Storia

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    21.4.1986, la lettera ai miei collaboratori

    di Egidio Alberti

    Caro Ezio,
    come anticipato per telefono ti spedisco dei fascicoli ed un CD in cui sono sintetizzati in maniera significativa gli anni di servizio, i più belli, al servizio della Marina Militare che hanno lasciato una traccia nelle varie destinazioni che mi sono state affidate.
    Fai di questi documenti ciò che ritieni più opportuno perché sono certo che infiammerai il mio cuore e quelli dei molti marinai che quotidianamente ti seguono.
    Il tuo Comandante Egidio Alberti

    Carissimi,
    se non ci sono preconcetti e non si ha un’ottica distorta dei reali problemi, avendo peraltro coscienza delle proprie responsabilità, esorto, ognuno di voi, a dedicarsi con costanza e secondo le proprie capacità al lavoro giornaliero, cercando di non aumentare il lavoro degli altri senza motivata necessità perché così il contributo alla causa, la nostra, sarà positivo.
    Dobbiamo sentirci tutti partecipi dei successi e dell’insuccesso di ogni singolo evento, sia nel campo didattico che logistico, solo così possiamo infatti essere certi che il nostro operato ha contribuito in maniera diretta ed indiretta a determinarlo.
    Il migliore impiego delle risorse umane e dei mezzi a disposizione è una precipua responsabilità di Comando. La responsabilità non può essere delegata…
    Per quanto sopra, il vostro compito, ai vari livelli di attribuzione è quello di:
    – individuare in maniera chiara gli effettivi problemi del momento;
    – cercare di affrontarli/risolverli nel modo migliore, con i mezzi effettivamente a disposizione, mettendoci tanta buona volontà e spirito di collaborazione, accontentandosi anche di risultati parziali;
    – avviare, nel contempo, le azioni verso il Comando per la loro risoluzione integrale;
    – non esimersi, se del caso, di rappresentare nei limiti della correttezza regolamentare le proprie perplessità sulle iniziative di Comando di volta in volta intrapresa purché giustamente motivate e purché portino a risultati nel complesso più positivi di quelli ottenibili con l’iniziativa avviata.
    Se teniamo, in ogni istante della giornata lavorativa, ben presente il fatto che l’oggetto della nostra applicazione è costituito da una grande massa di giovani, peraltro in età critica, che vanno educati principalmente mediante l’esempio, gli stimoli interiori che devono agitarsi in ognuno, e che saranno apprezzati e valorizzati da tutti, non possono essere altro che:
    – amore per la professione di marinaio intrapresa;
    – partecipazione attiva alla vita dell’Istituto che domani si trasformerà in vita di bordo e singola carriera;
    – collaborazione leale e fattiva dal basso verso l’alto e viceversa.
    Con tale premessa, ogni forma di suscettibilità sarà certamente mal compresa ed ognuno sarà valorizzato per ciò che saprà concretamente dare alla Marina Militare.
    A tutti buon lavoro!

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    21.4.1888, varo della regia nave Falco (II)

    a cura Carlo Di Nitto

    Unità appartenente alla classe “Aquila”, dislocava 139 tonnellate.
    Fu varata il 21/04/1888 presso i Cantieri tedeschi Schichau di Elbing (oggi polacca Elblag) ed entrò in servizio nella Regia Marina il 12/09/1888.
    Nel 1895 venne riclassificata come torpediniera di 1^ classe.
    Questo tipo di unità ebbe la caratteristica iniziale di essere dotata di velatura da inferire ai tre alberi; dopo qualche anno però, non essendosi mai verificata la necessità di ricorrere alle vele, gli alberi di trinchetto e di mezzana vennero eliminati conservando soltanto l’albero di maestra.
    La foto riprende l’unità ancora con i tre alberi.

    Ottima unità, svolse prevalentemente ordinaria attività di squadra e di sorveglianza coste.
    Nel maggio – giugno 1904, trasportò a Caprera il Comitato per le onoranze alla tomba di Garibaldi.
    Negli anni immediatamente precedenti la radiazione, fu posta a disposizione della Scuola Macchinisti di Venezia.
    Il 25 gennaio 1912 venne radiata e demolita nell’Arsenale M.M. di Venezia.

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    21.4.1907, consegna della bandiera combattimento alla regia nave Regina Elena e varo della regia nave Roma

    di Carlo Di Nitto


    CONSEGNA DELLA BANDIERA DI COMBATTIMENTO ALLA REGIA CORAZZATA “REGINA ELENA”

    Domenica 21 aprile 1907, a La Spezia, il re Vittorio Emanuele III dopo aver presenziato in arsenale al varo della nave da battaglia Roma (2^), nel corso di una solenne cerimonia consegnò la Bandiera di combattimento alla regia corazzata “Regina Elena” (comandante, capitano di vascello David Gerra). L’artistico vessillo, racchiuso in un elegante cofano e benedetto dal vescovo di Luni – Sarzana (poi La Spezia), monsignor Giovanni Carli, era stato eseguito e ricamato dalle allieve della Scuola professionale di Roma sopra tessuti serici di produzione italiana.

    Dopo i discorsi di rito, e la firma del verbale di consegna, il comandante affidò la Bandiera ai guardiamarina Zina e Grana che l’alzarono al picco di maestra tra le salve delle artiglierie di bordo ed il saluto dell’equipaggio.Nella foto è ripreso questo momento della cerimonia.
Una curiosità: la Regina non poté presenziare alla cerimonia per un malore dovuto all’appena iniziata gravidanza della futura principessa Giovanna.
La Regia Nave da Battaglia “Regina Elena” entrò in servizio nella Regia Marina il successivo 11 settembre. Fu radiata nel 1923.

    a cura Fernando Antonio Toma


    Questa cartolina commemorativa d’epoca illustra il varo della regia nave Roma. A La Spezia il re Vittorio Emanuele, dopo aver presenziato in arsenale al varo della nave da  battaglia Roma (classe Vittorio Emanuele), nel corso di una solenne cerimonia consegnò la bandiera di combattimento alla nave da Battaglia Regina Elena. Per l’occasione fu coniata una medaglia commemorativa con il motto “Pro Patria et Rege” scelto proprio dalla stessa regina.

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    21.4.1936, varo della regia nave Giuseppe Garibaldi

    di Carlo Di Nitto

    … Il vecchio “Don Peppino”

    Il regio incrociatore leggero Giuseppe Garibaldi classe “Duca degli Abruzzi”, ultima evoluzione della classe “Condottieri”, fu la terza unità a portare il prestigioso nome dell’Eroe de Due Mondi. Dislocava 11262 tonnellate  a pieno carico. Costruito nei Cantieri C.R.D.A. di Trieste, fu varato il 21/4/1936 ed entrò in servizio il 29/12/1937.
    Nei primi tempi i svolse normale attività di squadra partecipando all’occupazione dell’Albania nell’aprile 1939. Durante il secondo conflitto mondiale, oltre che nella difesa del traffico, venne intensamente impiegato in numerose operazioni belliche durante le quali prese parte agli scontri navali di Punta Stilo, Matapan, Mezzo Giugno. Più volte danneggiato dalla reazione nemica, il 31 gennaio 1943, colpito durante un bombardamento mentre si trovava a Messina, dovette registrare diverse vittime tra i suoi Marinai.

