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    Ferruccio Castellani (Venezia, 29.7.1906 – Mar Mediterraneo Centrale, 13.4.1943)

    di Bruno Henning Castellani

    (Venezia, 29.7.1906 – Mar Mediterraneo Centrale, 13.4.1943)

    Ricevemmo e con immenso infinito orgoglio ripubblichiamo.

    6 febbraio 2017 ore 11.42
    Buongiorno,
    io mi chiamo Bruno Henning Castellani, figlio di Ferruccio Castellani deceduto nella tragedia della nave Loredan. Mio padre veniva salvato il 10 aprile 1943, portato a Cagliari all’ospedale Regio, moriva il 13 1943. Brutta storia che ha colpito tante famiglie, compresa la nostra.
    Mia madre, giovane sposa, viveva a Venezia. Mio padre Ferruccio era veneziano puro sangue, era molto giovane, ed io allora ero un piccolo bimbo. La sua perdita fu un dolore immenso, anche per i miei nonni paterni, perdere un figlio così giovane per la barbaria umana…
    Mi piacerebbe conoscere conoscere se c’è qualche familiare (di morti o sopravvissuti) della nave.
    Sarebbe bellissimo poterli conoscere. Se potete aiutarmi sarebbe un bel ricordo per tutti.
    Che il mare benedica tutti, anche il Capitano medico Cesarino Gatta (di cui non avevo sentito parlare fino ad adesso, un eroe anche lui.
    Saluti
    Bruno Henning Castellani

    6 febbraio 2017 ore 11.42
    Buongiorno signor Bruno Henning Castellani,
    di seguito riportiamo le notizie reperite.
    La Motonave mista Loredan di 1357 tonnellate di Stazza fu costruita nel 1936.
    Apparteneva alla Società Anonima di Navigazione Adriatica con sede a Venezia. Iscritta al Compartimento Marittimo di Venezia con la matricola n. 290.
    Fu requisita dalla Regia Marina a Barletta il 27 luglio 1941 e, in pari data, iscritta con la sigla D.19 nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato, ed impiegata nel servizio di scorta ai convogli.
    Il 10 Aprile del 1943, durante la navigazione Cagliari – La Maddalena, alle ore 18.20, a 12 miglia per 100° da Punta Elia, fu silurata dal sommergibile britannico Safari ed affondata. Con la stessa data derequisita e radiata dal ruolo del naviglio ausiliario. (Notizie tratte da “Navi Mercantili Perdute” – Ufficio Storico Marina Militare Italiana).
    Il relitto dell’incrociatore armato Loredan giace adagiato sul fianco sinistro, con la poppa gravemente danneggiata dal siluro lanciato dal sommergibile ad una profondità compresa tra i 52 ed i 67 metri, sui fondali del golfo di Cagliari, in posizione 39°08′ N e 9°23′ E, a circa 12 miglia per 100° da Punta Elia (Cagliari). Notizie/foto sono reperibili su INTERNET poiché il relitto è frequente meta dei subacquei.
    Non abbiamo trovato, purtroppo, un elenco dei superstiti.
    Per quanto precede occorrerebbe vedere se ci sono documenti più dettagliate all’Ufficio Storico della Marina.
    Cordialità Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    6 febbraio 2017 ore 14.30
    Grazie della Sua gentile risposta , mi ha fatto molto piacere che questa tragedia non sia stata dimenticata.
    Per la mia famiglia, in particolare mia madre giovane sposa di circa 19 anni, è stato un colpo terribile, anche per la famiglia di nonno e nonna di origine veneziane.
    Dalle storie che mia madre e i miei nonni mi hanno raccontato sulla tragedia e la morte di tante vite umane, compresa quella di mio padre, ho capito che mio padre Ferruccio Spartaco era speciale, come tutti i figli pensano dei padri. La mia famiglia proviene da una nobile famiglia veneziana, i Castellani Conti di MALO vicino SCHIO. Mia madre aveva conosciuto mio padre in giovane età a Savona.
    Mio padre era nella Capitaneria in Via Santa Lucia a Savona e i miei nonni materni abitavano nelle vicinanze. L’amore sbocciò e i miei genitori si sposarono e andarono a vivere a Venezia.
    Nel 1943 mio padre Ferruccio era destinato in qualità di Guardia Marina penso sulla LOREDAN.

