Recensioni

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    Vincenzo Giannuzzi (Termoli, 11.4.1940 – 14.4.2009)

    di Rosalba Benvenuto e Vincenzo Campese (*)

    … riceviamo e con orgoglio misto a commozione pubblichiamo.


    Signore Vinciguerra mi farebbe piacere se inserisse anche mio marito nelle foto dei marinai deceduti.
    Lui non c’è più e sarei onorata che lo ricordasse.
    data di nascita 1940 deceduto 2009 sentitamente ringrazio.
    Vincenzo era nato a Termoli l’11 aprile 1940 ed è deceduto il 14 aprile 2009.

    a cura Vincenzo Campese (*)

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

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    Giovanni Cappiello (Sant’Agnello (NA), 14.4.1920 – Grottaglie, 8.4.1942)

    di Antonio Cimmino

    (Sant’Agnello (NA), 14.4.1920 – Grottaglie, 8.4.1942)

    Giovanni Cappiello nasce a Sant’Agnello (NA) il 14 aprile 1920.
    Era un marinaio della Regia Marina deceduto l’8 aprile 1942 a seguito di incidente mentre era di servizio sull’unità navale della Regia Marina “Caio Duilio”.


    La guerra era al suo culmine e il giorno 3 aprile 1942 Giovanni era di servizio in coperta sulla sua unità ormeggiata nel porto di Taranto. Quel giorno infuriava una forte tempesta, cosicché una folata di vento lo sbatté a terra facendolo battere violentemente sulle strutture in ferro della nave. L’urto gli procurò una frattura alla spina dorsale. Trasportato immediatamente all’ospedale militare della vicina Grottaglie trovò la morte l’8 aprile 1942, data di in cui il Comando Militare comunicò il lutto alla famiglia.
    Sull’elenco dei Caduti e Dispersi della Marina Militare risulta deceduto in territorio metropolitano il 10.4.1942.

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    Francesco Caccavale (Taranto, 14.4.1915 – Caserta, 17.3.1963)

    di Maria Caccavale

    (Taranto, 14.4.1915 – Caserta, 17.3.1963)

    … riceviamo e con infinito orgoglio e commozione pubblichiamo.

    Buongiorno,
    mi chiamo Maria Caccavale, sono la figlia di Francesco Caccavale, nato a Taranto il 14 aprile 1915, 2° Capo Cannoniere Artificiere, imbarcato sulla regia nave Diana  al momento dell’affondamento avvenuto nel 1942.
    Papà fu salvato dalla Nave Ospedaliera, dopo giorni di galleggiamento.
    In questo periodo mi sono dedicata alla trascrizione (per adesso manuale, perché è molto difficile l’interpretazione di alcuni termini) del diario di quella tragedia vissuta da papà e dai suoi compagni, diario scritto subito dopo le cure e durante la convalescenza. De diario custodisco gelosamente una fotocopia e reca la data del 3 agosto 1942.
    Papà, purtroppo, ci ha lasciato troppo presto. È morto a Caserta il 17 marzo 1963, a soli 47 anni. 

    Papà è il primo in alto a sinistra 

    Non è possibile descrivere l’emozione che ho provato nel leggere quelle pagine piene di sentimenti, disperazione, coraggio. In quelle pagine ho riscoperto mio padre, uomo meraviglioso, uomo eroico che, con la sua disciplina, mi ha insegnato ad andare avanti da sola.

    Papà è quello che comanda il plotone di Marinai

    Il monito di papà, a noi quattro figli, era: STUDIARE, STUDIARE. Io gli ho dedicato la mia laurea.
    La vicenda tragica di mio padre e dei suoi compagni dovrebbe far riflettere la società attuale.

    Mi piacerebbe tanto avere un riscontro da parte di parenti di quei marinai che hanno vissuto la tragedia di papà.
    Grazie. 

    Queste foto che invio sono incorniciate e non ci permettiamo di toccarle. Le ha in custodia la prima sorella.

    La regia nave Diana. La nota è di papà.

    Il diario non ha copertina. Le mando la prima e l’ultima pagina dove sono riportati  i nomi dei suoi compagni.

    Papà con i suoi ragazzi

    Breve storia della regia nave Diana
    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    L’avviso veloce Diana fu progettato come yacht del Capo del Governo e successivamente modificato per le esigenze belliche.
    Costruito presso i Cantieri del Quarnaro a Fiume fu impostato il 31.5.1939, varato il 25.5.1940 ed entrò in servizio il successivo 12 novembre.