    Alla proclamazione dell’armistizio dell’8 settembre 1943, si trasferì con il resto della flotta a Malta che si era consegnata agli Alleati in ottemperanza alle clausole armistiziali. Durante il periodo della cobelligeranza venne utilizzato nell’Atlantico centrale in azioni di pattugliamento contro le navi corsare tedesche e in Mediterraneo sempre per pattugliamento e trasporto di truppe nazionali e anglo – americane.
    Rimasto all’Italia, nel dopoguerra subì lavori di ammodernamento con modifiche all’armamento, alle apparecchiature e alle sovrastrutture. A bordo dell’unità venne anche eretta una piattaforma per elicotteri su cui un Bell 47 nell’estate del 1953 effettuò al largo di Gaeta le prime prove di appontaggio e decollo.
    Nel 1957 iniziò una radicale serie di lavori per essere trasformato in incrociatore lanciamissili. Nel novembre 1961 rientrò con la sigla 551. Il 20 febbraio 1971 fu posto in disarmo per radiazione.

    In questa bella foto l’unità è stata ripresa nel periodo della cobelligeranza. Notare, infatti, che la nave è ritinteggiata secondo le norme in uso tra gli Alleati con lo scafo grigio scuro e le sovrastrutture grigio celestino.
    ONORE AL “GARIBALDI” E AI SUOI CADUTI.

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    Riccardo Grazioli Lante della Rovere (Roma 21.4.1887 – 28.10.1911)

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra, Antonio Cimmino e Giorgio Gianoncelli

    banca-della-memoria-www-lavocedelmarinaio-com(Roma 21.4.1887 – 28.10.1911)

    Nasce a Roma il 21 aprile 1887, dopo aver conseguito la maturità classica, a soli 17 anni entrava nell’Accademia Navale di Livorno, uscendone con il grado di Guardiamarina nel 1907 e conseguendo poi la promozione a Sottotenente di Vascello
il 15 maggio 1910.
    Da allievo dell’Accademia prese imbarco, per le crociere d’istruzione, sulle navi scuola “Vespucci” ed “Etna”, navigando nel Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico, dove ebbe modo di visitare l’Irlanda e la Scozia, e quindi nel Mar del Nord fino al Baltico.
Già nelle sue prime destinazioni d’imbarco, dopo l’Accademia (nave Regina Margherita e nave Vesuvio), il Sottotenente di Vascello Grazioli ebbe modo di distinguersi per il suo carattere pieno di entusiasmo e di coraggio.

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    Nel 1909 prese imbarco sull’incrociatore “Puglia” destinato ad una crociera in estrema Oriente. Con tale nave risalì il fiume Yan-se-Kiang sino ad Han Kew e Nan Kim, poi visitò le coste fino a Sakaline e Shan-Hai-Kwan, dove era un distaccamento di marinai italiani.
 Nel 1910, sbarco dal “Puglia” e venne destinato al Distaccamento Marina di Pechino, posto a difesa della Legazione Italiana in Cina, restando presso quel Comando per oltre 18 mesi.
 Appassionato rocciatore ed esploratore, durante la permanenza a Pechino, il Grazioli effettuò un viaggio nella Mongolia Meridionale (Manciuria) e con la sola compagnia di guide locali visitò il bosco sacro, presso le tombe imperiali Tum-Ling, ancora non conosciuto dagli europei; al rientro riportò una mappa del percorso ricca di dati ed appunti.
    Il 7 luglio fece rientro in Italia e a fine settembre prese imbarco sulla Regia Nave “Marco Polo” con la quale si doveva trovare, il mese successivo, impegnato nelle operazioni militari per l’occupazione di Homs (Libia), nel conflitto italo – turco del 1911 – 1912.
    Il 23 ottobre 1911, in vista di una offensiva delle truppe italiane sul Magreb, ricevette l’ordine di recarsi a terra con l’incarico di verificare le posizioni assunte dai reparti da sbarco e dai bersaglieri e ricavarne dati utili per il tiro delle artiglierie di bordo. Eseguì prontamente e brillantemente l’ordine e, rientrato a bordo con le notizie richieste, chiese ed ottenne di ritornare a terra per meglio stabilire i collegamenti tra le truppe combattenti a terre e le unità navali. Nel corso di questa seconda missione, saputo che il suo collega Corradini era stato costretto ad abbandonare il comando della batteria di Marina colà operante poiché ferito, corse a sostituirlo, riuscendo a riorganizzare ed a motivare quel nucleo di marinai scossi per le gravi perdite ed esauriti per i continui attacchi e gli ininterrotti combattimenti. Sotto la sua guida l’intera batteria rientrò dietro le linee italiane e nei giorni seguenti si riorganizzò a difesa del settore assegnato.
    Il giorno 28 ottobre la batteria fu nuovamente e ripetutamente attaccata da soverchianti forze arabo-turche costituite da due reparti, di circa 500 armati ciascuno, convergenti sulla batteria da direttrici diverse. Verso le 11,30 l’attacco delle forze avversarie, strenuamente contrastato dalla batteria di Marina e da una un plotone di bersaglieri al comando del Tenente Martini, raggiunse il massimo della intensità. Quando il Martini cadde mortalmente ferito alla tempia da una pallottola di fucile, Grazioli Lante assunse il comando anche di quel reparto, esponendosi ove maggiore era il pericolo, per rincuorare i combattenti e meglio incitarli a contrastare il nemico avanzante.
    Cadde al proprio posto di comando colpito mortalmente alla testa da tre pallottole nemiche.
    Il 30 ottobre il feretro del valoroso ufficiale, sul quale era stata posta una corona di palme a simbolo di gloria e di dolore per la Marina tutta, ricevuti gli onori militari solenni sotto bordo della nave “Marco Polo” veniva imbarcato sulla nave ospedale “Regina Margherita” dell’Associazione Cavalieri Italiani del S.O.M. di Malta.
    A Tripoli la salma fu poi trasbordata sul piroscafo “Enrichetta” ed il 2 novembre sbarcata a Napoli, e da questa città trasferita a Roma dove, alla presenza del Ministro della Guerra, del Ministro della Marina, di rappresentanti di Casa Savoia, delle massime autorità politico-militari della capitale e con la partecipazione di un reparto di bersaglieri combattenti ad Homs, si svolse la maestosa cerimonia dei funerali dell’Eroe. Il feretro, avvolto dalla bandiera della nave “Marco Polo”, venne sepolto al cimitero del Verano a Roma, nella cappella di famiglia.
    La sua morte fu pianta da tutta l’Italia e numerosi poeti, come Guido Mazzoni, Fausto Salvadori e Alfredo Baccelli scrissero odi in memoria di questo purissimo eroe. Lo stesso Gabriele D’Annunzio, nella sua famosa composizione poetica “La canzone dei trofei”, piange la morte di Riccardo Grazioli Lante della Rovere.
    Onorificenze
    Medaglia d’Oro al Valor Militare (alla memoria)
 concessa con la seguente motivazione:
    Il 23 ottobre ad Homs, dopo aver compiuto arditamente una prima missione a terra sul terreno battuto dal fuoco nemico, sbarcato una seconda volta per raccogliere notizie, affidò ad altri l’incarico avuto di portarle a bordo e di propria iniziativa accorse a sostituire il Comandante la batteria da sbarco rimasto ferito. 
Rianimò ed infuse nuovo ardimento negli uomini esausti per le perdite subite, le fatiche e il digiuno; provvide a raccogliere il materiale gravemente danneggiato e, malgrado l’oscurità della notte e il non interrotto fuoco nemico, attraverso gravi difficoltà del terreno, ricondusse la batteria al completo dei trinceramenti.
 Il 28 ottobre pure ad Homs, esempio ai suoi di eroica fermezza, comandò la batteria da sbarco della sua nave esponendosi arditamente al fuoco nemico per dirigere il tiro, finché cadde mortalmente ferito”. 
(Homs, 23 – 28 ottobre 1991)
 R.D. 27 novembre 1912.

