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    20.1.1937, impostazione del regio sommergibile Ascianghi

    di Carlo Di Nitto

    Il regio sommergibile Ascianghi, classe Adua (sigla AS), dislocava 683/856 tonnellate (emersione/immersione). Fu impostato il 20 gennaio 1937 nei Cantieri O.T.O. di La Spezia e varato il 5 dicembre dello stesso anno. Venne consegnato ed entrò in servizio nella Regia Marina il 25 marzo 1938. Tre giorni dopo fu destinato alla base di Lero.
    All’inizio del secondo conflitto mondiale, si trovava dislocato a Cagliari e venne inviato ad operare nella zona di mare compresa tra Capo Sant’Antonio (Corsica) e l’isola di Formentera (Baleari).
    Svolse numerose missioni di agguato e pattugliamento, tra le quali vanno ricordate:
    – il 21 settembre 1941, al largo di Beirut, intercettò e bloccò con lancio di siluri la petroliera “Antar”. Dopo aver dato tempo al suo equipaggio di porsi in salvo con le scialuppe, la affondò con il cannone;
    – il 3 novembre 1942, durante la navigazione da Messina a Tobruk, salvò in mare aperto 20 militari tedeschi che erano stati abbattuti con l’aereo che li trasportava;
    – il 15 novembre 1942, mentre si trovava nella baia di Bougie (Algeria), alle ore 03.40 attaccò una formazione di navi nemiche in uscita dal porto. Il lancio dei suoi siluri affondò il dragamine veloce di squadra “Algerine.

    Il 16 luglio 1943 era partito da Napoli per una missione di agguato al largo fra Augusta e Catania. Nel pomeriggio del 23 avvistò una formazione navale nemica composta da incrociatori e cacciatorpediniere contro la quale non esitò a lanciare due siluri da distanza ravvicinata. Mentre cercava di disimpegnarsi, subì una violenta caccia da parte dei CC.TT. nemici “Laforey” ed “Eclipse”. I gravi danni subiti dallo scafo lo costrinsero ad emergere, deciso però a continuare il combattimento in superficie. Appena emerso, però, fu subito centrato dalle artiglierie dei due CC.TT. che provocarono gravi perdite fra l’equipaggio ed ulteriori pesanti avarie al battello che, alle ore 16.00 circa, dopo essere rimasto pochi minuti a galla, affondò definitivamente per una via d’acqua a poppa nel punto lat. 37° 09’ Nord e 15° 22’ Est (circa 9 miglia a SE di Augusta).
    Nell’affondamento persero la vita 23 Marinai.
    ONORE AI CADUTI!

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    Gino Birindelli (Pescia, 19.1.1911 – Roma, 2.8.2008)

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra



    Banca della memoria - www.lavocedelmarinaio.com

    (Pescia, 19.1.1911 – Roma, 2.8.2008)

    Quest’articolo è dedicato a colui che verrà ricordato dagli equipaggi per aver difeso, in ogni occasione, il personale della Marina Militare. Racconteremo ai posteri di quando, nel 1970, in qualità di Comandante in Capo della Squadra, in occasione della visita a bordo di Nave Garibaldi dei parlamentari dell’allora Commissione Difesa, dopo averli ricevuti con i dovuti onori li suddividesti per le varie navi (alla fonda nel porto di Cagliari) impartendo l’ordine ai Comandanti di tenerli prevalentemente nei locali macchine e caldaie.

    Oggi carissimo Ammiraglio di una volta e signore dei mari ,a così breve distanza dalla tua ultima missione, le “pagine ufficiali” si sono già dimenticate di te…forse da toscanaccio come eri dicevi le verità in faccia e non eri gradito. Non hanno avuto mai il coraggio di dedicarti una nave (ai tuoi amici tutti lo hanno fatto) ma solo una misera targhetta in un luogo nascosto ai più…

    Del resto Qualcuno disse: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua” (Matteo 13,54-58)




    La signora Birindelli attorniata da marinai di carta - www.lavocedelmarinaio.com

    Questi “…signori” dopo quattro ore di navigazione con mare forza 2/3 furono riportati su nave Garibaldi per la conferenza stampa di rito. All’arrivo dell’Ammiraglio Birindelli si inalberarono tutti per il trattamento ricevuto. L’Ammiraglio, di rimando, rispose: “queste sono le migliori condizioni in cui voi Parlamentari fate vivere i Militari in particolare i Marinai.” Da quel momento ci furono una serie di adeguamenti economici e, soprattutto, il riconoscimento di un lavoro particolare a cui bisognava e bisogna riconoscere un trattamento diverso dai pubblici dipendenti (…intelligenti pauca!).