    La sua brevissima vita fu costellata anche da spiacevoli episodi. Un primo incidente si verificò il 28 settembre 1940 nel porto di Messina, quando entrò in collisione con il regio sommergibile Onice danneggiandolo; u secondo episodio avvenne il 1° novembre 1940 mentre la nave era in manovra nel porto di Fiume dove accidentalmente speronò e affondò il regio rimorchiatore Quarnero.
    Inviata nell’isola di Rodi per approvvigionamento viveri (il comandante ricevette una medaglia d’argento al valor militare da parte del governatore del Dodecaneso).

    La regia nave Diana fu impiegata anche come nave appoggio durante la fallimentare incursione della X Flottiglia MAS contro Malta. Salpò da Augusta al comando del Capitano di Corvetta Mario Di Mauro il 25 luglio 1940 con a bordo 9 barchini esplosivi e un motoscafo modificato che avrebbero dovuto distruggere le ostruzioni. L’attacco fu un totale fallimento per il rilevamento dei radar, tutti i barchini e gli SLC andarono distrutti o catturati, mitragliati da aerei britannici … solo in undici marinai si salvarono su una cinquantina di operatori.
    La regia nave Diana effettuò la sua ultima missione a Tobruk dove fu silurata ed affondata dal sommergibile HMS Thrasher il 29.6.1942 alle ore 11.45  e s’inabissò rapidamente a 75 miglia a nord del Golfo di Bomba (Cirenaica) in posizione 33°30’N e 23°30’E.
    I soccorsi arrivarono tra il 29 e il 30 giugno, da parte della nave ospedaliera Arno che si occupò del recupero dei superstiti.
    Perirono 336 uomini.

    Caratteristiche tecniche
    Dislocamento: normale: 2.487 tonnellate – pieno carico: 2.591 tonnellate
    Dimensioni: lunghezza: 113,9 (fuori tutto) mt. – larghezza: 11,7 mt. – immersione: 3,9 mt.
    Motori: 4 caldaie – 2 turbine – 2 eliche
    Potenza: 31.100 HP
    Velocità: 28 nodi
    Armamento: 2 pezzi da 102/35 – 6 pezzi da 20/65 – 2 scaricabombe A.S. – 87 mine
    Equipaggio : 152 uomini.

    Dello stesso argomento sul blog:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2019/06/29-6-1942-in-ricordo-di-erasmo-franciosa-e-laffondamento-del-regio-avviso-veloce-diana/

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    Francesco Serra Maninchedda (Porto Torres, 5.3.1892 – Roma, 14.4.1959)

    a cura Pancrazio “Ezio Vinciguerra

    (Porto Torres, 5.3.1892 – Roma, 14.4.1959)

    Nasce a Porto Torres il 5 marzo 1892. Al termine degli studi liceali nel 1911 entra a far parte dell’amministrazione delle Capitanerie di porto rivestendo il grado di Applicato di porto di 2^ classe.
    La sua prima destinazione di servizio è Genova, dove si metterà in luce per avere salvato la vita ad un diportista in pericolo. Seguirà il trasferimento per Taranto.
    Trascorre gli anni della Prima Guerra Mondiale in Libia quando, militarizzato con il grado di Tenente, ha la reggenza della Capitaneria di Bengasi. Anche a Bengasi si mette in luce allorquando, in occasione di una tempesta, mette in salvo 22 naufraghi del piroscafo Alba M.. Per questo gesto gli viene conferita la Medaglia d’Argento al Valor di Marina. Successivamente verrà insignito di una ulteriore decorazione per avere recuperato un passeggero caduto in mare da un piroscafo.
    Promosso Capitano, fa rientro in Italia nel 1921 dopo un breve periodo trascorso a Tripoli.
    Problemi di salute, dovuti a malattie contratte nel continente nero, lo terranno lontano dal servizio attivo per due anni.
    Nel 1923 rientra in Libia e dopo un breve periodo trascorso a Tripoli nel 1924, ritorna operativo, per due anni, al Comando degli Uffici Circondariali di Misurata e della Sirte. 
    Rientra a Tripoli con l’incarico di Comandante in 2^.
    Dal 1929 al 1941 alterna periodi di destinazioni fra Genova e l’Africa Orientale (sede di Massaua e Direzione Marittima di Mogadiscio). A Mogadiscio viene catturato e fatto prigioniero dagli inglesi fino al 1944.
    Riammesso in servizio nel 1945, viene impiegato al comando della Direzione Marittima di Ancona e successivamente di Venezia.
    Nel 1951 è nominato Tenente Colonnello e destinato presso l’Ispettorato Generale del Corpo sino al 31 dicembre 1954, giorno del suo congedo.
    Muore a Roma il 14 aprile 1959.

