Per Grazia Ricevuta

  • Attualità,  Per Grazia Ricevuta,  Recensioni,  Sociale e Solidarietà

    Buona domenica delle Palme

    a cura Marinaio di Spirito Santo

    Buongiorno ai naviganti,
    il dolore ci unisce e ci rende più umani. Oggi abbiamo due sofferenze in comune: le pandemie e le guerre sparse nel pianeta (una alle porte di casa che non promette niente di buono a livello mondiale) da debellare.
    Ovunque sul pianeta siamo sotto la stessa minaccia.
    L’insicurezza e l’istinto di conservazione possono renderci egoisti ed individualisti. Tuttavia, ciò che stiamo vedendo è la diffusione globale della solidarietà in ogni punto della terra.  L’umanità vive questo periodo in cui possiamo mettere in pratica, più che mai, questa giornata di vita dei cristiani, indipendentemente dal nostro credo religioso, in particolare sostenendo coloro che sono in difficoltà. Amen!


  • Attualità,  Il mare nelle canzoni,  Per Grazia Ricevuta,  Recensioni,  Storia,  Un mare di amici

    Francesco “Franco” Battiato (Ionia, 23 marzo 1945 – Milo, 18 maggio 2021)

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    (Ionia, 23 marzo 1945 – Milo, 18 maggio 2021)

    PER GRAZIA RICEVUTA
    Acqua di mare e riflessi del sole a scorrerci intorno come se stessimo fermi sull’orlo, e fosse Catania e le sue pietre stinte di San Giovanni li Cuti ad andarsene via… come emigranti di poppa!
    Non siamo ormai fatti che d’alghe e conchiglie, nessuno ad accorgersi del nostro furtivo passaggio, fatti di sabbia nera oscura dell’Etna, d’anni persi e dimenticati lungo cammini diversi.
    A FRANCO BATTIATO
     

     … ed un dogmatico rispetto verso le istituzioni!
    Che cosa resterà di me, del transito terrestre?
    Di tutte le impressioni che ho preso in questa vita?
    Mi piacciono le scelte radicali…
    P.s. Sembra scritta per uno che conosco bene!
  • Attualità,  Marinai,  Marinai di una volta,  Per Grazia Ricevuta,  Racconti,  Recensioni,  Sociale e Solidarietà

    22.3.2024, “Giornata mondiale dell’acqua”

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Il mondo è sporco fuori, figuriamoci quanto siamo sporchi noi dentro. Non riusciamo più a cogliere il vero senso della vita e cioè il rispetto per la vita stessa nelle sue varie forme animale e vegetale, terrestre o marina. Produciamo tanta spazzatura: troppa! Ma ci siamo mai chiesti dove va a finire tutta questa spazzatura?