    Proprio quel tragico 10 aprile 1943, mentre la nave affondava nelle vicinanze di Cagliari, ricorreva il compleanno di mia madre.
    Mio padre venne recuperato, come naufrago ferito, e portato a Cagliari nell’ospedale regio ma, come già detto, il 13 aprile 1943 moriva. Una delle cause fu anche anche l’aver ingerito petrolio…
    Un dramma immenso, una tragedia dover annunciare ai miei nonni la perdita del loro primo figlio.
    Mia madre sconvolta lasciò Venezia, con me piccolissimo, per trasferirsi a Savona presso i genitori, fortunatamente i miei nonni materni si trovavano in buone condizioni finanziarie. Mia madre mi ha allevato molto bene, assieme all’amore dei miei nonni e, molto spesso, mi venivano a trovare anche i nonni paterni, zii fratelli di mio padre da Venezia.

    Di mio padre posseggo quello che è rimasto, un orologio che portava al polso, quasi per nulla corroso dall’acqua, ma per me un grande ricordo, tante fotografie sue, e la sua croce di guerra con attestato che dopo anni è stata rilasciata a mia madre.
    Mi farebbe tanto piacere che i lettori del vostro blog potessero parlare di mio padre.
    Vi allego alcune belle fotografie e anche la foto di quell’orologio, è tutto quello che posseggo di lui.
    Spero che voi possiate onorare mio padre che riposa nel cimitero San Michele di Cagliari assieme ai suoi altri compagni Caduti in guerra.
    Vi allego foto anche della sua tomba.
    Per chi volesse contattarmi per scambiare notizie:
    Bruno Henning Castellani
    Via F. Sivori 311a (scala c) – 16136 GENOVA
    Tel. 3287406420
    mail: br.henning@gmail.com

    P.s. se dovessi trovare altre foto o cimeli ve li invierò, sicuro che Lei, carissimo Ezio, costruirà una bella storia su mio padre Ferruccio. Che DIO la benedica.
    Bruno HENNING CASTELLANI di MALO
    Ecco anche fotografie mie, una da giovane bimbo e una di adesso.

    6.2.2017 ore 19.06
    SIG. EZIO VINCIGUERRA,
    ECCO ALTRE FOTO UNA DEL ROTTAME DELL’OROLOGIO LONGINES CHE MIO PADRE PORTAVA AL POLSO AL MOMENTO DELLA TRAGEDIA.

    E POI UNA SUA FOTOGRAFIA E DELLA LAPIDE CHE A VENEZIA LIDO RICORDA I CADUTI DEL MARE. IL NOME DI MIO PADRE E’ IL QUINTO A SINISTRA. ANCORA GRATO DELO SUO INTERESSAMENTO E DELL’ARTICOLO CHE IO TERRO’ STRETTO AL MIO CUORE.
    UN CARO SALUTO BRUNO HENNING CASTELLANI di MALO.

    Nota
    Sull’elenco dei Caduti e Dispersi della 2^ Guerra Mondiale della Marina Militare risulta essere deceduto il 14.4.1943.

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    29.7.2012, il profumo di zagara di Sicilia era mia madre

    A TUTTE LE MAMME CHE FREQUENTANO QUESTA PAGINA E A TUTTE QUELLE DONNE CHE, CON LA BENEDIZIONE DELLA VERGINE MADRE DI DIO, DIVENTERANNO MAMME.

    La mamma del marinaio emigrante di poppa
    (9.8.1922 – 29.7.2012)

