella forza spirituale che gli veniva da Dio una tendenza che fino ad allora sembrava irreversibile ed incontrovertibile.
    La sua testimonianza mista di sofferenza e gioia, quel suo indimenticabile abbracciare la Croce, il suo amore e coraggio ci ha ridato la forza di credere in Cristo, Redentore dell’uomo.

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    Si consiglia la lettura del seguente link:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2011/04/giovanni-paolo-ii/