    Incredibile, ma vero, la più grande discarica del mondo si trova in mare. Milioni di tonnellate di rifiuti provenienti da ogni parte del mondo formano un’enorme isola nell’Oceano Pacifico. I rifiuti, a causa di particolari correnti, si sono radunati in una zona situata più o meno tra il Giappone e la costa occidentale degli Stati Uniti, non lontano dalle paradisiache Hawaii e ora formano quella che è chiamata la “Great Pacific Garbage”. Stiamo parlando di un fronte di centinaia di chilometri di immondizia che si allarga sempre più. Non si tratta semplicemente di plastica galleggiante, ma di un minestrone di spazzatura semitrasparente che galleggia proprio sotto la superficie del mare e per questo motivo non è rilevabile dalle foto satellitari. Da sempre la spazzatura che finisce in mare si degrada, certo ogni componente ha i propri ritmi e tempi di degradazione, ma la plastica è indistruttibile, tanto che nell’isola galleggiante sono stati ritrovati “reperti” databili a mezzo secolo fa. Questo eco-mostro si può definire la più grande zona di accumulazione degli scarti della nostra società; ogni cosa che galleggia nel Pacifico si concentra in questa area dopo aver fluttuato nei mari per anni o decenni e forma una densa melma di rifiuti nella quale si possono talvolta distinguere buste di plastica, contenitori di detersivo, palloni da calcio, bottiglie di plastica e altri segni della nostra “civiltà”.
    Tutto il resto è sminuzzato in minuscole parti che rendono l’acqua in questa area così densa come fosse una zuppa.
    La misura totale della Great Pacific Garbage non e’ ancora nota: si parla di 700mila/15 milioni di kmq, con una profondità di 30 metri. La sua dimensione si stima sia tra lo 0,41% e l’8,1% dell’intero Oceano Pacifico, da 2 a 50 volte la nostra amata Italia, con oltre 3,5 milioni di tonnellate di detriti. Formatasi tra gli anni cinquanta e gli anni ottanta, e’ costituita per l’80% da plastica e rifiuti provenienti soprattutto dalle coste dei Paesi rivieraschi: sia dal nord (Mare di Bering) dove la Russia scarica un’enorme quantità di materiali tossici ed inquinanti, che dalle coste degli Stati Uniti d’America, del Giappone e della Cina. Le correnti marine raccolgono i detriti lungo la costa dei continenti e li concentrano al centro dell’oceano.
    L’enorme quantità di spazzatura si e’ fotodegradata negli anni, spaccandosi in miliardi e miliardi di piccoli pezzi, fino a raggiungere le dimensioni dei polimeri che la compongono. Difficili da raccogliere, questi “pezzettini di inquinamento” sono entrati nella catena alimentare dei pesci e dei molluschi, tanto che in alcuni campioni di acqua marina, prelevati nel 2001, la quantità di plastica superava di sei volte quella dello zooplancton (la vita animale dominante dell’area). La fotodegradazione della plastica produce delle particelle che assomigliano a zooplancton, ed ingannano le meduse che se ne cibano, causandone l’introduzione nella catena alimentare. Questo continente sintetico, conosciuto anche col nome di “Pacific Trash Vortex” è un gorgo di pezzi di plastica che rotea, crescendo in maniera esponenziale tenuto insieme dalle correnti oceaniche che formano il “Vortice Subtropicale del Nord Pacifico”.
    Il fenomeno, del quale nessuna Nazione vuole assumersi né la responsabilità né la gestione o il tentativo di smaltimento, sta lentamente modificando anche il corso delle correnti oceaniche, così importanti per l’equilibrio climatico del nostro piccolo pianeta.
    Solo associazioni, enti privati e biologi marini dell’Università di San Diego si sono interessati al problema e per valutare l’impatto ambientale della discarica marina sulla flora e sulla fauna della zona e studiare possibili opere di bonifica.

    Siamo di fronte ad un nuovo continente: “il settimo continente”, il continente dell’indifferenza, il continente della miseria umana, un altro continente di spazzatura. Quando finiremo di non avere più vergogna, finirà il mondo.

    Se il mare è sporco, figuriamoci noi quanto siamo sporchi dentro!

  • Attualità,  Le vignette,  Per Grazia Ricevuta,  Recensioni,  Sociale e Solidarietà

    Il concetto umano di competenza globale

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    Vignetta di Sci Oh

    Buongiorno ai naviganti,
    il concetto umano di “competenza” è fare le cose con diligenza, cercando sempre di raggiungere l’eccellenza negli obiettivi che prefiggiamo. Questi obiettivi, quando raggiunti, non solo diventano limiti da essere nuovamente superati ma ci devono spronare a perseverare e perfezionare il nostro modo di vivere per il bene della “comunità mondiale”.
    Questo è il momento giusto, non abbiamo alternative per raggiungere l’ampiezza di questo concetto … globale!
    P.s. La vignetta è di Sci Oh … un grande!
  • Marinai,  Marinai di una volta,  Per Grazia Ricevuta,  Recensioni,  Storia

    Padre Igino Lega (Brisighella 14.11.1911 – Varese, 21.3.1951)

    a cura A.N.M.I. Lugo di Romagna, Claudio Confessore e Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Banca della memoria - www.lavocedelmarinaio.com
    …Leros settembre 1943. 
    Padre Igino Lega era “l’uomo degli altri”, un cappellano militare gesuita (Brisighella 14.11.1911 – Varese, 21.3.1951).

    Nasce a Brisighella il 14 novembre 1911, arrivò nell’isola di Leros nel febbraio 1942 per assistere i ‘suoi’ Marinai…addormentandosi sfinito al loro capezzale.
    Dopo la firma dell’armistizio, l’8 settembre 1943, sull’isola di Leros sbarcarono gli inglesi, cominciarono i bombardamenti tedeschi, ed ebbe inizio la cosiddetta “Battaglia di Leros”.
    Sotto i bombardamenti, Padre Igino Lega celebrava anche da solo con il suo Crocifisso tra le mani, le sue funzioni religiose.

