Pittori di mare

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    1.4.1942, affondamento della regia nave Giovanni Delle Bande Nere

    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra, Carlo Di Nitto, Pasquale Mastrangelo, Stefano Piccinetti, Francesco Venuto, Claudio Spanò, Giorgio Eterno, Michael Locci.

    La regia nave Giovanni Delle Bande Nere era un incrociatore leggero varato presso i cantieri navali di Castellammare di Stabia (Napoli) il 27.4.1930.
    La nave fu affondata dal sommergibile Urge il 1° aprile 1942 a largo dell’isola di Stromboli.

    Giovanni D’Adamo
    a cura Carlo Di Nitto 

    Marinaio Cannoniere Giovanni D’Adamo, di Tommaso e di De Meo Maria Civita, Croce di Guerra al V.M., disperso nell’affondamento del Regio Incrociatore “Giovanni delle Bande Nere” il 01 aprile 1942.
    L’unità, colpita da due siluri lanciati dal Smg. inglese Urge, si spezzò in due tronconi ed affondò immediatamente con gran parte dell’equipaggio. Mar Mediterraneo, a circa miglia 11 per 144° dall’isola di Stromboli.
    Era nato il 19 giugno 1920 a Castellonorato.
    (foto p.g.c. della Famiglia)

    Tancorre Vincenzo, marinaio di una volta come me, come noi…

    di Pasquale Mastrangelo

    Carissimo Ezio,
    come promesso giorni fa, ti allego una scheda riepilogativa relativa al Meccanico Navale Tancorre Vincenzo (mio compaesano), perito a seguito dell’affondamento della regia nave Giovanni delle Bande Nere.
Ti allego altresì un file contenente la foto da Allievo della Scuola Meccanici di Venezia, copia di una lettera inviata ad un suo amico nell’imminenza della fine del Corso da Allievo (prima di imbarcare) e della cartolina che è l’ultimo suo scritto prima dell’affondamento, praticamente sei giorni prima!
    Nel rileggere la lettera scritta al suo amico sono rimasto molto colpito dalle parole che un giovane di 19 anni sentiva di scrivere. Parole dettate dal senso di appartenenza, dallo spirito di corpo, dall’amore per le istituzioni ed il senso di Patria. Abbiamo tanto da imparare da queste frasi, soprattutto tanti giovani di questa epoca che si divertono a distruggere auto, vetrine e colpire nel cuore le Istituzioni.

    So’ per certo che saprai come tuo solito valorizzare questa grande testimonianza secondo i tuoi canoni e so’ di mettere “il tutto” nelle migliori mani possibili.
    Ho anche suggerito ad Aldo Capobianco cognato del TANCORRE (*) la tua amicizia su facebook. A lui puoi tranquillamente rivolgerti per eventuali altre informazioni al riguardo.
    Ti rinnovo i sentimenti di amicizia e stima e ti ringrazio per il privilegio di esserti amico.
    Pasquale Mastrangelo.

    Tancorre Vincenzo, nato a Gioia del Colle (Bari) il 7.7.1923. Frequentò la scuola per meccanici di Venezia. Perì a seguito dell’affondamento della regia nave Giovanni delle Bande Nere il 1° gennaio 1942. Fu dichiarato disperso il giorno successivo.
    (*) https://www.facebook.com/aldo.capobianco.54

    Nota della redazione
    Giovanni Dalle Bande Nere era un incrociatore Leggero varato a Castellammare di Stabia il 27.4.1930. Partecipò alla Guerra dei Convogli e alla Seconda Battaglia della Sirte.
    Il mattino del 1° aprile 1942 lasciò Messina diretto a La Spezia scortato dal cacciatorpediniere Aviere e dalla torpediniera Libra.
    Alle ore 09.00, a undici miglia da Stromboli, le navi vennero intercettate dal sommergibile britannico Urge.
    Un siluro spezzò in due lo scafo e l’unità affondò rapidamente, trascinando con se 381 Marinai su 507 uomini dell’equipaggio. Fra di essi c’era anche Nicola Verdoliva nato a Castellammare di Stabia il 5.12 1916 che risultò disperso in mare. Di Lui non abbiamo nessuna foto a corredo di questo articolo ma siamo certi, ovunque si trovi con i suoi Frà che non fecero più ritorno all’ormeggio, che adesso riposano in pace fra i flutti dell’Altissimo.

    Quel giorno del 1° aprile 1942
    narrato da Guido Piccinetti (*)

    Questa è la storia di Guido Piccinetti, giovane fanese classe 1919, con la passione profonda per il mare, la pesca e la cucina marinata, socio storico della nostra associazione e memoria storica della città di Fano. Il racconto è stato dettato al figlio Stefano, direttamente narrato da Guido che riviveva, con occhi lucidi, i momenti drammatici e memorabili della guerra dal 1939 al 1945.
    Vorrei ricordare mio padre, salpato per l’ultima missione il 2 luglio 2015 all’età di 95 anni.
    Penso che abbia fatto una buona vita sia come uomo che come Cristiano. Era buono e, soprattutto, era un marinaio nell’anima, dignitoso e fiero, come sono gli uomini di mare.
    Ciao Guido “Marinaio per sempre”.
    Stefano Piccinetti

    Il 15.12.1939 fui chiamato alle armi ed arruolato nella Regia Marina.
    Come prima destinazione ebbi Venezia presso le Scuole C.E.M.M. (Corpi Equipaggi Militari Marittimi), situata a Sant’Elena, dove fui addestrato ed istruito con la categoria Fuochista di Bordo.
    Dopo circa 40 giorni fui destinato a Taranto ed imbarcato sul regio cacciatorpediniere Giovanni delle Bande Nere che in quel periodo era ai lavori in arsenale nel Mar Piccolo nella base navale di Taranto.
    Stavamo rientrando da Tripoli da una scorta convogli, eravamo nel Golfo della Sirte con un forte mare al traverso e dopo qualche giorno di navigazione siamo entrati nella base navale di Messina.
    La sosta durò qualche settimana nei quali facemmo servizi di guardia, poi il Comando di bordo decise di andare a La Spezia per i danni subiti dal maltempo.
    Salpammo alle ore 06.00 del 1° aprile 1942, era una bella giornata di sole e il mare era buono. Eravamo circa all’altezza delle isole Eolie vicino Stromboli e le condizioni del mare mi invitarono a riposarmi al centro nave, così mi coricai sopra i lancia siluri. Ad un tratto sentii un gran scoppio che mi sollevò in aria, poi più nulla fino a ritrovarmi a circa 20 – 30 metri dalla nave. Al contatto con l’acqua ripresi i sensi e mi guardai intorno, vedevo solo fumo e sentivo le urla e i lamenti dei miei compagni, percepivo il sangue colarmi dalla testa e vidi una leggera ferita alla gamba destra, ma mi rassicurai capendo che non era niente di grave.
    Dopo qualche ora in balia delle onde, vidi mio cugino Ivo che era in difficoltà poiché non aveva il salvagente; nuotando faticosamente lo raggiunsi e gli diedi il mio salvagente, così ci siamo aggrappati a una latta di plastica per mantenerci a galla.
    Poco dopo la zona fu sorvolata da un aereo dell’Aviazione Italiana che ci sganciò i salvagenti individuali.
    Dopo circa 8 – 9 ore in balia delle onde, venne on nostro soccorso il regio cacciatorpediniere Maestrale, il quale ci fornì le prime cure a bordo e ci portarono a Messina dove sono stato ricoverato all’ospedale militare Santa Margherita per circa 10 giorni. Al termine del ricovero in ospedale ebbi una breve licenza per recarmi a casa per riabbracciare i miei genitori, per poi ripartire verso la nuova destinazione alla polveriera di Malcontenta provincia di Venezia. Successivamente fui fatto prigionieri dai tedeschi e deportato in Germania nel campo di concentramento per prigionieri di Fraureuth provincia di Werdau in bassa Sassonia. Ebbi la fortuna di lavorare fuori dal campo, in una falegnameria, il titolare e Sindaco del paese si chiamava Wully Smithe, fu la mia salvezza. Alla fine della guerra nell’agosto 1945 tornai in Patria.
    Questa è sommariamente la mia storia, le emozioni e le sofferenze forse non si possono cogliere in queste due righe, ma ancora oggi mi commuovo continuamente al pensiero di quello che hanno visto i miei occhi e al ricordo delle urla dei miei compagni, naufraghi di un mare senza colpa ma complice nel destino.

    (*) Nato il 20.12.1919 e residente a Fano.
    Oggi unico superstite del regio cacciatorpediniere Giovanni dalle Bande Nere, decorato con Croce al Merito di Guerra, in data 29 luglio 1947.
    Guido Piccinetti è salpato per l’ultima missione dalla sua Fano il 2.7.1915.

    1.4.1942, il sommergibile inglese Urge tagliava in due il regio incrociatore Giovanni Dalle Bande Nere
    
di Francesco Venuto

    Buongiorno Ezio,
    Le invio, se le può essere utile, un mio servizio pubblicato da Giornale di Sicilia nel 1991 e da altri giornali in seguito cordiali saluti, Francesco Venuto ex sergente radiotelegrafista (di leva).

    Questo articolo è dedicato, per grazia ricevuta, a Paolo Puglisi.

    STROMBOLI – Cinquantuno anni fa, il primo aprile del 1942, al largo dell’isola di Stromboli due siluri lanciati dal sommergibile inglese “Urge” tagliavano in due l’incrociatore “Giovanni Dalle Bande Nere”.
    Varata nel 1931, la nave effettuò, tra il 10 giugno 1940 e la data del suo affondamento, 15 missioni di guerra, percorrendo in tutto circa 35 mila chilometri. Tra gli ottocento uomini imbarcati sull’incrociatore, quel primo aprile c’era Paolo Puglisi, 75 anni, baffetti alla Clark Gable rimasti neri come ai tempi in cui stava per ore chiuso nella torretta numero 4, pronto ad azionare i cannoni del Bande Nere.
    L‘enciclopedia “La Seconda Guerra Mondiale”, curata da Arrigo Petacco, liquida in un paio di righe l’affondamento dell’incrociatore. Secondo Puglisi, in realtà, vi furono delle circostanze quantomeno sospette per cui le cose non andarono per il verso giusto. Inoltre tra i marinai superstiti dell’affondamento, si parlò con insistenza di una “spiata”, partita proprio da Messina, sui movimenti della nave e sulle sue condizioni di navigazione.

    «Il Bande Nere partecipò alla seconda battaglia della Sirte -ricorda Puglisi- Tornavamo alla base di Messina dopo una navigazione con il mare fortissimo, tanto che due caccia-torpediniere, il “Lanciere” e lo “Scirocco”, colarono a picco per il maltempo. Il nostro incrociatore era piuttosto malconcio e molte erano le avarie che il comandante Lodovico Sirta aveva dovuto annotare sul libro di bordo. Arrivammo nello Stretto con ben 48 ore di ritardo, e con la consapevolezza che il destino della nave era il bacino di La Spezia, dove sarebbero state eseguite le riparazioni.
    Così infatti fu deciso dal comando della Regia Marina Militare, e qualche giorno dopo aspettavamo con ansia l’ordine di mollare gli ormeggi. Il Bande Nere lasciò il porto di Messina il primo aprile 1942 -racconta Puglisi- dopo sei giorni di incomprensibili rinvii. Erano le sei del mattino, due caccia e alcuni ricognitori aerei controllavano che lungo la nostra rotta non vi fossero battelli nemici.

    Tutto filò liscio sino alle nove, all’ora di colazione, di solito un panino con la mortadella o il provolone.
Eravamo al largo di Stromboli, un sommergibile inglese lanciò un primo siluro, il Bande Nere si inclinò di almeno trenta gradi, un minuto dopo arrivò il secondo e definitivo lancio dell’”Urge”, la nave si aprì in due e cominciò ad affondare rapidamente. Io non ebbi il tempo di gettarmi subito in mare, come buona parte dell’equipaggio. Ero infatti ai “pezzi da 100”, proprio nella zona colpita dai siluri. Riuscii comunque a liberarmi dei vestiti e, aggrappandomi alle “traglie”, i passamano, finii sott’acqua trascinato dal risucchio della nave che stava inabissandosi. A sette-otto metri di profondità, non riuscendo ormai a risalire avevo abbandonato ogni speranza di salvarmi. La visione di mia madre e una miracolosa bolla d’aria mi spinsero di nuovo verso la superficie dove sembrava aspettarmi l’idrovolante delle nave capovolto, attorno ai cui galleggianti erano aggrappate almeno settanta persone.
Pioveva, si cercava di resistere a tutti i costi, di non mollare la presa. In molti alla fine furono vinti dalla stanchezza, dall’acqua gelida e dal dolore per le gravi ferite riportate. Cinque ore dopo arrivò il cacciatorpediniere “Libra”, che raccolse i superstiti e i marinai morti.
Il mare era diventato nero per le tonnellate di nafta fuoriuscite dai serbatoi del Bande Nere. Io fui sistemato tra i morti, perché all’atto di essere recuperato persi i sensi, la confusione del momento fece il resto. Mi svegliai tra la meraviglia dei siluristi, non ricordavo nulla, non ci vedevo più, ero diventato cieco.
    Poi mi dissero che era stata la nafta, anche il mio corpo del resto era bruciato per essere rimasto molto tempo a contatto con il carburante. Tornati a Messina, in un primo tempo non fu riconosciuta la mia infermità, ed anche per questo mi misero in prigione. Dopo qualche giorno però fui rimandato a casa, mentre agli arresti ci andò l’ufficiale che aveva ordinato la mia carcerazione. Il sole lo rividi dopo un mese».

    Elia Soriente (Torre Annuziata (NA), 12.4.1922 – Mare, 1.4.1942)
    a cura di Vincenzo Marasco(*)  e Antonio Papa – Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”

    (Torre Annunziata (NA), 12.4.1922 – Mare, 1.4.1942)

    Alla lieta e cara memoria del Sottocapo Palombaro Soriente Elia, Figlio di Torre Annunziata.

    Questa altra breve storia che voglio raccontare ha anch’essa inizio a Torre Annunziata. Precisamente in quel suo comprensorio, che nei primi anni del Secolo Breve, era considerato ai locali per lo più come un luogo riservato alla borghesia locale, in quanto meno urbanizzato e lontano dal trambusto di quegli agglomerati cittadini in cui era relegato per lo più il popolo torrese.
    Così, nella nascente via Vesuvio, che agli inizi degli anni ‘20 non era altro che una piccola arteria circondata da rigogliosi giardini e su cui si affacciavano poche villette e palazzotti, che dalla industriosa Torre Annunziata menava al più rurale borgo di Trecase, il 12 aprile del 1922 da Francesco e Iovino Lucia, al civico 61, nasce Elia Soriente.
    Elia, per Francesco e Lucia era quel figlio maschio tanto atteso e voluto, considerato come un dono del cielo. Ma a parte le emozioni terrene, egli, come tanti torresi ancora oggi si considerano, nasce come figlio del mare, e attratto da quell’elemento principe in quella lingua di terra dove è cresciuto, un giorno insieme ad un suo caro amico decise di intraprendere la “Carriera”. Fu così che lui e De Santis, il cui nome non ci è dato ricordare, partirono alla volta di Taranto arruolandosi in quella gloriosa Regia Marina Italiana, considerata la regina del Mediterraneo.
    Dai racconti vivi nelle memorie dei suoi parenti, nipoti e cugini, che sono cresciuti con il suo ricordo, si apprende che i due vennero fin da subito assegnati all’equipaggio dell’Incrociatore leggero Giovanni delle Bande Nere, e che solo pochi giorni dal momento della partenza dell’unità navale per un’operazione di guerra in mare aperto, avvenuta da Messina nelle prime ore della notte del 20 marzo del 1942, i due vennero divisi: toccò al De Santis sbarcare e salire a bordo di un’altra unità navale della Marina.
    Fu così che il destino di Elia cominciò a prendere la sua forma e a manifestarsi.
    Il Giovanni delle Bande Nere, uscito dal porto di Messina, così come gli venne ordinato da Supermarina, insieme alla XIII Squadriglia Cacciatorpediniere, incrociò la rotta verso il Sud del Mediterraneo con lo scopo di intercettare un convoglio navale inglese partito da Alessandria e diretto verso Malta.
    L’operazione non partì sotto il buon auspicio meteorologico. Ciò è dimostrato dai notevoli ritardi accorsi sulle partenze degli incrociatori pesanti, sempre da Messina che facevano parte della stessa divisione navale, i quali a causa del forte vento da SE ebbero problemi a lasciare gli ormeggi. Ma nonostante questo l’operazione andava portata a compimento, nonostante il mare dalla mattinata del 21, montato da un fortissimo vento di Scirocco, divenisse sempre più impetuoso.
    Nella tarda mattinata del 22, l’intera Divisione Navale comandata dall’Ammiraglio Iachino, arrivata poco lontani del Golfo della Sirte, incrociò a lunga distanza il convoglio inglese. Le due squadre cominciarono così a studiarsi con manovre di grande perizia e, lì dove potevano, a scambiarsi colpi di artiglieria navale. Nonostante le condizioni meteo marine fossero in ulteriore peggioramento e rendessero difficile sia la navigazione, sia il contatto visivo tra i convogli che la precisione dei tiri dei cannoni, l’inseguimento e lo scontro tra italiani e inglesi durò per tutta la giornata.
    Alle 16.44, ad avere il primo successo fu proprio il Giovanni delle Bande Nere su cui era imbarcato Elia, che da 14.000 metri centrò con una salva da 152mm l’incrociatore inglese Cleopatra di scorta al convoglio e ammiraglia in quel frangente, arrecandogli seri danni all’angolo destro poppiero della controplancia, lì dove vi erano i sistemi di tiro contraereo. Oltre ciò, per quella salva, il Cleopatra perse 16 marinai.
    Calato il buio volse a termine anche la battaglia, passata poi alla storia come seconda battaglia della Sirte.
    Dopo il combattimento tra le due Marine fu la tempesta di Scirocco, che nel frattempo si era scatenata oltre ogni aspettativa, a rendere alla flotta italiana difficile il rientro verso Messina e Taranto.
    A soffrire più di tutti furono le navi cacciatorpediniere come la Giovanni delle Bande Neve, che per contenere il fortissimo rollio furono costrette a ridurre sensibilmente la velocità di navigazione. Ma nonostante tutti gli accorgimenti presi, i danni del maltempo causato alle unità minori furono ingenti, tanto che due di queste, la Scirocco, ironia della sorte, e la Lanciere, all’alba del 23 marzo vennero affondate dalle sferzate di un mare arrivato fino a forza 8!
    Il Giovanni delle Bande Nere, con un equipaggio già stremato dalla lunga battaglia e da una navigazione difficilissima, proseguì in libertà di manovra verso Messina, presentandosi nel primo pomeriggio del 24 alle sue ostruzioni senza non poche avarie.
    Vista la situazione precaria della nave, bisognosa di urgenti interventi riparatori, venne deciso di cantierizzarla presso La Spezia. Ed è così che la mattina del 1° aprile del 1942, effettuato il posto di manovra, il Giovanni delle Bande Nere, scortato dall’Aviere, dal Fuciliere e dal Libra – quest’ultimo subito rientrato per un’avaria – lasciano l’ormeggio di Messina per dirigersi verso la base navale spezzina.
    Ma c’era poco da stare tranquilli e l’equipaggio lo sapeva benissimo. In quel periodo nessuna navigazione poteva definirsi sicura, maggiormente per un’unità navale malconcia come lo era in quel momento il Giovanni delle Bande Nere.

