Per Grazia Ricevuta

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    5.4.1877, il bastimento Bartolomeo Marciani

    a cura Sergio Pagni

    PER GRAZIA RICEVUTA

    Ex voto custodito al Civico museo marinaro Gio Bono Ferrari di Camogli (*).
    Sul quadro si legge:
    Orribile uragano sofferto dalla nave denominata Bartolomeo Marciani, capitano Antonio Brignati. Trovandosi al 36’55 di latitudine e al 72’ 48 di longitudine Greenwich il 5 aprile 1877, il vento furioso le portò via tutte le vele che erano spiegate e di più anche mezza vela di maestra, che era data a volta, e sbandò il bastimento come qui sopra si vede. Tutto l’equipaggio non vedeva più altro scampo che in Dio e Maria Santissima del Boschetto, dai quali invocavano grazia ed aiuto. Infatti l’ottennero. Cessò il maltempo e, a poco a poco, riuscirono a raddrizzarsi e proseguire il loro viaggio a salvamento. Perciò il suddetto capitano dona il presente al Santuario in omaggio e ringraziamento di tanta grazia ricevuta”.

    (*) se ne consiglia vivamente la visita.

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    Gli illuminati di niente

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    “Illuminati…di niente” lo sapete che “nulla è difficile volendo?”
    (Leonardo Da Vinci).
    Ma chi sono gli illuminati (…di niente) oggi?


    Sono quei burocrati, falsi leader e dirigenti “corrotti nell’anima e nella mente” che godono di apparente status sociale e non lasciano ai giovani talentuosi discenti di esprimersi per paura che questi abbiano il sopravvento su di loro.
    Gli illuminati (… di niente) non amano socializzare con i subalterni anzi, per accentuare le distanze con i “pensanti”, si contornano di adepti e baciapile, anch’essi ignoranti, in buona percentuale fatta da parenti, amici e amici degli amici.
    Gli illuminati (…di niente) pretendono ubbidienza, sottomissione e genuflessione (a volte anche con il ricatto sia economico che psicologico), raramente danno pacche sulle spalle, quasi mai si mettono in gioco. Hanno la presunzione di non avere mai torto in una discussione e la superbia di non sbagliare mai.
    Ho constatato (…e non solo il solo) che “il non fare degli illuminati”, è un modus vivendi e operandi che permette a questi individui, beceri e immorali, di vivere di rendita (sia in termini economici che di carriera). De resto loro non sanno fare niente se non che dare ordini e far vivere in un continuo “stato di paura” la gente onesta e proba.
    Per loro il 2009 non è stato “un anno orribile” fatto di perdite di vite umane, di catastrofi naturali o causate dall’ingordigia dell’uomo, di mancanza di etica e morale (soprattutto da parte di chi ci dovrebbe rappresentare), di divieti, di crisi economica e ideologica.
    Questi individui non se ne fregano di niente, non arrossiscono e non provano vergogna per un semplice fatto: non credono in niente se non ai tornaconti personali. Se li conosci (…e vi conosciamo) li eviti.
    Gli Illuminati (…di niente) sono sempre di più e si schierano sempre col vincitore, mai col più debole, pronti a saltare da una parte all’altra della barricata, pronti a prendere al volo le opportunità che il carro dei vincitori offre.
    Adesso, dopo quasi mezzo secolo di esistenza, so che bisogna alzare le vele e prendere i venti del destino ovunque spingano la barca. Dare un senso alla vita può condurre alla follia, ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vano desiderio.
    “Un popolo che non arrossisce è destinato a morire”
    (Pancrazio “Ezio” Vinciguerra).

    di Silvio Fanciulletti

     