    Padre Igino Lega mentre celebra messa per i marinai - foto internet
    Fu anche preso prigioniero e deportato in diversi lager tedeschi, perché voleva seguire la sorte dei ‘suoi’ Marinai. Ne tornò con l’ultimo dei convogli, provato nel fisico e duramente ferito nell’animo…
Gli venne conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare per il suo operato spirituale opponendo al nemico i simboli della Fede.
    I suoi Marinai, credenti o meno, gli scriveranno a lungo, continuando a chiedere la sua benedizione. La vita di Padre Lega ci ricorda quanto l’uomo ha bisogno di valori e di dignità, quanto riesce a conservare un ideale, anche in condizioni estreme di tragedia e sofferenza.
E’ salpato da Varese per la sua ultima missione, quella di ricongiungersi nelle mani di di Dio, il 23 marzo 1951.
    E’ in corso il processo di beatificazione.
    Il libro è un’iniziativa dei Marinai d’Italia di Lugo e di Gallarate per immortalare la figura di Padre Igino Lega, una ristampa della biografia, scritta dal confratello Padre Alessandro Scurani, edita una prima volta nel 1953 e una seconda nel 1971: titolo, ‘L’uomo degli altri’.
    Il libro si può trovare presso l’Associazione Nazionale Marinai d’Italia gruppo T.V.G.Miraglia di Lugo di Romagna con sede provvisoria in via Palazza 5 San Potito di Lugo (RA) o indirizando la richiesta all’indirizzo e-mail amnilugo@racine.ra.it è gradito un contributo a sostegno delle spese di realizzazione.

    L'uomo degli altri (Lero) di Alessandro Scurani
    Motivazione medaglia d’oro
    Cappellano militare del presidio di isola lontana dalla Patria e sottoposta a soverchiante e prolungato assedio, dava ogni propria energia superando disagi e pericoli, nell’assistenza spirituale e religiosa dei militari della guarnigione. Divenute precarie le condizioni del presidio frazionato in nuclei isolati dall’azione nemica, proseguiva a piedi – per vie dirute e battute dal fuoco – il proprio apostolato recandosi, anche allo stremo delle forze e sanguinante nei piedi, sui monti ove ferveva la lotta ed ovunque i morenti ed i sopravvissuti lo richiedessero, esponendo la vita con superba serenità e gravissimi rischi. Nell’imminenza dell’attacco decisivo all’isola, riusciva a raggiungere batteria circondata dal nemico, durante cinque giorni di aspri combattimenti, partecipando al combattimento come servente di cannone, era centro animatore di fede e di amor patrio per il personale duramente provato dall’impari e lunga lotta. Caduta l’isola, fisicamente sfinito, radunava i superstiti in attesa di feroce rappresaglia attorno all’altare e celebrava il servizio religioso levando alla presenza del nemico interdetto l’invocazione all’Italia, ripetuta dal presenti. Esempio altissimo di immacolata fede, di virile coraggio e di grande amore di Patria”.

    Padre Igino Lega a Leros - www.lavocedelmarinaio.com

    L’uomo degli altri (Alessandro Scurani)
    di Claudio Confessore
    Bella iniziativa la ristampa del libro relativo alla figura di Padre Igino Lega.
    Il primo libro scritto dal confratello Padre Alessandro Scurani edito nel 1953 per la “Editrice Lampade Viventi – Selecta Milano”, aveva il titolo “P. Igino Lega S.J. (Medaglia d’Oro al V.M.)”.
    “Fu sempre padre e fratello per tutti, povero fra i poveri, umile fra gli umili. Morì appena quarantenne nel marzo 1951, mentre con la sua motocicletta – un galletto – era alla ricerca di un alloggio per la famiglia di un suo operaio” (A. Scuriani S.J.).
    Mons. Pietro Santini, Ispettore generale dell’Ordinariato Militare, che celebrò il rito funebre, nella sua omelia disse. “Questa messa che celebriamo è soprattutto di ringraziamento al Signore per aver fatto in Padre Lega un così grande dono alla Madre Chiesa e all’Italia… Il Corpo dei Cappellani Militari, in servizio ed in congedo gioisce, oltreché averlo fratello nel Sacerdozio, anche per aver ricevuto da Padre Lega orizzonti singolarissimi e più vasti di un appostolato, dove trovò la fiamma dell’amore, dove la fede si temprò e la speranza divenne certezza, dove il servizio divenne missione per la salvezza di tanti.

    Padre Igino Lega - www.lavocedelmarinaio.com
    Questo il messaggio che ci viene dal Padre Igino Lega. Raccogliamolo e Dio ci aiuti a realizzarlo”.
    Padre Igino Lega è sepolto in San Michele di Brisighella, sotto l’altare della Madonna delle Grazie e sulla facciata di casa Lega, in via Fossa, c’è una lapide ricordo su cui è inciso:
    In questa casa nacque Igino Lega Gesuita medaglia d’oro al valor militare, eroico cappellano militare sotto il cielo di Lero, apostolo di carità nei campi di prigionia in Germania, Padre fratello ai suoi operai offri in sublime olocausto la pura vibrante giovinezza perché uno fosse il regno di Cristo come uno era il messaggio portato integro ardente alle frontiere della vita. 1911 – 1951”.