    Vieni… vieni qui a sederti…
    accanto a me… su queste colonne
    che un tempo puntavano al sole,
    che nessun vento ha mai fatto
    vacillare, piantate in questa terra
    come segni di un eterno ritorno…
    siedi e troverò le parole che forse
    non ho mai pronunciato… noi,
    noi uomini dalle mani sempre
    un po’ troppo grosse, dai gesti
    impacciati, dagli abbracci goffi
    e sbadati, noi uomini a volte tiranni
    a volte signori indulgenti,
    noi uomini che lasciamo ai poeti
    sempre i versi migliori, noi uomini
    che amiamo una donne senza
    dirglielo mai… tu, invece, paziente,
    lo hai desiderato in silenzio,
    hai sperato che la tua fragilità
    trovasse riparo nelle mie parole,
    se mai ci fossero state, e per questo
    ha saputo aspettare… lo so bene,
    sono le parole di chi ti ama a
    renderti più forte…ora lo so e sono
    pronto a raccontarti tutte le donne
    che vedo, quando vedo te…
    donne di mare, donne di terra,
    rocce e sirene, sagge come questi
    olivi e forti come queste querce,
    tenaci e impenetrabili come
    i veli neri che coprono il capo
    delle nostre vecchie, donne con
    le labbra rosse e la pelle cotta
    dal sole, donne così facili da amare
    che vivono nei campi come zingare
    a bagnare mani nell’acqua,
    a lavare vesti di uomini che
    a loro solo appartengono,
    oppure silenziose sui ciottoli
    sconnessi del sagrato di una
    cattedrale, donne dagli occhi
    come binari che corrono fino
    alle terre dove tutte le memorie
    sono custodite…

    (*) tratta dall’opera teatrale “Girgenti amore mio”
    di Gianfranco Jannuzzo e Angelo Callipo

    La mamma del marinaio emigrante di poppa - www.lavocedelmarinaio.com

    La mamma del marinaio di Enzo Arena
    Oggi è la festa della mamma ed un omaggio alle mamme della gente di mare mi sembra doveroso.
    Che siano ancora con noi o che siano in cielo, le nostre mamme hanno sempre vegliato e continuano a vegliare su di noi. Hanno gioito e continuano a gioire delle nostre felicità ma hanno, e continuano ad avere sempre, il pensiero e la pena per la nostra lontananza. Sempre a pregare in silenzio nelle notti di burrasca ed a sprizzare felicità solo per una nostra telefonata. A loro basta vederci tornare e noi ricambiamo con un “grazie” che per quanto grande sia non è mai grande abbastanza.

    La mamma del marinaio (Enzo Arena)

    Alito dolce e senti il suo profumo.
    Quando hai bisogno ti sfiora una carezza.
    Se stringi i pugni la senti a te vicino
    e la burrasca diventa dolce brezza.

    La vedi li, affacciata alla finestra,
    che scruta il tempo …il tempo di rientrare.
    Vedi il suo volto, le rughe, il suo pensiero.
    E’ sempre li …sta sempre ad aspettare.

    E’ brivido caldo che scorre nelle vene.
    Se chiudi gli occhi la puoi anche vedere.
    Questa è la mamma che un giorno Dio ci ha dato.
    Questa è la mamma di chi va per mare.

    La mamma dei marinai - www.lavocedelmarinaio.com

    Il profumo di zagara di Sicilia era mia madre
    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra


    PER GRAZIA RICEVUTA
    Ogni 29 luglio, scrivo piano piano a te, che ho amato al mondo, a te che mi sorridi e mi abbracci, a te che mi hai lasciato addosso l’inconfondibile profumo di zagara di Sicilia che ho annusato tante volte avvicinandomi ai tuoi capelli ricci neri, proprio come i miei. Hai saputo avvolgermi nei momenti di bisogno e poi mi hai fatto camminare lungo questo cammino che mi ha portato lontano da te e che mi ricongiungerà a te. Te ne sei andata via, in punta di piedi, senza lamentarti, come tua abitudine, lentamente. Appena in tempo per assaporare l’ultimo sorriso, abbracciarti per l’ultima volta e sentire addosso quell’inconfondibile profumo di acqua di colonia “Fiore d’Arancio”. 
Mi viene da piangere ma non verso una lacrima perché quando chiudo gli occhi, e ti penso, sto bene e sono felice, e proprio come allora vedo il tuo sorriso, sento il calore del tuo abbraccio, e annuso tra i tuoi capelli neri ricci, proprio come ai miei, il profumo della zagara di Sicilia.

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    28.7.1914, 108 anni fa …a Gaeta

    di Carlo Di Nitto

    Carlo Di Nitto per www.lavocedelmarinaio.comEra il 28 luglio di 108  anni fa, l’Austria dichiarava guerra alla Serbia ed iniziava quella che sarebbe diventata la Prima Guerra Mondiale.
    L’Italia, non ancora coinvolta in maniera diretta, prudentemente approntava le prime misure e concentrava la propria flotta a Gaeta.