    (*) … commento all’articolo:

    https://www.lavocedelmarinaio.com/blog/2010/04/gli-illuminati-di-niente/

    Caro Ezio,
    inizio così anche per eliminare la patina dei formalismi, ma inevitabilmente diventa retorica anche il “caro Ezio”, comunque in qualche modo dovevo appellarti per rispondere a quello che scrivi e, a proposito di ciò, noto con piacere che sei un “credente” e sono convinto che sei una persona – come si suol dire – di principi.
    Tornando all’argomento de “Gli illuminati …di niente”, penso che la nullità delle proprie azioni risiede nella disconoscenza di quanto ci circonda e della mancanza di riconoscenza del dono della nostra vita.
    Il contesto in cui viviamo, indipendentemente dalla nostra condizione sociale, dimostra la straordinarietà e bellezza della Natura, degli esseri viventi, del cielo di una notte d’estate, dei fiumi, dei mari, del sorriso di un bambino, insomma – anche se a molti non piace – della “Creazione”.
    Quello che rende illuminati tutti quanti noi è l’umiltà (che non significa modestia) e un po’ tutti oggi ne siamo spesso carenti.
    Sicuramente gli arroganti, gli approfittatori, gli ingordi, i disonesti e così via, anche se seduti in posti di rilievo e di responsabilità, sono il più eclatante esempio di falsi illuminati; ma anche noi, se ci interroghiamo nell’intimo, nel recondito nostro modo di essere, non siamo un po’ egoisti, non sempre disponibili come dovremmo essere e a volte anche un po’ superbi?
    E poi se ci assurgiamo ad una superiorità morale, non cadiamo nello stesso errore di coloro che critichiamo e che additiamo a commettere le peggiori nefandezze?
    Che l’umanità è sempre stata così e che addirittura lo erano alcuni degli illuminati cristiani, è dimostrato da quanto l’apostolo S. Paolo scrisse ai suoi fratelli della prima Chiesa di Roma.
    In quella lettera inviata ai cristiani “Romani”, si parla di uno strisciante ateismo che serpeggiava nel non riconoscere l’esistenza di Dio visibile attraverso la Creazione e quindi alla violazione delle sue leggi fondamentali.
    Usiamo quindi la nostra “intelligenza” e la nostra “umiltà” per divenire ogni giorno migliori, marinai o no (meglio se) e pensare che “Gli illuminati… di niente” non sono necessariamente nell’olimpo o nella terra, come quelli che non lo sono (?) e non sembrano esserlo.

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    San Giovanni Paolo Secondo (18.5.1920 – 2.4.2005), l’ultima scintilla mandata dal Cielo

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    ritratto (olio su tela) di Toty Donno (diritti riservati dell’autore)

    PER GRAZIA RICEVUTA

    Questo articolo è dedicato ai padri Micheliti, in particolare ai “padri spirituali” del Pontificio Santuario Maria SS. “ad Rupes” di Castel Sant’Elia (VT) che quotidianamente con fede, speranza e carità, con la preghiera e la perseveranza offrono ai pellegrini di entrare in “dialogo con Dio”, nel silenzio, personalmente e tramite la Sua Parola.

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    Di San Giovanni Paolo II si è parlato tanto, non solo nel suo per il suo pontificato e quindi per i tempi eccezionalmente brevi della beatificazione chiesta dai credenti fin dal giorno del suo solenne ed indimenticabile funerale avvenuto il 2 aprile 2005 ma per il suo cammino in questa Gerusalemme terrena.
    Papa Benedetto XVI il 1° maggio 2011 (altra data non a caso) ne celebrò la sua Beatificazione e l’attuale papa Francesco il 27 aprile 2014 lo ha canonizzato.
    Ma quelle di cui sopra non sono che date volute direttamente dal nostro Signore Dio Padre. In realtà dal giorno della sua nascita, dal giorno della sua dipartita, il sensus fidei di Dio donato al popolo cristiano aveva acclamato santo Giovanni Paolo II.
    Questo papa venuto da lontano, nemico del comunismo, sportivo, amante del teatro e dell’arte, pellegrino per il mondo come nessun suo predecessore, il grande Pontefice.
    La sua grandezza umana, spirituale e storica si può di seguito riassumere dalla sua nascita, dal suo sposalizio con Dio e soprattutto da quegli oltre 26 anni di pontificato (16 ottobre 1978 – 2 aprile 2005) che gli hanno permesso di imprimere nella storia una impronta decisiva ed indelebile fin dalle sue prime parole pronunciate nell’omelia di insediamento al suo pontificato (22 ottobre 1978):

    “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura!”.

