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    Leopoldo Strobino (Torino, 6.7.1883 – acque di Brindisi 16.1.1916)

    di Antonio Cimmino

    (Torino, 6.7.1883 – acque di Brindisi 16.1.1916)

    Il Tenente di vascello Leopoldo Strobino, di Federico e di Boggio Secondina, nasce a Torino il 6 luglio 1883.
    Arruolato nella Regia Marina fu imbarcato sull’ariete torpediniere Puglia e sulla regia nave appoggio Europa come Capo squadriglia. Questa unità, varata a Glasgow con il nome di Manila, poi Salacia, poi Quarto, fu acquistata dalla Regia Marina che la ribattezzò Europa e la trasformò per la posa in mare ed il recupero di idrovolanti e appoggio sommergibili.

    Predisposta per 12 idrovolanti, al momento dell’incidente accorso al Tenente di vascello Leopoldo Strobino, aveva a bordo solo 8 apparecchi.
    Morì il 16 gennaio 1916 precipitando con il suo idrovolante nelle acque antistanti Brindisi.

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    16.1.1890, entra in servizio la nave cisterna Tronto

    di Claudio Confessore e Guglielmo Evangelista

    Unità che hanno portato il nome Tronto
    di Claudio Confessore
    La prima unità a portare il nome Tronto fu un brigantino a vela di terza classe di 414 tonnellate della Marina borbonica adibito a trasporto materiali e costruito nei cantieri di Castellammare di Stabia varato nel 1828 e radiato nel 1864.
    Il Tronto è un fiume lungo 115 Km che scorre nella maggior parte del suo percorso nella Regione Marche. Nasce al confine fra Abruzzo e Lazio dai monti della Laga nei pressi del comune di Amatrice e dopo aver percorso le provincie di Rieti e Perugia, lambisce Ascoli Piceno, segna il confine anche fra Abruzzo e Marche e sfocia in Adriatico fra i comuni di San Benedetto del Tronto e Martinsicuro.
    Dopo l’Unità d’Italia la spesa media annua per la Regia Marina passa da 35,8 milioni del decennio 1870-79 a 82 milioni del periodo 1880-89 a 105,4 milioni tra il 1890 e il 1899. I cantieri genovesi usufruiscono di tali stanziamenti ed incominciano a costruire navi di maggiore tonnellaggio rispetto a quelle sino ad allora commissionate dal nuovo Regno d’Italia. In particolare, con il potenziamento proposto da Benedetto Brin, furono avviati rilevanti programmi di ammodernamento della flotta. L’incremento delle commesse militari consentirono anche un netto sviluppo tecnologico nelle costruzioni e le nuove unità si iniziò a venderle anche all’estero.
    In tale programma di sviluppo venne costruita anche una seconda unità a cui fu assegnato il nome Tronto. Era una cisterna porta acqua della classe Ticino di 200 tonnellate realizzata nei cantieri Odero di Genova, entrata in servizio nella Regia Marina Italiana il 16 gennaio 1890 fu radiata l’1 maggio 1968 (ben 78 anni dopo).