    In suo onore la città di Roma, in ricordo dell’eroico suo cittadino, volle intitolargli una via cittadina e, nel quartiere Pianciano in via Tevere, anche una scuola elementare.

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    La Marina nel giugno 1912, per meglio ricordare ai posteri la figura dell’eroico ufficiale, nell’isola di Ajo Kyriaky-Stampalia (Dodecanneso – Mar Egeo), costruì ed armò una batteria navale, con annessa caserma, che intitolò a questa fulgida figura di eroe.
    Successivamente, nel 1921, il rimorchiatore d’altura “Falco” dopo essere stato trasformato in cannoniera di scorta, assumeva la nuova denominazione “ Grazioli Lante Riccardo”. L’unità costruita presso i cantieri navali inglesi di Aberdeen, venne varata nel 1912 ed entrata in servizio nel 1915. Dopo la trasformazione in cannoniera venne aggregata alle Forze Navali del Basso Adriatico e Mar Jonio fino al 1936.
    Dal 1936 al 1938 fu impiegata come “Nave Servizio Fari” e nel 1939 quale dragamine alle dipendenze del Comando Marina della Libia Orientale. Per il primo semestre del 1940 l’unità riprese la propria attività di cannoniera di scorta, operando alle dipendenze del Comando in Capo del Dipartimento M.M. di Taranto per passare poi nuovamente alle dipendenze del Gruppo N.U.L. di Taranto, ad operare quale nave servizio fari. La nave Grazioli Lante fu definitivamente radiata alla fine del 1941.

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    Breve storia della caserma Grazioli Lante a Roma
    Con il trasferimento della capitale d’Italia da Firenze a Roma, avvenuto il 20 settembre 1870, il Ministero della Marina trovò la sua sede provvisoria presso il convento di Sant’Agostino, in via della Scrofa, mentre il personale militare alloggiò presso il convento francescano di via Sant’Andrea delle Fratte, requisito per l’esigenza.
    Risolto il grave problema della nuova sede ministeriale con la costruzione di Palazzo Marina, la cui inaugurazione ufficiale avvenne il 28 ottobre 1928, lo Stato Maggiore rivolse la propria attenzione al grave problema del personale militare accasermato in modo non adeguato nell’ex-convento. Venne allora prospettata l’idea di costruire una caserma all’interno dei giardini di Palazzo Marina, ma la ferma e tenace presa di posizione dell’architetto Magni ne fece decadere il progetto perché la realizzazione avrebbe rovinato, in modo irrecuperabile, l’estetica del Palazzo senza peraltro raggiungere lo scopo prefissato. Si dovette pertanto procedere alla ricerca di un sito idoneo, vicino al Ministero, cu cui poter realizzare una struttura capace di accogliere sia il numeroso personale in servizio presso il Ministero, sia quello destinato ai servizi generali e logistici della sede.
    L’area venne individuata nella zona del nuovo Quartiere della Vittoria, che si stava allora sviluppando sull’opposta sponda del Tevere, a poca distanza da Palazzo Marina. Dopo le necessarie pratiche burocratiche nel 1930 venne posta la “prima pietra”, e nel 1932 un primo lotto – del padiglione dell’ex Autoreparto – venne consegnato alla Marina.
    I lavori per il completamento dell’intero corpo edilizio proseguirono più o meno celermente, venendo anche interrotti per una vasta inondazione della zona a causa dell’eccezionale piena del Tevere nell’inverno del 1937. L’intera opera, fu ultimata nell’ottobre del 1938 e costituì, per l’epoca, un esempio di moderna funzionalità, capace di ospitare un migliaio di marinai.
    Il 28 ottobre, ricorrendo l’anniversario della morte del S.T.V. Grazioli Lante, con solenne cerimonia ufficiale alla quale parteciparono autorità militari, civili e religiose, la caserma venne intitolata all’eroe, e vi prese quindi sede il Distaccamento della M.M. di Roma.
 Dall’8 settembre 1943 al giugno 1944, con il trasferimento da Brindisi del Ministero della Marina, l’edificio venne occupato da vari reparti italiani e tedeschi.
    Alla liberazione di Roma, nel giugno del 1944, l’edificio venne occupato dalle truppe americane che vi installarono un Alto Comando ed, in parte, lo trasformarono in un attrezzato ospedale militare. Di conseguenza, il Ministero Marina, ritornato nella sua sede naturale, dovette provvedere a risistemare il proprio personale altrove. Così il personale militare dei servizi venne accasermato nella Scuola Media Statale di via Monte Zebio, nel requisito Albergo Clodio ed alcuni marinai furono ospitati presso la Caserma dei Granatieri di via Ferrari.
    Quando nel giugno del 1945 gl americani restituirono l’edificio alle autorità militari italiane, vi ritrovò immediata sede il Comando Marina e poi, dopo essere stati eseguiti alcuni lavori di predisposizione, il centro raccolta di militari sbandati e l’ufficio Stralcio per le pratiche di discriminazione del personale sbandato dopo l’8 settembre o aderente alla Repubblica Sociale Italiana. Soltanto nei primi mesi del 1947 venne ricostituito il Distaccamento, con il rientro di tutto il personale temporaneamente accasermato in precedenza presso le strutture citate in precedenza.
    Nel ventennio successivo l’edificio subì lavori di ampliamenti e di sopraelevazione per far fronte alle sempre crescenti esigenze di alloggiamento del personale.
Nel dicembre 1962, l’infermeria di corpo vene ampliata e dotata di idonee attrezzature e macchinari specialistici.
    Attualmente nella caserma Grazioli Lante hanno sede il Comando Militare Autonomo Marittimo della Capitale (istituito il 1° gennaio 2001); il Comando Distaccamento Marina Militare; un ridimensionato Servizio Sanitario (infermeria) con la 2^ sezione della Commissione Medica Ospedaliera di Taranto; l’Associazione Nazionale Marinai d’Italia ed altri enti a scopi sociali e, naturalmente gli alloggi del personale.