    Altre pubblicazioni relative a Padre Igino Lega
    – “Lero Eroica” che raccoglie gli scritti di Padre Igino Lega a cura di Don Edoardo Fino (Editrice Italica – Pescara 1974;
    – “Padre Igino Lega S.I.” Opuscolo estratto dal volume di Domenico Mondrone S.I. “I Santi ci sono ancora” Vol. III Roma Edizioni Pro Sanctitate.

    Padre Igino Lega notare Il tricolore per abside - foto internet - www.lavocedelmarinaio.com
    Bibliografia ufficiale (tratta da internet)

    Padre Igino Lega nacque il 14 novembre 1911 a Brisighella (RA), da una importante famiglia. Studiò presso i Padri gesuiti a Brescia, dimostrando di essere un bravo studente. Nel 1928 entrò nella “Compagnia di Gesù”, studiando filosofia a Mantova e Magistero a Roncovero (PC). Nel 1940 fu ordinato sacerdote e, nel settembre dello stesso anno fu chiamato alle armi, nominato Tenente Cappellano e destinato all’Ospedale da Campo n° 515 posto nelle immediate vicinanze della città di Trieste. Collocato in congedo nel ’41, nel febbraio 1942 (dopo quasi un anno), venne richiamato in servizio e posto a disposizione come cappellano della Marina: destinazione Lero per l’assistenza spirituale del personale di quella Base Navale comandata dal Capitano di Vascello Luigi Mascherpa.
    Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, travolta la resistenza dell’isola da soverchianti forze tedesche, volle seguire la sorte degli sfortunati marinai nelle loro tappe verso i campi di concentramento in Germania. Dalle pagine del libro di Angelo Martelli “Una sigaretta sotto il temporale” pag. 14 segg. … Prima che le navi cariche di prigionieri italiani e inglesi facessero rotta per i campi nazisti, pronunciò nel piazzale del comando Difesa un discorso – Egregi ufficiali, sottufficiali, eroici e carissimi marinai, è con intima e tremenda commozione che celebro per l’ultima volta la santa Messa davanti a Voi riuniti in adunata straordinaria prima che le navi salpino da Portolago e ci dividano per i vari campi di prigionia. Io che ho condiviso i vostri ardui sacrifici sostenuti prima in 2/3 anni di lotta fra queste rupi e, ultimamente, in 52 giorni di bombardamenti ininterrotti; vi grido e vi comando di tenere alta la testa e fiero lo sguardo. Avete combattuto da valorosi e se ora siamo prigionieri non è colpa nostra (allusione agli inglesi)….la misericordia di Cristo che , morto giovane come loro e con morte straziante ha offerto il suo purissimo sangue per noi tutti, conceda loro il premio dei forti, la gloria e la luce degli eroi. E adesso recito la preghiera del marinaio …è pericoloso dice qualcuno…La reciterò anzi più forte del solito e la concluse con Viva L’Italia. I tedeschi si affacciarono per vedere cos’era successo e tutti gli inglesi balzarono in piedi accomunando al nostro il loro omaggio alla patria. Padre Igino Lega seguì i marinai a Menden, Hermer per poi tornare con i tubercolotici di Oeventrop. Rimpatriato fra gli ammalati nel settembre 1945, il 6 febbraio 1946 venne posto in congedo. Insegnò per oltre 4 anni, lettere e filosofia presso la Scuola Apostolica di Roncovero (Piacenza) e fu Direttore spirituale delle A.C.L.I. di Bassano del Grappa (Vicenza). Padre Igino Lega, tenente cappellano, è morto a Varese il 23 marzo 1951 in seguito ad incidente stradale.