    

GINO BIRINDELLI
    Gino Birindelli (www.lavocedelmarinaio.com)Nasce a Pescia (Pistoia) il 19 gennaio 1911. Nel 1925, appena quattordicenne, lascia il Collegio degli Scolopi di Firenze ed entra nella Regia Accademia Navale di Livorno, da cui esce con il grado di Guardiamarina del Corpo di Stato Maggiore nel 1930. Inizia così una lunga e brillante carriera che lo porta ad essere imbarcato su varie unità di superficie e sommergibili della Regia Marina, tra cui si ricordano l’incrociatore “Ancona”, la corazzata “Andrea Doria”, i cacciatorpediniere “Quintino Sella”, “Confienza”, “Monzambano” e “Giovanni Nicotera” e i sommergibili “Santarosa”, “Naiade”, “Foca” e “Domenico Millelire”. Promosso Sottotenente di Vascello nel 1931 e Tenente di Vascello nel 1935 assunse successivamente, nel 1939, il comando dei sommergibili “Dessié” prima e “Rubino” poi. L’intensa attività conseguente ai propri impegni marinari non gli impedisce di dedicarsi comunque allo studio: nel 1937, infatti, si laurea in Ingegneria Civile presso l’Università di Pisa. Nel settembre 1939 viene destinato a La Spezia alla Squadriglia MAS per iniziare l’addestramento sui mezzi d’assalto insieme ad altri famosi personaggi quali Teseo Tesei, Elios Toschi e Luigi Durand de la Penne, tanto per citarne alcuni. Inizia così a manifestarsi quella tempra eccezionale di uomo e combattente che lo ha contraddistinto per l’intero arco della sua vita fino a fargli assumere i contorni dell’eroe. L’intensa attività portata avanti alla Bocca del Serchio, luogo deputato a tale tipo di operazioni, gli causa anche problemi fisici: l’ossigeno dei respiratori gli brucia infatti un polmone nel corso degli allenamenti, ragion per cui viene ricoverato nell’ospedale di Massa, da dove peraltro scappa per rientrare subito a Bocca del Serchio, riuscendo a convincere il Comandante, Ajmone di Savoia, a mantenerlo in servizio. Prende parte attivamente alla prima spedizione dei Mezzi d’Assalto contro la base inglese di Alessandria (Operazione G.A.B1) nella quale viene decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare “sul campo” per il comportamento dimostrato a bordo del sommergibile “Iride” sottoposto ad attacco aereo nel Golfo di Bomba.
    Nell’occasione si tuffava per cinque volte consecutive per portare in salvo un marinaio di leva dell’equipaggio del sommergibile intrappolato nel battello in fase di affondamento. Rientrato in Patria prende parte alla prima e alla seconda spedizione dei Mezzi d’Assalto contro la base inglese di Gibilterra (Operazioni B.G. 1 e B.G. 2); nel corso della seconda spedizione, a causa dell’avaria al proprio mezzo, è costretto ad affondarlo, venendo successivamente catturato e fatto prigioniero dagli inglesi. Per questa azione viene decorato Medaglia d’Oro al Valor Militare. Nei venti mesi successivi rimane prigioniero negli ospedali inglesi ed americani finché, alla fine del 1943, dopo l’armistizio, il Governo Italiano di Badoglio lo fa rimpatriare.
    Birindelli Gino Ammiraglio e Signore dei mari - www.lavocedelmarinaio.comNel 1944 viene promosso Capitano di Fregata ed assume l’incarico di Sottocapo di Stato Maggiore dell’Ispettorato Generale MAS, partecipando alla Guerra di Liberazione con mezzi di superficie lungo le coste albanesi ed jugoslave. Le proprie condizioni di salute, però, lo costringono nuovamente ad un lungo ricovero in ospedale. Al termine delle ostilità assume il Comando del Battaglione San Marco e, successivamente, gli viene assegnato l’incarico di Comandante in Seconda della corazzata “Italia”, durante il periodo di internamento ai Laghi Amari in Egitto. Successivamente viene assegnato al Centro Subacquei, gruppo composto per la massima parte da sommozzatori già facenti parte dei mezzi d’assalto, con l’incarico di procedere allo sminamento dell’Alto Adriatico. Proseguendo in carriera frequenta l’Istituto di Guerra Marittima e successivamente assume il Comando prima della 3^ Squadriglia Corvette poi della 3^ Squadriglia Torpediniere. Promosso Capitano di Vascello nel 1952 assume incarichi prestigiosi, tra i quali si ricordano il Comando del Centro Subacquei ed Incursori del Varignano a La Spezia ed il Comando dell’incrociatore Raimondo Montecuccoli con il quale, dal settembre 1956 al marzo 1957, effettua una crociera di circumnavigazione del globo che lo porta a toccare 34 porti di quattro continenti. Viene promosso Contrammiraglio nel 1959, nel cui grado viene prima destinato presso il Centro Alti Studi Militari, assumendo poi nel tempo gli incarichi di Capo di Stato Maggiore Aggiunto del Comando della Squadra Navale e di rappresentante del Comando delle Forze Alleate del Mediterraneo presso il Comando delle Forze Aeree Terrestri del Sud Europa, venendo infine destinato presso lo Stato Maggiore della Difesa. Nel 1962 viene promosso Ammiraglio di Divisione, nel cui grado comanda la 1^ Divisione Navale, nel 1966, promosso Ammiraglio di Squadra, viene chiamato a ricoprire i prestigiosi incarichi di Direttore Generale del Personale della Marina, di Comandante in Capo della Squadra Navale ed infine di Comandante Navale Alleato del Sud Europa, prima a Malta e poi a Napoli. Viene eletto Deputato al Parlamento nella VI Legislatura, dal 1972 al 1976, ed il 15 dicembre 1973 si congeda dalla Marina, circondato dall’affetto e dall’ammirazione di tanta gente, ma soprattutto di coloro, in Marina, per i quali si è sempre battuto. Gli vengono attribuiti riconoscimenti prestigiosi tra i quali, recentemente, l’intitolazione alla sua persona di un padiglione al Museo di Eden Camp, in Inghilterra, ove è posto un esemplare di “Siluro a lenta corsa”, quel maiale con il quale aveva tanto combattuto e tanto si era distinto proprio contro gli inglesi nella Seconda Guerra Mondiale. E’ Morto al policlinico militare del Celio, a Roma, il 2 agosto 2008.
    I funerali si sono svolti, presso la caserma Grazioli Lante, il 5 agosto 2008.