    Il Sottocapo torrese Elia Soriente, che aveva stretto e sposato l’indissolubile legame col mare, lo sapeva benissimo!
    Alle 8.41 il convoglio navale italiano venne intercettato dal sommergibile britannico Urge, in appostamento nei pressi dell’Isola di Stromboli, lì dove vi era l’accesso settentrionale allo Stretto di Messina. Alle 8.54, l’Urge, già in posizione di tiro, come il cacciatore si pone di fronte alla sua preda, da una distanza di quasi 5000 metri lancia 4 siluri verso il Bande Nere. Dopo alcuni minuti una prima esplosione si verificò a centro nave, seguita da un’altra dopo nemmeno dieci secondi dalla prima: era arrivata la sua fine e con essa si stava compiendo anche il destino del nostro Elia Soriente.
    La nave colpita al cuore, nemmeno in due minuti, sbandò, si piegò nel suo centro fino a spezzarsi in due tronconi che presero la forma di due braccia alzate al cielo nel tentativo di una vana richiesta d’aiuto. Quel momento cruento durò nemmeno tre minuti e della Regia Nave Giovanni delle Bande Nere non restò più nulla se non tanti ricordi e una miriade di storie appartenenti ai suoi marinai, tra cui vi è quella del giovanissimo Elia Soriente, che sarebbe diventato ventenne da lì a qualche giorno.
    Dei 772 marinai del suo equipaggio, 381 scomparvero tra i flutti. Chi ebbe la fortuna di salvarsi, successivamente, ebbe modo poi di raccontare ogni attimo di quanto accadde in quel momento, rendendo così viva la Memoria di quei loro compagni scomparsi tra l’immensità del mare.
    Evviva il Sottocapo Palombaro Elia Soriente!

    Fonti: Archivio Anagrafe di Torre Annunziata, sez. Leva;
    www.difesa.it/Il_Ministro/Onorcaduti.it;
    www.conlapelleappesaaunchiodo.blogspot.com;
    www.regiamarina.netwww.elgrancapitan.orgwww.world-war.co.uk.
    (*) digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome per conoscere gli altri suoi articoli. 

    Vincenzo Pincin
    di Sergio Covolan

    (Campolattaro, 16.4.1923 – Mare, 1.4.1942)

    Vincenzo Pincin, nato a Campolattaro il 16 aprile 1923, era un motorista navale imbarcato sulla regia naveGiovanni Delle Bande Nere affondato nel Mediterraneo Centrale il 1° aprile 1942 alle ore 09:00. Lui fu uno dei tanti dispersi in mare.

    Vincenzo Pincin era mio cugino di secondo grado.

    Giuseppe Tumminia, mio padre (26.3.1922 – 25.10.2011)
    di Antonino Tumminia

    … riceviamo e con infinito immenso orgoglio pubblichiamo.

    Mio padre, Giuseppe Tumminia, siciliano, era uno dei Cannonieri della Giovanni dalle Bande Nere, quel 1° aprile del 1942, ( sic proprio una pesce d’aprile), era fra i naufraghi. Mi raccontava che si era salvato con altri 40 marinari sopra un pezzo di sughero che galleggiava, e rimasti per 4 ore in quel mare gelido, in attesta di essere ripescato con gli altri sopravvissuti. Sul ponte della nave che li salvò (non ricordo il nome della nave), c’erano tutti i suoi compagni morti, distesi in fila sul ponte. Le macchie di petrolio o nafta che avevano bruciato i suoi piedi rimasero lì per parecchio tempo. Quanto io, a 18 anni partii militare, mi ritrovai marinaio e fui destinato al Ministero della Difesa, a Roma, lavoravo negli uffici del Ministero, segretario dattilografo, nell’ufficio di una sezione (che ometto) con un Tenente Colonnello, un Maresciallo, un Tenente, con il loro aiuto riuscii a fare avere a mio padre la Croce di Guerra che meritava e che il Ministero non aveva mai rilasciata, forse perché mio padre non sapeva cosa fare per ottenerla, assieme a quell’attestato gli spedii una foto della “Bande Nere”; venni a sapere dopo, che pianse tanto nel rivederla, pensando ai suoi amici morti.Mio padre ormai non c’è più, ma sulla stanza dove ha trascorso gli ultimi anni della sua vita, c’è ancora in cornice la sua Croce di Guerra, con la sua foto di allora e la Giovanni dalle Bande Nere, che mi rendono orgoglioso di mio padre, per l’uomo e il marinaio che è stato.
    Antonino Tumminia

    Gent.mo Sig. Vinciguerra
    Ringrazio Lei, per il suo interessamento per mio padre Giuseppe. E’ nato a Palermo il 26.3.1922 e nel 2011 è partito per il suo ultimo viaggio. Purtroppo io non mi trovo a Palermo perché dal 1975 mi sono trasferito nel Modenese dove attualmente risiedo, a Palermo è rimasto uno dei miei fratelli, al quale chiederò di inviarmi la foto dell’attestato della Marina Militare e una foto ritratto di mio padre di allora. Appena riceverò questo materiale sarà mia cura farle pervenire. Pere ciò che riguarda eventuale missione non ricordo nulla in merito, da quello che mi raccontava, stavano per andare per riparazioni, quando i due colpi di siluro del Surge, affondarono la Bande Nere, mio padre fortunatamente si trovava sul ponte ed è riuscito a tuffarsi appena in tempo, proprio mentre la nave si spaccava in due tronconi e affondava verticalmente. Mi ha raccontato molte cose della sua vita militare e di quando è stato prigioniero dei francesi e delle umiliazioni subite da lui e dagli altri italiani, ma ho vergogna a raccontarle degli sputi ricevuti dai francesi  mentre, prigionieri, in corteo, sfilavano  per le vie e dai balconi i nostri cugini francesi gli sputavano addosso, al punto che arrivati a destinazione erano proprio bagnati. Riguardo stazionamenti o trasferimenti non so dirle nulla, per certo so che stava a Messina, perchè mi raccontava che scaricavano i bossoli dalla nave sul molo a Messina (dove c’è ancora oggi la base navale, Martello Rosso o qualcosa di simile… dove anch’io sono stato solo per 15 giorni prima del mio congedo) Il suo imbarco è stato il primo ed unico,  con la categoria  di Cannoniere, appena in tempo per  imparare a sparare,  …con la bocca aperta per non farsi saltare i denti daii contraccolpi delle cannonate.Appena possibile le invierò i materiali.
    Un Cordiale saluto. Antonino TUMMINIA.

    Gent.mo Sig. Vinciguerra,
    Spesso mi rivedo accanto a  mio padre, ad ascoltare i suoi racconti di guerra,  della sua prigionia, e dei posti visitati, e non ricordo tante cose, ma alcune mi sono rimaste impresse nella mente, magari sono dei flash, ma sono immagini che ancora navigano nella mia mente. Ricordi di umanità,  anche di sorrisi, d sofferenze e di furbizie per sopravvivere in campi di prigionia. Credo che lo shock di quel naufragio se le portato addosso come un vestito nero, come un lutto perenne, per la sua bella nave e l’umanità dei suoi compagni. Ironia della vita, l’ultima notte della sua vita, trascorsa in ospedale,  passata a raccontare, al dottore di turno, storie di marinaio della Bande Nere, il dottore stesso, meravigliato della sua improvvisa dipartita, ci raccontò, che  trascorse molto tempo a parlare della guerra, all’alba, si è imbarcato per l’ultimo viaggio, questa volta non doveva stare ai cannoni e non doveva sparare, viaggiava verso l’amore e la luce, dove troviamo tutti quelli che ci hanno amato e una schiera di amici, in parata militare, che lo aspettano a bordo di una anima d’amore.                                                                                                                                                                          Antonino Tumminia 

    Caro Ezio, un anno il 2020 purtroppo con un mare agitato, sperando che questo mare si calmi lasciandoci navigare con serenità, colgo l’occasione  di inviarti i più sinceri.
    Ti allego un’illustrazione che ho realizzato modificando un disegno del Bande Nere, che come tu sai ci sono legato per mio padre che era cannoniere su questo incrociatore. Un abbraccio e cari saluti e auguri per tutti i tuoi lettori della Voce del Marinaio da  Antonino Tumminia.

    Filippo Lo Piparo
    di Claudio Spanò

    (Bagheria (PA), 8.10.1920 – Mare, 1.4.1942)

    … riceviamo e con immenso orgoglio e commozione pubblichiamo.

    Buonasera,
    Filippo Lo Piparo era mio prozio, fuochista della regia nave Giovanni Delle Bande Nere e perito l’1.4.1942 nell’affondamento (disperso). Abbiamo da poco trovato queste foto che le invio, chissà che qualcun altro riesca a riconoscere i marinai che sono con lui in foto, con tutta probabilità anch’essi sulla stessa nave. Filippo è quello in basso a sinistra. Gli altri non so. Se le fa piacere può pubblicare queste foto nel suo sito.

    Era nato a Bagheria (PA) l’8.10.1920.
    Grazie per il suo lavoro di memoria.
    Cordiali saluti.

    Nota
    Sull’elenco dei Caduti e Disperi della Marina Militare èriportato il cognome Lo Pipero.

    Si consiglia la lettura del seguente link:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2021/04/1-4-1942-affondamento-della-regia-nave-giovanni-delle-bande-nere-4/

    Michele Ranaudo (San Martino in Pensilis (CB), 5.3.1922 – Mare, 1.4.1942)
    a cura Vincenzo Campese (*)

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

    Salvatore Eterno
    di Giorgio Eterno

    (Vittoria, 28.6.1919 – Mare, 1.4.1942)

    Salvatore Eterno, nato a Vittoria il 28 giugno 1919, imbarcato sulla regia nave Giovanni Giovanni Delle Bande Nere, affondata a largo dell’Isola di Stromboli, risultò disperso il 1° aprile 1942.
    Onori.


    Nota della redazione
    Giovanni Dalle Bande Nere era un incrociatore Leggero varato a Castellammare di Stabia il 27.4.1930. Partecipò alla Guerra dei Convogli e alla Seconda Battaglia della Sirte.
    Il mattino del 1° aprile 1942 lasciò Messina diretto a La Spezia scortato dal cacciatorpediniere Aviere e dalla torpediniera Libra.
    Alle ore 09.00, a undici miglia da Stromboli, le navi vennero intercettate dal sommergibile britannico Urge.
    Un siluro spezzò in due lo scafo e l’unità affondò rapidamente, trascinando con se 381 Marinai su 507 uomini dell’equipaggio.

     

    Fiorenzo Locci
    di Michael Locci

    (Monastir 12.4.1918 – Mare, 1.4.1942)

    … riceviamo e con immenso orgoglio misto a commozione pubblichiamo.

    Salve,
    sono Michael Locci pronipote del Sottocapo Cannoniere Fiorenzo Locci  deceduto il 1° aprile 1942 sul regio incrociatore Giovanni delle Bande Nere.


    Vorrei inviarli delle foto, come scopo storico e anche per ricordarlo…
    Vi ringrazio anticipatamente.


    Lo zio era nato a 
    Monastir il 12 aprile 1918.
    Saluti.

     

    Vittore Raccanelli (Venezia, 4 luglio 1904 – Mar Tirreno, 1º aprile 1942)
    a cura Antonio Pisanelli (*)

    (Venezia, 4 luglio 1904 – Mar Tirreno, 1º aprile 1942)

    Comandante in seconda del regio incrociatore leggero Giovanni dalle Bande Nere, su cui morì nel grado di Capitano di Fregata.

    Vittore Raccanelli nacque a Venezia il 4 luglio 1904, figlio di Silvio e Lucia Furlan. Arruolatosi nella Regia Marina frequentò la Regia Accademia Navale di Livorno conseguendo la nomina di guardiamarina  il 4 dicembre 1924. Proseguì la carriera con incarichi d’imbarco o a terra venendo promosso Tenete di Vascello il 1º luglio 1929. Quindi prese imbarco sulla regia nave Leone nel 1930, sulla nave appoggio sommergibile Antonio Pacinotti, quale ufficiale in 2^ nel 1931. Perfezionò il brevetto di idoneità al servizio elettrico e radiotelegrafico a bordo (qualifica E) presso la Regia Accademia Navale di Livorno nel 1932. Passò quindi sulla corazzata Andrea Doria nel 1933 e a Mogadiscio, quale aiutante bandiera del comandante del locale comando marina nel 1934. Eseguì il tirocinio per ufficiali in seconda sul sommergibile Balilla dal 5 novembre 1935.
    Divenuto comandante del sommergibile Galatea, con la sua unità partecipò clandestinamente alla guerra di Spagna, eseguendo una singola missione, dal 22 agosto al 5 settembre 1937; nel corso di tale missione cercò di silurare più volte diversi mercantili al largo di Tarragona, senza risultati.. Conseguì nel frattempo la promozione a capitano di corvetta, il 12 agosto 1937.
    Assunse il comando del sommergibile Enrico Tazzoli sin dal principio della guerra. Si trasferì col battello nella base atlantica di Bordeaux (Betasom) sin dall’autunno 1940, partendo da la Spezia il 2 ottobre. Il 12 seguente al largo di Capo San Vincenzo affonda il piroscafo iugoslavo Orao (5135 t.), al servizio degli inglesi. Il Tazzoli entrò a Bordeaux il 24 ed iniziò subito un turno di lavori. Il 5 dicembre, promosso capitano di fregata, cede il comando del Tazzoli al capitano di corvetta Carlo Fecia di Cossato, su cui diventerà un famosissimo asso, e passò al comando del sommergibile Reginaldo Giuliani, trasferito ed impegnato a Gotenafen (attuale Gdynia) in Polonia, per l’addestramento del personale italiano sui nuovi metodi di guerra al traffico oceanico.
    Nell’aprile 1941, promosso capitano di fregata, venne assegnato quale comandante in seconda dell’incrociatore leggero Giovanni dalle Bande Nere, sul quale parteciperà intensamente alle attività di squadra e di scorta ai convogli nel periodo 1941-1942, tra i più intensi di tutta la guerra.
    Prese parte anche alla seconda battaglia della Sirte, avvenuta il 22 marzo 1942, nel cui scontro il Bande Nere colpì con un suo proietto da 152 mm l’incrociatore inglese Cleopatra, unità di bandiera dell’ammiraglio Philip Vian, e per le forti avarie riportate dalle proibitive condizioni di mare in tempesta, l’incrociatore italiano riparò al termine della battaglia per le prime riparazioni nel porto di Messina. Dovendo però eseguire ben più estesi interventi di riparazione il Bande Nere partì, sotto scorta, il 1º aprile, alle ore 9,00 per La Spezia. Ma non vi arrivò mai perché all’altezza dell’isola di Stromboli, nel Basso Tirreno affondò colpito da due siluri lanciati dal sommergibile inglese Urge. La nave, spezzata in due, s’inabissò subito e permise il salvataggio di meno della metà degli uomini. Tra i caduti vi fu anche il capitano di fregata Raccanelli.

    Onorificenze
    – Medaglia d’argento al valore militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d’argento al valore militare «sul campo”». — Decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1948
    – Medaglia di bronzo al valore militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia di bronzo al valore militare: «Comandante del sommergibile Galatea durante una importante missione di guerra sulle coste spagnole, dava ripetute prove di tenace volontà offensiva mantenendo l’agguato a distanza ravvicinatissima dal porto di Tarragona davanti al quale attaccava tre piroscafi contrabbandieri danneggiandone seriamente uno. Tarragona, 28 agosto-9 settembre 1937». — Regio Decreto 8 aprile 1939.
    – Medaglia di bronzo al valore militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia di bronzo al valore militare: «In comando di unità operante in zona avanzata, fatta più volte segno in navigazione ed in porto a violenti attacchi aerei nemici, reagiva sempre con prontezza e molta decisione con il fuoco delle proprie armi. Durante un attacco al convoglio, di cui faceva parte, abbatteva un velivolo avversario. Costante esempio di serena noncuranza del pericolo ed alto senso del dovere. Mediterraneo Orientale, 19 luglio-10 settembre 1942». — Regio Decreto 16 novembre 1942.
    – Medaglia di bronzo al valore militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia di bronzo al valore militare: «Comandante di sommergibile effettuava numerose missioni di guerra in acque contrastate dall’avversario. Animato da elevato sentimento del dovere dimostrava in ogni circostanza sereno coraggio, capacità professionale e spirito combattivo. Mediterraneo-Atlantico, 10 giugno 1940-20 maggio 1941». — Decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1948.
    – Croce di guerra al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Croce di guerra al valor militare: «Comandante di 2ª di incrociatore leggero, durante uno scontro con forze navali nemiche, dava prova di slancio e di elevato spirito combattivo, assicurando la perfetta organizzazione interna della nave, alla quale si era costantemente dedicato, dimostrando belle qualità militari.»— Determinazione del 2 settembre 1942.

    (*) per conoscere le altre sue ricerche digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Pittori di mare,  Recensioni,  Storia

    1.4.1910, entra in servizio la regia nave Pontiere

    di Antonio Cimmino e Carlo Di Nitto


    Il regio cacciatorpediniere Pontiere, classe “Soldato” (o “Bersagliere”), dislocava 415 tonnellate a pieno carico. Impostato impostato presso i Cantieri Ansaldo di Genova il 18.11.1905, fu varato il 3 gennaio 1910 presso i Cantieri Ansaldo Armstrong di Sestri Ponente, ed entrò in servizio il 1° aprile successivo.
    Iniziò la propria attività addestrativa in Alto Tirreno e nel novembre 1910 ricevette a Venezia la Bandiera di Combattimento. Il 14 settembre 1911, nel corso di una esercitazione presso Terranova Pausania, urtò uno scoglio affiorante riportando gravissimi danni nella zona prodiera. Rimorchiato in un primo momento alla Maddalena per le prime sommarie riparazioni, nell’aprile 1912 fu portato a Taranto dove, sullo scalo, furono effettuati estesi lavori di raddobbo. Il 1° novembre 1913 fu nuovamente varato e ritornò in squadra.