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    La regia nave Marco Polo nella guerra italo-turca e la morte di Grazioli Lante

    di Antonio Cimmino

    antonio-cimmino-per-www-lavocedelmarinaio-com_1Nel 1911 la regia nave Marco Polo era inquadrata nell’Ispettorato Silurante, squadra formata dalla nave appoggio sommergibili Lombardia, l’incrociatore torpediniere Minerva, la corazzata Saint Bon, l’incrociatore corazzato Vettor Pisani, la 3° squadriglia cacciatorpediniere, la 1° sezione della 4° squadriglia cacciatorpediniere e altre siluranti dislocate nel Mar Adriatico.
    Dopo alcuni interventi davanti alle coste albanesi. La nave (al comando del Capitano di vascello Maffeo Scarpis), il 12 ottobre 1911, scortò a Tripoli – unitamente alla corazzata Saint Bon e le unità della 2° Divisione della II Squadra – un convoglio di 19 piroscafo con a bordo il Corpo di spedizione del Regio Esercito al comando del Generale Carlo Caneva.

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    Il Marco Polo, assieme alle unità della Divisione Navi Scuola della II Squadra Navale, fu destinato a proteggere lo sbarco di uomini e mezzi del corpo di spedizione in Tripolitania e di occupare le località costiere, nonché di mantenere le comunicazioni.
    Il 17 ottobre la nave, insieme all’incrociatore corazzato Varese, fu inviata a bombardare la zona di Homs, nonché fornì una batteria da 72 mm, completa di marinai da sbarco, da sistemare sulle alture allo scopo di proteggere i soldati che, verso ovest, si accingevano ad occupare il Margheb. La batteria ed il contingente da sbarco era comandata dal sottotenente di vascello Corrado Corradini Bartoli, successivamente decorato con Medaglia d’Argento al Valor Militare con la seguente motivazione:
    Dopo aver tenuto lodevolissimo contegno nelle operazioni della forza da sbarco a Tripoli, il 23 ottobre 1911, ad Homs, dirigendo un reparto di artiglieria da sbarco, dimostrò calma e coraggio sotto il violento fuoco dei turco-arabi, mantenendo la sua serenità anche dopo essere stato ferito alla testa da un proiettile nemico”.

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    Nel frattempo il contingente dei bersaglieri, spingendosi troppo in territorio nemico, stava per soccombere. Il comandate del Marco Polo inviò a terra il sottotenente di vascello Grazioli Lante per avere la posizione delle truppe nemiche onde poter cannoneggiarle e permettere lo sganciamento dei soldati italiani. Con coraggio il sottendente, procuratosi un cavallo, si avventurò verso il Margheb e, tornato alla neve, fornì le coordinate necessarie per il cannoneggiamento di sgancio.
    Grazioli Lante tornò una seconda volta a terra il 28 ottobre per comandare la batteria dopo che il collega Corradini era stato ferito, lasciando un suo sottufficiale al comando dei pezzi.
    Nell’azione di difesa delle postazioni terrestri fu validamente collaborato dal 2° Capo cannoniere Emilio Signanini, anch’egli decorato con Medaglia d’Argento al Valor Militare con la seguente motivazione:
    Destinato alla batteria da sbarco coadiuvava in modo lodevolissimo il proprio ufficiale. Caduto il Comandante della batteria ne assunse per qualche tempo il comando dirigendo il fuoco con calma e bravura sotto il fuoco nemico”.

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    Altri due cannonieri furono decorati con Medaglia d’Argento al Valor Militare.
    Il 2° Capo Meloni Michele (23 ottobre) con la seguente motivazione:
    Destinato alla batteria da sbarco coadiuvava con calma e coraggio l’ufficiale che la comandava sotto il violento fuoco nemico, rimanendo gravemente ferito al petto”.
    Il Sottocapo Orazietti Giulio (28 ottobre) con la seguente motivazione:
    …quantunque ferito ed invitato a ritirarsi, rimase fermo al suo posto di puntatore continuando il suo tiro sotto il fuoco del nemico”.

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    Durante i ripetuti attacchi dei turchi, fu ucciso anche il Tenente Luigi De Martini che, in trincea, comandava un plotone di bersaglieri. Grazioli Lante assunse anche il comando dei soldati.
    Circondante da preponderanti truppe nemiche ingrossate da centinaia di indigeni, inviò questo messaggio al comando dei bersaglieri:
    “Colonnello Maggiotto, Tenente De Martini ucciso sulla mia trincea. Ho preso la direzione del suo plotone. La pregherei, se possibile inviarmi qualche uomo sulle ali e possibilmente un ufficiale. Ho sospeso il fuoco per risparmiare munizioni. Grazioli”.
    Alla testa dei marinai e bersaglieri si battè valorosamente ma fu colpito mortalmente da tre pallottole in testa. Gli fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
    “Il 23 ottobre ad Homs, dopo aver compiuto arditamente una missione a terra sul terreno battuto dal fuoco nemico, sbarcato una seconda volta per raccogliere notizie, affidò ad altri l’incarico avuto di portarle a bordo e di propria iniziativa accorse a sostituire il comandante della batteria da sbarco rimasto ferito. Rianimò ed infuse nuovo ardimento negli uomini esausti per le perdite subite, le fatiche ed il digiuno; provvide a raccogliere il materiale gravemente danneggiato e, malgrado l’oscurità della notte e il non interrotto fuoco nemico, attraverso gravi difficoltà del terreno, ricondusse la batteria al completo nei trinceramenti. Il 28 ottobre, pure ad Homs, esempio ai suoi di eroica fermezza, comandò la batteria da sbarco della sua nave esponendosi arditamente al fuoco nemico per dirigere il tiro, finché cadde mortalmente ferito”.
    In una copia della Rivista Marittima dell’epoca, così viene descritta la morte del giovane ufficiale:


“Riccardo Grazioli non ha tempo di compiangere: ha visto morire il suo amico, ma pensa soltanto alla necessità del dovere. Scrive in fretta e manda come può un biglietto al colonnello Maggiotto avvertendolo della perdita di De Martino, e intanto assume prontamente il comando anche del plotone dei bersaglieri. E con una tranquillità di spirito incredibile attende alla batteria e al plotone insieme, alternando ordini e monti a quello e a questo, intento allo svolgersi dell’azione e sollecito a secondarla o combatterla come meglio convenga. Ma a lui pure, fiore purissimo dell’eroismo italiano, è prefissa una sorte non diversa da quella del suo nuovo commilitone. Egli si leva un momento sopra il muretto che maschera la batteria per guardare col binocolo l’effetto del tiro di questa, poi volge il capo per ordinare alcunché al plotone dei bersaglieri …. Una pallottola gli fora la tempia, lo fa stramazzare, folgorato, sulla terrazza.”