    Lungo fiume Gino Birindelli a Pescia - www.lavocedelmarinaio.com

    ONORIFICENZE

    Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al “Merito della Repubblica Italiana”;
    Medaglia d’Oro al Valor Militare;
Medaglia d’Argento al Valor Militare;
    Croce al merito di Guerra;
Campagna di Guerra 1940-44 e 1945;
    Medaglia Commemorativa per i volontari della seconda guerra mondiale;
    Nastrino di Guerra 1940/43 con numero uno stelletta;
    Nastrino di Guerra 1943/45 con numero due stellette;
    Ufficiale dell’Ordine della “Corona d’Italia”;
    Medaglia Mauriziana al “Merito di dieci lustri di carriera militare”;
    Medaglia d’Oro per “Lunga Navigazione nella Marina Militare” (20 anni);
    Croce d’Oro con stelletta per “Anzianità di servizio” (40 anni);
    Commandeur dell’Ordine di Dannebrog conferitagli da S.M. il Re di Danimarca;
Distintivo per il personale dei Reparti d’Assalto;
    Distintivo d’Onore per il personale già destinato presso COMSUBIN;
 Distintivo d’onore di ferito in Guerra.

    IL SUO TESTAMENTO SPIRITUALE
    Il giorno dei funerali di Gino Birindelli - www.lavocedelmarinaio.comPrima e più che da un volo in altri cieli. L’immortalità dell’anima è costituita dalla risonanza che, a somiglianza delle onde create dalla pietra gettata nell’acqua ferma del lago, “l’elevato sentire” genera e che, a differenza di quelle, dura sempre. A me che fui il primo diretto comandante di quel pugno di uomini, e che presi parte alle tante discussioni, non risulta difficile indicarne i punti salienti:
- Lo scopo della vita è creare, fare, dare. L’azione è gioia dello spirito.