    Padre Igino Lega a bordo con i suoi marinai - foto internet - www.lavocedelmarinaio.com
    Il 17 febbraio 1947 venuto a conoscenza del conferimento della Medaglia d’oro scongiurò di evitargliela. Dovette piegarsi all’ubbidienza dei suoi superiori e il 17 novembre nel piazzale dell’Accademia Navale di Livorno, il ministro Cingolani appuntò sul suo petto la medaglia d’oro al Valor Militare.
    Ecco la motivazione
    Cappellano militare del presidio di isola lontana dalla Patria e sottoposta a soverchiante e prolungato assedio, dava ogni propria energia superando disagi e pericoli, nell’assistenza spirituale e religiosa dei militari della guarnigione. Divenute precarie le condizioni del presidio frazionato in nuclei isolati dall’azione nemica, proseguiva a piedi – per vie dirute e battute dal fuoco – il proprio apostolato recandosi, anche allo stremo delle forze e sanguinante nei piedi, sui monti ove ferveva la lotta ed ovunque i morenti ed i sopravvissuti lo richiedessero, esponendo la vita con superba serenità e gravissimi rischi. Nell’imminenza dell’attacco decisivo all’isola, riusciva a raggiungere batteria circondata dal nemico, durante cinque giorni di aspri combattimenti, partecipando al combattimento come servente di cannone, era centro animatore di fede e di amor patrio per il personale duramente provato dall’impari e lunga lotta. Caduta l’isola, fisicamente sfinito, radunava i superstiti in attesa di feroce rappresaglia attorno all’altare e celebrava il servizio religioso levando alla presenza del nemico interdetto l’invocazione all’Italia, ripetuta dal presenti. Esempio altissimo di immacolata fede, di virile coraggio e di grande amore di Patria”.

    Padre Igino Lega consacrazione del Sacro Cuore di Gesù - foto internet - www.lavocedelmarinaio.com
    La Battaglia di Lero
    Situata a pochi chilometri di distanza dalla Turchia, Lero era stata acquisita dall’Italia in seguito alla guerra di Libia assieme all’intero Dodecaneso. Per via delle sue caratteristiche geofisiche, nel corso del secondo conflitto mondiale rivestì un’importanza di rilievo per il mantenimento delle comunicazioni con l’Africa Settentrionale. Lunga solo 15 km e prevalentemente montuosa, l’isola presenta sei baie che furono giudicate particolarmente adatte per ospitare sia il naviglio di superficie sia diverse unità di sommergibili.
    Dallo scoppio delle ostilità al settembre del 1943 l’isola era stata attaccata dagli inglesi solo in maniera sporadica. Tre le incursioni che in ogni caso meritano di essere ricordate. Le prime due sono datate rispettivamente 20 settembre e 20 ottobre 1940. Mentre il primo attacco si concluse con un nulla di fatto, il secondo procurò danni ingenti alle strutture logistiche e la perdita di una quarantina di soldati. Una terza offensiva contro Lero fu condotta nel novembre del 1942 ad opera di una squadriglia di cinque aerei inglesi che bombardarono l’isola causando la morte di altri trenta uomini della guarnigione.
    Dopo questa terza incursione l’isola conobbe un lungo periodo di quiete che si interruppe solo in conseguenza delle vicende del settembre 1943.
    Subito dopo l’8 settembre arrivarono sull’isola tre diverse missioni inglesi attraverso le quali furono poste le basi per la futura collaborazione politico militare fra le truppe britanniche e la guarnigione italiana. Contemporaneamente, il giorno 12, i tedeschi si erano impadroniti dell’isola di Rodi e avevano avanzato la proposta, a tutte le isole dell’Egeo non ancora in loro possesso, di una resa “onorevole”. Con l’uscita dell’Italia dalla guerra, il Dodecaneso era diventato per le forze tedesche di vitale importanza. Se fosse caduto sotto il controllo delle forze alleate, infatti, avrebbe potuto essere utilizzato come base per le incursioni aeree sulla Grecia e sulla Jugoslavia, territori ancora in mano alla Wermarcht.
    Rifiutata la resa, Lero organizzò i suoi piani di difesa per contrastare l’inevitabile attacco tedesco. Italiani e inglesi si ripartirono equamente i compiti. Le truppe italiane, munite di un armamento costituito da 24 batterie con 100 bocche da fuoco che seppur vecchio poteva essere ritenuto sufficiente, si occuparono della difesa aereo-navale disponendosi lungo le coste rocciose e sui principali rilievi dell’isola. Due capitani di fregata, Luigi Re e Virgilio Spigai, agli ordini dell’ammiraglio Mascherpa, assunsero rispettivamente il comando per la difesa aerea e per quella navale.
    Gli inglesi si preoccuparono invece di organizzare la difesa antisbarco potendo contare, però, su un equipaggiamento bellico del tutto insoddisfacente. A guidare gli uomini del Commonwealth, giunti in un migliaio fra il 16 e il 20 settembre e poi ulteriormente rinforzati nei giorni seguenti fino a raggiungere il numero di 3000, si succedettero prima il brigadiere generale Brittorius e poi il generale Tilney. La forza britannica fu distribuita in tre diversi settori, nord-centro-sud, ed era composta da un battaglione per ogni zona affiancata da soldati italiani posti alle loro dirette dipendenze.