    SIAMO ALLA RICERCA DI TESTIMONIANZE, FOTO E DI ULTERIORI NOTIZIE DI NAVE TRONTO

    Chiacchiere di navi
    di Guglielmo Evangelista

    Quando la piccola nave cisterna, appena uscita dal cantiere, arrivò nel grande arsenale, rimase stupita dall’animazione che vi regnava: qua, sotto una cappa di fumo, si stendevano sterminate officine, là, lungo le banchine, erano in continuo movimento di treni e le gru a vapore. E poi, naturalmente, le navi: le grandi corazzate, i modernissimi incrociatori, le agili torpediniere. 
La navicella, mentre raggiungeva il suo ormeggio, cercò di entrare in confidenza con le altre unità che incontrava (perché le navi hanno una coscienza e parlano fra loro, anche se – a parte qualche privilegiato marinaio – noi non le possiamo sentire). Ricevette però solo poche risposte distratte e un po’ offensive: 
- Chi mi chiama? Sei così piccola che non riesco neppure a vederti – Disse la grande corazzata. 
- Stai andando come una lumaca, non sai fare le cose più in fretta? – Le chiese, sbarazzina, una veloce torpediniera che, mentre le passava accanto, la riempì di spruzzi. 
- Se porti cinquanta tonnellate d’acqua è tanto. Guarda me: ho armi e munizioni per una divisione! – Le disse un panciuto trasporto. 
- Lasciatela stare, non vedete che riesce a malapena a portare in giro sé stessa? – Si aggiunse ironicamente al coro un potente rimorchiatore. 
C’era però una nave che non disse nulla. Era una vecchia fregata, carica di anni, di quelle con le grandi ruote laterali, con lo scafo in legno, che portavano ancora le vele. Ormai decrepita e in disarmo, si era ritirata in disparte, lungo una banchina isolata: si ricordava ancora di quando, prima del tricolore, portava una bianca bandiera gigliata, si ricordava di quando, bruciando il suo carbone, si lasciava indietro i maestosi velieri fra lo stupore dei loro equipaggi, si ricordava della grande tragedia del 1866, quando a Lissa navi ben più belle e potenti di lei erano state dilaniate dalle cannonate. Insomma, era una nave di grande esperienza: una nave antica e saggia. 
Guardò la piccola cisterna, ne valutò le buone chiodature delle scafo in ferro, ne ascoltò il regolare pulsare della macchina alternativa, guardò come la sua piccola prua fendeva l’acqua con sicurezza. Rimase silenziosa, ma concluse che era robusta e ben costruita. Gli uomini l’avrebbero apprezzata. 

Il giudizio iniziale che le altre navi avevano dato alla cisterna cambiò poi in meglio, ma non troppo. Si abituarono infatti ai rifornimenti di acqua che, regolarmente, somministrava loro. Arrivarono a considerarla utile, in qualche caso indispensabile, ma la trattavano come una persona di servizio e continuarono a non darle confidenza: al massimo un ringraziamento frettoloso quando la manichetta sgocciolante veniva staccata. 
Lei era un po’ delusa della sua vita ma, tutto sommato, si accontentava, e sapeva bene che con quelle navi grigie, bellissime e armate fino ai denti, lei non poteva competere. Per qualche anno trovò una maestra e una confidente nella vecchia fregata poi, dopo che questa morì (gli uomini la chiamano più prosaicamente demolizione), strinse amicizia con una locomotiva che manovrava lungo la sua banchina: era una strana combinazione fra chi si muoveva con le ruote e chi con l’elica, ma dopo che scoprirono che entrambe montavano una caldaia fabbricata dello stesso costruttore, entrarono in confidenza, sentendosi quasi parenti. 
- Io non ho tante pretese, lo so che sono solo una cisterna, ma vorrei essere trattata meglio! – Disse in un giorno di cattivo umore la nave alla locomotiva. 
La macchina le rispose: – Ti sei mai guardata? Quanti cannoni hai?
- Beh, veramente, nessuno. 
- Quanto è spessa la tua corazza?
- Corazza? Ma se sui miei fianchi c’è solo un po’ di latta!
- Ti comanda un ufficiale superiore? 
- Non ho mai visto a bordo un ufficiale. 
- E allora, che pretendi? Sei l’ultima delle navi di questa base, e l’ultima resterai – Poi la voce della locomotiva si addolcì. 
- Però ogni medaglia ha il suo rovescio. Guarda quelle navi, gli uomini le hanno costruite per applicare su di esse le loro idee: idonee ad installare le più moderne artiglierie, veloci per obbedire alle nuova strategie, grandi per soddisfare le mire della politica. Per te non hanno pensato a tutto questo, ma ti hanno voluto perché servi: non solo oggi, ma anche domani e dopodomani, forse per sempre. La politica cambierà, le continue invenzioni faranno sembrare vecchio quello che oggi è nuovo, ma i marinai avranno sempre bisogno della tua acqua, e di qualcuno che gliela porti. Vedi, è stato lo stesso per me: ero una macchina brutta goffa, destinata alle manovre: non dico poter trainare il treno reale, non dico un diretto, ma almeno un accelerato….e invece niente. E nel deposito quelle grandi locomotive, tutte bielle e ruote, mi prendevano in giro…ma oggi ci sono nuove macchine, che non si alimentano di carbone, ma di elettricità. E adesso, mentre quelle vanno in fonderia, io sono ancora qui, vado e vengo e per chissà quanto tempo mi lasceranno fare il mio lavoro. Sarà così anche per te.