    – Non chiedere mai alcunché ad alcuno se non a te stesso. Chiedi al tuo Dio solo e sempre la forza di “non chiedere”, ma ringrazialo continuamente per ciò che sei stato capace di fare.

- La forza più grande dell’uomo è la volontà, quella che permette di “strappare le stelle dal cielo”, di porre “il cielo come solo limite alle proprie capacità ed aspirazioni”, quella che spinge l’handicappato a cimentarsi nell’agone sportivo, a rendersi autosufficiente con il lavoro.

    – Assisiti senza fine chi si impegna con perseverante sacrificio all’elevazione materiale e spirituale propria ed altrui. Ogni atto di solidarietà che proponi sia, prima di tutto ed in buona misura, a tuo carico.

    – Una più grande Famiglia donataci da Dio. Questa è la patria e ad essa – come tale – si devono dedizione e devozione assolute.

    – La Civiltà è il rispetto si se stessi, degli altri, delle altrui opinioni. La Cultura ha lo scopo precipuo di incrementare il grado di Civiltà degli individui.

    – La Libertà e la Pace sono – solo e sempre – il prodotto dell’impegno duro, indefesso, doloroso degli uomini di buona volontà. La costruzione umana su cui si poggia la Pace ha, come chiave di volta, la Giustizia; quella su cui poggia la Libertà ha il Coraggio.

    – Il coraggio vero, quello che conta, è il Coraggio Morale. Esso deriva dall’onestà, dal senso del dovere, dall’impegno con se stesso a tutelare i diritti umani di tutti.

    – La forza dell’Amore è immensa ed immensamente benefica se ogni suo atto è ispirato e strettamente legato al rispetto della Legge degli uomini onde esso non degeneri in mollezza o, addirittura, in acquiescenza alla sua violazione. Tutto ciò che, nell’empito di Amore, viene dato a qualcuno in termini di tolleranza o perdono è, infatti, sottratto surrettiziamente e definitivamente alla cogenza della norma su cui si basa l’ordinata convivenza della società civile.

    – “In medio stat virtus” è saggia norma di vita ma la realizzazione della “medianità virtuosa” si deve ottenere solo e sempre attraverso la pratica del precetto si-si/no-no, del confronto con l’opposto, della competizione, mai con il compromesso. La competizione leale consente infatti di evitare lo scontro crudele; impedisce che la Pace degradi nel nirvana.

    Solo là dove ogni atto è ispirato a vivo senso di responsabilità ci può essere ordine e democrazia.

    Ma quando sarà dedicata una nave a Gino Birindelli?
    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Mi sono sempre chiesto e chiedo anche a Voi che leggete: perché a Gino Birindelli non è stata mai dedicata una nave della flotta della nostra Marina Militare?
    Chissà se risponderete e, soprattutto, se risponderanno i responsabili dello Stato Maggiore Marina a questo quesito…
    A molti di noi marinai piacerebbe leggere il nome “Birindelli” sul fianco della nave, Lui è fra i Marinai leggendari che non può e non deve essere sottaciuto per le sue eroiche imprese, per l’intensa attività svolta, per la volontà, per la dedizione e l’attaccamento alla Patria (anche dopo la sua collocazione a riposo) e non per ultimo per la ricostruzione della Marina stessa dopo la Seconda Guerra Mondiale.
    Fregata-FREMMMolti altri eroi Marinai (pluridecorati e non) sono stati onorati con la titolazione della nave per esempio Luigi Rizzo con una fregata rimasta storica per essere stata la prima ad imbarcare un nucleo elicotteri e quindi dando la nascita all’aviazione di marina e gli stessi Durand de la Penne, Mimbelli, Martellotta, Rossetti e Paolucci hanno avuto titolato unità navali che riportano rispettivamente i loro nomi. Nave Birindelli perché no?

    A-Gino-Birindelli-Ezio-Pancrazio-Vinciguerra-per-www.lavocedelmarinaio.com_

    A proposito di Gino Birindelli
    di Claudio Confessore e Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    …riceviamo e pubblichiamo. Se avete cose da aggiungere noi, per adesso, siamo qui.