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    Enrico Porro (Lodi, 16.1.1885 – Milano, 14.4.1967)

    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra”

    (Lodi, 16.1.1885 – Milano, 14.4.1967)

    Biografia
    Nasce a Lodi Vecchio (Lodi) il 16 gennaio 1885 da genitori emigrati da Cuvio, nel varesotto.
    È stato il primo italiano a conquistare una medaglia d’oro olimpica nella lotta greco-romana nei pesi leggeri (66,6 kg) alle Olimpiadi di Londra del 1908. Marinaio, mozzo, arrivato a Buenos Aires scappò dalla nave e si rifugiò da un cugino tipografo che viveva nella capitale argentina, ma tornò a Milano dopo aver litigato con la moglie del parente. In precedenza, nel 1906, vinse il titolo europeo.
    A diciassette anni partecipò poi alla sua prima competizione ufficiale a Legnano, vincendola.
    Arruolato in Marina per il servizio militare (quattro anni di ferma), nel 1906, , imbarcato come elettrotecnico sulla regia nave-scuola Castelfidardo, di stanza a La Spezia, ai Giochi Olimpici di Londra si recò in divisa avendo ottenuto l’autorizzazione a partecipare e, nella finale disputata, ebbe la meglio sul russo Nikolaj Orlov, sette chili più pesante. Quel viaggio in treno 3^classe, da La Spezia a Londra durò due giorni.
    Tornato a La Spezia con un biglietto di terza classe, la banda della Regia Marina lo accolse con tutti gli onori. Fu portato in trionfo e premiato da Vittorio Emanuele III con una medaglia d’oro. Saltate le Olimpiadi del 1912 (Stoccolma) per la bruciatura a una mano causata da un corto circuito, prese parte con esiti modesti a quelle del 1920 (Anversa) e 1924 (Parigi).
    Visse gli ultimi anni con le braccia paralizzate dall’atrofia muscolare.
    Salpò per l’ultima missione da Milano il 14.4.1967.

    Curiosità
    Si racconta che al re scappò un sorriso quando, sulla plancia del regio cacciatorpediniere Castelfidardo, all’àncora nell’Arsenale Militare della Spezia, venne condotto al suo cospetto il marinaio Enrico Porro. Vittorio Emanuele III non poté infatti fare a meno di notare che l’uomo che aveva di fronte, vincitore qualche settimana prima di un oro olimpico a Londra nella lotta greco-romana, era alto… quanto lui.
    Ricorda, Porro, che quella visita inaspettata (fu infatti rintracciato in una balera dove stava festeggiando allegramente la vittoria e rimesso in fretta e furia in condizioni appena decenti) si concluse con molte lodi da parte del sovrano e una più tangibile «medaglia d’oro grossa come una michetta».

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    14.4.1912, Guglielmo Marconi e il Titanic

    di Marino Miccoli e Manuel Jobs Muttarini (*)

    Con piacere ho accolto l’invito dello stimato Manuel Muttarini (Gold Associate Member della prestigiosa Titanic Historical Society) (*) a scrivere un breve articolo che trattasse di quelle che furono le reazioni e le opinioni espresse dal grande scienziato italiano inventore del telegrafo senza fili Guglielmo Marconi in occasione del drammatico affondamento del transatlantico Titanic avvenuto la notte del 14 aprile 1912.

    (*) digita sul motore di ricerca del blog il nome e cognome degli autori per conoscere gli altri loro articoli.

