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    Antonio Morano (Melfi, 25.7.1922 – Mauthausen, 22.4.1945)

    di Adriano Di Nitto (*)

    (Melfi, 25.7.1922 – Mauthausen, 22.4.1945)

    …riceviamo e con immenso orgoglio pubblichiamo, per non dimenticare mai.

    Buongiorno Ezio, questi i dati che sono riuscito a reperire:
    Antonio Morano, di Nicola, nato il 25 luglio 1922 a Melfi (Potenza). Celibe. Residente a Melfi in Via Santa Lucia, 21. Marò. Fatto prigioniero dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943 in Grecia (fronte Egeo, Lero e Rodi). Detenuto in Jugoslavia. Deportato a Mauthausen tramite la Polizia di Sicurezza tedesca di Belgrado. Arrivato a Mauthausen il 3 ottobre 1944. Matricola 106879. Mestiere dichiarato all’atto dell’immatricolazione: macellaio (1). Classificato come SCH (Schutzhäftlinge – deportato per motivi precauzionali). Ucciso a Mauthausen il 22 aprile 1945.

    (1)  in Brunello Mantelli, Nicola Tranfaglia – Il libro dei deportati. I deportati politici 1943-1945 – Ugo Mursia.
    P.s. sto facendo ricerche su Gallinaro Roberto nato a Gaeta (LT) il 08/01/1911. Operaio. Deportato a Mauthausen. Immatricolato il 18/08/1944. Matricola 89451.

    (*) per conoscere gli altri suoi scritti, digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

    NOTA
    … riceviamo e pubblichiamo.