Fu una profezia indovinata. Un giorno una grande corazzata, attorniata dalle altre navi, che la ascoltavano rispettosamente, esclamò con stizza: 
- Io sono stata la prima nave moderna! Ho le più grandi artiglierie della squadra! E ora? Hanno deciso che non servo più, mi mandano in disarmo! – E concluse sbuffando vapore da tutti i fumaioli. 
- Anche noi, anche noi! – Esclamarono querule le torpediniere – oggi i siluri li lanciano da sott’acqua, ci sono i sommergibili e ci mandano in fonderia.
La cisterna, che ormai stava avvicinandosi agli anni della maturità, pensò alla lunga lista dei servizi che l’aspettavano: andare là a caricare, poi a rifornire quella divisione, poi a portare l’acqua a… Lei aveva ancora un futuro: concluse che queste elucubrazioni non la interessavano. Era viva, e nessuno pensava di poter fare a meno di lei. 

Passarono molte primavere, quando il verde tenero delle gemme degli alberi dava un tocco gentile agli austeri edifici militari. 
Passarono molte estati, quando il solleone arroventava le lamiere e i marinai si aggiravano nelle loro bianche uniformi. 
Passarono molti autunni, quando bassi nuvoloni carichi di pioggia rendevano indistinto il confine fra il mare e il cielo. 
Passarono molti inverni, quando ogni tanto un manto candido ricopriva le banchine e i marinai, con la spensieratezza dei loro vent’anni, si tiravano palle di neve. 
Insomma, passarono gli anni, cambiarono le navi. La città, alle spalle dell’arsenale, cresceva sempre di più. Sui moli facevano capolino le automobili, il cielo era solcato dagli aeroplani.
    Anche gli uomini erano cambiati e non portavano più la marsina e il cilindro. 
Perfino per la piccola cisterna qualche cosa non era più la stessa: ora, rispetto a lei, tutte le altre navi erano più giovani, anche se irte di cannoni e di strane e sempre più moderne apparecchiature; ma solo lei conosceva tutti i segreti del porto, e a lei non mancavano di chiedere consiglio. Quanto al suo lavoro era sempre rimasto lo stesso: avanti e indietro con il suo carico fra l’arsenale e la rada: tante volte nel suo quotidiano andirivieni si trovava ad accompagnare qualche altre unità fino alla soglia del mare aperto, e si incantava a guardarla sparire all’orizzonte, al di là del quale c’era un mondo favoloso che a lei era precluso e che conosceva solo dai racconti delle navi che, quando ritornavano, parlavano volentieri delle loro esperienze: 
- L’America! La Cina! Il Mar Rosso!
- Gli allievi dell’Accademia mi hanno strapazzata per due mesi, ma che crociera! 
-Due settimane di esercitazione, mai un giorno di tregua!
E lei ascoltava pazientemente, sognando quello che non poteva avere, lei che non aveva mai lasciato neppure per una notte il suo posto in banchina. Così continuò ad accompagnare le navi che partivano e ad accogliere quelle che tornavano. 
Poi, venne un giorno in cui le navi partirono, ma non tornarono. C’era la guerra. La cisterna ne aveva già passate parecchie, ma questa fu la più feroce di tutte e, per la prima volta, anche l’arsenale e la città furono devastate: la nostra nave, sgusciando fra bomba e bomba, sopravvisse. 