    La Stampa del 29.7.1914 (f.p.g.c. Carlo Di Nitto)

    La trascrizione integrale dell’articolo apparso su LA STAMPA del 29 luglio 1914
    “IL CONCENTRAMENTO DELLA NOSTRA FLOTTA A GAETA
    (Roma, 28 sera)

    La IV Divisione della seconda squadra, al comando del contrammiraglio Cagni e composta dalle navi «Pisa», «San Giorgio», «Amalfi», «Marsala», unitamente alla squadriglia dei cacciatorpediniere «Artigliere», «Bersagliere», «Granatiere», «Ostro», lascierà domani la rada di Spezia diretta a Gaeta, dove avrà luogo la concentrazione delle forze navali riunite della prima e seconda squadra.
    Telegraficamente sono stati richiamati dalla licenza gli ufficiali ed i sottufficiali e marinai.
    Le navi che si trovano nella rada di Spezia stanno ultimando i rifornimenti, avendo ricevuto l’ordine di tenersi pronte per partire in completo assetto.
    Corre pure insistente la voce, che vi trasmettiamo a puro titolo di cronaca, che siano giunti qui ordini di armare anche due navi ospedale.”

    L’Italia sarebbe entrata in guerra contro gli Imperi Centrali dieci mesi dopo, soltanto il 24 maggio 1915.

    28.7.1914 concentramento delle forze navali a Gaeta (f.p.g.c. Carlo Di Nitto)

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    28.7.1941, varo del dragamine 313

    di Carlo Di Nitto

    Qualche anno fa fui contattato dal signor Alvaro Bordoni che da giovane aveva navigato come marinaio “Radiotelegrafista segnalatore” sul Dragamine 313 (ex RD 313), nel periodo in cui mio padre Vincenzo (1) ne fu  l’ufficiale in seconda.  Desiderava averne notizie e dovetti dargli quella peggiore: che non era più con noi.
    Me ne parlò con affetto e nostalgia, come di un fratello maggiore, presentandomi di lui un nuovo, inedito “ritratto” che mi confermava ancora una volta le sue doti umane e marinare.
    Il buon Alvaro aveva inoltre qualcosa da farmi vedere. Poco in verità perché dopo più di sessant’anni molto era andato smarrito ma ben volentieri me ne inviò copia:

      • Una sua foto da giovane marinaio;
      • Una foto a poppa  (Alvaro è fotografato a sinistra)
      • Fotocopia del tesserino di accesso a bordo firmato da mio padre;
      • Il Dragamine 313 (*) vedi note tecniche;
      • Fotocopie di alcune pagine del suo diario, che trascrivo, riferite ad una forte tempesta incontrata dall’unità.

    Dal Diario di Alvaro Bordoni
    24 novembre 1948
    13.05 – Trav. C. Vieste
    13.50 – Trav. Torre Guainai
    15.00 – Trav. Rodi Gargano
    16.00 – Trav. Colorissa
    17.30 – Trav. P. del Diavolo (Isole Tremiti)
    19.00 – Trav. Termoli (approssimativo)
    23.00 – Trav. Ortona a Mare. Si mettono le macchine a ½ forza causa mare grosso da N – NE