    Salve,
    mi chiamo Morano Lorenzo, e sono il pronipote del marinaio Morano Antonio, nato a Melfi (PZ) il 25.07.1922, il quale ha partecipato alla Seconda Guerra Mondiale, in forza alla Regia Marina.
    Fino ad una decina d’anni fa, per la mia famiglia, questo zio di mio padre, che tra le altre cose porta in suo memoria il medesimo nome, risultava disperso e quindi caduto in mare nel 1940.
    Queste erano le notizie arrivate alla mia famiglia, tant’è che nella cappella di famiglia, presso il cimitero di Melfi, la lapide ad egli dedicata recita: “Dispero in mare nel 1940”.
    Con la nascita delle nuove tecnologie, personalmente ho condotto delle ricerche, che mi hanno portato a scoprire che il mio prozio in realtà non è morto nel 1940, ma bensì nel 1945, in un campo di concentramento nazista, per la precisione a Mauthausen in Austria e per causa del decesso risultava indicato “malattia”.
    Ad onor di cronaca che il mio zio fosse morte a Mauthausen la cosa era nota almeno dagli anni 60, in quanto il suo nome compare nell’elenco dei morti nel campo di sterminio austriaco, pubblicato in appendice al libro “Tu passerai per il camino: vita e morte a Mauthausen” di Vincenzo Pappalettera, pubblicazione Premio Bancarella 1966 (Tu passerai per il camino” è stata la minaccia che per anni i kapò e gli aguzzini nazisti hanno ripetuto ai prigionieri del campo di Mauthausen. Un riferimento esplicito e crudele ai forni crematori, una frase che è diventata sinonimo di morte. Vincenzo Pappalettera aveva venticinque anni quando fu deportato. Vent’anni dopo la liberazione ha raccontato in questo libro l’orrore di quei giorni. Per chi è morto, per i molti che non sanno e i troppi che non vogliono sapere, per gli increduli in buona e mala fede e per le generazioni future).
    Appurata questa nuova realtà, mio padre tentò, attraverso i canali ufficiali del Ministero della Difesa, di cercare di rintracciare e rimpatriare la salma, ma la risposta che ci arrivò fu negativa, ma senza particolari spiegazioni, solo una velata, ma non esplicita, indicazione del fatto che fosse seppellito in una fossa comune.
    Ad inizio anno ho avuto il piacere di conoscere l’ANED, Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti e grazie allo loro ricerche, ho avuto finalmente modo di conoscere la storia del mio prozio, per filo e per segno, almeno dal momento della cattura, avvenuto dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.
    L’ANED in merito scrive:
    “Morano Antonio di Nicola, nato il 25 luglio 1922 a Melfi (Potenza). Celibe. Residente a Melfi in Via Santa Lucia, 21. Marò. Fatto prigioniero dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943 in Grecia (fronte Egeo, Lero e Rodi). Detenuto in Jugoslavia. Deportato a Mauthausen tramite la Polizia di Sicurezza tedesca di Belgrado. Arrivato a Mauthausen il 3 ottobre 1944. Matricola 106879. Mestiere dichiarato all’atto dell’immatricolazione: macellaio (*). Classificato come SCH (Schutzhäftlinge – Prigioniero Politico, deportato per motivi precauzionali). Ucciso a Mauthausen il 22 aprile 1945”.
    Notizie che vedo essere riportate anche nel vostro blog.
    Le ricerche dell’ANED, in collaborazione con l’Università di Torino, da tempo avevano in mano la “storia” del mio prozio, che fu giustiziato a Mauthausen pochi giorni prima della liberazione del campo, assieme ad altri 500 prigionieri politici, di cui 84 erano italiani.
    A cavallo tra il 21 ed il 25 Aprile 1945, i tedeschi giustiziarono in massa numerosi prigionieri politici, tra i quali vi era anche il mio prozio, che fu tra i rivoltosi del campo e per rappresaglia fu appunto giustiziato e sepolto in una fossa comune, per via del numero elevato di uccisioni.
    Il Registro ufficiale dei decessi (Totenbuch) di Mauthausen, come detto, segnala la sua morte per malattia, come per tutti i deportati del campo, la realtà come ricostruita dai deportati che si sono salvati, dalle ricerche dell’Aned e dell’Ateneo di Torino, dice altro e confrontando i dati presenti negli archivi Vaticani, con quelli delle citate fonti, la causa del decesso per lui e gli altri prigionieri politici fu la camera a gas, ma non ci fu cremazione in quanto ormai era chiaro che a breve il campo di Mauthausen sarebbe stato liberato ed avendo un forno crematorio “piccolo” i tempi sarebbero stati lunghi, pertanto i nazisti optarono per il gas e le fosse comuni.
    Lo scorso 2 Giugno, in occasione della Festa della Repubblica, mio padre ha potuto ricevere dal prefetto di Potenza, in memoria dello zio, la Medaglia d’onore ai cittadini italiani deportati e internati nei lager nazisti 1943-1945.
    Alla luce di questa lunga premessa, sono qui a scrivervi, sperando d’aver intrapreso la giusta strada ed il giusto interlocutore, con l’augurio di poter ricevere notizie in merito a questo mio prozio, notizie che riguardino il suo percorso nella Regia Marina Italiana, dal momento del suo arruolamento sino all’Armistizio.
    Avrei necessità di conoscere su quale nave era imbarcato e notizie attinenti.
    Fiducioso in un positivo riscontro, con l’occasione si porge cordiali saluti.
    Lorenzo Morano (3.10.2019 ore 22.45)

    Buongiorno signor Lorenzo Morano,
    abbiamo letto la sua mail accorata e commovente in merito a Antonio Morano.
    Per quanto in nostro possesso abbiamo pubblicato ciò che abbiamo estrapolato dal prontuario della Marina Militare
    dove il suo parente risulta essere stato destinato a Lero, e con nota 3 risulta poi essere confermato che morì in prigionia e dal libro su cui si fa riferimento nell’articolo.
    Ha fatto benissimo a rivolgersi a ANED e in particolare in questi casi indirizziamo a contattare Roberto Zamboni (lo trova su facebook) oppure sulla sua pagina Dimenticati di Stato (sempre su facebook o internet) che è molto addentrato più di noi in materia.
    Per quanto di nostra conoscenza Le consigliamo quanto segue:

    Per quanto concerne la sua richiesta si rivolga per foto e materiale storico (libri, ecc. ecc.):
    – Ufficio Storico della Marina che ha sede in Roma, presso il comprensorio militare della Caserma “Angelo Paolucci”,
    sito in Via Taormina n. 4. – Telefono/Fax: 06-3680-7220 oppure all’indirizzo e-mail: ufficiostorico@marina.difesa.it
    L’Ufficio Storico, come tutti gli istituti dello Stato in possesso d’archivi, non effettua ricerche per conto terzi.
    L’Ufficio Storico, per la consultazione di tutta la documentazione, è aperto al pubblico dal lunedì al venerdì previo appuntamento telefonico ai nr. 06/36807233 oppure 06/36807227 (per l’Archivio Storico) – 06/36807234 (per l’Archivio Fotografico).

    Per le informazioni relative al passato militare di una persona, le richieste vanno inoltrate alla:
    Direzione Generale del Personale Militare5° Reparto – 11ª Divisione – 2ªSezione (Ufficiali),
    tel. 06/5170501735° Reparto – 11ª Divisione – 4ªSezione (Sottufficiali e Truppa), tel. 06/517050187
    Gli uffici si trovano in Viale dell’Esercito, 186 – (00143) ROMA
    Se non riesce ad ottenere quanto da Lei sperato si rivolga in ultima ipotesi all’Archivio di Stato competente per territorio.

    Nell’augurio di esserLe stati di aiuto (a Lei e a chi legge e si trova nelle sue stesse condizioni), riceva gradito un abbraccio grande come il mare della Misericordia ed il suo cuore caritatevole alla ricerca della verità.
    Pancrazio “Ezio” Vinciguerra (4.10.2019 ore 09.08)

    Gent.mo Sig. Vinciguerra,
    La ringrazio per la celerità nella risposta, per l’attenzione e per le indicazioni utili che mi ha fornito; mi impegnerò nella ricerca attraverso gli uffici da lei indicati; per quanto riguarda Roberto Zamboni, posso dirLe che ho già avuto il piacere, l’onore e la fortuna di contattarlo e reperire veramente un mare di informazioni che non erano in mio possesso e la medaglia ricevuta lo scorso 2 giugno è frutto di quanto raccolto attraverso i dati che il Roberto Zamboni mi ha fornito e senza dei quali non avrei mai potuto sottoporre il tutto all’ufficio della Presidenza del Consiglio che si occupa delle onorificenze.
    Ancora grazie per tutto e complimenti per l’importante lavoro di testimonianza e salvaguardia della memoria che egregiamente state portando avanti.
    Cordiali saluti.
    Lorenzo Morano (8.10.2019 ore 16.15).

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    24.7.1943, l’affondamento della regia nave postale Santa Lucia

    di Carlo Di Nitto, Antonio Cimmino e Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Ancora una volta un semplice documento racconta una storia.
    Questa volta il documento ci ricorda la tragedia del Piroscafo “Santa Lucia” del quale ricorre il 76° anniversario dell’affondamento, causato dall’attacco di aerosiluranti britannici.
    Il “Santa Lucia” era il piroscafo postale che faceva servizio tra Gaeta e le isole Ponziane ed era familiarmente chiamato “il Tram dei Ponzesi”. In quel funesto 24 luglio del 1943 era comandato dal cap. L.C. Cosimo Simeone da Gaeta, un abilissimo uomo di mare  ed aveva un equipaggio composto da 17 marinai civili, oltre ad altri 7 marinai militari destinati alla difesa dell’unità da eventuali attacchi nemici.

    La nave era stata militarizzata per un breve periodo  dalla Regia Marina con la sigla F 73 ed era stata impiegata per il servizio di vigilanza foranea a Napoli. Per questo motivo era stata pitturata in grigio e le era stato montato un cannoncino a prua,. Nonostante fosse stata successivamente smilitarizzata e tornata al servizio civile, mantenne queste caratteristiche fino al giorno del suo affondamento.