    Dopo lo scoppio della Grande Guerra operò in Adriatico per la ricerca di mine vaganti e per la protezione del traffico con l’Albania, compiendo anche ricognizioni offensive e di vigilanza. Negli ultimi mesi del conflitto venne assegnato alla difesa del traffico nelle acque siciliane.
    Al termine delle ostilità operò in Dalmazia per il controllo delle isole occupate dall’Italia fino al mese di luglio 1919. L’ 1/7/1921 fu riclassificato come torpediniera con la sigla PN.
    Fu quindi trasferito a Napoli dove rimase inattivo per lavori fino al 1923. Rientrato in squadra, ebbe modo di effettuare alcuni salvataggi di navi in difficoltà, incappando però in due incidenti che fortunatamente non produssero gravi avarie.
    Nel novembre 1925 fu destinato in Cirenaica per operazioni di polizia coloniale e la sua attività fu molto intensa ed efficace. Nel 1929 ne venne deciso il rimpatrio per il disarmo e la successiva radiazione, avvenuta il 1° luglio 1929.

    L’unità aveva un dislocamento normale di 395 tonnellate, era lungo 65 metri, largo 6, 2 metri e con 2,1 metri di pescaggio. Era fornito di 3 caldaie, 2 motrici alternative della potenza di 5.000 HP e 2 eliche che imprimevano all’unità una velocità di 28 nodi circa. L’artiglieria era composta da 4 cannoni da 76/40 mm ed era dotata di 3 tubi lancia siluri da 450 mm. L’equipaggio era formato da 56 uomini.


    Partecipò alla Prima Guerra Mondiale e fu declassato a torpediniere nel 1921.

  • Curiosità,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Pittori di mare,  Recensioni,  Storia

    30.3.1916, varo del regio monitore Faà di Bruno

    di Carlo Di Nitto

    Il regio monitore “Faà di Bruno” fu un grosso pontone armato semovente. Dislocava 2854 tonnellate e derivava dalla modifica di un ex pontone gru della Regia Marina (il G.A. 43).
    Impostato il 10.10.1915, presso i Cantieri dell’Arsenale Marina Militare di Venezia, fu varato il 30.3.1916 ed entrò in servizio il 01.4.1917.
    Potentemente armato con due cannoni da 381/40, quattro da 76/40 e due mitragliere da 40 mm., aveva un equipaggio composto di 45 uomini tra ufficiali, sottufficiali e marinai. Due motrici alternative gli consentivano una velocità di tre nodi. Come altre unità similari, era stato realizzato per affiancare l’esercito appoggiando, per quanto possibile, le operazioni sul fronte terrestre e le difese costiere.
    Il suo primo impiego operativo avvenne il 18 agosto 1917 bombardando le posizione austriache durante l’undicesima battaglia dell’Isonzo.
    A seguito dei fatti di Caporetto si dispose il suo trasferimento ad Ancona insieme al quasi gemello “Cappellini”. Purtroppo, il 18 novembre 1917, furono sorpresi da una violenta tempesta. Il “Cappellini” si capovolse ed affondò con la perdita di oltre 60 uomini mentre il “Faà di Bruno”, spezzati anch’esso i cavi di rimorchio, grazie all’azione del suo comandante, Capitano di Corvetta Ildebrando Goiran, fu portato ad incagliare nei pressi del borgo di Marotta (Pesaro). L’equipaggio rimasto a bordo fu aiutato in quel frangente, nonostante la tempesta in corso, da undici coraggiose ragazze che postesi ai remi di un palischermo raggiunsero l’unità e la rifornirono di viveri, frutta e alcune damigiane accompagnate da un biglietto che diceva:
    – “Le spose di Marotta offrono ai Marinai d’Italia un bicchiere di vino”.
    Una di esse poi, gettatasi arditamente a nuoto, riuscì a svolgere fino alla riva una sagola che consenti di filare dei cavi d’ormeggio per impedire che l’unità venisse trascinata nuovamente al largo.
    Dopo la guerra, il 24 agosto 1919, le undici eroiche ragazze furono decorate con la Medaglia di bronzo al Valor Marina. I loro nomi: ai remi Giustina Francesconi, Silvia Ginestra, Teresa Isotti, Edda Paolini, Arduina Portavia, Emilia Portavia, Emilia Portavia di Nicola, Maria Portavia, Nella Portavia, Erinna Simoncelli, e l’undicesima, la giovanissima sposa Zampa Maria, alla barra del timone.

    Riclassificato “Cannoniera” l’1/7/1921, Il “Faà di Bruno” venne radiato il 13/1/1924 ma fu rimesso in servizio all’inizio della seconda guerra mondiale come batteria galleggiante GM 194 a difesa delle città di Genova e Savona dove fu affondato nel 1945 dai tedeschi in ritirata. Fu recuperato a pezzi negli anni successivi.


    Il suo motto fu: “ Nec ferro nec igne” (né ferro né fuoco possono offendermi).
    ONORE AI CADUTI E ALLE “RAGAZZE DI MAROTTA”.
    Dello stesso argomento sul blog:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2019/11/18-11-1917-marotta-e-le-undici-eroine-del-faa-di-bruno/

  • C'era una volta un arsenale che costruiva navi,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Pittori di mare,  Recensioni,  Storia

    28.3.1965, varo del traghetto Canguro Azzurro

    a cura Antonio Cimmino

    … a Castellammare di Stabia c’era un arsenale che costruiva navi, e adesso?

    Il traghetto Canguro Azzurro della Navalmeccanica S.p.A fu costruito nel cantiere navale di Castellammare di Stabia. Impostato il 6 giugno 1964, fu varato il 28 marzo 1965 e consegnato il 12 luglio 1965 per navigare sulla rotta Napoli – Palermo.

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Pittori di mare,  Recensioni,  Storia

    Capo Matapan, su di noi si chiuse il mare

    di Marino Miccoli

    A TUTTI QUEI VALOROSI MARINAI ITALIANI

    Ricordando Capo Matapan nell’83° anniversario.

    Quando la sera del 28 marzo 1941 i Marinai degli Equipaggi della Prima Divisione videro invertire la rotta delle loro Unità non pensavano certamente di andare incontro alla morte. Non lo immaginavano nemmeno perché sapevano che si trattava di una missione di soccorso, che le loro navi avevano invertito la rotta per andare a prestare assistenza e rimorchiare l’incrociatore POLA che poco tempo prima, precisamente alle ore 19,46 durante un attacco aereo, era stato colpito gravemente da un siluro e pertanto era rimasto fermo e immobilizzato sul mare.
    Fu così che le navi italiane in linea di fila andarono incontro al loro crudele destino COMPLETAMENTE IGNARE della presenza della flotta britannica in quelle acque del Mediterraneo centrale. In testa alla formazione vi era lo ZARA, su cui era imbarcato il Comandante della Divisione ammiraglio Carlo Cattaneo, seguito dal FIUME e dai quattro Cacciatorpediniere: ALFIERI, GIOBERTI, CARDUCCI, ORIANI.
    Alle ore 22,27 le tenebre della notte furono improvvisamente squarciate dai fasci di luce dei proiettori del nemico che inquadrarono per primo proprio l’incrociatore FIUME… su di lui si abbattono le prime terribili bordate della corazzata inglese WARSPITE. Dopo pochi secondi anche la VALIANT e la BARHAM aprirono il fuoco e fu così che una vera e propria TEMPESTA DI PROIETTILI si abbatté da breve distanza (circa 3000 metri) sulle Unità italiane.

    La sorpresa fu totale e le devastazioni furono di tale portata che impedirono qualsiasi reazione da parte italiana. L’attacco delle navi britanniche, che costò la vita a oltre 2300 Marinai Italiani, durò non più di tre minuti.
    Dei 1083 uomini imbarcati sul Regio Incrociatore FIUME soltanto 269 furono i sopravvissuti e ben 814 furono i Caduti e Dispersi. Tra questi vi era il capocannoniere Nazzareno Bramante di Siracusa.
    A tutti quei valorosi Marinai Italiani  che non fecero più ritorno alla base.

    di Marino Miccoli (*)

    Buongiorno Ezio,
    ti invio una mia poesia dal titolo “Su di noi si chiuse il mare”, che ho scritto in occasione dell’82° anniversario di Capo Matapan, con l’intento di ricordare il sacrificio e onorare la memoria di tutti i Marinai italiani Caduti e Dispersi. Come sai mio padre Antonio Miccoli (all’epoca era capocannoniere stereo-telemetrista imbarcato sul regio incrociatore Fiume) fu uno dei pochi sopravvissuti di quella tragica notte e, sebbene le ferite nel corpo da lui riportate con il passare del tempo si rimarginarono un po’, invece le ferite che quei drammatici fatti procurarono nella sua anima non si chiusero mai. A tal proposito ricordo che Egli era restìo a ricordare Capo Matapan e, quelle rare volte che lo faceva, non riusciva mai a terminare il racconto di quegli avvenimenti, di cui era stato diretto testimone, a causa della forte commozione che i ricordi di quella notte funesta provocavano nel più profondo del suo animo. Allora interrompeva la sua narrazione e con gli occhi arrossati si allontanava…

    In questa occasione rivolgo un deferente pensiero ai suoi Amici e Commilitoni morti nonché a tutti i Marinai italiani Caduti e Dispersi la notte del 28 marzo 1941; ne onoro la memoria e a tutti loro dedico i pochi versi che seguono.

    SU DI NOI SI CHIUSE IL MARE

    L’ordine ricevuto era di invertire la rotta
    raggiungere, soccorrere e rimorchiare l’incrociatore Pola rimasto indietro,
    fermo con macchine in avaria, con morti e feriti a bordo, causa siluramento nemico.
    Fu così che alle 22,30 circa di una notte fredda e oscura di fine marzo
    mentre dirigevamo sul punto segnalato fummo abbagliati da una luce improvvisa
    e istantaneamente udimmo un gran fragore, come rombo di tuono…
    erano le batterie nemiche che aprivano il fuoco contro di noi…
    fuoco ravvicinato e preciso,
    fuoco spietato,
    fuoco inesorabile,
    fuoco di morte che tutto squarcia e tutto incendia,
    tutto distrugge e tutto disintegra sulle nostre belle navi…
    fuoco che dilania e smembra i nostri corpi,
    fuoco che stermina tantissime nostre giovani vite…
    fuoco micidiale che giungendo di sorpresa nelle tenebre non ci concede scampo…
    fuoco crudele portato dalle devastanti bordate da 381 mm delle navi da battaglia britanniche
    sulle nostre Unità della I Divisione Incrociatori pesanti
    e sulle Cacciatorpediniere di scorta della IX Squadriglia,
    IGNARI fino a qualche attimo prima di andare incontro alla morte.
    APPENA POCHI MINUTI di tiro notturno delle corazzate inglesi,
    un tiro guidato dai radar, preciso e letale…
    APPENA POCHI MINUTI
    e fu così che il mare si trasformò in inferno,
    l’acqua si tramutò in fuoco,
    nell’aria echeggiarono urla disumane e grida strazianti
    delle vittime di questa carneficina,
    grida mai dimenticate da quei pochi Marinai che sopravvissero;
    APPENA POCHI MINUTI
    e fu così che le onde si tinsero di rosso del nostro giovane sangue…
    SU DI NOI MARINAI D’ITALIA
    dopo cotanto immane strazio
    SU DI NOI SI CHIUSE IL MARE.

    Iddio grande ed eterno, Signore del cielo e dell’abisso,
    che con tali appellativi sei invocato devotamente dai nostri Marinai quando sono in preghiera,
    accogli in Paradiso le anime di TUTTE LE VITTIME di questa terribile STRAGE
    e nella tua infinita misericordia non permettere più quell’assurda follia chiamata guerra.
    Tu che sei il Principe della Pace fa’ che non si ripetano mai più,
    MAI PIU’ tragedie simili a quella che per mano umana si compì
    la notte del 28 MARZO 1941 a largo di CAPO MATAPAN.

    Capo Matapan, nel nome dei Padri, dei figli e della Misericordia Divina
    di Roberto Barucca e Marino Miccoli

    … riceviano, a ridosso della Settimana Santa, e con immenso orgoglio pubblichiamo.

    Virgilio Barucca, nato a Senigallia il 23 luglio 1920 era un Marinaio Cannoniere, imbarcato sul Regio Incrociatore FIUME. Su quella stessa nave, con la qualifica di Maresciallo Capocannoniere Stereotelemetrista, era imbarcato anche mio padre Antonio Miccoli, nato a Spongano (Lecce) il 28 marzo 1910. Poiché prestavano servizio nella medesima specialità, ovvero quella dei Cannonieri ed erano imbarcati sulla medesima unità, è assai probabile anzi ritengo sia sicuro il fatto che i due Marinai si conoscessero personalmente.


    Il Marinaio di Senigallia insieme a mio padre è stato uno dei pochi sopravvissuti all’affondamento dell’Incrociatore FIUME avvenuto nella tragica notte del 28 marzo 1941 e così come avvenne per mio padre, anch’egli fu fatto prigioniero dagli inglesi e internato nel campo di prigionia di Zonderwater (Sud-Africa).

    Ebbene, a seguito dei miei diversi articoli su Capo Matapan pubblicati qui, sono stato contattato e in seguito, precisamente il 3 agosto 2012, recandomi a Senigallia ho avuto il piacere di conoscere di persona il signor Roberto Barucca, figlio di Virgilio.


    E’ accaduto in tal modo che Roberto e Marino, due figli di Marinai i quali, grazie a te e a “LA VOCE DEL MARINAIO”, si sono ritrovati nel nome dei propri genitori e nel ricordo delle simili e tristi vicende vissute dagli stessi. Ebbene stimati amici de LA VOCE DEL MARINAIO, dovete sapere che per me abbracciare Roberto in quella sera di agosto è stato un po’ come se Antonio avesse riabbracciato Virgilio. Sì, ci siamo ritrovati nel nome dei padri.

    Per saperne di più sull’amore dei figli verso i padri, digita sul motore di ricerca del blog, Marino Miccoli, Antonio Miccoli e Virgilio Barucca.

    Ciao Marino Miccoli e Roberto Barucca,
    ho le lacrime agli occhi, grazie.
    In questa Settimana Santa il vostro gesto assume un valore spirituale Altissimo… chi vuole intendere intenda!
    La settimana scora qualcuno addirittura mi lapidava perché pubblico sempre notizie di Marinai deceduti… (leggete i commenti se avete tempo) e addirittura mi censuravano i post nelle loro bacheche e gruppi facebook.
    Colgo questa occasione per ribadire che i padri vanno al Figlio come il Figlio va al Padre, e ringrazio i collaboratori del blog e coloro che ci aiutano nelle ricerche per dare una risposta alle moglie e parenti e a quei figli che non hanno avuto il tempo di conoscere ed abbracciare i loro e nostri cari Marinai deceduti.
    Un abbraccio grande come il mare. Se vi dico che vi voglio bene, mi credete?
    IN QUESTO PAGINA DIAMO LA VOCE A TUTTI, ANCHE AI MARINAI MORTI DIMENTICATI DI STATO, E CI METTIAMO LA FACCIA (Pancrazio “Ezio” Vinciguerra).

    Una promessa Mantenuta
    di Marino Miccoli

    …ovvero ricordando il 83° anniversario di Capo Matapan.

    Buongiorno Ezio carissimo e stimatissimo,
    pensando al mio compianto padre (*) e ai suoi carissimi colleghi ed amici caduti e dispersi la notte del 28 marzo 1941, anche quest’anno ho voluto comporre un modesto articolo per ricordare l’anniversariodi Capo Matapan. L’ho intitolato UNA PROMESSA MANTENUTA, si tratta di un mio scritto inedito che narra un fatto realmente accaduto e che con piacere ti invio per il nostro giornale di bordo.
    Lo troverai in allegato, unitamente alle immagini con cui ho ritenuto opportuno di corredarlo.
    Se e quando vorrai, potrai pubblicarlo su LA VOCE DEL MARINAIO.
    Ti ringrazio non soltanto per l’attenzione e la grande sensibilità che da sempre dimostri per i nostri Marinai caduti e dispersi, ma anche per la tua opera di divulgazione e di raccolta in quella preziosa banca della memoria che la VOCE DEL MARINAIO costituisce per noi tutti.
    Con profonda stima, ti abbraccio
    Marino Miccoli

    E’ notte, una notte fredda e oscura di guerra, quella del 28 marzo 1941.
    I Marinai italiani, scampati all’improvvisa tempesta di fuoco scatenata alcune ore prima dalle navi da battaglia britanniche della “Mediterranean Fleet”, sono sparsi qua e là sulla superficie del mare, quello stesso mare che quella sera si è tinto di rosso del sangue dei tantissimi Caduti e Dispersi della Regia Marina.
    Tra i sopravvissuti di quella carneficina c’è chi si è aggrappato a dei relitti galleggianti, i più fortunati hanno trovato posto su pochi battelli o zattere di salvataggio disponibili… i galleggianti sono insufficienti per tutti i naufraghi cosicché si stabiliscono dei turni tra coloro i quali, per lunghe ore, devono alternarsi tra chi può stare all’interno dei galleggianti e chi invece deve stare in acqua, aggrappato fuoribordo.
    Tra questi vi è un sottufficiale ferito, un Capo, il quale ad un certo momento è esausto ed avvertendo che le forze stanno per venirgli meno, si rivolge al suo amico e collega, il Capo Antonio Miccoli (*), e lo chiama vicino a sé. Dopo aver proteso un braccio verso di lui, apre la mano per consegnargli qualcosa… si tratta di una catenina d’oro con infilata una fede nuziale. Antonio lo guarda con aria interrogativa “Promettimi che quando tornerai ai nostri paesi, portali a mia moglie! Mi raccomando…”.

    Mio padre ha appena il tempo di raccogliere nelle sue mani quegli oggetti e di guardare in viso il suo carissimo amico che questi molla la presa del galleggiante e si lascia andare, giù… scomparendo per sempre sotto la superficie del mare.
    Non conosco il nome di quel Sottufficiale e ricordo che mio padre, per comprensibili ragioni personali, non ha mai voluto narrare quel drammatico frangente che ha vissuto né ha voluto mai rivelarmi il nome del suo caro amico e stimato Collega perito la notte del 28 marzo 1941.
    Tuttavia mia zia, Amelia Miccoli (classe 1921, sorella minore di mio padre e tuttora vivente), l’ultima volta che ho avuto modo di rivederla, nella sua casa di Spongano (Lecce), ha voluto narrami questa tragica vicenda, confermando poi il fatto che mio padre, quando fu rimpatriato dalla prigionia, nell’estate del 1946, una delle prime cose che fece quando si recò in licenza, fu proprio quella di andare a casa del suo amico e consegnare nelle mani della vedova l’anello infilato nella catenina d’oro.
    Quella promessa, con uno stato d’animo che noi oggi forse possiamo soltanto lontanamente immaginare,era stata mantenuta da mio padre.