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    La famiglia Grazioli Lante della Rovere
    Saggio storico di Giorgio Gianoncelli (*)

    …dalle stelle del cielo della Valtellina al profumo di pane nelle scuderie del Vaticano alla gloria eterna.

    Duca di Magliano Vincenzo Grazioli di Cadelsasso (Sondrio, 22 settembre 1770 – Roma, 27 aprile 1857, progenitore del Conte Sottotenente di Vascello Riccardo Grazioli Lante della Rovere, Medaglia d’Oro al Valor Militare.
    Giovanni e Vincenzo Grazioli sono fratelli e nell’anno 1779, assieme al padre Lorenzo, partono da Cadelsasso, piccolo borgo nel comune di Civo sulla costiera dei Cek,   di fronte al grosso borgo di Morbegno, per raggiungere la città di Roma. Vincenzo ha solamente nove anni (1).
    Fin dai secoli precedenti l’emigrazione valtellinese nello Stato Pontificio, in particolare nella città di Roma, è favorita dall’alto Clero, che ha destinato loro una compagnia dell’annonaria. Poco o niente scolarizzati i valtellinesi, sono impiegati come macinatori di granaglie, facchini, misuratori con staio (2) per il grano e brente (3) per il vino.
    Vincenzo è il minore dei due fratelli. Il padre Lorenzo è il tipico rappresentante del genere di mercante/contadino dell’epoca, comunemente chiamati Mercanti di Vacche, perché sempre presenti sui mercati di bestiame, pronti a intermediare tra un venditore e un compratore, spesso, anche con qualche imbroglio.
    Vincenzo cresce nella Roma papalina, tra lavoro giovanile nelle botteghe di ogni genere e nella grande città, trova anche l’opportunità di scolarizzarsi e col tempo giusto entra nel turbine degli affari commerciali, con la praticità tipica dei valtellinesi operatori della terra e nello stesso tempo, mercanti/promotori del loro prodotto.
    Vincenzo non impiega molto a sviluppare i suoi commerci. I grandi latifondisti, tutti dell’area nobiliare intorno all’albero parassitario vaticano, cercano affittuari per i loro sterminati poderi e soldi a volontà per le dionisiache feste capitoline.
    Nel 1793 il padre rientra in Valtellina e lascia a Vincenzo la bottega di granarolo e lui non spreca il tempo. Sposa Maria Maddalena Miller, figlia di tedeschi panettieri nel rione Trevi e si trasferisce nella bottega dei suoceri dopo aver affittato la sua di granarolo. Da qui comincia l’ascesa commerciale di Vincenzo che incrementa il giro d’affari della bottega dei suoceri e avvia l’attività di mugnaio con dei mulini affittati, mossi dalle acque del fiume Tevere e al fratello Giovanni, affida la gestione della oramai ben avviata panetteria.
    Nell’anno 1802 in modo prematuro muore la moglie Maria, per Vincenzo è un duro colpo ma l’ottimo rapporto con i suoceri, oramai avanti con l’età, gli consente di continuare nella sua attività di oculato imprenditore annonario e nonostante il dolore per la perdita della consorte, Vincenzo non demorde dai suoi commerci e affari. Nello stesso anno prende in affitto una grossa tenuta agricola nell’agro romano, che lo inserisce tra i dignitari dei mercanti di campagna.
    Nel primo decennio dell’800 con Napoleone Bonaparte a Roma, Vincenzo Grazioli conclude un contratto per la fornitura di foraggio e paglia alle formazioni militari francesi. Questo contratto arricchisce in modo straordinario la cassaforte di Vincenzo Grazioli ma soprattutto è introdotto nelle stanze del Vaticano, dove viene a contatto con dignitari e Cardinali che contano.
    Per quanto il ricordo della prima compagna di vita sia importante, un giovane uomo senza la presenza dell’anima gemella è un po’ perso e allora, nell’anno 1806, Vincenzo, sposa Anna Londei, di 19 anni più giovane di lui che appartiene a una famiglia agiata di Ancona, il cui genitore, da ricco mercante di stoffe è anche il fondatore di una Banca di depositi e prestiti nella città di Roma.
    Vincenzo Grazioli è talmente attivo negli affari dell’agricoltura e delle sue dinamiche del periodo che sulla piazza romana pare non abbia rivali ed è addirittura inserito nel consiglio della Banca fondata dal suocero e governata da un cognato proprio per la sua caratteristica principale, quella del contadino/imprenditore e nell’anno 1814, con altri due funzionari della stessa banca, assume l’appalto della dogana della fida delle pecore per tutto l’agro pontificio, che mantengono per un decennio.
    Nell’anno 1823, dopo 17 anni di matrimonio, Vincenzo e Anna, danno alla luce il primogenito che chiamano Pio, naturalmente in onore ai nomi papalini di cui la famigliola gode di favori e dignità.
    Le notevoli disponibilità economiche di Vincenzo Grazioli, derivanti da tanta attività economico-finanziaria, gli consentono di costituire un notevole patrimonio immobiliare formato di beni rustici e urbani. Tra gli acquisti più espressivi c’è la tenuta di Castel Porziano nel settembre 1823, venduta poi nell’anno 1872 alla Casa Reale, oggi patrimonio della Presidenza della Repubblica Italiana.
    Per Vincenzo Grazioli è un susseguirsi da appalti e affari, da solo oppure in società con altri. Nell’anno 1831 si aggiudica l’appalto per la vendita della neve e del ghiaccio sia nella città di Roma sia nel circondario. Sempre nello stesso anno l’appalto per la fornitura del foraggio e la paglia per i cavalli dell’Esercito pontificio.
    Gli acquisti della tenuta di Castel Porziano e del ducato di Santa Croce di Corchiano, aprono al Grazioli le porte della nobiltà romana. Nel gennaio dell’anno 1836 dal papa Gregorio XVI, Vincenzo Grazioli, è elevato al rango di Barone; nel settembre 1851 il re delle Due Sicilie, Ferdinando II, conferisce al Grazioli il titolo di Duca, trasmissibile agli eredi e nell’anno successivo, Pio IX, Giovanni Maria Mastai Ferretti di Senigallia (Ancona), gli riconosce lo stesso titolo per i territori pontifici.
    Nell’anno 1833 il Duca Vincenzo Grazioli di Cadelsasso in Valtellina, nato contadino, lavoratore instancabile fin dalla tenera età, poco scolarizzato, nella sua capacità intellettiva con l’interpretare il valore della terra e l’esaltazione della fatica dell’operatore agricolo, raggiunge l’apice tra i ranghi della nobiltà romana, e il Duca Vincenzo Grazioli, chiude il cerchio con l’acquisto di Palazzo Gottifredi, in via del Plebiscito nella città di Roma, che dopo un opportuno restauro, nell’anno 1835 diventa la residenza della famiglia Grazioli (4).
    Vincenzo Grazioli nello Stato del Vaticano è oramai uomo/imprenditore a tutto campo, non esiste  settore operativo in cui non appare la sua presenza, alla bella età di anni 81, in società con altri ottiene dal governo Vaticano la concessione per la bonifica di terre paludose nelle Valli di Comacchio.
    Vincenzo Grazioli muore nella sua residenza di via del Plebiscito il 27 aprile 1857 ed è sepolto accanto alla moglie Anna, nella cappella gentilizia di Santa Maria sopra Minerva.
    Persona di grande intraprendenza, valtellinese tenace come le rocce della valle, non troviamo nessun segno nella provincia di Sondrio per questa dignità raggiunta da un conterraneo di origini contadine. Il suo dinamismo affaristico gli ha fatto perdere le umili origini, senza rendersi conto che la base dei suoi successi, forse, li deve al carattere formativo di quando, bambino ancora, accudiva ai piccoli greggi di capre e pecore sui brik della costa dei Cek.