    Il 23 luglio 1943, durante il viaggio di andata da Gaeta verso le isole, il “Santa Lucia” era già stato fatto oggetto di un attacco aereo nemico, ma le abili manovre del comandante Simeone erano riuscite ad evitare il peggio.  La mattina del giorno successivo, 24 luglio, il piroscafo ripartì da Ponza per il viaggio di ritorno verso il continente, ma a circa due miglia al traverso di Punta Eolo a Ventotene, venne attaccato da una squadriglia di aerosiluranti inglesi. A nulla valsero questa volta le manovre diversive attuate dal comandante Simeone. Colpita da un siluro, la nave si spezzò in due ed affondò in meno di un minuto trascinando con se la maggior parte delle persone che trasportava. I superstiti furono soltanto cinque e tra questi il comandante Simeone che, raccolto gravemente ferito in mare, morirà due giorni dopo a Napoli. Le vittime accertate furono 65, delle quali 46 passeggeri civili. Si ipotizza però che furono molte di più per la possibile presenza a bordo di confinati politici e di militari germanici.

    Come in altre occasioni, nella mia costante ricerca di materiale inerente la storia della Marina ho trovato la scheda statistica relativa all’imbarco sul “Santa Lucia” del cannoniere armaiolo Riccardi Luigi da Barra (Napoli), classe 1915, che scomparirà disperso nell’affondamento.


    Questo documento non è più in mio possesso. L’ho infatti donato alla Signora Mirella Romano figlia di Carmine Romano, disperso nella tragedia, e curatrice a Ponza di un piccolo Museo dedicato alla Memoria delle vittime. Non potevo affidarlo a mani migliori.
    I Marinai non dimenticano.
    Onore ai Caduti.

    Nave postale Santa Lucia
    di Antonio Cimmino, Pancrazio “Ezio” Vinciguerra e Carlo Di Nitto

    Il 24 luglio 1943 la nave postale postale Santa Lucia con molti passeggere a bordo, oltre l’equipaggio civile e 7 marinai della Regia Marina, salpato da Ponza e diretto a Ventotene, fu attaccato da 7 aerosiluranti britannici Bristol-Beaufighter chevolavano a pelo d’acqua provenienti da Tunisi.

    Il comandante Cosimo Simeone, esperto capitano di lungo corso, tentò di manovrare zigzagando accostandosi a Ventotene, ma la piccola nave fu colpita da un siluro che la spezzò in due e, in meno di un minuto, affondò portandosi in fondo al mare decine di uomini.
    Nonostante l’invio di unità di soccorso, solo 5 superstiti furono recuperati.
    I soccorsi furono effettuati da 2 pescherecci, il motoscafo Medolino della Pubblica Sicurezza, un aereo per idro-soccorso decollato da Napoli, la regia corvetta Euterpe e la regia torpediniera Ardimentoso.
    Passeggeri imbarcati
    – 17 marinai equipaggio civile;
    – 7 marinai della regia Marina addetti al cannoncino di bordo;
    – 46 passeggeri
    per un totale di 70 persone.

    Si salvarono:
    – il Comandante Cosimo Simeone poi deceduto nell’ospedale di Napoli;
    – Luigi Ruocco, marinaio di coperta, classe 1904, matricola 42495 di Compamare Castellammare di Stabia.

    Furono recuperati:
    – fante Fernando Capoccioli nato a Roma l’11.8.1909;
    – carabiniere Vincenzo Moretti, nato a Palestrina il 10.6.1920;
    – Francesco Aprea, nato a Ponza il 3.5.194.

    Cadaveri recuperati:
    – fuochisti Giuseppe Esposito, classe 1902, matricola 4279 di Compamare Castellammare di Stabia;
    – fuochista- carbonaio Ettore Albanelli, classe 1904, matricola 71812 di Napoli.

    Morirono tutti i 7 uomini della Regia Marina.