    Occorre premettere che è stata l’apprezzata professionalità di uno stenografo a far sì che il trentottenne Guglielmo Marconi non si trovasse sul transatlantico Titanic il giorno del suo affondamento. Egli con la moglie era stato invitato dalla White Star Line a partecipare al viaggio inaugurale di quella meravigliosa quanto tristemente famosa nave ma egli, a causa delle numerose pratiche cartacee da sbrigare e della sua conoscenza dell’abile e svelto stenografo che prestava servizio sul Lusitania, preferì imbarcarsi tre giorni prima su quest’ultimo transatlantico per raggiungere New York.
    Apprese della grande sciagura quando, sbarcato negli Stati Uniti, seppe che a Cape Race (una località situata in Terranova, sulla costa atlantica del Canada, vicino alle rotte transatlantiche) era stato captato un radiomessaggio che lasciava supporre essere avvenuto un grave disastro in mare.
    Quando il Carpathia attraccò al molo 54 di New York carico dei naufraghi del Titanic, Marconi si recò subito dai radiotelegrafisti per apprendere direttamente da loro quello che era successo. Parlò con Thomas Cottam del Carpathia e con Harold Bride marconista in seconda del Titanic (il primo marconista J. G. Phillips era perito nel naufragio). Si fece un’idea di quello che era avvenuto e da subito sentì di dover intervenire in favore dei marconisti che erano stati ingiustamente criticati, soprattutto difese l’operato di Phillips, il giovane che guadagnava 30 dollari al mese e che era voluto rimanere stoicamente al suo posto, nonostante il Comandante del Titanic lo avesse dispensato da ogni responsabilità.
    Sebbene Guglielmo Marconi fosse fiero del comportamento dei marconisti, era però amareggiato perché convinto che si sarebbero potute salvare molte più vite. In particolare, leggendo il libro che la signora Degna Marconi Paresce (figlia del grande scienziato italiano) ha pubblicato alcuni anni addietro veniamo a conoscenza che egli affermò: “Certe navi non poterono ricevere la richiesta d’aiuto del Titanic perché stavano ricevendo il bollettino delle ultime notizie da Cape Cod. Se a bordo ci fossero sempre due marconisti, uno avrebbe potuto badare al notiziario e l’altro avrebbe dovuto stare all’ascolto di eventuali segnali di pericolo, senza con questo interferire sui messaggi a lunga distanza”.

    In seguito l’attenzione di Marconi si concentrò sull’opportunità di dotare le scialuppe di salvataggio di un apparecchio rice-trasmittente di facile uso, affinché anche un uomo profano in materia potesse azionarle; finalmente nel 1926 una lancia così attrezzata del Royal National Lifeboat Institution riuscì a comunicare con una base a terra distante 185 miglia.
    In merito al fatto che il Carpathia aveva ritrovato i naufraghi del Titanic a notevole distanza dalla posizione originariamente segnalata (a ben 34 miglia di distanza…) egli sostenne la necessità di istituire dei radio-fari sulle coste dell’oceano, in modo tale da impedire errori di localizzazione di tale gravità che poi nei fatti si traducevano in un elevato numero di vite umane perdute.
    Egli evidenziò inoltre la necessità di dotare le grandi navi di linea di stazioni rice-trasmittenti più potenti, che fossero così in grado di collegarsi con entrambe le rive dell’oceano.
    L’illustre scienziato italiano fu senz’altro gratificato allorquando i superstiti dell’affondamento si recarono in massa da lui in albergo per manifestargli tutta la loro gratitudine e riconoscenza per la sua invenzione; durante quella commovente visita gli donarono una medaglia d’oro su cui era raffigurato Apollo, il nume profetico e splendente della sua bellezza. Guglielmo Marconi li ringraziò commosso.
    Anche noi siamo e dobbiamo essere grati al grande scienziato italiano perché nella storia recente dell’umanità la sua invenzione è stata di importanza capitale per la salvezza di un numero incalcolabile di vite umane. Consideriamo ciò un motivo di orgoglio in più per noi di essere Italiani.

    Transatlantico fotografato a Napoli, dalla coperta del Regio Esploratore Alvise da Mosto,sullo sfondo appare il Vesuvio al tramonto (foto d’epoca degli anni ’30)

    (*) 
    Cari Ezio e Marino,
    Vorrei che prima di questo splendido saggio aggiungeste questo pezzettino dedicato a voi.
    Ho conosciuto Ezio Vinciguerra qualche anno fa. Chiedendogli umilmente uno scambio di Link. Ho trovato ben altro di un sito. Una persona vera, sincera e amichevole. Ho cominciato a postare per tutti voi le mie ricerche. Mi avete dato la forza di continuare. Ogni parola scritta sul mio sito, è stata scritta su un’iphone e spedita al mio webmaster Stefano a cui devo molto. Molte notti con ore piccole, molte foto di persone scomparse, molte note della mia armonica dedicate a quella sciagura da sempre mi danno la forza di approfondire in modo semplice..Qualche Domenica fa, il signor Miccoli, con la sua gentilezza e cultura mi ha informato di una vicenda che non conoscevo cosi bene. Cosi l’articolo che leggerete tra breve sarà sul mio sito con una dedica al signor Miccoli a cui devo molto. Caro Marino spero di ricevere ancora suoi articoli e le stringo la mano per avermi illuminato con il suo sapere.