    Duca Pio Grazioli Lante della Rovere (Roma 1823 – Roma 1884)
    Con la scomparsa di Vincenzo Grazioli, Duca di Santa Croce di Corchiano, l’unico figlio nato nell’anno 1823 cui è imposto il nome Pio, eredita l’enorme patrimonio costruito negli anni dal padre.
    Nell’aprile dell’anno 1874 Pio Grazioli sposa donna Caterina Lante Montefeltro della Rovere, figlia di Giulio e di donna Maria Colonna e da quel momento la famiglia assume il nome di Grazioli Lante Della Rovere. Gli sposi danno alla luce quattro figli, Mario, Giulio, Riccardo e Maria.
    La famiglia per censo e per ricchezza è tra le prime nello Stato del Vaticano, oltre a vivere di mondanità e feste di rango, Pio Grazioli, sempre fedele e vicino al papa, fa ricostruire a sua totale spesa, la chiesa di San Giovanni della Malva in Trastevere.
    Alla morte del padre la famiglia non si disunisce ma continua con pari dignità e fastosità. I fratelli tutti trovano moglie e la sorella marito, sempre oramai nell’ambito delle famiglie blasonate.  Giulio, il secondogenito sposa la marchesa Maria Laveggi e come il nonno Vincenzo, ha un solo erede maschio che chiama Riccardo.

    Riccardo Grazioli Lante della Rovere (Roma, 21.4.1887 – Homs (Libia), 28.10.1911)
    E’ la personalità che assieme al bisnonno Vincenzo esalta l’interesse storico della provincia di Sondrio.
    Unico figlio maschio di Giulio Grazioli e di Maria Lavaggi, Riccardo, fin da ragazzo sogna di diventare uomo di mare e senza mezzi termini ai genitori, esprime l’agognato desiderio, che da studente, con determinazione, ripete; Ho deciso: io andrò per mare. Così, nell’anno 1904, all’età di 17 anni, Riccardo Grazioli Lante della Rovere entra in Accademia Navale nella città di Livorno per iniziare i corsi di studio per Ufficiali del Corpo di Stato Maggiore della Regia Marina Militare.
    Con pieno titolo e ottimi voti, l’Aspirante Guardiamarina Riccardo Grazioli Lante della Rovere, esce dall’Accademia Navale il mese di novembre dell’anno 1907, destinato su Nave Regina Margherita per il tirocinio pratico e l’avanzamento del grado.
    È questo il periodo in cui la Regia Marina di Guerra è impegnata con la delegazione militare italiana in Cina e il giovane ufficiale il mese di aprile 1908 è imbarcato sulla Torpediniera Vesuvio destinata a quella Delegazione.

    Riccardo Grazioli Lante della Rovere, in tempi diversi e attività differenti, mostra lo stesso determinato temperamento del bisnonno Vincenzo, super attivo in tutto e per tutto, mai domo di conoscere e sapere, parla correttamente le tre lingue europee francese, inglese e tedesco, studia gli l’idiomi cinese e Russo.
    Con l’avvicinarsi del periodo di rientro in Patria per il normale avvicendamento, il giovane Guardiamarina, non esita a recarsi a piedi presso il Comando della Delegazione, lontano 30 km., per chiedere di poter rimanere in Cina. Ottenuta l’autorizzazione, è destinato alla Guardia della Legazione Italiana e in questo periodo, visita la Manciuria, completa gli studi della lingua russa e quella cinese. Promosso sottotenente di vascello il mese di maggio 1911, è richiamato in patria.
    Dopo la regolare licenza di rientro in Patria, il Sottotenente di Vascello Riccardo Grazioli è destinato sull’ariete corazzato Marco Polo, assegnato all’Ispettorato Siluranti e nel settembre 1911, partecipa al conflitto armato contro l’Impero Ottomano. La guerra, chiamata Italo – Turca inizia il 29 settembre 1911.
    Il 12 ottobre 1911 l’ariete corazzato Marco Polo è assegnato alla Divisione Navi Scuola della Seconda Squadra Navale, con base a Tripoli. I compiti affidati alla divisione prevedono le operazioni di sbarco delle truppe, dei servizi e dei materiali, la protezione del corpo di occupazione in Tripolitania, il mantenimento delle comunicazioni con l’Italia, e l’occupazione di altre località costiere, secondo le disposizioni del comandante supremo delle forze italiane in Tripolitania.
    Il 17 ottobre, il Marco Polo è inviato a cooperare con l’incrociatore corazzato Varese e la torpediniera d’alto mare Arpia nel bombardamento di Homs, iniziato il giorno prima a seguito della mancata accettazione della resa delle autorità ottomane. All’alba del 18 il Marco Polo arriva davanti Homs, e secondo le direttive  inizia il bombardamento delle postazioni nemiche, che continua, a intervalli, fino alle ore 18,00, quando inizia a sventolare una bandiera bianca.
    Durante il combattimento del 23 Ottobre, i bersaglieri sono molto avanti e fanno fuoco in varie direzioni. Il Comandante del Marco Polo, privo d’informazioni, incarica il Sottotenente di Vascello Grazioli, di recarsi a terra per chiedere informazioni sulla posizione occupata dal nemico, non visibile da bordo.
    Riccardo Grazioli con un cavallo attraversa la linea di fuoco, osserva le posizioni nemiche e ritorna a bordo con le dovute informazioni. Vista l’attenta osservazione del Sottotenente, il Comando di bordo lo rimanda a terra per avere costanti e utili informazioni.
    Le notizie sulle posizioni relative delle forze italiane e nemiche permettono al Marco Polo di riprendere il fuoco con efficacia, consentendo ai reparti di poter rientrare nelle proprie linee di difesa attorno a Homs, senza subire gravi danni.