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    Questo che lui chiedeva, lo ha fatto per primo: ha aperto a Cristo la società, la cultura, i sistemi economici, invertendo con quella forza spirituale che gli veniva da Dio una tendenza che fino ad allora sembrava irreversibile ed incontrovertibile.
    La sua testimonianza mista di sofferenza e gioia, quel suo indimenticabile abbracciare la Croce, il suo amore e coraggio ci ha ridato la forza di credere in Cristo, Redentore dell’uomo.

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    Si consiglia la lettura del seguente link:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2011/04/giovanni-paolo-ii/

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    Auguri di buona Pasqua 2024

    La libertà? Seguire gratuitamente le virtù teologali.
    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Fede, speranza e amore. Ecco le virtù che, secondo San Paolo, ci permettono di relazionarci con Dio e quindi con gli uomini, per vederne l’opera così come si manifesta nella nostra vita.
    La fede è la porta che ci permette di godere di questo dono gratuito che è la grazia di Dio.
    La speranza, poi, è quella virtù che non delude perché ci aiuta a vedere le cose dal punto di vista di Dio. L’amore di Dio, entrando nel nostro cuore e nella nostra vita, ci trasforma, rendendoci davvero capaci di vivere come Dio vuole: seguendo i 10 Comandamenti per non incorrere dei 7 peccati capitali.
    Il punto è che queste virtù teologali, donateci gratuitamente, vanno coltivate e fatte crescere con la nostra libertà e disponibilità. Altrimenti, finiscono per estinguersi, soffocate dal nostro egoismo e dalla nostra incapacità di vivere. Dio è il centro della nostra esistenza.
    Buona Pasqua di Resurrezione.

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    Alessandro La Scola (zì Glisànde) (30.1.1900 – 27.3.1975)

    di Carlo Di Nitto

    (30.1.1900 – 27.3.1975)

    PER GRAZIA RICEVUTA

    Riceviamo e con immenso piacere pubblichiamo.

    Un simpatico aneddoto della vita marinara del Comandante Alessandro La Scola da Gaeta.
    Il comandante Alessandro La Scola era un cugino di mia nonna: lo chiamavamo zio per rispetto. Era una persona di poche ma penetranti, sagge parole; abile uomo di mare, l’ultimo discendente di una famiglia gaetana di antiche tradizioni marinare.
    Il comandante La Scola era rimasto famoso negli ambienti della Compagnia di Navigazione “Tirrenia” perché durante la guerra, mentre era di guardia in plancia su una nave sociale che trasportava truppe sul fronte nord africano, si accorse che un siluro dirigeva verso di loro. Dopo aver tentato inutilmente di accostare, valutata l’impossibilità di evitare l’urto con l’ordigno, nonostante le manovre diversive, si sporse dall’aletta di plancia e, non potendo fare altro, sputò in segno di disprezzo verso la scia del siluro. Il siluro a questo punto si inabissò, passando miracolosamente sotto la chiglia e lasciando indenne la nave.
    Fu fortuna, fu per grazia ricevuta o non era ancora giunto il momento del Giudizio?
    Questa testimonianza l’ho raccolta dal compianto, indimenticabile Direttore di Macchine, capitano superiore D.M. Giulio Schvarcz .
    In questa fotografia, appartenente alla raccolta di famiglia e risalente alla fine degli anni ‘40, zio Alessandro è in divisa di Primo Ufficiale. Era nato il 30 gennaio 1900 ed è scomparso il 27 marzo 1975.
    Lo ricordo con profonda nostalgia.