    Oggi, in occasione del 82° anniversario di Capo Matapan, nel rivolgere un deferente pensiero a tutti i Marinai italiani Caduti e Dispersi la notte del 28 marzo 1941, chiniamo il nostro capo in segno di profondo rispetto. Ricordando il loro sacrificio onoriamone la memoria e al contempo riflettiamo su quanto sia incommensurabile il valore della pace tra le nazioni.

    (*) digita sul motore di ricerca del blog Antonio Miccoli per conoscere la sua storia e Marino Miccoli per conoscere gli articoli.

    Salvatore Bruno (Castellammare di Stabia, 1.6.1912 – N.D.), sopravvissuto
    di Antonio Cimmino

    Salvatore Bruno era un marinaio di Castellammare di Stabia nato il 1° giugno 1912 e deceduto a febbraio del 1999. Fu sopravvissuto all’affondamento della regia nave Zara nella cosiddetta battaglia di Capo Matapan dove morirono 782 marinai su 1090 nomi dell’equipaggio. Furono affondati anche i regi incrociatori Pola e Fiume e i regi cacciatorpediniere Carducci e Alfieri per un totale di 2.331 scomparsi in mare.

    Salvatore Bruno ricevette la Medaglia di Bronzo al Valor Militare con la seguente motivazione:
    Capoguardia in caldaia di incrociatore sorpreso nottetempo, nel corso di ardita missione di guerra, da soverchianti forze nemiche, ed in breve tempo ridotto a fumante relitto in preda alle fiamme e alle esplosioni, rimaneva impavido al proprio posto di combattimento, incurante del pericolo, si prodigava nell’estinzione degli incendi e abbandonava l’unità solo dopo aver ricevuto diretto ordine. Esempio di attaccamento al dovere e di elevate virtù militari” (Mediterraneo Centrale 28 marzo 1941).

    Operazione Gaudo e loscontro notturno di Capo Matapan di Francesco Mattesini
    a cura Pancrazio”Ezio” Vinciguerra

    Capo Matapan, la regia nave ospedale Gradisca recupera i naufraghi
    di Claudio Confessore

    In ricordo di coloro non più tornati dagli orrori della guerra combattuta sul mare contro la più forte Marina del mondo, per difendere le rotte dei nostri convogli nel Mediterraneo.

    L’Italia entrò in guerra con sette grandi unità ospedaliere, esse erano le Regie Navi Aquileia, Arno, California, Città di Trapani, Gradisca, Po, Principessa Giovanna, Rambo IV, Sicilia, Tevere, Toscana, Virgilio, attrezzate per il trasporto dei malati e dei feriti. Ad esse si devono aggiungere le navi soccorso adibite al recupero naufraghi di navi affondate o di aerei quali il Capri, l’Epomeo, il Laurana, il Meta, il Giuseppe Orlando, il San Giusto ed il Sorrento. Tranne l’Epomeo, il Gradisca ed il Sorrento tutte le altre subirono ben 39 attacchi da parte del nemico. Prima dell’8 settembre 1943 ben 8 furono affondate, 2 catturate e le altre danneggiate più o meno gravemente. Effettuarono complessivamente 467 missioni di trasporto feriti e 156 di soccorso, trasportando 65.567 feriti e naufraghi e 215.693 ammalati.

    Il Gradisca fu coinvolto nel recupero dei naufraghi della battaglia di Capo Matapan. Era un piroscafo passeggeri costruito tra il 1912 ed il 1913 con il nome di Gelria nei cantieri A. Stephens & Co. Di Glasgow per conto del Royal Holland Lloyd di Amsterdam. Sino al 1929 fu impiegata sulle rotte tra Amsterdam ed il Sud America. Fallito il tentativo di farla acquistare dal Governo Argentino, in seguito alla crisi economica del 1929, fu posta in disarmo nel 1931. Nel 1935 fu acquistata dal Lloyd Triestino che la ribattezzò con il nome di Gradisca. Fu noleggiata dalla Regia Marina per le guerre di Etiopia, Spagna ed Albania ed impiegata prima come trasporto truppe e poi come nave ospedale. Anche nella Seconda Guerra Mondiale venne noleggiata ed impiegata come nave ospedale. Nell’ultimo conflitto ha svolto 74 missioni di trasporto e 3 di soccorso trasportando 15.662 feriti e naufraghi e 43.676 ammalati. Come già accennato, la sua missione più nota fu quella del marzo 1941, di soccorso ai superstiti della Battaglia di Capo Matapan dove l’unità riuscì a recuperare 161 naufraghi mentre i britannici ne salvarono 1163. Scomparvero in mare 2303 uomini. In particolare, durante la missione dal Gradisca furono recuperati 8 cadaveri e 161 militari fra naufraghi e feriti così ripartiti:
    • 13 ufficiali
    • 28 sottufficiali
    • 119 sottocapi e comuni
    • 1 cuoco (civile) di nave Fiume
    Un naufrago di nave Fiume morì poco dopo il salvataggio portando da 8 a 9 i cadaveri trasportati. All’arrivo a Messina 55 naufraghi furono ricoverati in ospedale e gli altri 105 furono inviati al deposito CREM. Le 9 salme furono tumulate nel Sacrario di Cristo Re a Messina.

     

    Si riporta la sintesi degli eventi dell’attività di recupero effettuata dall’unità:

    Nave Gradisca arriva a Messina. 55 naufraghi furono ricoverati in ospedale e gli altri 105 furono inviati al deposito CREM. Le 9 salme furono tumulate nel Sacrario di Cristo Re a Messina.

    In seguito alla relazione di fine missione fatta dal Gradisca furono migliorate le dotazioni delle navi ospedale, fu imbarcato un maggior numero di proiettori di maggiore potenza ed incrementate le attrezzature ed i materiali per i soccorsi ai naufraghi.
    L’unità continuò le sue attività ma il 27 maggio 1941, nel porto del Pireo (Grecia) rimase danneggiata dall’urto contro un relitto sommerso. Mentre era ormeggiata in porto, il 30 maggio venne investita e danneggiata dalle onde d’urto di una serie di esplosioni a catena che coinvolsero inizialmente il piroscafo francese, requisito dai tedeschi, Marie Louise Le Borgne, il cui scoppio fece successivamente esplodere il piroscafo romeno Juli, il motoveliero italiano Albatros ed infine il piroscafo tedesco Alikante.
    Dopo due mesi, ad attività quasi ultimate, le riparazioni furono allungate di un’altra settimana a seguito dei danni causati da un incendio che scoppiò in un deposito di bordo contenente tabacco.
    Ritornata operativa il 17 luglio 1941, dopo aver imbarcato a Salamina 129 feriti della Wehrmacht, a causa di un errore del pilota tedesco, s’incagliò su un banco di sabbia nelle acque di Capo Kara (Egeo). Il 23 luglio, dopo lunghe operazioni per alleggerirla, con l’aiuto di rimorchiatori greci e tedeschi, la nave fu disincagliata e dopo aver fatto un breve scalo a Rodi per imbarcare altri infermi, giunse a Bari sbarcando 294 feriti. Subito trasferita a Trieste entrò ai lavori tornando in attività nell’ottobre 1941 e finite le riparazioni continuò la sua attività di trasporto feriti, recupero naufraghi di navi e di aerei ed anche scambio di prigionieri invalidi con i britannici.
    Alla data dell’armistizio l’unità fu catturata dai Tedeschi ma nel 1944 fu ripresa dagli Inglesi e l’anno seguente tornò alla Compagnia proprietaria. Il 23 gennaio 1946 si incagliò sull’isolotto di Gaudo. Recuperata nel 1947 fu trasportata a Venezia dove nel 1950 venne demolita.

    ====================================================================
    Nota 1
    Uno viene identificato per l’elettricista Lombardo Aldo (Nave Fiume) e del secondo che indossava una tuta di macchina viene rilevata solo la matricola 90435.
    Nota 2
    M El Fiorani Luigino (Nave Fiume), militare con matricola 39560, militare senza alcun identificativo, 2° Capo SDT Barbato Francesco (Nave Fiume), Sc Segnalatore Pepe Leonardo (Nave Zara), C° 3^ Cl. Furiere Infante Francesco (Nave Fiume).
    Nota 3
    Nave Alfieri: TV Bimbi Italo, STV Mascini Francesco, M. Bovolente Alfredo, M. Lisi Pasquale, tutti di nave Alfieri.
    Nota 4
    Nave Zara: Cannonieri Ordinari Bani Ernesto, Petrazzuolo Sabatino, Balanzoni Vittorio, Allievo Meccanico Mezzetti Vincenzo, Marinai Perdomini Onorato, Semoli Miroslao, Bobicchio Giuliano, Venosa Vincenzo.
    Nota 5 – Nave Fiume
    Mag Com Pugliesi Vincenzo, TV Busacchi Raffaele, Ten CREM Mazzorani Renato, Asp. GM Onori Vincenzo, Asp GM Oletti Luigi, Capo Cl 1^ Cannoniere Roccon Aurelio, Capo 2^ Cl Cannoniere Avanzolini Giuseppe, Capo 3^ Cl Cannoniere Murciano Michele, 2° Capo PS Giunti Costantino, 2° Capo A Perotto Leonello, 2° Capo PS Cimino Armando, Capo 3^ Cl SDT Pellati Luigi, Capo 3^ CL SDT Mantovani Bruno, Sgt SDT Lucchetti Giovanni, Capo 1^ Cl Meccanico Coppola Alfredo, Capo 3^ Cl Meccanico Barile Romeo, 2° Capo Meccanico Carparelli Donato, 2° Capo Meccanico Zaccarelli Fernando, 2° Capo Meccanico Bortoletto Giuseppe, 2° Capo RT Brandoli Mario, 2° Capo RT Tiella Luigi, 2° Capo RT Trio Giuseppe, 2° capo S Dragone Damiano, 2° Capo N Vaglini Angelo, 2° Capo Aiutante Di Donato Aquilino, Sc N Bianchi Rizzieri, Sc N Landi Ermes, Sc N Soddi Luigi, Sc SDT Aiazzi Nello, Sc Mec De Pianto Mario, Sc Pal Carrao Enzo, Sc Can PS Alessio Antonio, Sc S Feliù Giuseppe, Sc El Chiappini Luigi, Sc El Palla Iader, Sc Inf Tondini Giordano, M Scapoli Mario, M Pprosperi Giovanni, M Perrini Fernando, M. Veri Antonio, M Columbo Antonio, M Calcagno Luciano, M Giarrizzo Tindaro, M Cazzato Vito, M Pedich Antonio, M Pasquali Emilio, M Rubini Venceslao, M Pansini Ignazio, M Altamura Raffaele, M Marconi Rino, M Barbagelata Luigi, M Flegar Giuseppe, M Cappelli Giuseppe, M Vianello Vincenzo, M Cesarini Enzo, M Lo Noce Cosimo, M Esposito Vincenzo, M Stamaglia Francesco, M Mazzeo Pietro, M Di Dato Luigi, M Ruzza Quitilio, M Natale Andrea, M D’Addelfio Antonio, M Zurolò Nicola, M Pisani Domenico, S Grienti Francesco, Inf Cerreto Sebastiano, Inf Palandri Enzo, All. Fur S Russo Edoardo, Can Ord Costa Battista, Can Ord Deiana Aurelio, Can Ord Creciach Mario, Can Ord Decotto Mario, Can Ord De Santis Antonio, Can Ord Cuscito Giuseppe, Can Ord Maresciano Francesco, Can Ord Veneraso Beniamino, Can Ord Lombardi Giuseppe, Can Ord Teresi Francesco, Can Ord Travaglia Luigi, Can Ord D’Angelo Gennaro, Can Ord Mian Edoardo, Can Ord Micalizzi Tommaso, Can A Cosina Mario, Can A Sartori Pietro, Can A Cecchetti Pietro, Can A Moretti Angelo, Can PM Giaggini Mario, Can PM De Luca Armando, Can S D’Aquino Giovanni, Can S Funaro Antonio, Can S Simonini Giovanni, SDT Pinceti Rinaldo, SDT Bosco Mario, Fuochista A Finocchi Giuseppe, Fuochista A Budei Pietro, Fuochista A Aiello Nicola, Fuochista O Gilardi Francesco, Fuochista O Consigli Marino, All. Fuochista A Bufalini Giuseppe, All. Fuochista A Missaia Andrea, All. Fuochista O Annunziato Vincenzo, All. Fuochista O Neri Attilio, Civile (cuoco) Percario Alberigo.
    Nota 6 – Nave Alfieri
    Tv Zancardi Pietro, Sgt Can PS Corneri Dino, Sgt Can PS Rossetti Renzo, M Perrazzi Antonio, M Bucceri Francesco, Can O Fossenigo Antonio, Can PS Minoletti Giuseppe, Can PS Elemosinieri Renato.
    Nota 7 – Nave Carducci
    C.F. Ginocchio Alberto (Comandante), TV Ninni Vito, STV Cimaglia Michele, STV Fontana Michele, S.T. di Macchina Sponza Antonio, 2° Capo RT Massa Regileno, 2° SDT Mazzei Andrea, 2° Capo Solaro Giuseppe, Sgt Mec Turco Romano, Sc N Bonaielli Mario, Sc Torp De Maio Francesco, Sc Fur Di Terlizzi Mario, Sc PS Raffaghelli Vittorio, Sc SDT Raschioni Umberto, M Arcuri Alvaro, M Arena Giuseppe e Sil Baroni Aldo.

    Capo Matapan e la spilletta del marinaio Chirico Francesco da Futani
    di Carlo Di Nitto 

    Questa è una storia dimenticata, una storia che si è ripetuta tantissime volte durante il secondo conflitto mondiale, purtroppo. E’ la storia del regio incrociatore ZARA e della spilletta ritrovata.


    Una spilletta in argento dell’incrociatore affondato nella Battaglia di Capo Matapan la notte tra il 28 ed il 29 marzo 1941. (1)
Nella tragedia di Matapan trovarono la morte 2303 Marinai Italiani: 782 dello Zara, 813 del Fiume, 328 del Pola, 211 del C.T. Alfieri e 169 del C.T. Carducci.
Riporta lo storico Gianni Rocca (2): “Nelle acque rimasero a lungo rottami di ogni genere, tra cui una bottiglia, ermeticamente tappata da uno strato di cera. Fluttuerà per anni nel Mediterraneo fino a quando, un mattino dell’agosto 1952, venne rinvenuta sulla spiaggia di Villasimius, presso Cagliari.


    Quando una mano curiosa la osservò, scoprì al suo interno un pezzo di tela, strappato da una copertura di mitragliera, con su scritto: «Regia Nave Fiume – Prego signori date mie notizie alla mia cara mamma mentre io muoio per la Patria. Marinaio Chirico Francesco da Futani, via Eremiti 1, Salerno. Grazie signori – Italia !».

    apertura del fuoco durante la rivista H (5 maggio 1938)

    Il messaggio fu recapitato alla madre del povero marinaio in una frazione di Futani, paese poco distante da Capo Palinuro. Il padre, che mai aveva disperato del ritorno del figlio, era già morto nel 1948.
Alla memoria del Marò Chirico Francesco fu decretata una medaglia di bronzo al valor militare: «…prima di scomparire in mare con l’unità, confermava il suo alto spirito militare affidando ai flutti un messaggio di fede e di amor patrio che, dopo undici anni, veniva rinvenuto in costa italiana ».
Mai decorazione fu più meritata.

    (1) per saperne di più digita a sugli argomenti del blog “La disfatta di Capo Matapan”

    (2) autore del libro “Fucilate gli ammiragli” (Mondadori).

    Per ricordare la notte di Matapan : Nelle acque rimasero a lungo rottami di ogni genere, tra cui una bottiglia, ermeticamente tappata da uno strato di cera. Fluttuerà per anni nel Mediterraneo fino a quando, un mattino dell’agosto 1952, venne rinvenuta sulla spiaggia di Villasimius, presso Cagliari. Quando una mano curiosa la osservò, scoprì al suo interno un pezzo di tela, strappato da una copertura di mitragliera, con su scritto:
    «Regia Nave Fiume – Prego signori date mie notizie alla mia cara mamma mentre io muoio per la Patria. Marinaio Chirico Francesco da Futani, via Eremiti 1, Salerno.Italia…. Post di Giampiero Galeotti.

    Capo Matapan, l’alloro di casa Bramante è sempre in fiore
    di Marino Miccoli

    Buongiorno allo stimato maresciallo Ezio Vinciguerra, anche quest’anno, grazie alla tua disponibilità e sensibilità riguardo ai fatti e agli Uomini che sono stati vittime e protagonisti, ho l’onore e sento il dovere di ricordare, insieme a te,  i Marinai Caduti nella notte del 28 marzo 1941 a largo di Capo Matapan. L’articolo che segue s’intitola: “L’alloro di casa Bramante”.
    Devi sapere che scrivere un articolo per questa nefasta e tragica ricorrenza è per me come se fosse divenuto doveroso; lo definirei un appuntamento fisso, importante al quale non mi sento di venire meno. Quest’anno ricordiamo i nostri Marinai recandoci a Siracusa, conscio che una fiera donna ottuagenaria siciliana di nome LUCIA BRAMANTE ha fatto e continua a fare (Iddio ci conservi a lungo questa donna straordinaria che in quel di Siracusa ha concretamente realizzato quanto nemmeno un ammiraglio avrebbe mai pensato!), affinché la memoria del loro sacrificio non si perda nell’oblio!
    Ezio, mille grazie per la tua attenzione e ricevi pure un abbraccio grande come il nostro mare.
    Buona lettura!
    Marino


    L’alloro di casa Bramante e sempre in fiore
    di Marino Miccoli

    …ovvero come tutti i Marinai Caduti della notte di Capo Matapan sono onorati degnamente ogni anno nella città di Siracusa.

    Da epoche assai lontane le fronde di alloro hanno rappresentato per l’uomo un simbolo di gloria e di valore; sappiamo infatti che dall’antichità classica, ovvero dai tempi degli antichi Greci, era in uso adornare il capo degli atleti vincitori delle Olimpiadi con corone formate da fronde di alloro intrecciate; non solo ma anche i poeti, i geni, i saggi e gli eroi ricevevano questo riconoscimento. Era ed è tuttora oggi il lauro nobilis (questo è il suo nome botanico) il simbolo dei campioni, che contraddistingueva coloro che avevano conseguito una vittoria onorevole dimostrando di possedere un grande valore. E’ così che definiamo laureato colui che al termine di un lungo e impegnativo ciclo di studi, ha conseguito una laurea; allorché il traguardo è raggiunto il suo capo è simbolicamente cinto da due serti di alloro intrecciati.
    Una corona d’alloro attualmente si usa deporre ai piedi di un monumento o sulla tomba dei Caduti per la Patria per onorane degnamente la memoria.
    Ciò accade anche a Siracusa, unica città in Italia e credo nel mondo, laddove recentemente (ottobre 2007) è stata finalmente intitolata una piazza dedicata ai Caduti di Capo Matapan.