    Dopo la conquista di Rodi l’esercito tedesco continuò la sua inesorabile occupazione dell’Egeo: il 22 settembre fu presa Cefalonia, il 25 fu il turno di Corfù. La mattina del 26 fu scatenato l’attacco su Lero dando così inizio a una battaglia destinata a protrarsi per 52 giorni consecutivi e che può essere suddivisa in tre differenti periodi. Le prime due fasi, che vanno rispettivamente dal 26 settembre al 31 ottobre e dal 1° al 12 novembre, furono contrassegnate dai massicci bombardamenti, sia aerei sia navali, che investirono quasi senza tregua l’isola; la terza corrisponde invece al momento della battaglia terrestre svoltasi fra il 12 e il 16 novembre. L’attacco cominciato la mattina del 26 settembre si prolungò senza sosta per altri 35 giorni. In questa prima fase i colpi sparati dalla contraerea italiana superarono i 150.000 mentre l’aviazione tedesca effettuò quasi duecento incursioni perdendo più di cento apparecchi. L’attività di tutte le batterie contraeree fu incessante tanto che, in più casi, i pezzi d’artiglieria divennero inutilizzabili perché surriscaldati per l’eccessivo sforzo cui erano sottoposti.
    Sotto il tiro degli Stuckas tedeschi, ai cui motori era applicata una sirena che nel momento della picchiata emetteva un ruggito che terrorizzava le batterie, la vita era appesa a un filo e affidata al caso oppure alla divina provvidenza.
    Nonostante la furia dei bombardamenti la volontà degli italiani rimase ferma e assoluta segnando una delle pagine più limpide scritte dall’esercito italiano nel secondo conflitto mondiale. Una resistenza, quella di Lero, che nulla ha da invidiare al coraggio mostrato dagli alpini di Russia nella battaglia di Nikolajewka o a quello delle forze che si erano strenuamente battute ad El Alamein. Il canto dei combattenti di Lero testimonia tutta la tenacia e il valore dell’intera guarnigione, pronta ad affrontare ogni prova pur di non cedere al nemico: “Qui nessuno ritorna indietro non si cede nemmeno un metro se la morte non passerà“.
    La seconda fase della battaglia fu preceduta da una breve sosta dei bombardamenti che, fra il 1° e il 6 novembre, calarono vistosamente d’intensità. Il giorno 6, però, l’offensiva riprese ancora più vigorosa raggiungendo il suo apogeo nei giorni 9,10 e 11 novembre quando, gli artiglieri, non riuscivano neppure a trovare il tempo per dormire e mangiare. Fu l’ultima grande ondata prima dell’inizio delle operazioni di sbarco. Fino ad allora Lero aveva subito 48 giorni di assedio continui con incursioni aeree che si erano susseguite mediamente ogni tre-quattro ore. Nonostante la volontà dell’intero presidio la situazione si era fatta ormai insostenibile: I rifornimenti non arrivavano. La marina tedesca aveva il controllo dell’Egeo. Qualche rifornimento arrivava di notte, ma di notte cadevano più di là che di qua”. Solo a questo punto, a cavallo fra l’11 e il 12 novembre, i tedeschi diedero il via alle operazioni di sbarco. Mentre a sud un tentativo di invasione fu felicemente respinto dalle batterie costiere, nel settore nord est dell’isola, confidando su una nebbia fitta, i tedeschi riuscirono a creare una prima testa di ponte che, nei giorni seguenti, fu adeguatamente rinforzata con nuovi sbarchi. Contemporaneamente truppe aviotrasportate, nell’ordine di circa 500 uomini, furono lanciate nella zona centrale di Lero riuscendo così, malgrado le ingenti perdite cui andarono incontro, nell’intento di spezzare le difesa dell’isola separando il settore nord da quello meridionale.