Era ormai sola e le sue compagne di un tempo giacevano in fondo al mare, ma la vita, ancora una volta, ricominciò. Lentamente nel grande porto tornarono a fare capolino le navi superstiti: poche e malandate, ma vive. E le raccontarono le loro storie. La piccola e vecchia nave ascoltava, ascoltava ancora. 
Passarono altri anni: tanti. Le navi che aveva visto nascere, con cui aveva condiviso la tragedia della guerra, pian piano scomparvero, altre navi sempre più moderne arrivavano e, quando le rivolgevano la parola, premettevano sempre: – Tu che sai tutto…
Allora si rese conto di quale, fin dall’inizio, doveva essere il suo destino: RICORDARE. Lei e soltanto lei era il filo di unione fra il passato e il futuro, fra il mondo della vela e l’era atomica: tutto era passato, lei no. Molte grandi e orgogliose navi che avevano scandito la storia erano ormai rottami o tombe in fondo al mare, mentre lei era ancora lì: era quello il suo ruolo e, nello stesso tempo, la sua ricompensa. 
Un giorno però seppe che anche il suo destino era segnato: l’aveva già capito da qualche indizio: il suo cuoricino d’acciaio perdeva colpi, le bielle si muovevano con fatica, gli strati di vernice non riuscivano più a mascherare la ruggine che la mangiava. 
In una sera tranquilla, senza le cerimonie che in queste occasioni si facevano per le grandi navi, due marinai le ammainarono la bandiera, che fu ripiegata e fatta sparire.
    Tutto era finito.
    Soltanto un vecchio nostromo, con i capelli bianchi, il volto segnato dagli anni e una fila di nastrini sul petto, per un attimo indugiò pensoso ad accarezzare con mano leggera le malconce lamiere. 
La nave non provò né sorpresa né delusione perché sapeva che tutte le cose avevano una fine: se era così per gli uomini, doveva essere così anche per le macchine. 
Semmai provava un po’ di curiosità: si domandò se quel Dio che tanto avevano invocato i marinai di Lepanto, di Lissa, di Matapan, esistesse anche per le navi: forse sì. In fondo le navi erano i loro occhi, la loro difesa, spesso la loro salvezza. 
La piccola nave emise un ultimo sbuffo di vapore che si disperse nel cielo dorato del tramonto.

    

P.S. Scusatemi, ho dimenticato di dire il nome della protagonista di questo racconto: è la regia pirocisterna Tronto, costruita nel 1889. Prestò servizio fino al 1968.

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    16.1.1868, radiazione della regia nave Rosolino Pilo

    di Antonio Cimmino

    Caratteristiche tecniche
    – Varo: 30 maggio 1835 a Greenock;
    – per la Aberdeen Steam Navigation dai Cantieri Scott’s Shipbuilding & Engineering Co.;
    – Dislocamento: 1.725 tonnellate;
    – Dimensioni: 36,63 x 8,32 metri;
    – Scafo: in legno – tre alberi e bompresso;
    – 1 macchina alternativa a vapore con cilindri oscillanti;
    – 2 ruote di propulsione a pale;
    – Armamento: 2 cannoni da 16 libbre.