    Ogni anno, per merito dell’instancabile promotrice signora professoressa Lucia Bramante (che mi ha contattato dopo aver letto alcuni miei scritti pubblicati sul meritevole sito La voce del Marinaio) nella città che diede i natali ad Archimede ha luogo una suggestiva cerimonia che ricorda il sacrificio dei 2303 Marinai italiani caduti nell’agguato che la flotta inglese tenne a largo di Capo Matapan la notte del 28 marzo 1941. Tra questi il Capocannoniere NAZARENO BRAMANTE, amatissimo e compianto padre della signora Lucia, che in quella tragica notte in cui il mare si tinse di rosso sangue, fu tra i dispersi.

    In questa sede voglio ricordare le drammatiche cifre della carneficina di Marinai Italiani che avvenne quella notte:
    – Regio Incrociatore FIUME813 Caduti su 1104 imbarcati;
    – Regio Incrociatore POLA328 Caduti su 1041 imbarcati;
    – Regio Incrociatore ZARA782 Caduti su 1098 imbarcati;
    – Regio Cacciatorpediniere ALFIERI211 Caduti su 257 imbarcati;
    – Regio Cacciatorpediniere CARDUCCI169 Caduti su 204 imbarcati.

    Della mesta e sentita cerimonia che annualmente si tiene in quel di Siracusa vi è un particolare degno di nota che voglio evidenziare: le fronde di alloro con cui viene confezionata la corona provengono da un arbusto di lauro piantumato nel giardino di casa Bramante. La corona viene poi portata al largo da una motovedetta della Capitaneria di porto di Siracusa (sempre sensibile e disponibile a dare il proprio fattivo contributo alla cerimonia di commemorazione) e gettata a mare.
    Personalmente trovo molto significativo questo fatto, frutto di un toccante gesto d’amore della figlia per il padre, un amore sincero e incondizionato rimasto immutato (proprio come sempreverdi sono le fronde dell’alloro) nonostante lo scorrere del tempo. Ciò deve farci riflettere sull’importanza di uno dei sentimenti umani più importanti, profondi ed autentici costituito dall’amore filiale. Questo sentimento, non disgiunto dalla consapevolezza dell’immenso valore costituito dalla pace tra le nazioni, ci aiuta ad evitare di ripetere quei tragici errori che l’Umanità ha commesso nel passato.
    In conclusione mi piace riportare un significativo brano del discorso che la professoressa Lucia Bramante ha pronunciato durante la manifestazione di commemorazione che si è tenuta a Siracusa nel 70º anniversario di Capo Matapan (29.3.2011)“…l’augurio che la memoria di quanto accaduto quella notte a circa tremila Marinai che ebbero come tomba il mare e a tutti quei fratelli che furono falciati dalla guerra, serva a noi posteri, a tenere vive le radici per trarre dal passato una bussola per il presente! Con imperituro ricordo!”
    Grazie di cuore, signora Lucia Bramante, per quanto lei concretamente ha fatto nel far intitolare ai Caduti di Capo Matapan una piazza della città di Siracusa e per quanto Lei continua a fare affinché il sacrificio dei nostri amati Marinai non sia mai dimenticato. Sappia, stimata professoressa Bramante, che suo Padre e tutti noi siamo ammirati e orgogliosi di Lei.

    Capo Matapan? Io non mangio sardine perché in quella battaglia si sono divorati mio figlio
    di Marino Miccoli

    …ovvero quando giunse la notizia a casa Miccoli.

    Nelle due vecchie fotografie in b/n che ho estratto, dall’album di mio padre Antonio (*), si può notare l’equipaggio del Regio Incrociatore Fiume riunito a poppa per la recita della Preghiera del Marinaio e le batterie che fanno fuoco. Quest’ultima immagine, inedita, rende solo in minima parte ciò che rappresentava la potenza di fuoco costituita dall’entrata in azione di quelle torri binate del calibro da 203 mm.; infatti, secondo quanto narrava il mio compianto genitore, quando queste batterie aprivano il fuoco, sprigionavano una potenza tale da far sussultare tutta la nave.

    All’epoca in cui è stata scattata la fotografia (fine degli anni ’30) mio padre era imbarcato proprio su questa superba unità navale con la qualifica di Capocannoniere stereotelemetrista ed aveva appena superato un corso di aggiornamento professionale sul funzionamento del nuovo telemetro, presso le Scuole del C.R.E.M. a Pola (Istria italiana). A tal proposito consiglio la seguente lettura qui: https://www.lavocedelmarinaio.com/2010/06/le-scuole-c-r-e-m-di-pola-istria-italiana/

    Regi incrociatori Fiume, Pola, Zara e Gorizia
    Questi i nomi delle quattro moderne Unità che costituivano la superba quanto temibile classe “Zara”; erano quanto di meglio poteva schierare la flotta della regia Marina riguardo agli incrociatori pesanti.
    La I^ Divisione fu quasi totalmente annientata a largo di Capo Matapan (Mediterraneo centrale) la notte del 28 marzo 1941; scampò al sicuro affondamento il Gorizia che si trovava in cantiere a Messina per la riparazione di un’avaria ai motori.
    Quella maledetta notte, nelle acque del Mediterraneo centrale, colarono a picco tre dei quattro migliori incrociatori pesanti (tipo Washington) della nostra squadra navale e due regi cacciatorpediniere della classe “Poeti”: Alfieri e Carducci.
    Persero la vita oltre 2.300 uomini, tra questi amici e colleghi di mio padre come Nazareno Bramante di Siracusa (*).
    Oggi possiamo affermare che da quel momento ebbe inizio il tramonto della regia Marina Italiana; la flotta, considerata fino ad allora, la quinta al mondo per numero e potenza.
    L’implacabile, quanto terribilmente preciso tiro a segno notturno guidato dal radar che le corazzate britanniche della Mediterranean Fleet effettuarono sugli ignari regi incrociatori della I^ Divisione, provocò una vera e propria strage di Marinai italiani.
    Dalle ore 22,27 alle 22,31: quattro minuti di fuoco bastarono a causare la carneficina.
    Le corazzate britanniche azionarono i loro cannoni del calibro di 381 mm. da distanze ravvicinate, ovvero tra i 2.000 e i 3.000 metri, con alzo quasi a zero.
    Il regio incrociatore Fiume fu l’unico degli incrociatori pesanti ad affondare per causa direttamente da attribuirsi alle bordate delle navi da battaglia nemiche; infatti preso di mira da due corazzate (Warspite e Valiant) ,si appoppò fino a capovolgersi per poi affondare.
    Le altre due unità, Pola e Zara, furono finite dai siluri lanciati dai Cacciatorpediniere Britannici.

    La storia di nonna Santa
    Quanto sopra riportato fa parte della storia, ma cerchiamo di comprendere come fu accolta quella triste notizia nella famiglia di mio padre e precisamente da sua madre Santa.
    Mia nonna paterna non mangiava le sardine; ella non le appetiva non per motivi legati al suo gusto, alla sua dieta o a qualche particolare allergia alimentare. Nonna Santa decise di non cibarsi di sardine o di aringhe dalla fine di marzo 1941, ovvero dal triste giorno in cui Le fu comunicato che l’incrociatore Fiume, ovvero la nave sulla quale era imbarcato suo figlio Antonio, era stata affondata dagl’inglesi la notte del 28 marzo 1941.
    Per una strana coincidenza la strage di nostri Marinai, a seguito dell’agguato notturno teso dalla Mediterranean Fleet, avvenne proprio nel giorno in cui ricorreva il 31° compleanno del Capo Antonio Miccoli; egli fu tra i pochi sopravvissuti ma fu dato sin da subito tra i dispersi.
    Mia nonna, sconvolta da quella notizia, si recò nella Chiesa parrocchiale del paese, a Spongano (Lecce); disperata per la triste sorte toccata al figlio, si rivolse accoratamente alla Madonna e fece questo voto: “non si sarebbe più fatta tagliare i capelli fino a quando non avesse riabbracciato suo figlio”. E poiché sapeva che le sardine sono tra i primi pesci che, attirati dai cadaveri, accorrono per divorarne le carni, nonna Santa non volle più cibarsi di esse.
    A chi inconsapevolmente le chiedeva la ragione di questo suo comportamento, addolorata e scuotendo il capo, con gli occhi bagnati dalle lacrime rispondeva:
    – “percè s’hannu mangiatu lu fiju meu!” (perchè hanno mangiato mio figlio!).

    Quel tragico giorno anche per mio padre, sopravvissuto a quel macello, significò l’inizio di un’amarissima quanto dolorosa esperienza; cominciò per lui e per quei pochi fortunati, anzi “graziati”, che sopravvissero, un calvario di diverse ore in acqua, durante il quale vide e sentì le urla disumane dei suoi più fraterni amici e stimati colleghi, morire atrocemente tra le fiamme sulla coperta del Fiume; li vide poi morire assiderati, li vide morire annegati, li vide morire divorati dagli squali, li vide morire impazziti dalla disperazione.
    Mi raccontava, con gli occhi arrossati, che i corpi dei Marinai erano attaccati prima dalle sardine che ne rosicchiavano le estremità e poi venivano improvvisamente trascinati giù, in un gorgo, dagli squali. Sulle zattere non c’era posto per tutti, e si faceva a turno tra chi era in mare, reggendosi aggrappati fuoribordo. Lunghissime ore di disperazione, nella notte, faccia a faccia con la morte, fino a quando non fu fatto prigioniero da un cacciatorpediniere inglese che lo issò a bordo con i pochi superstiti.
    Ma quando in famiglia si ebbe qualche notizia sulla sorte di mio padre?
    Il giorno 10 maggio 1941 (ben 42 giorni dopo la tragedia di Capo Matapan!).
    Giunse a Spongano, nella casa dei nonni, una lettera della Croce Rossa Internazionale in cui si comunicava che il maresciallo della regia Marina Antonio Miccoli era tra i pochi sopravvissuti all’affondamento dell’incrociatore Fiume. Catturato in mare dagli inglesi, era stato temporaneamente imprigionato ad Alessandria d’Egitto e poi era stato internato con molti altri Militari italiani, catturati non solo in mare, in un grande campo di concentramento P.O.W. situato a Zonderwater, in Sud-Africa. Rimase prigioniero degli inglesi in Sud-Africa per 5 anni e 2 mesi; un lungo periodo in cui patì la fame, subì angherie e maltrattamenti perché quando fu sottoposto più volte a interrogatorio si rifiutava di rivelare come era fatto e quale fosse il funzionamento del telemetro italiano (che per la qualifica posseduta egli ben conosceva) ai britannici.
    Fu liberato nel maggio del 1946 e rimpatriato a Napoli.
    Riprese la sua carriera di sottufficiale nella neonata Marina Militare e, dopo essere stato più volte decorato e nominato Cavaliere al merito della Repubblica dal Presidente Giovanni Gronchi, si congedò nel 1962 con il grado di Sottotenente del C.E.M.M..
    Questo mio modesto scritto, oltre che ricordare e onorare la memoria degli oltre 2300 Marinai Caduti e i Dispersi di Capo Matapan, vuole anche rappresentare un’occasione per considerare e riconoscere i grandissimi meriti della Croce Rossa Internazionale che sin dalla sua fondazione svolge quell’importante missione di recare soccorso, assistenza e conforto ai prigionieri e ai familiari delle vittime delle guerre. Ritengo pertanto tributare a questa organizzazione umanitaria di avermi fatto il dono del più prezioso frutti che la civiltà e il progresso umano ha dato a tutte le nazioni: l’umana solidarietà.

    (*) per saperne di più digita i nomi sul motore di ricerca del blog.

    82° anniversario della battaglia di Capo Matapan
    di Marino Miccoli

    Buongiorno stimatissimo Ezio,
    oggi  28 marzo ricorre il 83° anniversario di Capo Matapan.
    Per commemorare i Caduti e i Dispersi di quella drammatica notte, così come ho fatto negli anni passati, anche quest’anno ho scritto un mio articolo per il tuo meritevole quanto seguitissimo sito ”La voce del Marinaio”. A corredo iconografico allego due vecchie quanto suggestive fotografie in bianco/nero che ho estratto appositamente dall’album di ricordi di mio padre. In tal modo, di buon grado, onoreremo i nostri Marinai ricordando l’eroico Capitano di Vascello Giorgio Giorgis, ultimo Comandante del Regio Incrociatore Fiume. Era quella la superba Unità su cui era imbarcato anche mio padre Antonio Miccoli, con il collega maresciallo capocannoniere Nazareno Bramante di Siracusa, Virgilio Barucca di Senigallia, Giuseppe Palazzolo di Torino di Sangro e tanti altri valorosi Marina italiani.
    Per l’occasione, non senza commozione, ho composto una dedica al Comandante Giorgis (che fu una mente brillante, un valente scrittore in materia navale e tra gli ideatori dei temuti barchini esplosivi utilizzati poi dalla XMAS); si tratta di un condensato di quanto narrava mio padre (che fu uno dei pochi sopravvissuti all’affondamento dell’incrociatore Fiume) a proposito della figura del Comandante di una nave.

    Nel ricordare il sacrificio del Capitano di Vascello Giorgio Giorgis e quello di numerosi Marinai italiani, voglio ribadire che non si trattò di una “battaglia” (come affermano ancora tante persone male informate) ma fu una vera e propria strage conseguente all’agguato notturno che fu teso dalla squadra navale inglese e al tiro a segno guidato dai radar che ne seguì sulle ignare Unità della nostra I Divisione Navale mentre stavano recandosi a soccorrere il Regio Incrociatore Pola in avaria.
    Riflettiamo non solo sui Caduti e Dispersi di quella tragica notte ma anche sul dolore e sulla disperazione che colpirono le loro famiglie; queste non videro più tornare a casa i loro Cari e ancora oggi ne piangono la perdita. Per tutti, mi sovviene ora il nome della carissima signora Lucia Bramante di Siracusa, figlia di Nazareno, che nella sua bellissima città è riuscita a far intitolare una piazza ai Caduti di Capo Matapan.
    In questo giorno rivolgiamo a tutti i nostri Marinai Caduti e Dispersi il nostro deferente pensiero.
    E a te mio stimatissimo maresciallo Vinciguerra con un forte abbraccio giunge pure la mia sincera riconoscenza per la sensibilità che dimostri di avere nei confronti di tutti i nostri Marinai che non hanno più fatto ritorno alle basi.
    Marino

    Capo Matapan nel ricordo del comandante Giorgio Giorgis
    di Marino Miccoli

    AL COMANDANTE GIORGIO GIORGIS

    In occasione del 82° anniversario di Capo Matapan ho scritto una mia dedica all’eroico e indimenticabile Capitano di Vascello Giorgio Giorgis ultimo Comandante del Regio Incrociatore Fiume. Questa breve raccolta di considerazioni sono estratte dalle narrazioni di mio padre Antonio Miccoli (all’epoca maresciallo capocannoniere stereotelemetrista). Egli fu uno dei pochi sopravvissuti all’affondamento dell’incrociatore pesante Fiume ed ebbe l’onore di conoscere personalmente la Medaglia d’Oro al Valor Militare Giorgio Giorgis.

    “Il Comandante e la sua nave sono un tutt’uno; possiamo dire che Egli si identifica con l’Unità che comanda; per questo il “padrone” di una lancia che riconduce a bordo di una nave il suo Comandante, all’intimazione rivoltagli dalla scolta (sentinella) di turno in coperta “CHI VA LA’?” risponde con il nome stesso della nave: “NAVE FIUME!” e non con il grado dell’Ufficiale, come avviene invece negli altri casi. Tutti i componenti dell’Equipaggio ubbidiscono consapevolmente al loro Comandante e lo rispettano innanzitutto come Uomo e poi come primo degli Ufficiali di bordo. Infatti i Marinai sanno che in caso di estremo pericolo Egli si adopererà per la salvezza di tutti i suoi Uomini, dal serpante al suo comandante in seconda. Egli sarà l’ultimo a lasciare la sua nave e non di rado accade che scelga di rimanere a bordo per seguirne onorevolmente il destino”. (Antonio Miccoli)

    E’ la notte del 28 marzo 1941, il destino del Regio Incrociatore Fiume e della gran parte del suo Equipaggio decise di seguire con grande onore il suo valoroso Comandante, il Capitano di Vascello Giorgio Giorgis. Infatti, poco prima dell’affondamento, nonostante fosse ferito alla testa e sanguinante, volle scendere tra i suoi Marinai per rincuorarli; li riunì e ordinò il saluto al Re. Poi diede l’ordine di abbandonare la nave. I Marinai sulle zattere e quelli già in mare, aggrappati a relitti e a galleggianti di fortuna (tra questi vi era anche mio padre) videro tra i bagliori delle fiamme dei numerosi incendi che divampavano a bordo, il loro fiero Comandante che, dopo essere salito a prora, scomparì tra le onde insieme a gran parte del suo valoroso Equipaggio e alla nave che aveva tanto amato.
    Oggi, attraverso la meritevole “banca della memoria” creata e sostenuta da Ezio Vinciguerra, io che sono il figlio di uno dei pochi sopravvissuti, ho voluto rievocare a tutti gli stimati visitatori di questo lodevole sito web il sacrificio dei tanti Marinai Italiani Caduti e Dispersi la tragica notte di 77 anni fa a largo di Capo Matapan attraverso il ricordo del valoroso comandante del Regio Incrociatore Fiume M.O.V.M. GIORGIO GIORGIS.
    Dinanzi al loro sacrificio chiniamo il nostro capo, rivolgiamo Loro il nostro riverente pensiero e in rispettoso silenzio onoriamone la memoria.

    PER SAPERNE DI PIU’ DIGITA SUL MOTORE DI RICERCA DEL BLOG “CAPO MATAPAN” OPPURE “NOMI” E “NAVI CITATE” NEL COMMOVENTE RICORDO.