    25 novembre 1948
    Dalle 23 alle 7.30 alla cappa davanti Ortona.
    Questa qui è stata la notte più brutta che ho passato in dieci mesi che navigo a bordo di questa unità.
    Delle montagne d’acqua ci sbattevano di fianco buttandoci in aria e facendoci fortemente sbandare come fuscelli. Io ho confessato al Comandante che avevo paura; lui mi ha rassicurato, ma io ad ogni sbandata tremavo e certo sono sicuro che non ero il solo.
    Si è rotta parecchia roba, bicchieri, lampadina della radio, ventilatore, ecc. L’acqua è entrata perfino nel locale macchine. Molta gente ha raccato, ed io mi meraviglio come mai non abbia fatto lo stesso, ma forse la paura è stata più forte del mal di mare. Quasi tutte le sette ore e buona parte della navigazione sono stato nella cabina radio con la testa abbassata.
    Non avevamo nessun porto vicino ove potevamo andare; Ortona e Pescara sono bassi fondali, tornare indietro era troppo lontano, proseguire non si poteva; il porto più vicino era Ancona a parecchie ore di navigazione; la radio era scassata ed in caso di bisogno non si poteva chiamare nessuno; l’unica era di aspettare il giorno e tentare di dar fondo ad Ortona.
    7.30 – Fattosi giorno si smette di stare alla cappa e si tenta di entrare nel porto di Ortona a Mare; dopo pochi minuti nell’interno di essa la nave si mette in rotta per Ancona mentre il mare comincia a migliorare.
    9.20 – Il mare si è abbastanza calmato e si è al traverso della Terra di Silvi.
    13.05 – Trav. S. Benedetto del Tronto
    14.00 – Trav. Faro di Pedaso
    16.20 – Trav. S. Loreto
    19.00 – Si arriva ad Ancona  e si dà fondo. Vado a terra…
    Da allora non ho più ricevuto comunicazioni dal caro sig. Alvaro. Oggi è un giovanotto quasi novantaduenne. Gli dedico questa paginetta ringraziandolo per la sua testimonianza  e, sperando di riaverne presto notizie, mi auguro di poterlo conoscere personalmente per abbracciarlo e parlare con lui di mio Padre e del “313”.

    (*) note tecniche
    IL DRAGAMINE DR 313
    Ex trawler inglese T 203 “Foula”  (classe “Isles”), fu un dragamine meccanico. Dislocava 791 tonnellate a pieno carico. L’impianto di propulsione era costituito da una motrice alternativa a vapore a triplice espansione costruita dalla Amos & Smith di Hull in grado di sviluppare una potenza di  950 hp  indicati e una velocità di 12 nodi.
    Ordinato dalla Royal Navy il 16 Nov 1940, venne impostato il 15 apr. 1941 nei cantieri  Cochrane & Sons Shipbuilders Ltd. (Selby, U.K.) e, varato il 28 luglio successivo, entrò in servizio il 16 febbraio 1942.
    Intensamente utilizzato durante la guerra, il 26 gennaio 1946 venne trasferito alla Marina Italiana dove, iscritto nei quadri del Naviglio Ausiliario dello Stato, entrò in servizio il 4 febbraio seguente. Entrò ufficialmente nei quadri del Naviglio Militare soltanto il 18 dicembre 1957. Nella Marina Italiana gli vennero attribuite le sigle RDR 313, poi  DR 313 e  5313. In data 01 febbraio 1965 venne declassato a Nave Ausiliaria Costiera e utilizzato come nave bersaglio. Fu infine radiato il 01 gennaio 1965.

    (1) https://www.lavocedelmarinaio.com/2019/01/8-1-1921-nasceva-mio-padre-vincenzo-di-nitto-un-marinaio-di-lungo-corso/ 

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    Il canto delle sirene

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    foto Dott.sa  Laura Vernotico

    IL CANTO DELLE SIRENE
    (Pancrazio “Ezio” Vinciguerra)
    Si racconta che in un tempo ormai lontano, tra leggenda e fiaba, ascoltare i canti delle sirene portava i marinai nella condizione di essere facilmente resi impotenti, ad ogni sorta di reazione, in quanto ammaliati da quelle odi venivano portati a vivere quella se pur temporanea incapacità “irreale“ costringendoli ad ogni sorta di obbedienza. Ora mi chiedo se viviamo ancora quel tempo lontano, se l’assuefazione di “ canti “ che spadroneggiano nell’etere ci ammaliano ancora, portandoci ad essere soggetti non reattivi alle avversità. Si sa che i marinai da sempre forti nel corpo e nello spirito, sopravvivono ad ogni sorta di intemperie, mi chiedo ulteriormente se siamo corpi condizionati da “canti continui” che ci rendono meno forti di quello che siamo o vorremmo essere.

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    Il piroscafo Alpino, la sua lunga vita e le curiose vicende

    di Guglielmo Evangelista (*)

    Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” è il titolo di una commedia cinematografica uscita negli anni ’70 e, con qualche modifica, potrebbe anche essere l’ironico titolo per la vicenda della nave che stiamo per raccontare: “Travolto da un insolito destino nell’azzurro del lago Maggiore”.