    Padre Igino Lega celebra messa per i suoi marinai - foto internet - www.lavocedelmarinaio.com
    I due giorni seguenti videro combattimenti furiosi e un tentativo di contrattacco inglese che valse la riconquista di alcune posizioni, ma che non riuscì ad impedire l’avanzata delle truppe tedesche potenziate con l’arrivo di nuovi soldati e prontamente supportate dall’aviazione che continuava a bombardare l’isola. Il 16 novembre, nonostante le insistenze dell’ammiraglio Mascherpa preso i comandi britannici affinché fosse compiuto un contrattacco utilizzando tutti gli uomini disponibili, il generale inglese Tilney, che reputava ormai l’isola persa irrimediabilmente, si arrendeva al generale tedesco Muller. Capitolati gli inglesi ogni ipotesi di continuare la battaglia venne meno anche per gli italiani: alle 18 e 30 dello stesso giorno l’ammiraglio Mascherpa sottoscrisse anch’egli la resa. Gli ultimi scontri cessarono di fatto la mattina del 17 novembre. Nel corso della battaglia erano caduti 1630 italiani cui devono aggiungersi le perdite inglesi che furono di circa 600 uomini. Alto anche il prezzo pagato dai tedeschi, i quali, contarono almeno 3000 morti. Una volta occupata Lero, inoltre, questi ultimi sfogarono la loro rabbia per la fiera opposizione italiana ricorrendo alla consueta e ignobile rappresaglia che costò la vita ad almeno dieci ufficiali. Le violenze si susseguirono anche nei giorni a venire, presso i centri allestiti per la temporanea prigionia, dove, questa volta, ad essere freddati senza pietà furono alcuni semplici soldati.
    La fuga e la prigionia in Turchia Mentre per la maggior parte dei soldati italiani, circa 3000, si apriva il triste destino della deportazione nei campi d’internamento in Germania e in Polonia, un ristretto numero di uomini tentò una fuga disperata in direzione della Turchia. Qualcuno riuscì a recuperare una barca, altri costruirono rudimentali mezzi di navigazione e presero il largo sfidando l’imprevisto e le mitragliatrici dell’aviazione tedesca.
    E’ in atto la causa di beatificazione, numerose sono le testimonianze di chi lo ha conosciuto o invocato e ha ottenuto aiuto. Vice postulatore della causa è Padre Alfredo Imperatori s.j. residente all’Istituto Filosofico Aloisianum di Gallarate, in caso di segnalazioni telefonare ai seguenti numeri:
    Tel. 0331 770934 – Fax 0331 771559
    E.mail: direzione@irisservizi.it

    Igino Lega fanciullo - foto internet www.lavocedelmarinaio.com

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    Ecco perché parliamo di morti

    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra e collaboratori di questo blog

    Perché occorre un superamento di sé, l’uscita da condizionamenti inconsci e presunzioni varie che riducono infinitamente la nostra vita. Ma vale più di qualunque tesoro, perché è il nostro potenziale. Parleremo molto, cercando di essere all’altezza di tanto onore perché siamo un popolo di santi, poeti e navigatori (reali e virtuali) che mettiamo la faccia in tutte le cose che facciamo.
    PIU’ VOCE AI MARINAI VIVI E MORTI
    Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Nicola Boccardi dice:
    18 marzo 2018 alle 18:47
    Buonasera a tutti,
    la mia bambina che frequenta la IV elementare mi ha chiesto notizie del fratello di mia nonna materna morto in guerra.
    Ricordavo poche notizie che mi aveva lasciato mia madre che ora non c’è più. Ora sono qui e io e la mia bambina vi chiediamo di raccontarci di più di cosa è successo e di Menzera Giglio marinaio del 07/02/1923 di Palagiano in provincia di Taranto.
    Sapete dove è seppellito in un suo loculo o con i sei?
    Grazie al sig. Sergio Cavacece e ai superstiti che ci avete dato queste informazioni e queste emozioni.

    Claudio53 dice:
    19 marzo 2018 alle 08:26
    Gentile signor Nicola,
    il mio amico Ezio Vinciguerra mi ha chiesto se potevo rispondere alla sua richiesta. La ricerca è stata abbastanza semplice. Nell’albo d’Oro della Marina Militare è riportato che il fratello di sua nonna, Menzera Giglio, nato a Palagiano il 7 febbraio 1923 era un marinaio motorista imbarcato sulla corvetta Cicogna. La data della morte è il 24 luglio 1943, data in cui la nave venne colpita ed affondata nel porto di Messina da un bombardamento aereo alleato (recuperata dopo il conflitto, venne radiata il 18 ottobre del 1946). A bordo ci furono 21 vittime di cui 16 morti e 3 dispersi il 24 luglio e successivamente uno dei feriti morì il 25 ed un’altro il 27 luglio. Risulta che il fratello di sua nonna non era tra i dispersi per cui se non è sepolto nel cimitero di Palagiano sarà probabilmente fra i 6 sepolti, in un unico loculo, presso il Sacrario di Militare di Cristo Re nella città di Messina. Dopo aver verificato a Palagiano, se vuole, può telefonare al Sacrario di Messina per vedere se hanno i nomi dei 6 sepolti (Wikipedia riporta il seguente numero 389 218 3265) se non li hanno o non riesce a contattarli, e sempre se non è sepolto a Palagiano, può inviare una e-mail con la richiesta di notizie ad ONORCADUTI onorcaduti@onorcaduti.difesa.it. La storia della corvetta Cicogna e la fotografia della lapide la trova sul sito de “lavocedelmarinaio” al seguente indirizzo:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2017/07/regia-corvetta-cicogna-classe-gabbiano/
    Su Wikipedia trova le notizie sul Sacrario (https://it.wikipedia.org/wiki/Sacrario_di_Cristo_Re) e su YouTube ci sono dei filmati, ne segnalo uno: https://www.youtube.com/watch?v=cFQ-SroJNks
    Per altre notizie sul caduto o sulla corvetta veda l’articolo al seguente link:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2015/03/commissariato-generale-per-le-onoranze-ai-caduti-acronimo-onorcaduti/
    Se vuole che il fratello di sua nonna sia ricordato sul sito “lavocedelmarinaio” invii una fotografia, possibilmente in divisa, ad Ezio Vinciguerra (in indirizzo per conoscenza nella presente mail) che penserà a ricordarlo nella data della scomparsa.
    Sperando di essere stato utile.
    La saluto cordialmente.