    Per la seconda volta a terra, il Signor Grazioli, è informato che il Comandante di una batteria della Regia Marina è ferito e trasportato all’Ospedale. Riccardo Grazioli affida la missione ricevuta all’aspirante guardiamarina di comandata sulla barca a vapore e con un cavallo dei carabinieri, parte per rimpiazzare il collega ferito, raggiunge la batteria ai piedi del Mergheb, quando comincia a imbrunire.
    Il personale della batteria è stremato dalle fatiche e dal digiuno, anche un po’ disorientato per la mancanza del Comandante e del capo-pezzo anch’egli ferito. Grazioli incontra gli uomini della batteria che stanno ripiegando su Homs; dopo averli rincuorati, si accorge che non tutti i pezzi sono stati portati via dalla postazione sull’altura. Con alcuni uomini, ritorna sul Mergheb e recupera il materiale. Raggiunge poi gli uomini della batteria, sotto il fuoco nemico.
    Il terreno, oltremodo accidentato, rende difficile il trasporto pesante carico. La batteria rientra presso la città di Homs completa, con tutti gli accessori. L’energia e la volontà del Sottotenente di Vascello Riccardo Grazioli, riorganizza la batteria nella stessa trincea dove è sistemata un’altra  batteria della Marina con un plotone di bersaglieri al comando del tenente Luigi De Martini.
    Il 28 ottobre le forze turche e indigene attaccano le postazioni italiane, durante la sparatoria, De Martini è colpito a morte, e Riccardo Grazioli assume il comando anche del plotone di Bersaglieri e invia un biglietto, scritto a matita, al colonnello Maggiotto:
    “Colonnello Maggiotto, Tenente Martini ucciso sulla mia trincea. Ho preso la direzione del suo plotone. La pregherei , se possibile, inviarmi qualche uomo sulle ali e possibilmente un ufficiale. Ho sospeso il fuoco per risparmiare munizioni”.
    L’attacco del nemico continua: Riccardo Grazioli, nel cercare d’individuare meglio dove indirizzare i tiri della batteria, si espone alla fucileria nemica, e, mentre sta impartendo ordini, è colpito mortalmente alla testa da tre pallottole.
    Di quei pochi giorni che il Sottotenente di Vascello Riccardo Grazioli Lante della Rovere svolge le mansioni di comandante di batteria, il 2° Capo cannoniere Emilio Signanini, scrive una lettera al padre duca Giulio: Allora come sempre, lo abbiamo visto più che ordinare, lavorare per noi, Il vederlo affabile, sempre buono, non dormire nella notte per vegliare alla nostra difesa, il vederlo dividere con noi il suo vitto, sempre interessandosi del nostro benessere, ha fatto di lui per noi, che abbiamo visto in quei giorni, una persona sacra per cui tutti avremmo dato la vita. Il signor Grazioli è morto. Non abbiamo pianto: gli eroi non si piangono, non si piange chi come il nostro ufficiale muore sul campo dell’onore per la gloria d’Italia. È il 28 ottobre 1911.

    Dalle stelle del cielo della Valtellina al profumo di pane nelle scuderie del Vaticanoalla gloria eterna
    Le famiglie si compongono e si scompongono, gli avvenimenti si susseguono in apparenza lenti ma in realtà anche rapidi, e la vita degli umani è talmente corta che genera elementi di rapida trasformazione, sia in positivo sia in negativo. Come valtellinesi, di questa famiglia abbiamo avuto aspetti positivi: la forza dei contadini della montagna con la determinazione all’ascesa ai vertici della vita socio-economica della nascente nazione italiana, la caparbietà psicofisica del contadino Vincenzo Grazioli nato sotto le stelle della costiera dei Cek e il carattere, patriottico e altruistico del pronipote Riccardo, nato nella neo-capitale d’Italia che dona la vita  per la tutela della sua Nazione.
    Nonno Vincenzo lascia l’aspetto del suo cospicuo lavoro con il palazzo di via Plebiscito nella Capitale d’Italia e il giovane Riccardo, con una targa di bronzo, che ricorda il sacrificio della sua breve esistenza al mondo.
    La facciata del palazzo è decorata con pilastri portanti e capitelli. Al centro si apre il portone fiancheggiato da due colonne di ordine dorico di granito grigio e sormontato da un balcone e la targa in marmo e bronzo con il ritratto della Gloria commemora l’impresa del Sottotenente di Vascello Riccardo Grazioli Lante della Rovere,romano per nascita, con una lunga radice e il cuore valtellinese, medaglia d’oro al valor militare, caduto ad Homs (oggi Al Khums), in Libia, il 28 ottobre1911 durante la Guerra Italo – Turca.

    La Caserma/Distaccamento “STV Riccardo Grazioli Lante della Rovere” della Marina Militare in Roma
    Tra gli anni 1937/38 la Regia Marina Militare costruisce la Caserma/Distaccamento nella città di Roma a fianco del Palazzo della Marina e il 28 ottobre 1938 è inaugurata e intestata a perenne ricordo del Sottotenente di Vascello Riccardo Grazioli Lante della Rovere.
    Riccardo Grazioli Lante della Rovere, Ufficiale della Regia Marina di Guerra, patrimonio valoriale della storia e della gloria della Marina Militare e della Nazione è anche, per origini paterna, da considerare tra i Marinai delle Alpi Centrali, un valore a pieno titolo della Lunga linea blu della provincia di Sondrio.

    Note
    (*) 
    digita sul motore di ricerca del blog il nome e cognome dell’autore per conoscere gli altri suoi scritti. 
    (1) Vincenzo nasce il 22 settembre 1770 da Lorenzo e Maddalena Lombardini.
    (2) Staio: recipiente cilindrico in legno con un contenuto preciso di 5,00 Kg. di grano.
    (3) Grosso recipiente conico da spalla, con capienza di circa 60/65 litri di prodotto liquido, con un segno fisso alla misura di litri 50,00.
    (4) Dal 1989 una parte del  palazzo è concesso dal duca Giulio Grazioli Lante della Rovere, in affitto a Silvio Berlusconi, che lo ha eletto a propria residenza romana.

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    Giuseppe Raimo (Resina oggi Ercolano, 21.4.1903 – 10.6.1976)

    di Carlo Di Nitto

    (Resina oggi Ercolano, 21.4.1903 – 10.6.1976)

    Un protagonista della storia cantieristica gaetana

    Giuseppe RAIMO nacque a Resina (oggi Ercolano) i1 21 aprile 1903.
    Negli anni della prima giovinezza, si arruolò nella Guardia di Finanza. Congedatosi, avendo già acquisito esperienze lavorative nel settore della cantieristica navale nei cantieri di Torre del Greco, venne assunto nei cantieri di Castellammare di Stabia dove ebbe modo di approfondire la sua esperienza lavorativa. Fece parte delle maestranze che costruirono, tra l’altro, anche la Nave Scuola “Amerigo Vespucci”, varata nel 1931, e conseguendo il brevetto di  “carpentiere navale in legno sviluppatore”.

    Questa figura professionale deve saper leggere ed interpretare il disegno progettuale di uno scafo, predisponendo i materiali più adatti al lavoro da eseguire. Nel caso di costruzione di un intero natante, dopo aver “sviluppato” in scala reale le sagome delle varie componenti che costituiscono uno scafo, il carpentiere deve tracciarle sul materiale da tagliare per poterle successivamente assemblare coordinando altri operatori del cantiere. E’ un lavoro che richiede estrema precisione, nel quale Giuseppe Raimo si mostrò particolarmente abile.