    Correva l’anno 1850. Dopo la sfortunata guerra sostenuta dal Piemonte contro l’Austria nel 1849-49, il Verbano, con le sue acque di confine, era diventato un punto di attrito fra le due nazioni.
    Per tutelare le sue coste, l’Impero austriaco mise in linea tre cannoniere. Erano navi semplici, di piccole dimensioni e adatte alla navigazione lacuale; come flotta non era trascendentale, ma era sufficiente a rendere l’Austria padrona del lago considerato che il Regno di Sardegna non vi aveva nessuna unità da guerra.
    Erano il Radetzky, il più grande, ben armato con quattro cannoni, due obici e due spingarde, il Benedek, a elica, armato con due cannoni e due spingarde, e il Taxis, a ruote.
    Si trattava di unità costruite in sezioni dalla ditta Escher & Wiss di Zurigo, specializzata in questo tipo di costruzioni e poi rimontate e allestite sul lago. La flottiglia, inizialmente al comando del maggiore Bolzani, comprendeva anche due barche cannoniere e una barca lanciarazzi.
    Ben presto emerse un grosso problema: tutti i piroscafi mercantili che ormai da più di vent’anni facevano servizio sul lago appartenevano al Piemonte e l’Austria, timorosa che facessero più propaganda di idee che trasporto di passeggeri e merci, proibì loro l’approdo sulla riva lombarda con il risultato che i paesi rivieraschi di questa si trovarono del tutto privi di comunicazioni.
    Fu quindi giocoforza disarmare il Taxis per adibirlo al servizio passeggeri sotto la gestione del Lloyd austriaco sull’itinerario da Magadino in Svizzera, capolinea delle diligenze di Berna e di Coira, fino a Sesto Calende in coincidenza con la diligenza per Milano.
    Quando scoppiò la seconda guerra di indipendenza nel 1859 il Taxis tornò sotto bandiera militare riprendendo la sua funzione di cannoniera, armata con due cannoni da 16 libbre e artiglierie minori.
    L’attività di questa unità, assieme a quella delle sue due sorelle, fu piuttosto intensa e di successo: bombardarono più volte la riva piemontese e contribuirono a sventare un attacco garibaldino al forte di Laveno.