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    Eugenio Savoia (Parigi, 14.4.1816 – Torino, 15.12.1888)

    di Francesco Carriglio
    www.augusta-framacamo.net

    Medaglia d’Oro Eugenio Savoia principe di Carignano

    Eugenio di Savoia Principe di Carignano, Nacque a Parigi il 14 aprile 1816 da Giuseppe Maria di Savoia conte di Villafranca e da Paola Benedetta Duchessa de la Vauguyon. Fu educato prima a Torino, poi a Genova, presso la Regia Scuola di Marina, dalla quale usci nel 1831 con il grado di guardiamarina di 2^ classe. Con tale grado e nell’anno successivo compì sulla fregata « Commercio », in divisione con la « Regina » e con il brigantino « Nereide », una campagna, in Mediterraneo a scopo politico, toccando i porti di Orano, Algeri, Tunisi, Tripoli, Alessandria, Larnaca, Milo, Metelono, Smirne. Imbarcò nell’anno dopo sulla « Regina » per una nuova crociera nei mari dell’Africa settentrionale ed in quelli del Levante. Nel 1834, il Principe Eugenio fu promosso tenente di vascello e contemporaneamente passò nell’esercito con il grado di capitano in « Novara Cavalleria », seguiva così anche la carriera nelle armi di terra, ove raggiungeva il grado di colonnello. Però nel frattempo dedicava ancora parte della sua attività al mare, giacché nel 1838 imbarcò sulla fregata ; « Regina » allestita per una campagna di circumnavigazione, che fu intrapresa 1’8 novembre di tale anno, essendo il Principe già promosso capitano di vascello con Decreto del 22 agosto 1837, ed avendo a bordo l’incarico di comandante in 2^, mentre il comando era tenuto dal comandante Albini. La nave toccò nel dicembre Teneriffa, e, nel 1839, San Sebastiano del Brasile, Montevideo, dirigendo poi a doppiare Capo Horn. Se non che, sorpresa da violenta tempesta, ed avendo subito gravissime avarie, dovette retrocedere a Rio Janeiro ove rimaneva sette mesi in riparazione; siccome l’alberata non dimostrava più la necessaria solidità fu deciso il ritorno in Patria che avvenne 1′ 8 maggio dell’anno successivo, dopo aver toccato Bahia e Fernambuco. Riscontriamo infatti che il Principe sbarcò dalla « Regina » l’11 maggio 1840. Dopo tale data ebbe il comando del reggimento « Piemonte Reale » che durò fino al 1842 epoca nella quale il Principe ebbe la regia Patente di contrammiraglio; due anni dopo era nominato luogotenente generale e comandante generale della Marina, carica che mantenne fino al gennaio 1851, anno in cui ricevette grado e dignità di ammiraglio nella Regia Marina. Ma, nel tempo stesso altri incarichi erano devoluti ad Eugenio di Savoia che, nel 1845, era nominato Comandante Generale della Guardia Nazionale, e nel 1848, durante la prima guerra di Indipendenza fu Luogotenente del Re a Torino, ove, 1’8 maggio, inaugurava la prima sezione del Parlamento Subalpino. Riebbe la luogotenenza durante la guerra del 1849, riuscendo a stabilire l’ordine dopo la rotta di Novara. Accompagnò poi Carlo Alberto, esule, ad Oporto, e dopo pochi mesi ne rilevava la salma con le navi « Gotto » e « Monzambano ».

    Nel 1859 riprendeva il suo posto come Luogotenente del Re a Torino, carica che manteneva nelle provincie Toscane nel 1860, e nel 1861 nelle provincie meridionali a Napoli adoperandosi per la buona riuscita, delle operazioni guerresche, specialmente ‘nella cooperazione fra le truppe regie e quelle garibaldine, e provvedendo a soffocare la reazione borbonica ed il brigantaggio in tutte le loro manifestazioni di crudeltà, stragi e ricatti, il che gli valse la medaglia d’oro al valor milita Re. In occasione della nuova guerra del 1866 fu ancora incaricato della luogotenenza reale; ma di poi poco più apparve nella movimentata vita pubblica, specialmente dopo la morte di Re Vittorio Emanuele II. Il 15 dicembre 1888 moriva a Torino; solenni riuscirono le esequie, e la sua salma riposa a Superga con quelle degli altri Principi di Casa Savoia e di tutti i Re di Sardegna.