    Capo Matapan, quelli che non fecero rientro alla base ma vivono e si chiamano Mario Del Monaco, Demetrio Del Monaco, Tino Cavazzutti
    di 
    Alberto Cernuta

    Gentile Ezio,
    la ringrazio per l’amicizia che mi ha concordato e testimoniato inserendomi nel gruppo amici del marinaio, cosa molto gradita. L’avevo contattata alcuni giorni or sono in quanto avendo letto un suo scritto, appunto sulla voce del marinaio, che mi aveva in particolar modo colpito, “quelle urla mai dimenticate”, mi pare si intitolasse così quel racconto, dove narrava la dolorosa esperienza vissuta da suo padre, la notte del 28 marzo ‘41a bordo del regio incrociatore “Pola”nella tragica Battaglia di Capo Matapan.
    Non mi dilungo con commenti e giudizi in merito perché mi sono reso conto che lei è informatissimo e sa come si svolsero (sic) i fatti!
    Volevo solo portarlo a conoscenza di un fatto del quale forse lei è già al corrente; in quella battaglia, ed esattamente sul “Pola”era imbarcato anche un fratello di mia mamma nativo de La Maddalena e militare di leva, Demetrio Del Monaco. Suo padre mi sembra di avere capito, si salvò, fu fatto prigioniero, deportato in Africa, alla fine liberato. Analoga sorte toccò un commilitone ed amico fraterno di Demetrio, certo Tino Cavazzuti, tranviere milanese, il quale una volta liberato, e tornato a Milano, si precipitò a casa della sorella di (Demetrio aveva 4 fratelli a Milano) ansioso di sapere la sorte che era toccata a Demetrio.
    Pianse quando venne a sapere che con un laconico comunicato della Marina, il giovane (aveva 21anni ) fu dato disperso, ma la cosa che più mi ha colpito che tra il racconto fatto da suo padre e quello dell’amico di Demetrio, in merito a quella notte di delirio, non cambia una virgola. Ci tenevo lo sapesse Ezio, inoltre mia mamma perse un secondo fratello Mario, sempre in guerra e nella Marina, Lui riposa nel Sacrario dei Caduti a Palermo, città dove morì vittima di un’incursione aerea, la nave in porto, lui in città, corse in rifugio dove venne colpito da una scheggia al cuore, mori all’istante, e a Palermo rimase.
    Ricordo mia mamma piangeva sempre quando nominava questi due poveri sfortunati ragazzi t’antè che chiamò il mio fratello maggiore, suo primo figlio, Mario Demetrio.
    Sarei tanto desideroso di sapere se La Maddalena ha dedicato anche a loro un ricordo per questi suoi sfortunati figli che, assieme a tanti altri, hanno sacrificato la propria vita.
    Mi perdoni per questo chilometrico messaggio ma desideravo lo sapesse come altra testimonianza.
    Attendo, un suo riscontro con i migliori saluti, e ringraziamenti!
    Alberto Cernuta.

    Buonasera signor Alberto Cernuta e grazie per la bellissima e accorata mail che ha scritto sul mio profilo.
    Le chiedo se desidera ricevere notizie dettagliate sui suoi parenti che non hanno fatto rientro alla base.
    Quello che mi occorre sapere è il nome e cognome luogo e data di nascita e, se si ricorda le navi dove furono imbarcati, per attivarmi in una ricerca.
    Per quanto attiene La Maddalena, Sassari e più in generale la parte settentrionale della Sardegna, dall’inizio del 2° conflitto e fino a quel tragico 8 settembre ’43, ne sono successe tante … troppe.
    La prego anche in questo caso di essere il più preciso nella descrizione/quesito in modo da attivare i canali istituzionali ma anche degli storici che tanto hanno scritto su questa guerra iniziata male e finita peggio.
    Un abbraccio a Lei grande come il mare ed il cuore dei Marinai di una volta.
    Ezio.
    P.s il 28.3.1941 ricordiamo la battaglia di Capo Matapan e tutti i Marinai che non fecero rientro alla base.


    Gentile Ezio, la ringrazio per la sollecita risposta, purtroppo non posso essere di grande aiuto a riguardo dei dati che occorrono le posso solo dire quanto so’ a memoria, oramai i parenti più prossimi quelli che sapevano di più sono defunti, ed io le posso solo dire che i marinai erano due fratelli, entrambi nati a La Maddalena, la data precisa potrebbe confermarla l’anagrafe.
    Il primo, Del Monaco Demetrio, militare di leva, imbarcato sull’incrociatore “POLA” dopo la battaglia di Capo Matapan, risultò disperso; il secondo Del Monaco Mario, imbarcato non so su quale nave (SIC), si trovava a Palermo, e li morì perchè sceso dalla nave, in libera uscita, dovette correre in rifugio antiareo, e li fu colpito, al cuore da una scheggia. Luiè tumulato nel Sacrario dei Caduti di Guerra a Palermo, questo l’abbiamo accertato.
    Quello che le avevo chiesto nel precedente messaggio e’ se a La Maddalena, dove sono nati questi ragazzi, c’è una lapide, un monumento che li ricordi.
    Mi perdoni, sembrerebbe una domanda ovvia, tuttavia questa è solo una mia curiosità, io sono stato a La Maddalena e ci ritornerò ancora, ma questo particolare, mi era sfuggito, la ringrazio per le informazioni che mi potrà dare, e la ringrazio restituendole un caloroso abbraccio.!
    Alberto Cernuta

    Buonasera Alberto Cernuta, ho appena ricevuto notizie da un sottufficiale in pensione e nativo di La Maddalena delle seguenti notizie:
    – i Marinai caduti in guerra vengono commemorati in Piazza Garibaldi facciata atrio Palazzo Comunale dove ai due lati vi sono due grandi targhe in marmo con scritti i nomi dei Marinai caduti in guerra.
    – Al Sacrario Militare al civico cimitero vi sono atri caduti e targhe e vengono commemorati con cerimonia solenne, al centro del cimitero vi e’ una colonna alta una decina di metri in ricordo dei caduti ed al Milite Ignoto.
    – Non esistono altri luoghi dove vi sono targhe e cippi per i Caduti.
    – Vie e Piazze non portano alcun nome di Caduti. Di Demetrio nessuna targa in loro ricordo.
    Qualora decidesse di andare a La Maddalena la prego di tenerci informati.
    Un abbraccio a Lei grande come il mare e il suo cuore.


    I quattro regi incrociatori classe “Zara”
    di Marino Miccoli

    Buongiorno carissimo Ezio,
    come ho fatto anche negli anni scorsi, anche quest’anno ho voluto scrivere per il nostro Giornale di bordo un articolo in occasione del 81° anniversario di “CAPO MATAPAN”.
    Le due fotografie del regio Incrociatore FIUME le ho estratte appositamente dall’album di mio padre Antonio.
    Ti ringrazio perché tramite il tuo sito potremo ricordare i nostri Marinai Caduti e Dispersi di quella tragica notte.
    Ti abbraccio, con sincero affetto e profonda stima.
    Marino

    REGI INCROCIATORI CLASSE ZARA 
    di Marino Miccoli

    …dai ricordi tramandati da Antonio Miccoli, mio padre, uno dei pochi Marinai sopravvissuti.

    I regi incrociatori della classe “Zara” possono essere considerati tra le migliori unità della Regia Marina, frutto delle più valide maestranze della cantieristica italiana, varate tra la fine degli anni ’20 e gli inizi degli anni ’30.
    I quattro incrociatori vennero denominati: Fiume, Pola, Zara e Gorizia. Alla classe erano stati dati i nomi di quattro provincie del Nord-Est dell’Italia (Istria, Dalmazia e Venezia Giulia). Il primo dei quattro nuovi incrociatori pesanti ad essere costruito fu il Fiume (cantieri di Trieste), seguito dallo Zara (La Spezia) e poi dal Gorizia e dal Pola (Livorno). Tutti e quattro gli incrociatori entrarono in servizio tra il 1931 ed il 1932. Ad una robusta corazzatura, sia riguardo alla sua estensione che allo spessore, gli “Zara” abbinavano una elevata velocità. Per le loro caratteristiche costruttive erano considerati migliori degli incrociatori classe “Trento” poiché, gli errori commessi con la costruzione di questi ultimi, erano stati corretti ed il risultato furono quattro superbi quanto temibili incrociatori pesanti. Effettuando una comparazione con le unità coeve della stessa classe (tipo “Washington”) possiamo affermare che possedevano delle qualità mai eguagliate da nessuna delle marine belligeranti. In verità, sebbene fossero stati dichiarati ufficialmente come unità di 10.000 tonnellate, il loro effettivo dislocamento standard sfiorava le 12.000 tonnellate di stazza. 
L’armamento degli “Zara” era di tutto rispetto: otto pezzi da 203 mm Ansaldo su torri binate; sedici pezzi da 100/47 antiaerei e antinave, da quattro a sei impianti singoli da 40/39 e quattro complessi binati di mitragliere da 13,2 mm.

    Il mio compianto padre Antonio Miccoli, Capocannoniere Stereotelemetrista della Regia Marina, nelle sue narrazioni riguardanti l’armamento degli Zara ricordava alcuni particolari che riporto di seguito:
    1) la potenza dei pezzi principali da 203 mm. che erano in grado di tirare proiettili pesanti ben 120 kg. contenenti 50 kg. di carica per una gittata massima di 30 km.
    Nel 1938, quando mio padre ricevette l’ordine d’imbarco sul regio incrociatore Fiume, i due impianti da 100/47 situati a poppa erano stati da poco tempo sostituiti con mitragliere Breda 37/54, evidentemente ritenute più utili.
    2) Ricordava inoltre con un certo orgoglio che le batterie degli “Zara” erano più rapide nell’eseguire il tiro rispetto ai “Trento”. I pezzi di calibro maggiore erano diretti da efficienti centrali di tiro, assai protette, probabilmente le migliori tra quelle esistenti in quell’epoca, con il personale addetto al tiro ben addestrato.
    3) Infine un particolare riguardante l’estetica: a distanza era facile confondere il Fiumecon lo Zar perché si assomigliavano, ossia avevano sagome simili, tali da renderli non facilmente distinguibili.
    Per quanto concerne i commenti di mio padre sui fatti della tragica notte di Capo Matapan, ricordo che egli preferiva tacere perché dover ricordare quella immane strage notturna rappresentava sempre per Lui un motivo di gran dolore e profonda amarezza. In gergo pugilistico egli affermava che la I Divisione Incrociatori era stata attaccata mentre si trovava << con la guardia bassa >>, ovvero era stata presa completamente di sorpresa, in quanto i pezzi, come prevedeva il regolamento vigente allora, erano <<brandeggiati per chiglia>>, ovvero i cannoni erano disposti longitudinalmente ed in asse, pertanto non erano pronti a reagire al fuoco del nemico.

    La bella, quanto inedita, fotografia che ho estratto dall’album di mio padre e che con piacere pongo a corredo del presente articolo raffigura proprio il regio incrociatore Zara durante le manovre navali del 1932, probabilmente tenutesi nel golfo di La Spezia. La fascia sui fumaioli era stata appositamente dipinta per la distinzione delle unità durante lo svolgimento delle suddette manovre.

    I quattro incrociatori pesanti furono accomunati anche dalla tragica fine che essi subirono, infatti la perdita delle superbe unità della classe “Zara” avvenne purtroppo con la morte di migliaia di Marinai italiani. I componenti la I DIVISIONE REGI INCROCIATORI ovvero Fiume, Pola e Zara furono affondati a seguito del tiro a segno notturno guidato dai radar di cui disponevano le corazzate inglesi nella drammatica notte del 28 marzo 1941, a largo di Capo Matapan.
    A tutti i Marinai Caduti dei Regi Incrociatori della classe “Zara” rivolgiamo oggi, nel 77° anniversario di Capo Matapan, il nostro deferente pensiero e nel ricordare le numerose vittime dell’immane strage che avvenne quella drammatica notte, chiniamo rispettosamente il nostro capo e onoriamo la loro memoria. Rivolgo un reverente omaggio al capo cannonniere siracusano Nazareno Bramante che, come tanti altri Marinai italiani, non fece più ritorno alla base e un pensiero riconoscente alla di Lui figlia professoressa Lucia Bramante che, prima in Italia e nel mondo, è riuscita a far intitolare una piazza di Siracusa ai Caduti e Dispersi della notte del 28 marzo 1941.

    Quell’Iddio grande ed eterno, così come è invocato nella Preghiera del Marinaio, con la sua infinita grazia preservi sempre la pace tra le Nazioni e nella sua misericordia impedisca che simili atrocità possano nuovamente verificarsi.
    Onore ai Marinai Caduti di Capo Matapan.

    Alfonso Ghezzi
    di Giorgio Gianoncelli (*)

    (Prata Camportaccio (SO),  27.9.1910 – Capo Matapan 28.3.1941)

    Alfonso Ghezzi nasce a Prata Camportaccio (SO) il 27.9.1910 da famiglia di agricoltori della montagna in un borgo ameno sulla riva sinistra del fiume Mera (Maira), nella bassa Val Bregaglia.
    In quelle aree vallive i ragazzi, allo studio superiore devono privilegiare e prestare le braccia, il cuore e la mente alle necessità della vita quotidiana della famiglia.
    Alfonso cresce con il tuono del cannone della Prima Guerra Mondiale e la sua maturazione si conforma ai venti ruotanti del regime. Appassionato di meccanica, dopo la regolare scuola elementare, diventa garzone di officina, attrezzista meccanico. Attirato come tanti di noi montanari dal manifesto della Regia Marina, a domanda, il 29 luglio 1927, entra alle scuole CREM per il corso meccanici e inizia a vivere da Marinaio.
    Dopo molti imbarchi e su nave “Siracusa” per la Guerra d’Africa, arriva l’imbarco sul regio cacciatorpediniere “V. Alfieri” ai grandi lavori in arsenale.
    Il 10 giugno 1940 “l’Alfieri” è in linea con gli altri Poeti per la … danza sulle onde.

    Nell’inferno di fuoco di Capo Matapan, “l’Alfieri” è l’unica unità che riesce a dirigere alcuni colpi su un caccia avversario, poi, la violenta aggressione costringe il Comandante Salvatore Toscano a ordinare l’abbandono nave. Tra i superstiti, pochi, manca all’appello Alfonso Ghezzi, nato montanaro, rimasto Marinaio.

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

    28.3.1941, Aniello Bosco
    di Carlo Gianotti (foto e ricerche)

    Nasce a Stintino.
    Aniello era imbarcato sul regio incrociatore Zara, come marinaio telemetria di 3^classe.
    Al tramonto del 28 marzo 1941, nei pressi di Capo Matapan, un siluro inglese colpì il regio incrociatore Pola, mentre gli incrociatori Zara e Fiume e 4 cacciatorpediniere andarono a prestar loro soccorso. Nella notte le navi britanniche aprirono il fuoco affondando gli incrociatori Fiume e Zara e i due cacciatorpediniere Alfieri e Carducci. Successivamente affondò anche il Pola. Nello scontro morirono 834 uomini.

    28.3.1941, Salvatore Martone
    di Carlo Di Nitto

    (Formia, 25.5.1919 – Mare, 28.3.1941)

    Il marinaio S.M. Salvatore Martone, di Gennaro e di Supino Francesca, fu fra i dispersi nell’affondamento del regio incrociatore “Zara” il 28 marzo 1941.

    Durante la battaglia di Capo Matapan, l’unità venne centrata da numerose salve della soverchiante forza nemica che provocarono grosse falle, vasti incendi e avarie all’apparato di propulsione. L’equipaggio lottò per oltre tre ore per cercare di salvare la nave che, purtroppo, alle ore 02.30 affondò trascinando con se 799 Marinai.
    Era nato il 25 maggio 1919 a Formia.

    (La foto di Salvatore Martone appartiene alla collezione Carlo Di Nitto).

    28.3.1941 – 28.4.2022, Capo Matapan per mai dimenticare
    di Marino Miccoli

    Ezio carissimo e stimatissimo,
    c
    ome ti avevo preannunciato, quest’anno grazie alla tua sensibilità, ricorderemo la strage di Capo Matapan del 28 marzo 1941 in maniera originale.  Ti confesso che per me non è stato semplice scriverla perché durante la sua stesura avevo sempre presenti gli occhi bagnati dalle lacrime di mio padre, tra i pochi sopravvissuti di Capo Matapan e che non riusciva a terminare la narrazione dei tragici fatti, ovvero la morte di tutti i suoi amici Marinai, a cui aveva assistito in prima persona.
    Preciso inoltre che entrambe le fotografie allegate sono mie:
    1) la Preghiera del Marinaio a poppa sul Regio Incrociatore Fiume estratta dall’album di famiglia;
    2) la bella quanto significativa targa viaria che ho fotografato l’estate scorsa nel comune di Marittima (Lecce).
    Sperando che siano apprezzati dai visitatori de LA VOCE DEL MARINAIO, ti saluto cordialmente e ti abbraccio forte. Con stima.
    Marino

    28 marzo 1941 (Marino Miccoli)
    Non un raggio di sole
    non una croce
    non un fiore
    adornano il fondale sabbioso del mare
    che è il tuo giaciglio, Marinaio Italiano.
    Le alghe ondeggianti
    per il tuo capo
    fungono da guanciale
    e mentre dormi il tuo lungo sonno
    sei cullato dolcemente dalle correnti…

    I Marinai addormentati giacciono
    ora sparsi su di un letto di sabbia
    ora ancora prigionieri tra le lamiere incrostate e contorte
    delle paratie dei compartimenti stagni;
    il loro acqueo sepolcro è fatto di lastre metalliche deformate
    arroventate
    squarciate
    sventrate
    insanguinate…

    questi compartimenti in pochi attimi
    sono divenuti casse di risonanza di urla disperate
    raccapricciante orrendo scenario
    frutto dell’umana assurda follia chiamata guerra!

    Ecco cosa è rimasto di queste Regie Navi,
    queste Unità da diecimila tonnellate di dislocamento
    possenti
    temibili
    veloci…

    questi ignari giganti d’acciaio
    su cui all’improvviso nella notte buia
    si sono abbattuti i colpi da 381mm
    tirati a bruciapelo dalle corazzate britanniche
    sono implosi
    esplosi
    incendiati
    spezzati
    capovolti

    e colati a picco nel cuore della notte in pochi minuti…

    I superbi Regi Incrociatori della I Divisione
    sono ridotti ad ammassi informi di lamiere
    sono adagiati per sempre sul fondo del Mediterraneo…
    sugli scafi possiamo ancora leggere i loro NOMI:
    “FIUME”, “POLA”, “ZARA”
    e gli stemmi di ciascuna di queste stupende città marinare,
    dell’Istria Italiana; costituiscono ancora oggi
    lo splendido acrostòlio
    che adorna la sommità delle prore.

    Marinai d’Italia,
    i delfini amici dell’uomo sin dalla notte dei tempi
    vi sono vicini
    e vi recano il loro saluto!
    Oh mite delfino,
    ti prego, accogli questa mia accorata supplica:
    porta ad ogni Marinaio caduto
    lo sguardo fiero e ammirato del padre,
    la carezza affettuosa della mai rassegnata madre,
    dell’amata sposa il dolce bacio
    e del pargolo il lieto abbraccio filiale.