    Il “Santa Lucia” faceva servizio di linea fra Gaeta e le Isole Ponziane. Il Comandante Cosimo Simeone era di Gaeta. Nel 2013 a Gaeta il Gruppo A.N.M.I. e la Sezione Medaglie d’Oro Lunga Navigazione Marina Mercantile, unitamente con il Comune, hanno fatto intitolare un largo cittadino alle Vittime del Santa Lucia.
    Il 24 luglio 2013 è stata collocata la targa da seguente foto:

    (foto dalla rete)


    Cosimo Simeone, capitano di lungo corso
. Scomparso per l’affondamento del Piroscafo “Santa Lucia” del quale era il Comandante. Mare Mediterraneo (Isola di Ventotene), 24 luglio 1943.

    Marinaio mitragliere Luigi Maggiacomo, disperso il 24 luglio 1943 nell’affondamento del piroscafo “Santa Lucia” (già vedetta foranea F 73) avvenuto a circa 2 miglia per 350° da Punta Eolo, isola di Ventotene.
    L’unità, attaccata da aerosiluranti britannici verso le ore 10.00 circa, nonostante le manovre diversive effettuate venne colpita da un siluro, si spezzò in due ed affondò in meno di un minuto trascinando con sé la maggior parte delle persone che trasportava.
    Luigi Maggiacomo era nato ad Itri (compartimento marittimo di Gaeta) il 26 ottobre 1917.

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    23.7.1938, varo della regia nave Carabiniere

    a cura Pancrazio”Ezio” Vinciguerra + altri

    …a Riva Trigoso.

    Il cacciatorpediniere Carabiniere e i 38 rubini
    di Lanfranco Sanna
    segnalato da Roberta – ammiraglia88

    Ciao Ezio,
    ho letto un interessante articolo; c’è una cosa particolare successa e da segnalare!
    Ti invio un estratto dell’articolo:
    “Il Ct. Carabiniere e i 38 rubini” di Lanfranco Sanna”.
    I più moderni Cacciatorpediniere della Regia Marina, al momento dell’inizio della II Guerra Mondiale erano i 12 della classe “Soldati” che furono ordinati ed impostati nel 1937 ed entrarono in servizio tra il 1938 ed il 1939.  (…) l’impiego a livello di squadriglia e flottiglia come grosse siluranti d’altura nei gruppi di battaglia durante gli scontri diurni e per la ricerca notturna di navi nemiche. (…) quello che invece è rimasto sconosciuto per anni è un fatto non di eroismo o di sacrificio ma di immensa umanità.
    Alla fine delle ostilità l’Ammiraglio Power, Comandante in Capo della Fleet East Indies, come ringraziamento per l’aiuto ottenuto dalle navi delle marine alleate, decise di conferire un’ onorificenza ai comandanti, onorificenza che però non appariva opportuno assegnare al comandante di una marina ex nemica, quale era quella italiana. Optò per un omaggio di valore: un orologio d’oro con 38 rubini.
    Il Comandante Fabio Tani rifiutò con garbo il dono e chiese in cambio la liberazione di 38 prigionieri italiani, detenuti nei campi di lavoro a Ceylon, uno per rubino, richiesta che fu accettata con stupore e apprezzamento (…).
    Il tutto è tratto da una lettera, pubblicata nel medesimo articolo; un estratto:
    Così terminarono le attività belliche anche per il Carabiniere. Un episodio legato a quegli anni però mi è rimasto profondamente scolpito nella memoria. Al momento di ripartire per l’Italia, il Comandante del Carabiniere, Fabio Tani, venne convocato al Comando della Flotta Inglese dell’Oceano Indiano per ricevere il ringraziamento per l’opera svolta. Come premio al Comandante era destinato un orologio d’oro con 38 rubini, in ricordo delle 38 missioni svolte nell’Oceano Indiano da parte del CT Carabiniere. Il Comandante Tani, replicò che avrebbe preferito, a titolo di apprezza mento dell’opera svolta dalla propria nave, rimpatriare 38 prigionieri italiani allora detenuti in campi di lavoro inglesi sull’isola di Ceylon, uno per ogni rubino contenuto nell’orologio. L’Ammiraglio Power, Comandante in Capo della flotta alleata, accettò lo “scambio”. Fu così che il Carabiniere intraprese il viaggio di ritorno in Patria, portando con sé anche i 38 ex prigionieri. L’altruismo dimostrato dal Comandante Tani con quel gesto credo si commenti da solo. La lunga guerra contro tutto e contro tutti del CT Carabiniere ebbe così finalmente termine. E per quanto riguarda il Marinaio Lino Trestini, arruolato volontario il 4 dicembre 1941, la guerra era finita. Rientrato a Taranto con il Carabiniere, ottenne la tanto sospirata licenza. (…)