    Fu acquistata per conto della Marina dittatoriale siciliana nel giugno del 1860 dopo avere trasportato nel 1858 truppe inglesi nella Guerra di Crimea.
    Salpò da Liverpool il 23 giugno 1860 al comando del capitano John Scott e ormeggiò a Genova il 3 luglio. Ancora con battente bandiera inglese, nella notte dell’11 luglio salpò per Palermo con 875 volontari della Colonna Pietro Strambio ove arrivò il 16 luglio.
    A Palermo la nave, unitamente ad altre unità, imbarcò Giuseppe Garibaldi e 1.500 volontari con l’intenzione di sbarcare in Calabria ma si fermo a Milazzo. Ritornata a Palermo, la City of Aberdeen il 26 luglio rimorchiò un brigantino carico di garibaldini e li sbarco a Milazzo.
    Il 9 agosto 1860, carico di truppe, tentò di sbarcare di nuovo in Calabria ostacolata dalle batterie della cittadella di Messina.
    Nel mese di settembre fece la spola tra Milazzo e Napoli per portare i garibaldini nella città partenopea.
    Il 4 ottobre fece scalo ad Augusta per trasportare a Genova un migliaio di prigionieri borbonici.
    Il 17 novembre entrò a far parte della Marina Sarda e fu ribattezzata Rosolino Pilo.
    Rimorchiò a Gaeta una tartana carica di munizioni. Successivamente passò alla regia Marina.
    Fu radiata il 16 gennaio 1868.

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    16.1.1970 – 16.1.2023, la tragedia del Fusina

    Comunicato stampa
    a cura Pro Loco Carloforte

    La tragedia del Fusina, per non dimenticare.

    Carloforte, 16 gennaio 2023.
    Il giorno 16 gennaio 20023, la Pro Loco di Carloforte ricorderà uno degli episodi più rilevanti della storia carlofortina del secolo scorso, nonchè il più grave disastro navale della Marina Mercantile Italiana nel dopoguerra: la tragedia del Fusina.
    La notte del 16 gennaio 1970, la nave Fusina, partita da Portovesme con un carico di blenda destinato a Fusina (Porto Marghera, in Veneto), a seguito di uno spostamento del carico e del forte maltempo, naufragò a nord dell’isola di San Pietro, con un bilancio drammatico. Dei 19 membri dell’equipaggio, la maggior parte di origine veneta, 18 persero la vita, compreso il minorenne Angelo Barbieri, il cui corpo non fu mai trovato. Ci fu un solo superstite, il cameriere di bordo Ugo Freguja, considerato un “miracolato” per il modo in cui riuscì a salvarsi.

    A distanza di mezzo secolo dal drammatico evento, col patrocinio del Comune di Carloforte, la Pro Loco ha organizzato una serata commemorativa sabato 18 gennaio, dalle 18 presso la sala Exme di via XX Settembre, con la presentazione di documenti, filmati, letture e testimonianze inedite, che ripercorrono le vicende della sciagura ed il suo ricordo nel tempo, a cui è stato dedicato il libro “La tragedia del Fusina”, pubblicato nel 2010 da Giampaolo Cirronis Editore.


    Domenica mattina, presso la chiesa di San Carlo Borromeo (in cui si tennero i funerali delle vittime), alle 10.30 verrà celebrata una messa in suffragio, al termine della quale ci sarà una processione verso il monumento alla Stella Maris, sulla banchina Mamma Mahon, dove figurano i nomi dei deceduti nel naufragio e la targa di costruzione della nave, posizionata a cura della Pro Loco nel 2012.
    Alla presenza delle autorità civili e militari e delle associazioni cittadine, verrà deposto un omaggio floreale agli sfortunati marittimi del Fusina.

    La tragedia del Fusina
    di Saverio Marchetti e Nicola Sechi

    …e la storia di “Bicicletta” l’asinello intelligente.

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    Bellissima storia di un asinello intelligente ricevuta da Saverio Marchetti e Nicola Sechi era il 16 gennaio di tanti anni fa…

    16.1.1970 ai caduti del fusina - www.lavocedelmarinaio.com

    Il nostro amico Nicola Sechi (1) era il manutentore del faro di Carloforte quando ci fu l’affondamento del Fusina. Ci ha onorato della sua presenza al “III raduno nazionale di naave Altair F 591”, svoltosi a Cagliari dall’8 all’11 novembre 2013 (2) e siamo andati insieme a visitare il faro da dove si vede il tratto di mare interessato.