    Negli anni della guerra Giuseppe condivise le vicissitudini dei Cantieri di Castellammare di Stabia che al termine delle ostilità erano ormai quasi completamente distrutti. Passò quindi, nel periodo 1945 / 1946 a lavorare nei Cantieri Navali di Posillipo.

    In quegli anni a Gaeta, su iniziativa del conte Orlando – Castellano, nacque l’omonimo cantiere. Contemporaneamente, a livello internazionale, era nato il movimento clandestino “Alyah Beth”, sorto per consentire il rientro in Palestina di migliaia di ebrei sopravvissuti alla Shoah. Una delle principali esponenti del movimento, Ada Sereni, ha scritto: «… mi proposero Gaeta come nuova base… Tutta la bella contrada attorno aveva sofferto orribili distruzioni al tempo della guerra e la cittadina … era ridotta ad un villaggio semidistrutto, triste e misero. Il proprietario di un piccolo cantiere… fu felice di lavorare per noi. Per la popolazione locale, affamata e disoccupata, il nostro lavoro fu una benedizione. …»

    Questo cantiere era il Cantiere Orlando – Castellano che, assunti numerosi dipendenti tra operai, maestri d’ascia e calafati, cominciò intensamente a sistemare diversi natanti acquistati in vari porti italiani. I battelli erano poi condotti a Gaeta dove venivano riparati gli scafi, revisionati i motori ma soprattutto ricavati nelle stive gli opportuni adattamenti che permettessero il trasporto degli sventurati profughi, durante la navigazione da Gaeta in Palestina.
    Si rese pertanto necessario disporre di personale particolarmente esperto ed abile nella cantieristica. Quindi la direzione del Cantiere gaetano inviò un proprio incaricato, un certo sig. Vassallo, a chiedere ai Cantieri di Posillipo di indicare l’artigiano più adatto allo scopo. L’ingegnere dirigente indicò Giuseppe Raimo e lo convinse a trasferirsi a Gaeta, dove incominciò la sua abile opera consistente anche nella formazione professionale di altri artigiani navali. Si ricorda che in circa 2 anni, fino al 1948, furono approntate per la Palestina una dozzina di navi da 200 a 300 tonnellate di stazza.
    Terminata l’emigrazione verso la Palestina, nei primi anni ’50, il cantiere Orlando ottenne la commissione per la realizzazione di alcune motobarche guardacoste armate in legno per conto della Guardia di Finanza, le prime realizzate in Italia dalla guerra. Il progetto, che prevedeva l’utilizzo di ben tre diversi tipi di legname, fu elaborato dai progettisti del Cantiere, ma toccò a Giuseppe Raimo di sviluppare e tradurre in fase esecutiva il piano di lavoro sviluppandone e tracciandone i relativi grafici. I familiari ricordano ancora le notti insonni da lui trascorse a realizzare disegni e ad elaborare calcoli, correggendone anche qualcuno progettuale.

    Negli anni successivi, i Cantieri Orlando iniziarono a condurre un’altra sede in località Piazza Mazzoccolo, affidata al fiduciario mastro Luigi Tramontano, dove venivano effettuati rimessaggi e costruzioni di imbarcazioni prevalentemente ad uso locale. In questa sede, l’opera e l’esperienza di Giuseppe Raimo si resero necessarie. Qui, su commissione del noto attore Raf Vallone, disegnò e realizzò due motoscafi da diporto in mogano che si rivelarono ottime imbarcazioni.
    Verso la fine degli anni ’50, soprattutto a causa della riduzione delle commesse, i Cantieri Orlando chiusero la loro attività a Gaeta. Inoltre, anche a seguito della costruzione del Lungomare Caboto, tutte le attività cantieristiche locali si dovettero spostare in località Peschiera e il Cantiere già ubicato in Piazza Mazzoccolo venne rilevato dal padre del cantante Nico Fidenco ed assunse la denominazione di CaNaGa (Cantieri Navali Gaeta). In questa sede Giuseppe Raimo, intorno al 1963/64, disegno e realizzò, per conto dell’armatore gaetano Bisbiglia, il Motopeschereccio “Orizzonte” che all’epoca rappresentò il più moderno e grande battello da pesca costruito a Gaeta.
    Gli ultimi anni lavorativi di Giuseppe Raimo, lo videro sempre impegnato nell’attività cantieristica, intento a fornire la sua notevole esperienza alle nuove generazioni di operatori navali.
    Giuseppe Raimo è scomparso il 10 giugno 1976 lasciando di sé l’ottimo ricordo di una persona buona, riservata e schiva, sempre disponibile e prodiga di consigli sulla difficile arte del carpentiere navale che, con profonda maestria, aveva praticato negli anni della sua vita.
    Difficile dimenticarlo.

    Fotografie (p.g.c. della Famiglia):
    1 – Giuseppe RAIMO;
    2 – La motobarca armata realizzata per conto della Guardia di Finanza;
    3 – Il conte Orlando offre pacchi dono alle sue maestranze (1953 circa);
    4 – Il conte Orlando tra i suoi dipendenti (1953 circa);
    5 – Uno dei due  motoscafi realizzati per l’attore Raf Vallone;
    6 – Il varo del M/p Orizzonte;
    7 – Il M/p Orizzonte subito dopo il varo.

  • C'era una volta un arsenale che costruiva navi,  Marinai,  Marinai di una volta,  Recensioni,  Storia

    21.4.1936, varo dell’incrociatore Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi (già Regio)

    di Carlo Di Nitto

    Questa glorioso e bellissimo incrociatore, appartenente all’omonima classe, dislocava 11350 tonnellate. Costruito nei Cantieri OTO di La Spezia, era stato impostato il 28  dicembre 1933 e varato il 21 aprile 1936.
    Entrò in servizio il 1° dicembre 1937, svolgendo un’intensa attività bellica a cominciare dall’aprile 1939, in occasione dell’occupazione dell’Albania. Durante il secondo conflitto mondiale venne ampiamente impiegato; partecipò alle battaglie di Punta Stilo, di Capo Matapan e ad altre importanti azioni per la protezione del traffico.
    Il 21 novembre 1941, durante un’azione di scorta verso la Libia, venne colpito a poppa da un siluro lanciato da un aerosilurante britannico e perse dieci suoi Marinai.
    Dopo l’armistizio, seguì il grosso della flotta a Malta ottemperando agli ordini ricevuti per la consegna agli alleati. Nel periodo della cobelligeranza, venne schierato in Atlantico per azioni di pattugliamento.
    Alla fine del conflitto rimase all’Italia.
    Il 9 maggio 1946 trasportò re Vittorio Emanuele III in esilio ad Alessandria d’Egitto dopo la sua abdicazione. Successivamente trasportò in esilio in Portogallo la famiglia reale di re Umberto II.
    Completamente rimodernato nel periodo 1951/53 presso l’Arsenale M.M. di La Spezia, venne radiato il 1° aprile 1961.

    Questa foto riprende l’Unità intorno all’anno 1955.
    Il suo motto fu “ Ardisci e spera”.
    ONORE AI CADUTI!