    I 12 cacciatorpediniere della classe Soldati Livorno - giugno 1939) - www.lavocedelmarinaio.com

    Link all’articolo completo:
    http://www.arsmilitaris.org/pubblicazioni/Cacciatorpediniere%20ultimo.pdf

    REGIO CACCIATORPEDINIERE “CARABINIERE” (2°)
    Motto: “Nei secoli fedele”
    di Carlo Di Nitto

    Il Regio Cacciatorpediniere CARABINIERE (2°) Classe “Soldati” dislocava 2460 tonnellate a pieno carico.
    Costruito nei Cantieri Navali del Tirreno di Riva Trigoso, fu varato il 23 luglio 1938 ed entrò in servizio il 20 dicembre successivo.
    Partecipò intensamente alle operazioni belliche del secondo conflitto mondiale totalizzando 159 missioni per scorta forze navali, scorta convogli, ricerca e caccia antisom, percorrendo 53.700 miglia.
    Numerosi furono gli episodi significativi della sua attività bellica. Tra questi: 1940, partecipazione alla Battaglia di Punta Stilo; 1941, partecipazione alle Battaglie di Capo Matapan e Prima della Sirte. Il 16 febbraio 1942 fu colpito da un siluro ed ebbe la prua completamente asportata. Nell’evento persero la vita venti suoi Marinai.
    Rimase fermo ai lavori per quasi un anno per riprendere subito dopo azioni di scorta convogli.
    Il 9 settembre 1943 raccolse i naufraghi della Corazzata Roma e diresse per le Baleari, ove venne internato fino alla conclusione del conflitto.
    Dopo la guerra, rimasto alla Marina Italiana, nel 1957 fu riclassificato “fregata” con la sigla D 551 . Nel 1960 divenne nave per esperienze con la sigla A 5314. Radiato dal servizio attivo il 14 gennaio 1965, fu impiegato per le esercitazioni degli Incursori al Varignano.
    Venduto per la demolizione nel 1978, durante il trasferimento affondò in un basso fondale. Nei mesi successivi il relitto fu recuperato e definitivamente demolito.
    ONORE AI CADUTI!

    Aniello Palumbo
    di Antonio Cimmino

     

    Nasce a Lettere il 27 marzo 1920, arruolato nella Regia Marina fu imbarcato sul regio cacciatorpediniere Carabiniere.

    Il 16 febbraio 1942, la nave mentre rientrava a Taranto dopo una missione, fu attaccata dal sommergibile britannico P36 che, con siluro, gli asportò la prora.

    Angelo Palumbo morì nell’esplosione e il suo corpo venne scaraventato in mare.
    L’unità navale rimase però  a galla e fu rimorchiata a Messina.
    Di Aniello Palumbo non abbiamo nessuna foto…

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    La mia convinzione è questa

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Questa riflessione è ispirata dalla ferma volontà e convinzione di aiutare il prossimo come Lui mi ha insegnato. Ringrazio gli amici di facebook, soprattutto quelli che ne fanno uso diligente, perché sanno che è un potente mezzo di espressione e di solidarietà.
    Ringrazio i collaboratori del mio piccolo diario di bordo “lavocedelmarinaio.com” e tutti coloro che ci seguono e che hanno lasciato una traccia del loro passaggio sul sito.
    Ringrazio mia moglie Paola, i miei figli Eleonora e Giorgio, che ancora, dopo tanto tempo, riescono a sopportarmi.