    I piemontesi, con una certa miopia di vedute, non avevano mai pensato a mettere in linea delle navi armate, e quando cominciarono a preparare a Genova tre piccole barche cannoniere a vela per portarle sul lago Maggiore al comando designato del sottotenente di vascello Alberto Racchia, l’iniziativa fu così tardiva, che non solo la guerra era già scoppiata, ma il fronte si era già spostato molto lontano dal vecchio confine, verso Mantova.
    Inutile dire che non se ne fece nulla.
    Infatti dopo la battaglia di Magenta i franco-piemontesi occuparono rapidamente Milano e, per l’Austria, la Lombardia era persa.
    Vista la situazione il comando austriaco non volle rischiare che queste cannoniere cadessero in mano al nemico che ormai stava dilagando lungo tutta la riva del lago. Nella notte fra l’8 e il 9 giugno, scoppiò un violentissimo uragano estivo. Era l’occasione propizia: anche se la navigazione era pericolosa per le acque che erano agitate e la visibilità nulla, si era però al sicuro da possibili cannoneggiamenti da terra. Le tre cannoniere fecero rotta verso Magadino dove si consegnarono al generale svizzero Bontemps che le internò.
    Detto per inciso la Svizzera, sempre timorosa che qualcuno attentasse alla sua neutralità, aveva blindato il confine facendovi affluire parecchie truppe del suo non disprezzabile esercito e dato che in quella nazione i generali vengono nominati solo in caso di guerra o altre emergenze, il fatto che ve ne fosse uno dimostra la serietà con la quale era stata presa la situazione italiana.
    Dopo il conflitto l’Austria si oppose a che le unità fossero cedute alla marina piemontese e poi italiana alla quale, peraltro, sarebbero state inutili. Così, dopo un certo periodo di internamento, vennero acquistate dalla Svizzera che le smilitarizzò e le girò all’amministrazione delle Ferrovie piemontesi che allora gestiva anche la navigazione a vapore sul Lago Maggiore.
    Così il Taxis fu ribattezzato Alpino e, privato della velatura ausiliaria, fu riconvertito di nuovo in nave passeggeri. D’altra parte questi lavori di trasformazione non erano difficili perché gli interni erano semplicissimi; le artiglierie erano posizionate sul ponte e gli equipaggi militari non vivevano normalmente a bordo e quindi sottocoperta vi erano solo due cameroni a poppa e a prora della macchina, giusto per ripararsi in caso di maltempo ed allo stesso modo l’allestimento standard previsto per i piroscafi passeggeri, stante la brevità dei viaggi, era uguale ed altrettanto semplice: un locale per la prima ed uno per la seconda classe, oltre a qualche panca sul ponte.
    Gli anni passarono, e ne passarono veramente molti. Il Ticino venne rimodernato molte volte, fu installata la luce elettrica e dopo il 1920, stanti le sue ottime condizioni, fu giudicato meritevole di una ricostruzione: le ruote furono sostituite da un’elica e la macchina a vapore sostituita da un motore diesel.
    A parte le linee dello scafo, col tempo nessuno avrebbe potuto riconoscere la cannoniera austriaca dopo quasi novant’anni(!) di servizio.
    Venne poi la seconda guerra mondiale e l’Alpino continuò il suo servizio. Le sue piccole dimensioni l’avevano sempre fatto preferire alle navi più grandi per attraccare negli scali minori e in più, con la penuria di combustibile imposta dal conflitto, aveva anche il vantaggio di un consumo più ridotto.
    Dopo l’8 settembre 1943 a Sesto Calende fu trasferita la Scuola della Decima Flottiglia Mas mentre una parte del cantiere di Arona a servizio dei piroscafi lacuali venne occupato per la manutenzione dei suoi mezzi nautici.
    Sul lago si facevano gli esperimenti dei mezzi d’assalto e si addestrava il personale così che si sentì il bisogno di una nave per pattugliare lo specchio d’acqua antistante gli edifici militari, per i trasporti, per il recupero del materiale da esercitazione.
    La scelta cadde sull’Alpino. E di nuovo arrivò la quarta trasformazione: rivestì di nuovo la divisa e ritornò una nave da guerra. Quindi, a voler essere pignoli, la Marina italiana non ha avuto quattro, ma cinque navi con il nome di Alpino.
    Assieme all’Alpino era stata requisita anche la piccola motonave Legnano: una delle due navi usciva regolarmente da Arona, in totale oscuramento, e percorreva una rotta prefissata lungo la quale, nel buio della notte, doveva essere intercettata e attaccata dai piloti della Decima.

    Nonostante molti battelli del lago fossero colpiti dai mitragliamenti aerei che causarono la distruzione del Milano e del Genova e danni ad altri tre, l’Alpino sopravvisse al conflitto senza danni, e ancora una volta si ripresentò all’appuntamento con il suo altalenante e bizzarro destino tornando per la terza volta a svolgere il servizio passeggeri negli anni della ricostruzione.
    Erano però le ultime battute: nonostante lo scafo continuasse a manifestare un’insolita robustezza, il logorio delle macchine e delle attrezzature avrebbe richiesto un pesante ammodernamento, ma si decise di spendere meglio il denaro necessario investendolo in nuove e moderne motonavi, motoscafi e aliscafi che non su una nave che aveva ormai su di sé ormai troppi decenni di vita
    Quando tornarono in servizio dopo le riparazioni gli altri piroscafi danneggiati dalla guerra ed erano di imminente consegna nuove unità, verso il 1950 l‘Alpino terminò il servizio regolare.
    Dopo un breve periodo di riserva l’instancabile e gloriosa nave, reduce di tre guerre, di quattro bandiere e di centinaia di migliaia di miglia percorse sul lago, probabilmente l’unica fra tutte quelle italiane ad aver raggiunto la veneranda età di 104 anni, ammainò per l’ultima volta la sua bandiera: era il 1954.
    Naturalmente siamo in Italia….nessuno pensò, di conservarla per farne un battello storico così che finì rapidamente demolita.