    Porta un fiore che rechi il soave profumo
    dall’amata Terra Italiana
    a tutti i Marinai caduti e dispersi
    nella fredda notte del 28 marzo 1941!

    Di ciascun componente di questi valorosi Equipaggi
    non conosco il  nome
    ma ti chiedo, fidato delfino,
    riferisci loro questo breve messaggio:
    più di settant’anni sono trascorsi
    da quella tragica notte in cui della morte
    diveniste facile e repentina preda
    ma custodiamo ancora
    gelosamente
    imperituro ricordo
    del vostro sacrificio
    nei nostri cuori.
    Onore a voi, prodi Marinai d’Italia!

    28.3.1941, Michele Ambrosio
    di Antonio Cimmino

    (Meta, 22.10.1907 – Mare, 28.3.1941)

    Il Maggiore del Genio Navale Michele Ambrosio nasce a Meta il 22 ottobre 1907.
    Morì a seguito dell’affondamento del regio incrociatore Fiume assieme ad altri 812 uomini dell’equipaggio su 1.104.

    A Capo Matapan (a sud del Peloponneso) la flotta inglese affondò anche i regi incrociatori Pola e Zara e i cacciatorpediniere Alfieri e Carducci.
    Complessivamente trovarono la morte 2.318 marinai.
    Eterno riposo a Loro.

    28.3.1941, regia nave Vittorio Alfieri
    a cura Antonio Cimmino


    A Pietro Di Capua disperso unitamente ad altri Marinai del regio cacciatorpediniere Alfieri il 28.3.1941 nella battaglia di Capo Matapan.
    La nave fu affondata da un siluro lanciato dal HMS Stuart.

    Elenco personale deceduto o disperso di nave Alfieri

    Ludovico Abate, sottocapo segnalatore (disperso) – Antonio Addis, capo cannoniere (disperso) – Giulio Alberti, marinaio (disperso) – Aldo Antonucci, cannoniere (disperso) – Andrea Arone (o Araneo), tenente medico (disperso) (decorato) – Giuseppe Artico, cannoniere (deceduto) –  Raffaele Aruta, silurista (disperso)  – Mario Ascione, fuochista (disperso) – Angelo Balderi, motorista navale (disperso) –  Elio Balò, cannoniere (disperso) – Renzo Bartaini, meccanico (disperso) –  Bianco Bartolucci, fuochista, da Numama (disperso) – Giordano Battelini, cannoniere (disperso) – Erminio Battistini, fuochista (deceduto) – Carlo Bellante, fuochista (disperso) – Flaviano Bernardi, cannoniere (disperso) – Quinto Bertozzini, fuochista (disperso) – Vincenzo Bilotti, marinaio (disperso) – Nunzio Bonaiuto, sottocapo cannoniere (disperso) – Andrea Bonavita, silurista (disperso) –  Aldo Borezzi, cannoniere (disperso) – Angelo Borsato, fuochista (disperso) –  Attilio Bracciale, sottocapo cannoniere (disperso) –  Niccolò Bradizza, marinaio (disperso) –  Zoel Brandinelli, capo meccanico (disperso) –  Pasquale Brando, fuochista (disperso) – Giovanni Bricca, radiotelegrafista (disperso) – Nello Bronzi, marinaio (disperso) – Luigi Bruna, fuochista (disperso) – Ettore Bruni, fuochista (disperso) – Pietro Gaetano Busolli, capitano di corvetta (disperso) – Agostino Cacace, fuochista (disperso) – Lino Cadia, segnalatore (disperso) – Salvatore Caldacci, fuochista (disperso) – Rodolfo Campana, elettricista (disperso) – Renato Campi, cannoniere (disperso) – Giuseppe Carbone, sottocapo meccanico (disperso) – Carlo Carillo, fuochista (disperso) – Giacomo Caristi, cannoniere (disperso) – Marcello Carlesso, sergente meccanico (disperso) – Gustavo Carlomagno, sergente radiotelegrafista (disperso) – Cornelio Carpeneti, specialista direzione tiro (disperso) –  Oreste Caruso, marinaio (disperso) – Augusto Castardi, fuochista (disperso) – Alighiero Ciacci, cannoniere (disperso) – Cataldo Cigliola, cannoniere (disperso) – Pasquale Cioffi, marinaio (disperso) – Gaetano Cippolletta, marinaio (deceduto) – Raffaele Colella, cannoniere (disperso) – Vittorio Conte, cannoniere (disperso) – Angelo Corbaccio, torpediniere (disperso) – Giuseppe Cordoni, fuochista (disperso) – Calogero Corsini, fuochista, 22 anni, da Porto Empedocle (disperso) – Giovanni Costamagna, capo radiotelegrafista (disperso) (decorato) – Giuseppino Crespi, torpediniere (disperso) – Giovanni Daniele, fuochista (disperso) – Pietro D’Augenti, marinaio (disperso) – Giuseppe Davi, fuochista (disperso) –  Marino De Giorgi, marinaio (disperso) – Salvatore De Sio, fuochista (disperso) – Alfiero De Stefani, sergente meccanico (disperso) – Mario De Zorzi, meccanico (disperso) – Pietro Dell’Isola, cannoniere (disperso) – Calogero Destro, marinaio (disperso) –  Pietro Di Capua, specialista direzione del tiro (disperso) – Vincenzo Di Franco, marinaio (disperso) – Leonardo Di Pierro, marinaio (disperso) – Antonio Di Pinto, marinaio (disperso) –  Michele Di Sante, marinaio (disperso) – Enzo Doddi, sottocapo cannoniere (disperso) –  Arturo D’Onofrio, capo meccanico (disperso) – Pietro Dotto, sottocapo specialista direzione del tiro (disperso) – Giuseppe D’Urso, fuochista (disperso) – Antonio Elia, cannoniere (disperso) – Roberto Erramonti, elettricista (disperso) – Luigi Evangelista, capo elettricista (disperso) – Pacifico Fala, fuochista (disperso) – Darlo Falcone, fuochista (disperso) – Aldo Fani, cannoniere (disperso) – Ettore Fasolin, sottocapo cannoniere (disperso) – Carlo Femminili, furiere (disperso) – Furano Ferrarese, marinaio (disperso) – Rodolfo Ferraro, sottocapo specialista direzione del tiro (disperso) – Agostino Ferrazzi, sergente silurista (disperso) – Ferruccio Ferreri, sergente radiotelegrafista (disperso) – Luigi Fumagalli, sergente radiotelegrafista (disperso) – Ermanno Fuser, elettricista (disperso) –  Alessandro Gambini, fuochista (disperso) – Aldo Gams, marinaio (disperso) – Gaetano Gangarossa, fuochista, 21 anni, da Porto Empedocle (disperso) – Osvaldo Garbati, fuochista (disperso) – Fortunato Genangeli, sergente meccanico (disperso) – Alfonso Ghezzi, capo meccanico, 31 anni, da Prata Camportaccio (disperso) – Claudio Giannini, sergente cannoniere (deceduto) – Italo Giannini, sottocapo cannoniere (disperso) – Giuseppe Giordano, sottocapo elettricista (disperso) – Alfeo Giorgetti, fuochista (disperso) – Bruno Giubilei, nocchiere (disperso) – Pietro Giugliano, fuochista (disperso) – Enrico Giuntini, cannoniere (disperso) – Angelo Grassi, sottocapo cannoniere (disperso) –  Ciro Grossi, secondo capo furiere (disperso) – Giovanni Ierala, sottocapo infermiere (disperso) – Antonio Improta, specialista direzione del tiro (disperso) – Accursio Indelicato, marinaio (disperso) – Francesco Isgrò, marinaio (disperso) – Salvatore La Rosa, fuochista (disperso) –  Vincenzo Lamia, nocchiere (disperso) – Castone Lanza, secondo capo meccanico (disperso) – Michele Lavafila, cannoniere (disperso) – Vittorio Levi, fuochista (disperso) – Salvatore Licata, marinaio, 23 anni, da Licata (disperso) – Antonio Limpido, fuochista (disperso) – Pietro Livigni, silurista (disperso) – Felice Lorenzut, marinaio (disperso) – Giulio Lotterò, fuochista (disperso) – Antonio Maddaluno, sottocapo cannoniere (disperso) – Luigi Maio, cannoniere (disperso) – Mauro Malone, cannoniere (disperso) – Oberto Manfredi, sottotenente di vascello (disperso) – Giuseppe Mangione, sottocapo specialista direzione del tiro (disperso) – Raffaele Mantone, sottocapo segnalatore (disperso) – Marcello Marangoni, sottocapo elettricista (disperso) – Mario Marini, sergente silurista (disperso) – Emanuele Marini, marinaio (disperso) – Arturo Martinotti, sottocapo silurista (disperso) (decorato) – Bruno Marzolla, fuochista (disperso) – Giuseppe Masiello, sottocapo radiotelegrafista (disperso) – Carlo Masotti, capo meccanico (disperso) – Giuseppe Mattei, secondo capo meccanico (disperso) – Giuseppe Mazzilli, capo meccanico (disperso) – Giovanni Millo, elettricista (disperso) – Luigi Minetto, specialista direzione del tiro (disperso) – Luigi Miniussi, fuochista (disperso) – Pietro Misuraca, sottocapo silurista (disperso) – Mario Mittino, elettricista (disperso) – Giorgio Modugno, capitano del Genio Navale (direttore di macchina) (deceduto) (MOVM) – Giuseppe Monaldini, fuochista (disperso) – Giovanni Mondera, nocchiere (disperso) – Michele Montalto, marinaio (disperso) – Umberto Morelli, segnalatore (disperso) – Giovanni Moretta, secondo capo cannoniere (disperso) – Vittorio Mucci, cannoniere (disperso) – Francesco Musicò, cannoniere (disperso) – Italo Naitana, nocchiere (disperso) – Sicialfredo Navilli, cannoniere (disperso) – Giovanni Negrich, marinaio (disperso) – Renzo Nesti, sottocapo cannoniere (disperso) – Vittorio Nicoli, cannoniere (disperso) – Onofrio Nocerino, marinaio (disperso) – Aldo Novelli, cannoniere (disperso) – Ivan Occhiali, cannoniere (deceduto) – Alessandro Ottolino, marinaio (disperso) – Tommaso Ottonello, marinaio (disperso) – Giuseppe Panarinfo, maestrino ufficiali (deceduto) – Egidio Panigo, capo cannoniere (disperso) – Nicola Paparella, cannoniere (disperso) – Bartolomeo Parodi, capo (disperso) – Giuseppe Parrella, secondo capo radiotelegrafista (deceduto) – Arturo Penitenti, cannoniere (disperso) (decorato) – Salvatore Peraino, specialista direzione del tiro (disperso) – Giacinto Perfetti, fuochista (disperso) – Pietro Piacquadio, sottocapo cannoniere (disperso) – Duilio Picchianti, marinaio (disperso) – Gastone Picciolut, fuochista (disperso) – Andrea Polatri, fuochista (disperso) – Francesco Ponticiello, capo segnalatore (disperso) – Paolo Proietto, marinaio (disperso) – Antonio Protopapa, fuochista (disperso) – Giovanni Raffaelli, elettricista (disperso) – Gaetano Reitano, marinaio (disperso) – Alessandro Rezzi, meccanico (disperso) – Rosario Ritunno, marinaio (disperso) – Rocco Rizzi, specialista direzione del tiro (disperso) (MBVM) – Domenico Robusto, marinaio (disperso) –  Giovanni Romano, cuoco ufficiali (disperso) – Siro Rossi, capo meccanico (deceduto) – Beniamino Ruggero, secondo capo radiotelegrafista (deceduto) – Romeo Salvi, elettricista (disperso) – Francesco Sanfilippo, fuochista (disperso) – Luigi Sarnataro, fuochista (disperso) –  Giovanni Savini, marinaio (disperso) – Giuseppe Scaglia, silurista (disperso) – Mario Scavo, radiotelegrafista (disperso) – Gilberto Schillani, fuochista (disperso) – Alfredo Schiocchetti, capo meccanico (disperso) –  Vincenzo Scialone, fuochista (disperso) – Antonio Sciutto, sergente cannoniere (disperso) – Vincenzo Scoglio, marinaio (disperso) – Vittor Ugo Scortichini, sottocapo radiotelegrafista, 21 anni, da Fabriano (disperso) – Vincenzo Scuderi, cannoniere (disperso) – Nicola Sernicola, sottocapo meccanico, 29 anni, da Cava de’ Tirreni (disperso) – Augusto Simonelli, nocchiere di seconda classe (disperso) (decorato) – Giuseppe Soave, secondo capo (disperso) – Gino Squizzato, elettricista (disperso) – Paolo Stabile, cannoniere (disperso) – Giuseppe Tassoni, sottocapo cannoniere (disperso) – Antonio Testi, secondo capo cannoniere (disperso) – Giuseppe Tiralongo, sottocapo radiotelegrafista (disperso) – Marino Torregiani, cannoniere (disperso) – Salvatore Toscano, capitano di vascello (comandante; caposquadriglia della IX Squadriglia Cacciatorpediniere) (deceduto) (MOVM) – Mario Trifoglio, cannoniere (disperso) – Giovanni Urbani, marinaio (disperso) – Giuseppe Valerio, fuochista (disperso) – Walter Valleri, nocchiere (disperso) – Adriano Vecchiotti, tenente commissario (disperso) – Antonio Villa, segnalatore (disperso) – Baldassarre Vinci, marinaio (disperso) – Giovanni Vitelli, sottotenente del Genio Navale Direzione Macchine (disperso)  – Giuseppe Wararan, secondo capo specialista direzione del tiro (disperso) – Luigi Zanone, cannoniere (disperso).

    28.3.1941, affonda la regia nave Carducci
    a cura Antonio Cimmino

    …regio cacciatorpediniere Carducci affondato in combattimento a Capo Matapan il 28 marzo 1941.

    28.3.1941 Regia nave Carducci - www.lavocedelmarinaio.com

    28.3.1910, un compleanno drammaticamente memorabile
    di Marino Miccoli (*)

    Il 28 marzo 1941 era il giorno del 31° compleanno di mio padre Antonio Miccoli. Era nato il 28 marzo 1910 a Spongano, un piccolo centro del Salento, in provincia di Lecce e credo che Egli tutto potesse immaginare tranne il fatto che proprio in quella notte avrebbe ricevuto il dono più prezioso che un essere umano può ricevere: salvare la propria vita.
    Dal 1938 era imbarcato, con la qualifica di Capocannoniere stereotelemetrista, sul regio incrociatore pesante Fiume e fu uno dei pochi marinai sopravvissuti all’agguato che la squadra navale inglese tese quella notte agli incrociatori della 1^ Divisione e ai CC.TT. della IX Squadriglia di scorta mentre si portavano in soccorso dell’incrociatore Pola. Quest’ultimo era immobilizzato in mezzo al mare a causa delle avarie riportate dall’apparato motore ed elettrico per il precedente siluramento avvenuto durante un attacco di idrovolanti britannici.

    Ricordo che nella sua descrizione dei fatti accaduti nella tragica notte di Capo Matapan, mio padre arrivava ad un certo punto e non riusciva più ad andare avanti nella narrazione. Egli ad un tratto, quando ricordava gli attimi successivi all’apertura del fuoco da parte delle corazzate inglesi, si interrompeva e con gli occhi arrossati e bagnati dalle lacrime scuoteva il capo, quindi si allontanava.
    Oggi, in occasione del 82° anniversario di Capo Matapan, desidero ricordare ed onorare tutti quei Marinai italiani che dopo quella tragica notte non fecero più ritorno alla base e rivolgo un rispettoso pensiero ai loro congiunti, alle madri, ai padri, alle mogli e ai figli dei Caduti e dei Dispersi.
    Onore ai Marinai caduti di Capo Matapan.

    Piazzaforte di POLA, 1938. Corso di aggiornamento riservato ai Capocannonieri Stereotelemetristi; Antonio Miccoli è il primo da sinistra.

    28.3.1941, Iside la moglie di un marinaio del Zara
    di Antonello Goi (*)

    Qualche anno fa, per una rivista di ex dipendenti Telecom, scrissi una breve biografia di una collega “centenaria” dopo averla intervistata. Riporto qui un breve passo, in ricordo di lei, scomparsa qualche anno dopo, e del marito, che partecipò alla battaglia di Capo Matapan.
    Un pensiero a tutti e due e un bacetto alla mia cara collega.
    “Iside era fedele al “suo” fidanzato, Vladimiro, che avrebbe sposato alla fine della guerra. Vladimiro, è bello ricordare anche lui, era un marinaio, sergente del Servizio Direzione di Tiro, imbarcato sull’incrociatore Zara che, all’inizio del conflitto, era inquadrato nella Iª Divisione Incrociatori della Iª Squadra di base a Taranto, quale ammiraglia di Divisione.

    Lo Zara partecipò alle principali missioni belliche della Regia Marina nella seconda guerra mondiale, come la battaglia di Capo Matapan (29 marzo 1941); in tale occasione lo Zara fu affondato. Morirono 782 dei 1148 uomini. I sopravvissuti furono internati dagli inglesi in un campo di concentramento a Johannesburg, soprannominato Zonderwater (che significa “senz’acqua). Da questo campo, dal quale ritornò nel 1947, Vladimiro scriveva tenere lettere d’amore alla sua Iside che già chiamava “moglie mia”e che sono ancora amorevolmente conservate.”

    Dello stesso argomento sul blog
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2017/02/22-2-1943-fulmini-su-zonderwater/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2017/01/18-1-1945-zonderwater-dichiarazione-di-fedelta/

    (*) Antonello Goi è deceduto nel 2020.

    28.3.1941, affonda regia nave Pola
    di Carlo Di Nitto

    Bella foto – cartolina aziendale realizzata il 5 dicembre 1931 in occasione del varo del regio incrociatore pesante “Pola” e viaggiata il 9 dicembre successivo, quattro giorni dopo la cerimonia.
    L’unità completerà l’allestimento ed entrerà in servizio il 21/12/1932.
    Costruito nei Cantieri Navali O.T.O. di Livorno, il “Pola”, classe “Zara”, dislocava 14360 tonnellate.
    Il 14 dicembre 1940 venne gravemente danneggiato durante un bombardamento aereo su Napoli che causò la perdita di 22 marinai.
    La regia nave “Pola” fu affondata durante lo scontro di Capo Matapan il 28 marzo 1941.
    Nell’affondamento persero la vita altri 336 uomini del suo equipaggio.
    ONORE AI CADUTI !