    3° raduno equipaggi nave altair Cagliari 8-11.11.2013 - www.alvocedelmarinaio - copia

    Dal faro parte una stradina stretta, una mulattiera, che scende fino al mare dove si trova un magazzino. Questo veniva rifornito ogni 15 giorni (mercoledì) da nave Panaria, un rimorchiatore di color rosso, e poi da un asinello che con numerosi viaggi su e giù, trasportava tutto su al faro. 
E’ una storia vera anche se sembra una favola.
    Su un’altra isola c’era un asinello, addetto al faro, che il mercoledì fissava il mare, e quando vedeva all’orizzonte il rimorchiatore rosso che si avvicinava, fuggiva e non lo trovavano più perché sapeva quello che lo aspettava e cioè tutto il carico da portare fin su al faro. 
Così il martedì dovevano legarlo prima che vedesse il rimorchiatore. Si chiamava “Bicicletta”! 
Ora, quando incontrerò un asinello, lo accarezzerò pensando di toccare bicicletta! 
Grazie Nicola Sechi per questa stupenda storia.
    Tuo Saverio Marchetti.

    Omaggio floreale dell'equipaggio di nave Altair ai maritimi del Fusina - www.lavocedelmarinaio.com

    (1) digita sul motore di ricerca Nicola Sechi per ulteriori notizie
    (2) https://www.lavocedelmarinaio.com/2013/11/8-10-11-2013-3-raduno-equipaggi-nave-altair/
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    https://www.lavocedelmarinaio.com/2012/10/20-ottobre-anniversario-

    Monumento ai marittimi del Fusina periti il 18.1.1970 - www.lavocedelmarinaio.com

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    Regia nave Giacinto Carini (Palermo, 20.5.1821 – Roma, 16.1.1880)

    di Carlo Di Nitto

    Il regio cacciatorpediniere  “Giacinto Carini”, classe “Sirtori”, dislocava 875 tonnellate. Varato il 7 novembre 1917 presso i Cantieri Odero di Sestri Ponente, entrò in servizio il 30 novembre dello stesso anno con la sigla CA. Nel 1929 fu riclassificato come torpediniera. Sopravvissuto al Secondo Conflitto Mondiale fu ulteriormente declassato in dragamine meccanico costiero (con la sigla M 5331). Fu radiato il 31 dicembre 1958 e adibito, con la sigla G.M. 517, a pontone per uso didattico ed addestramento allievi Scuole C.E.M.M alla Maddalena. Dopo alcuni anni, nel 1963, fu avviato alla demolizione.

    (Palermo, 20.5.1821 – Roma, 16.1.1880)

    Giacinto Carini nasce a Palermo il 20 maggio 1821 da Giacinto e da Marianna Anania.
    Nel 1848 fu tra gli insorti sostenendo in un opuscolo a stampa, secondo le idee già manifestate da M. Amari nel noto Catechismo siciliano, che venisse ripristinata, la costituzione del 1812 con quelle modificazioni che erano però indispensabilmente richieste dai nuovi tempi.
    Nominato colonnello di cavalleria dell’esercito rivoluzionario per il suo moderatismo ebbe l’incarico di intervenire in quei comuni in cui erano avvenuti tumulti, per reprimerli, occorrendo, anche con la forza. Con altri protestò quindi contro l’imposta ritrattazione in Sicilia dell’atto di decadenza della monarchia borbonica del 13 aprile 1848, partecipò alla celebrazione, promossa da R. Pilo, dell’anniversario del 12 gennaio, e firmò una pubblica protesta contro il decreto del re di Napoli del 15 dicembre 1849 con cui era stato imposto all’isola un debito pubblico di 20 milioni di ducati annullando con grave danno dei Siciliani il debito contratto nel ’48 dal governo rivoluzionario.
    Partecipò all’impresa dei Mille e, dopo la battaglia di Calatafimi, fu da Garibaldi posto al comando di una delle due legioni in cui venne ordinato l’esercito per l’occupazione di Palermo, ma a porta Termini fu gravemente ferito da una pallottola al braccio sinistro, rimanendo immobilizzato per tutta la campagna di liberazione. Passato poi ai servizi sedentari, fu nominato da Garibaldi ispettore generale della cavalleria. Fu contro l’annessione incondizionata, e scrisse in proposito una lunga lettera al Cavour per mostrargli la necessità di un’amministrazione particolare per la Sicilia.
    Integrato il 10 aprile 1862 con il grado di generale nell’esercito nazionale, fu nella guerra per la liberazione del Veneto al comando della brigata Regina, distinguendosi per la sua sagacia nell’assedio di Borgoforte, sicché ne ebbe una medaglia al valore militare.
    Promosso nel 1871 luogotenente generale, comandò dal 1871 al 1877 la divisione di Perugia.
    Fu inoltre deputato al Parlamento quale rappresentante, di volta in volta, di Palermo, di Piacenza, di Sant’Arcangelo di Romagna e di Iesi nell’VIII, X, XI e XIII legislatura.
    Morì a Roma il 16 gennaio 1880.