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    Severino Fanni (Tortolì, 27.7.1921 – Mare, 29.6.1942)

    di Frederic Erminio Todde (*)

    (Tortolì, 27.7.1921 – Mare, 29.6.1942)

    Colgo l’occasione che mi ha dato Stella Chiara Chiara, amica e collega nell’Amministrazione comunale di Girasole.
    Sapendo della mia passione e impegno sulle ricerche dei caduti Nuoresi nelle varie guerre dello scorso secolo, mi chiese se trovavo notizie di suo zio partito in guerra e mai più tornato a casa, Severino Fanni  nato a Tortolì fratello del papà.
    I caduti, in o di guerra, non sono soltanto i morti sui campi di battaglia: la Marina militare e l’Aeronautica militare hanno dato un altissimo contributo di vite umane, perse in conflitti bellici o in disastri navali o aerei.
    La celebrazione dei caduti in guerra si estende così anche al ricordo dei marinai, a quei caduti del mare (questa la dizione ufficiale secondo l’Associazione Nazionale Marinai d’Italia – A.N.M.I., marinaiditalia.com) in memoria dei quali si innalzano in tutta Italia monumenti e cippi: il sito ufficiale dell’A.N.M.I. offre una rassegna di 562 tra monumenti, cippi, targhe e intitolazioni dedicati ai caduti del mare e distribuiti su tutto il territorio italiano.
    Ed io mi chiedo è possibile che la nostra Provincia Ogliastra non abbia un Monumento o una targa che ricordi i caduti Ogliastrini della Marina?
    In questi giorni son stato contattato dall’Associazione A.N.M.I. di Tortoli Arbatax e sembrerebbe che si stiano impegnando in questa direzione, auguriamoci che da parte degli enti ci sia un aiuto concreto perché questo si realizzi.
    A tal proposito dovrà essere ricordato il tortoliese Severino Fanni  nato il 27/07/1921, figlio di Salvatore e Rosa Pinna, Caduto nella II Guerra Mondiale con l’arma della Marina Militare.
    Partì giovanissimo nemmeno ventenne con tanti sogni nel cassetto, ma purtroppo il suo destino lo fece incrociare con una guerra crudele che spezzò tante giovani vite.
    Era imbarcato sulla regia nave ”Diana” (**), denominata “nave avviso”, equipaggio di 150 marinai Italiani, imbarcazione varata nel 1940. e adibita a vari usi, tra cui principalmente missioni di trasporto veloce di truppe e materiali sulle rotte della Libia e dell’Egeo.


    Lui era un Marinaio come si evince dalla divisa in foto concessa gentilmente dalla famiglia (confermato anche dall’elenco dei Caduti della Marina Militare).
    Il 29 giugno del 1942 mentre la regia nave ” Diana ” solcava il mare Mediterraneo venne avvistato da un sommergibile britannico.
    Alle 11.25 del 29 giugno 1942, mentre era in navigazione alla volta di Tobruk con a bordo, oltre all’equipaggio, 4 ufficiali e 293 tra sottufficiali (in maggioranza) e marinai del Corpo Reali Equipaggi Marittimi (si trattava del personale del Comando Marina di cui era prevista la ricostituzione a Tobruk, città di recente riconquistata dalle forze dell’Asse) il Diana fu avvistato dal sommergibile britannico Thrasher, ad otto miglia di distanza, in posizione 33°21′ N e 23°20′ E. Alle 11.44 il Thrasher lanciò sei siluri da circa 550 metri di distanza: colpito da due o quattro siluri (il sommergibile inglese rivendicò infatti non meno di quattro armi a segno), il Diana s’inabissò rapidamente nel punto 33°30′ N e 23°30′ E (75 miglia a nord del Golfo di Bomba, in Cirenaica), trascinando con sé i tre quarti degli uomini a bordo.
    Alcune motosiluranti di scorta, dopo aver infruttuosamente attaccato il Thrasher, prestarono i primi soccorsi.
    Più tardi, tra il 29 ed il 30 giugno, giunse sul posto la nave ospedale Arno, che si occupò, seppure in condizioni di mare mosso, del recupero di tutti i superstiti: 119 uomini.
    Le perdite umane ammontarono a 336 tra morti e dispersi.
    Tra di loro vi era anche l’Ogliastrino Fanni Severino.
    ONORE AI CADUTI.


    (*) per conoscere glia altri articoli dell’autore digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.
    (**) si consiglia la seguente lettura:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2020/06/29-6-1942-affonda-regia-nave-diana/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2020/06/29-6-1942-nel-ricordo-di-erasmo-franciosa-e-laffondamento-del-regio-avviso-veloce-diana/