    …anche ai miei  finti parenti, amici e colleghi.

    L’avidità conduce alla sofferenza, sia che si tratti di desiderio di ricchezza, di sesso, di potere, o di fama. Spinti dalla brama non ci accorgiamo che queste cose fanno soffrire. Questi desideri trascinano nell’inferno degli abissi, e moriremo.
    No, non sto piangendo. Mi sto solo vergognando e mi tengo il volto tra le mani, per scaldare la mia solitudine. Mani che proteggono, mani che nutrono, mani che impediscono alla mia anima di vivere nella rabbia.
    Volevo muovermi, volevo smuovere le acque putride del pantano, non certamente diventare questo o quello, ma quando vedi che sul tuo cammino si presentano delle montagne altissime, senti che è impossibile. Allora tenti di consolarti e dici: “Va bene così; non c’è bisogno di andare da nessuna parte, non c’è nessun posto dove andare.”
    Eppure sai che il bisogno è ancora là in agguato. La sconfitta non può mai distruggere il desiderio. Aspetterò la stagione giusta e, quando mi sentirò di nuovo pieno di energia, quando sarò più positivo, più immerso nei miei sogni, il desiderio si ripresenterà e la rassegnazione andrà in fumo.
    La costante ricerca di un desiderio salutare, come il desiderio di proteggere la vita, di proteggere l’ambiente o di aiutare la gente a vivere una vita semplice e con il tempo per prendersi cura di sé, di amare e prendersi cura dei propri cari, questo è il genere di desiderio che conduce alla felicità …quella felicità che voi non conoscete semplicemente perché non avete vissuto.
    Tutte le cose hanno bisogno di cibo per vivere e per crescere, inclusi l’amore e l’odio. L’amore è una cosa vivente, l’odio è una cosa vivente. Se non nutri il tuo amore, esso morirà. Se tagli la fonte di nutrimento alla tua violenza, anche la tua violenza morirà.

    La rassegnazione non è una cosa buona, non va proprio bene.
    Il bisogno e il coraggio di vivere è ancora là in agguato e  la sconfitta non potrà mai distruggere il desiderio.
    L’accettazione è una cosa totalmente diversa. L’accettazione non significa aver accettato la sconfitta. Significa solo che non c’è sconfitta né vittoria.
    La semplice idea di vittoria e sconfitta è stupida! Contro chi sarai vincitore?
    È il tuo mondo: ne sei parte ed esso è parte di te.
    Non ci sono nemici contro i quali lottare. Stai lottando con la tua ombra.
    L’accettazione è splendida. La rassegnazione è sconfitta, l’accettazione è vittoria.
    Tra le due c’è una grande differenza. Sul piano esistenziale non hanno lo stesso significato. Si diventa rassegnati quando si sente che tutto è senza speranza, che niente è possibile, non perché il desiderio sia scomparso: il desiderio è ancora là.
    Abbiamo il seme della disperazione, della paura. Ma abbiamo anche il seme della comprensione, della saggezza, della compassione, e del perdono. Se sappiamo come innaffiare il seme della saggezza e compassione in noi, quel seme, questi semi, si manifesteranno come energie potenti che ci aiuteranno a compiere un gesto di perdono e compassione. Ciò basterà a recare un immediato sollievo alla nostra vita, alla nostra nazione, al mondo.
    Vi perdono e vi compatisco. Questa è la mia convinzione.

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    E ti accorgi che tutti sanno

    di Enrico De Vivo

    E ti accorgi che tutti sanno tutto.
    Tu sai, ma loro sanno di più.
    Tu segui un tuo ideale, ma gli altri sono pronti a dimostrarti che il loro è migliore del tuo.
    Tu vedi la sincerità e gli altri dicono che è falsa.
    Tu vedi la falsità e loro dicono che quella è la verità.
    Allora ti metti in discussione, ti poni davanti ad uno specchio e ti guardi.
    Tu sei tu, gli altri hanno una maschera che indossano a seconda della situazione
    … e ti accorgi che tutti sanno.