    L’EROICO REGIO INCROCIATORE PESANTE “POLA”


    BENEDICI NOI CHE VEGLIAMO IN ARMI SUL MARE
    di Marino Miccoli

    E’ la fine degli anni ’30 del secolo scorso quando ci troviamo a bordo di una veloce quanto temibile unità della Regia Marina in qualche parte del mar Mediterraneo. Tutto il personale “franco” dal servizio è stato chiamato a poppa per partecipare un particolare momento della giornata del Marinaio: l’ammainabandiera.
    Stiamo per vivere un breve frangente della vita di bordo in cui prevale la spiritualità, durante il quale il pensiero è rivolto a quanto di più caro i Marinai italiani hanno nel loro cuore. I reparti si schierano rivolgendosi verso l’estrema poppa laddove sventola la Bandiera… Marinai, Sottufficiali e Ufficiali, tutti insieme eseguono gli ordini scanditi seccamente: “EQUIPAGGIO ATTENTI… SCOPRIRSI!” Nel silenzio più assoluto tutti i presenti si tolgono il berretto; trascorrono pochi attimi ed ecco che il Guardiamarina più giovane comincia a recitare ad alta voce… “A TE, OH GRANDE ETERNO IDDIO, SIGNORE DEL CIELO E DELL’ABISSO…”
    A corredo iconografico di quanto sopra inserisco la vecchia ma bellissima quanto significativa fotografia che ho estratto dall’album del mio compianto padre Antonio Miccoli (Capocannoniere Stereo-telemetrista). Questa immagine è stata scattata alla fine degli anni ’30 del secolo scorso, proprio alla vigilia dello scoppio della II Guerra Mondiale, a poppa del Regio Incrociatore FIUME mentre l’Equipaggio recita la Preghiera del Marinaio.
    Purtroppo il FIUME, con il POLA e lo ZARA (tutti e tre superbi quanto moderni incrociatori pesanti “classe ZARA” della I Divisione) e le Cacciatorpediniere di scorta la notte del 28 marzo 1941 saranno affondati in pochi minuti nell’agguato notturno teso a largo di Capo Matapan dalla squadra navale britannica. Fu micidiale l’effetto del tiro ravvicinato guidato dal radar delle artiglierie delle corazzate inglesi sulle totalmente ignare Unità della Regia Marina. Il FIUME affondò in pochi minuti e mio padre fu tra i pochi sopravvissuti dell’Equipaggio. Quella drammatica vicenda lo segnerà profondamente per tutta la vita.


    In occasione dell’83° anniversario della carneficina che avvenne quella notte, che impropriamente talune persone male informate ancora oggi definiscono “battaglia di Capo Matapan”, con questo mio scritto desidero rispettosamente RICORDARE ed ONORARE tutti quei MARINAI ITALIANI che, a seguito di quel tragico evento, non fecero più ritorno alla base. E un altro pensiero doverosamente rivolgo alle famiglie dei Caduti e dei Dispersi in mare, le quali non hanno avuto neppure il conforto di recarsi in un luogo dove andare a deporre un fiore e versare le proprie lacrime.
    Mi e vi domando: giungeremo mai un giorno a vedere RIUNITI IN UN UNICO LUOGO TUTTI I LORO NOMI?


    I nomi di quei 2300 nostri valorosi MARINAI CADUTI E DISPERSI a largo di CAPO MATAPAN il 28 MARZO 1941, INCISI UNO PER UNO E IMMORTALATI NEL MARMO di un memoriale, di un sacrario edificato appositamente per loro in un luogo costiero della nostra bella Italia?
    In tal modo la memoria del loro sacrificio riceverà finalmente il dovuto riconoscimento e sarà concretamente tramandata ai posteri. Un luogo che possa costituire per tutti un imperituro e severo monito ad agire sempre in difesa e per il mantenimento di quel bene inestimabile costituito dalla PACE TRA LE NAZIONI.

    Domenico Bastianini (Tuscania (VT), 24.8.1900 – Mare, 28.3.1941)
    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    (Tuscania (VT), 24.8.1900 – Mare, 28.3.1941)


    Nacque a Tuscania (Viterbo) il 24 agosto 1900. Dopo aver conseguito la laurea in Ingegneria Navale presso la Scuola Superiore Politecnica di Napoli nell’agosto del 1922, nel settembre dello stesso anno, dopo aver brillantemente superato gli esami di concorso, venne nominato Tenente del Genio Navale in servizio permanente effettivo a nomina diretta ed ammesso all’Accademia Navale di Livorno.
    Al termine dei Corsi in Accademia prestò servizio, in tempi successivi: presso la Direzione delle Costruzioni Navali di La Spezia, a Navalgenio Trieste ed ebbe importanti imbarchi su varie unità di superficie. Dal dicembre 1931 al dicembre 1934, nel grado di Capitano, fu Assistente Tecnico dell’Addetto Navale a Londra e partecipo poi alle operazioni militari in Spagna ed alla Campagna d’Albania, nel grado di Maggiore G.N. ed in seguito fu imbarcato su un incrociatore.
    Promosso Tenente Colonnello imbarcò prima sull’incrociatore Trento con il quale partecipò alla battaglia navale di Punta Stilo, e dal dicembre 1940 sull’incrociatore Zara con l’incarico di Capo Servizio G.N. aggiunto della Squadra Navale. Nell’azione navale del 28 marzo 1941 lo Zara, che alzava l’insegna del Comando della 1a Divisione Incrociatori diresse, con l’incrociatore Fiume e 4 cacciatorpediniere, per portare assistenza all’incrociatore Pola, silurato ed immobilizzato la sera dello stesso 28 marzo, ma sorpreso con le altre Unità dalle navi da battaglia britanniche Valiant, Barham, a Warspite, delle quali non era nota la loro presenza nella zona, fu improvvisamente colpito dal tiro nemico che provocò gravi avarie, vasti incendi e l’immobilizzazione dell’Unità, per cui ne venne deciso l’autoaffondamento. Con fredda determinazione e con l’aiuto di pochi animosi Domenico Bastianini si portava nei locali inferiori con l’intento di aprire le valvole, onde accelerare l’affondamento della nave, e scompariva con essa.

    Medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria con la seguente motivazione:
    Ufficiale superiore del Genio Navale, dotato di grande intelligenza, vasta capacità professionale ed elevatissime qualità morali e di carattere, aveva sempre sollecitato destinazioni dove più intensa fosse l’attività e più vivo il rischio.Con lo stesso spirito entusiasta con cui aveva preso parte alla guerra antibolscevica di Spagna ed era volontariamente sbarcato fra i primi nelle operazioni per l’occupazione dell’Albania, allo scoppio del nuovo conflitto insistentemente aveva chiesto il privilegio e l’onore di trovarsi a bordo per prendere parte più attivamente alla lotta.
    Capo servizio del Genio Navale aggiunto della Squadra Navale, già segnalatosi durante un bombardamento aereo nemico per il pronto ricupero e la rapida disattivazione di una bomba inesplosa, partecipava con immutato, entusiastico ardimento su di un incrociatore ad una delicata missione offensiva nel Mediterraneo Orientale.
    Durante breve combattimento contro forze corazzate nemiche, presente ove maggiore era il pericolo, si dedicava con tutte le sue energie agli ordini del Comandante, ad arginare le gravi conseguenze, causate dai colpi nemici e dai violenti incendi.
    Smantellate le torri ed immobilizzate le macchine dal tiro dei grossi calibri, nonostante fosse dato l’ordine di abbandonare la nave, rimaneva a bordo per dare ancora la sua opera generosa alla distruzione dell’unità piuttosto che vederla catturata dal nemico. Con fredda decisione, con sereno spirito di sacrificio, egli con pochi animosi scendeva nei locali inferiori senza aria e senza luce e provvedeva all’apertura delle valvole di allagamento e delle portellerie ed allo sfondamento degli scarichi dei condensatori. Nell’ardua fatica lo illuminava l’amore alla sua nave, lo sosteneva il palpito del suo cuore generoso.
    Con l’unità che qualche istante dopo si inabissava nel vortice dell’esplosione, eroicamente scompariva: nobile esempio di attaccamento al dovere e di indefettibile amor di Patria” – Mediterraneo Orientale, 28 marzo 1941.

    Alla Medaglia d’Oro al Valore Militare Domenico Bastianini è stata dedicataLa Scuola Sottufficiali della Marina La Maddalena. Inaugurata nel 1949 con il nome “Gruppo Scuole C.E.M.M.”, è istituito alla Maddalena il Comando Scuole Corpi Equipaggi Militari Marittimi”.

    L’inizio ufficiale delle attività è il 10 marzo 1949 con i Corsi Ordinari per le categorie Nocchieri, Segnalatori, Furieri, Cuochi e Infermieri si sarebbero tenuti nella nuova Scuola C.E.M.M.
    Il 1 ottobre 1952 entrano nella sede più scuole di diverse categorie. Il Gruppo Scuola C.E.M.M. di La Maddalena fu ridefinito Scuola Meccanici e Scuola Motoristi Navali.

    Nuovi corsi
    Nel 1960 completò i corsi per le categorie Nocchieri, Nocchieri di Porto e Palombari trasferitesi a La Maddalena. La Maddalena ha formato anche gli Infermieri. Poi le Scuole Furieri e dei Servizi Logistico-Amministrativi, dal 1975 si trasferiscono definitivamente a Taranto.
    Dal 1° Maggio 1978 il nome di Gruppo Scuole C.E.M.M. mutò in quella di “Scuola Allievi Sottufficiali M.M.”. Dal 1980 con la chiusura della “Caserma Faravelli” si stabilì definitivamente, nell’attuale sito, iniziando un programma di riorganizzazione interna.
    Nel 1982 prende il nome di “Scuola Sottufficiali Marina Militare”, articolata sugli elementi formativi “Direzione Corsi Sottufficiali”, “Direzione Corsi Allievi” e “Direzione Studi”. 1999 la Direzione Corsi Allievi cambia nome in Direzione Scuola Operatori e la Direzione Corsi Sottufficiali ha assunto la denominazione di “Direzione Corsi  Marescialli”.

    Riorganizzazioni
    Negli ultimi anni la Scuola ha subito infine varie riorganizzazioni interne, legate alle mutate esigenze di formazione del personale della Forza Armata ed alle concomitanti riorganizzazioni dei Comandi presenti a La Maddalena. Attualmente è articolata su una “Direzione Studi” e due “Direzioni Corsi” (Corsi Operatori e Corsi Speciali), affiancate dai diversi Servizi che si occupano del necessario supporto tecnico, logistico ed Amministrativo  esteso a tutti i Comandi presenti.
    La Scuola Sottufficiali della Marina La Maddalena provvede alla formazione etica, militare e tecnico-professionale del personale della Marina Militare Italiana:

    1. nocchieri,
    2. nostromi,
    3. tecnici di macchina,
    4. nocchieri di porto/ Guardia costiera

    Provvede inoltre alla formazione ed all’abilitazione del personale di altre Forze Armate per il:

    1. comando e condotta mezzi navali;
    2. condotta impianti di propulsione.

    La Scuola Sottufficiali della Marina La Maddalena assolve infine al supporto logistico, tecnico ed amministrativo per gli Enti ed i Comandi nell’area operativa del Nord Sardegna.
    L’attività formativa viene disimpegnata con una grossa componente addestrativa (circa 34 %) ed un programma di insegnamento (circa il 66 %) con una media del 30 % di attività teorica e del  36 % di attività pratica.
    Per poter adempiere con la massima efficienza ai compiti assegnati la Scuola impiega stabilmente oltre 420 uomini e donne tra militari (74 Ufficiali, 158 Sottufficiali, 95 truppa) e personale civile  (94 unità tra insegnanti civili e personale di supporto).
    Gli edifici destinati all’insegnamento e le vaste strutture addestrative, ricettive, ricreative e sportive della Scuola si sviluppano in un’area di oltre 150.000 metri quadrati.
    (fonte Marina Militare)

    BATTERIE PER CHIGLIA
    di Marino Miccoli

    ovvero un ricordo dei fatti di Capo Matapan in occasione dell’83° anniversario.
    “La morte ci colse di sorpresa quella maledetta notte,
    erano le ore 22,30 quando
    all’improvviso
    le tenebre furono rotte da fasci di luce bianca,
    una luce abbagliante, tanta luce
    illuminò le nostre navi
    che pareva essere giorno…
    e dopo alcuni istanti, poco lontano dalle sorgenti di quelle luci
    avvistammo altre luci, ben più temibili e crudeli delle prime,
    erano le vampate dei grossi calibri da 381 mm delle corazzate inglesi
    che ci tiravano addosso da distanza ravvicinata…
    il radar guidava nell’oscurità il loro micidiale tiro…
    24 pezzi di artiglieria pesante riversarono un diluvio di proiettili
    sui due nostri incrociatori della I Divisione e sui Caccia di scorta,
    fortissimi terrificanti boati,
    un grande fragore come di tuono
    e su di noi si abbattè una valanga di proiettili ed esplosivo
    e furono sùbito esplosioni, fuoco, devastazione e morte…
    morte e distruzione dovunque sopra e sotto coperta…
    sulle nostre ignare Unità.

    Giuseppe Palazzolo (Torino di Sangro, 1.11.1919 – Mare 28.3.1941)
    di Ferdinando Talamonti

    (Torino di Sangro, 1.11.1919 – Mare 28.3.1941)

    … riceviamo e con immenso orgoglio pubblichiamo.

    Giuseppe Palazzolo, disperso in guerra. Era mio zio, cannoniere, sul regio incrociatore Fiume.

    A proposito della regia nave Fiume
    di Marino Miccoli – Luigi Atzori

    …riceviamo e orgogliosamente pubblichiamo per mai dimenticare il 27 – 28 marzo 1941.

    Pregiatissimo
    signor Luigi Atzori,
    per nulla, proprio di nulla Lei si deve scusare con me; sono io che La ringrazio per lo scritto commemorativo della strage di Marinai italiani che avvenne la notte del 28 marzo 1941 a largo di Capo Matapan (Grecia) che è apparso i primi di novembre u.s. sul sito SERRAMANNA.
    E mi ha fatto particolarmente piacere che Lei, stimato signor Atzori, abbia riportato i versi della mia poesia che ho scritto per ricordare quei drammatici momenti. Sono onorato del fatto che le mie modestissime parole siano servite a commemorare i due valorosi Caduti figli di Serramanna. Quella tragica notte i due Marinai, suoi conterranei nonché miei connazionali, il cannoniere Efisio Cabras e l’elettricista Antonio Secci, erano vicini a mio padre il maresciallo capo-cannoniere Antonio Miccoli; erano infatti imbarcati sulla medesima unità della Regia Marina: il superbo quanto temibile Regio Incrociatore Fiume. Era una nave stupenda che aveva un equipaggio straordinario per la sua preparazione e professionalità; il meglio che potessero offrire le scuole CREMM in quell’epoca. Purtroppo furono pochi coloro che scamparono a quell’improvvisa tempesta di fuoco che in pochi minuti distrusse quasi per intero la I^ Divisione di Incrociatori Pesanti e i Cacciatorpedinieri di scorta. Mio padre fu tra quei pochi fortunati (…o meglio sarebbe dire: graziati) e per lui, fatto prigioniero dagl’inglesi, ebbe inizio un lungo periodo di prigionia in Sud-Africa. Di questo lungo, duro e drammatico periodo di  prigionia sto redigendo un articolo e Lei, stimato signor Luigi Atzori, unitamente al maresciallo Ezio Vinciguerra del sito “lavocedelmarinaio.com” che pubblica i miei modesti scritti, sarà tra i primi ad averne copia.
    Riguardo alla sua richiesta di mie fotografie raffiguranti l’equipaggio del Regio Incrociatore Fiume, devo purtroppo risponderLe che non ne ho.
    Nell’oceano rappresentato dal web ho rinvenuto un’immagine di gruppo che comunque allego a questa mia lettera. Copia di questa e-mail la invio allo stimato maresciallo Ezio Vinciguerra che ha fatto da gentile tramite nella corrispondenza tra Lei e me e che ringrazio di vero cuore.
    Sperando di fare cosa gradita, allego pure una rara quanto bella fotografia del Regio Incrociatore Fiume, tratta dall’album di mio padre, mentre sfila davanti a piazza San Marco a Venezia. La autorizzo all’eventuale sua pubblicazione sul sito ASERRAMANNA, e sarebbe significativo che questa bella immagine fosse accompagnata da un suo pregevole quanto gradito scritto di commento, gentile signor Atzori.
    Contento di aver fatto la sua conoscenza, spero di avere presto sue notizie e Le auguro un sereno anno 2012 che veda il realizzarsi delle sue migliori aspirazioni e buone aspettative.
    Una calorosa stretta di mano accompagna il sincero e marinaresco saluto che ho il piacere di porgerLe, caro signor Luigi Atzori, al termine di questa mia lettera.
    Con stima.
    Marino Miccoli

    Per approfondire digita sul motore di ricerca del blog “La disfatta di Capo Matapan” e consulta anche i sotto elencanti Link
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2010/06/le-scuole-c-r-e-m-di-pola-istria-italiana/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2010/04/a-te-o-grande-eterno-iddio/
    http://www.trentoincina.it/mostrapost.php?id=335
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2011/11/1-dicembre-1941-%e2%80%93-r-e-alvise-da-mosto/
    http://www.trentoincina.it/mostrapost.php?id=320

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    27.3.1947, viene radiata la regia nave Marte

    di Antonio Cimmino

    Questa petroliera fu varata il 27 luglio1892 nel cantiere W.G. Armstrong, Mitchell& Co Ltd di Elswich, Newcastle in Gran Bretagna per conto della Mineraoil Raffinerie AG di Fiume con il nome di “ETELKA”.
    Rilevata nel 1909 dalla Marina Imperiale Austroungarica, fu ribattezzata “VESTA”.
    Dopo la Prima Guerra Mondiale fu ceduta nel 1919 all’Italia in conto riparazione danni di guerra e ridenominata “MARTE” il 14 novembre 1922.

    Dal 1923 al 1930 fu data dalla regia Marina in gestione: prima alla Cooperativa Garibaldi di Genova e poi alla SocietàNazionale Olii Minerali che la ribattezzo “PROCIONE”.
    Ritornata alla regia Marina nel 1930, fu nuovamente denominata Marte.
    Dopo l’Armistizio fu catturata dai tedeschi il 9 settembre 1943 ed utilizzata fino al mese di giugno 1944.
    I tedeschi in ritirata l’affondarono all’all’imboccatura del porto di Livorno.
    Fu radiata ufficialmente il 27 marzo 1947.

    Caratteristiche tecniche
    Stazza lorda: 2373 tonnellate;
    Lunghezza: 88,10 metri;
    Larghezza: 11,40 metri;
    Immersione: 5,97 metri;
    Motrice a vapore a triplice espansione, 1 elica
    Armamento: 2 pezzi da 76/40
    Velocità: 10 nodi
    Equipaggio al varo: 58 uomini.