  • Emigrante di poppa,  Il mare nelle canzoni,  Per Grazia Ricevuta,  Recensioni

    Giorgio Brancatelli, era mio padre

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    tratto da Emigrante di poppa (diritti riservati)

    L’ultima partita di campionato mi riservò gioia e dolore. La gioia per aver segnato il primo gol della mia vita in un torneo ufficiale. I compagni mi sostennero, mi abbracciarono, gioivano per “Ricciolino” che finalmente aveva segnato un gol. In quella partita ricevetti un calcio al volto, più esattamente nella guancia destra, dove ancora oggi porto una cicatrice che sembra avermi scolpito, quando rido, una fossetta. Ma non fu il vero dolore, per me che aspettavo la fine dell’incontro di calcio per rientrare a casa e dare la bella notizia ai miei familiari. Ma l’uscio era spalancato. La casa piena di vicini con aria mesta, triste e sconsolata. Le donne piangevano, percepivo le voci dei vicini che esclamavano:
    – “Ecco è arrivato il figlio, povero bambino”.
    Capii. Corsi verso la ringhiera del balcone per nascondere le lacrime, mi accartocciai su me stesso in posizione fetale per covare il dolore. Piangevo, singhiozzavo e mi soffiavo ripetutamente il naso. Se ne era andato troppo in fretta: non avevo fatto a comunicargli che suo figlio aveva fatto finalmente “goal”, che aveva vinto qualcosa di importante e che adesso l’avrebbe fatto felice anche studiando la musica.
    Giorno triste, per quel bambino che si apprestava a diventare ragazzo. Senza un fratello, senza un confidente.
    Nell’immediatezza non ebbi il coraggio di guardare mio padre sul letto di morte. Volevo ricordarlo da vivo, mi parve. Solo l’insistenza di parenti e conoscenti mi convinsero a vederlo prima che fosse chiuso nella sua povera bara di legno di ebano liscio lucidato. Giaceva fermo e rigido sul talamo nuziale al centro della stanza con due enormi candelabri ai piedi del letto, una coroncina del rosario fra le mani e l’immaginetta di San Giorgio, il suo santo protettore, adagiata su quell’esile corpo ridotto a pelle ed ossa.
    La messa ed il funerale furono maggiormente strazianti. Il dolore di mia madre, la disperazione delle mie sorelle, specialmente di mia sorella Angela, ricordo; e l’interminabile omelia funebre del sacerdote che, pur esaltando i pregi in vita di mio padre, non esitò a dire che la vita, seppur nel dolore, continua. Continua un corno, pensavo io.
    Il rientro a scuola fu ancora piú difficile per Ricciolino, anche se erano gli ultimi giorni di lezioni. Alla vista dei compagni scoppiai in lacrime. Avvertivo come un senso di vergogna. L’insegnante di matematica, la professoressa Sozzi, mi venne subito incontro, il suo alunno prediletto aveva perso il genitore: l’unico della classe con tale lutto. Lei non era sposata ma ci sapeva fare con i ragazzi. Aveva modi spiccioli, decisi e atteggiamenti quasi maschili. Mi disse di non piangere e di comportarmi da uomo. In effetti non aveva torto.
    Il bambino che era in me, invece di diventare ragazzo, divenne uomo. Tra poco iniziavano le vacanze estive e si ritornava a Castelmola.
    Ma di quell’estate non ricordo nulla!