    MEDAGLIA IN BRONZO REGIO CACCIATORPEDINIERE “GIACINTO CARINI”

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    16.1.1937, impostazione della regia nave Aviere

    di Carlo Di Nitto

    Il regio cacciatorpediniere “Aviere” (1°), classe “Camicia Nera” (o classe “Soldati, 1^ serie”), dislocava 2460 tonnellate a pieno carico. Costruito nei Cantieri O.T.O. di Livorno, era stato impostato il 16 gennaio 1937, varato il 19 settembre1937 ed era entrato in servizio il 31 agosto 1938.
    All’inizio della seconda Guerra Mondiale, facente parte della XI Squadriglia Cacciatorpedineri, fu inviato immediatamente in perlustrazione nel Canale di Sicilia e in missione di rifornimenti a Bengasi.
    Il 9 luglio successivo partecipò alla Battaglia di Punta Stilo, quando si portò a breve distanza dalle unità nemiche attaccandole con lancio di siluri.
    Nei mesi successivi svolse missioni di pattugliamento e scorta. In particolare, nella notte tra l’11 ed il 12 ottobre 1940, durante un ardito attacco ad un incrociatore nemico, fu centrato da due salve che provocarono gravi danni e 7 morti e lo costrinsero a dirigere ad Augusta a velocità ridotta.
    Effettuò numerose  missioni di scorta ai convogli diretti in nord Africa. Nel marzo 1942 prese parte alla Seconda Battaglia della Sirte e, nell’agosto 1942 alla Battaglia di Mezzo Agosto.
    Seguirono diverse altre missioni di scorta convogli per la Libia. Il 16 dicembre 1942 era partito da Napoli diretto a Biserta per scortare  la motonave tedesca “Ankara” insieme con il gemello “Camicia Nera”.

    Alle ore 11.15 del 17 dicembre il convoglio fu attaccato dal sommergibile britannico P228 “Splendid”. L’Aviere fu colpito da un siluro. L’esplosione spezzò l’unità in due tronconi che affondarono immediatamente, in pochi secondi, nel punto lat. 38° 00’ Nord e long. 10° 05’ Est (circa 44 miglia a NNE di Biserta).
    Nell’affondamento perirono oltre 200 Marinai. Tra i dispersi anche il Comandante C.V. Ignazio Castrogiovanni alla cui Memoria fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Nella motivazione si legge, tra l’altro:
    (…) Animato da nobile senso di altruismo e permeato dei più alti doveri di comandante, si preoccupava unicamente della salvezza dell’equipaggio. Naufrago in un mare gelido ed avverso, benché estenuato nelle forze, cedeva con sublime altruismo il suo posto su zattera ai più bisognosi; e scompariva poi nei flutti suggellando con generoso sacrificio la nobile esistenza tutta dedicata alla Patria e alla Marina.”
    ONORE AI CADUTI!