    Nulla da dire sull’Ufficiale di Marina e sull’Eroe ma dobbiamo evidenziare che sicuramente era un uomo con un carattere difficile, toscanaccio ed irruento, sulla cui carriera finale – nonostante i meriti di Guerra – ha influito il caso sollevato dal governo maltese quando lo dichiarò “persona non gradita” a seguito della sua nomina a COMNAVSOUTH (il Comando fu successivamente spostato da Malta a Napoli).
    Se si tiene conto che erano gli anni 70 periodo delle stragi, del terrorismo ovvero anni drammatici, appare evidente che all’epoca il personaggio fosse scomodo, non tanto per i militari quanto per i politici (anche del suo stesso partito, il M.S.I., che lasciò dopo circa due anni dopo aver ricoperto la carica di Presidente). Peraltro la sua appartenenza alla P2 (da lui stesso confermata) complicò notevolmente le cose.
    Per quanto riguarda l’episodio del febbraio 1970 con cui denunciò lo stato di malessere della Marina ritengo utile, senza togliere nulla alla sua meritoria azione, ricordare che gli aumenti furono opera “diplomatica” dell’Ammiraglio Spigai, Capo di Stato Maggiore della Marina, a cui le esternazioni di Birindelli furono sicuramente utili. Visto che ho citato Spigai evidenzio anche che fu lui ad iniziare a parlare e scrivere della necessità di una legge navale, poi continuò Rosselli Lorenzini ma fu l’abilità dall’Ammiraglio Gino De Giorgi a dare i risultati sperati con la pubblicazione anche del famoso “Libro Bianco”.
    Comunque i tempi sono cambiati e forse dare il suo nome ad una futura nave non sarebbe cosa impossibile.
    Distinti saluti
    Claudio Confessore

    Buongiorno Claudio Confessore, grazie per questa sua disamina come dire pacata e allo stesso tempo molto esaustiva.

    Col suo consenso la pubblicherei a forma di articolo per spronare tutti i Marinai a quell’unità, tanto evocata quanto vituperata, che può sensibilizzare gli attuali vertici della Marina, in particolare dell’ammiraglio De Giorgi figlio, in vista di quelle prospettive e orientamenti di massima della nostra amata Forza Armata. Se buon sangue non mente (ma è un banale modo di dire) l’attuale Capo di adesso e speriamo il prossimo (profondo conoscitore dei meandri dai tempi di Ulisse) possono raddrizzare la rotta lievemente sotto l’allineamento.
    Concordo con Lei che i tempi erano altri (’70 e 80) e qualche volta il politico di turno nazionale è stato anche lungimirante.
    Nelle “scelte” che per noi Marinai e Militi sono tradotti in “ordini” (giuste o sbagliate dei politici e anche degli alti consiglieri al comando) siamo esecutori e parzialmente responsabili mentre i mandanti risponderanno alla loro coscienza (Dio) e anche ai posteri (Cesare).
    Per questo reitero e ribadisco quell’unità (oggi forse più allargata…).
    “Soli si perde”
    Questa è la storia di quattro persone chiamate Ognuno, Qualcuno, Chiunque e Nessuno (proprio come le FF.AA.).
    C’era un importante lavoro da fare e OGNUNO era sicuro che QUALCUNO l’avrebbe fatto!
    CHIUNQUE avrebbe potuto farlo ma NESSUNO lo fece.
    Qualcuno si arrabbiò perché era compito di OGNUNO.
    OGNUNO pensò che CHIUNQUE poteva farlo.
    Andò a finire che OGNUNO incolpò QUALCUNO quando NESSUNO fece ciò che CHIUNQUE avrebbe potuto fare.
    Ergo, il tiro al piccione agli ammiragli, alle carriere, ai 2 marò, ai combattenti visibili ed invisibili, ecc. ecc. che hanno eseguito ma non sono mai stati giustiziati (colpevoli o innocenti) da qualcuno preposto alla giustizia ma dai media, da noi …non proprio come la Sua divina storia che fu invece lapidato dai cattivi “Consigliori” che non erano neanche al Potere.
    LA FORZA E’ NEL GRUPPO (che non è un opuscolo di testo del compianto ammiraglio Mario Lucidi o edito per gli istituti di formazione) E UN POPOLO CHE NON ARROSSISCE ALLA VERGOGNA E’ DESTINATO A SOCCOMBERE.
    Mi perdoni se inconsapevolmente lo abbia turbato ma è il mio modus vivendi.
    P.s. Non mi risulta che ci sia stata una “Norimberga italiana” e neanche processi che abbiano stabilito almeno la verità processuale in chi, consapevolmente o inconsapevolmente, ha sbagliato dal 9 settembre 1943 ad oggi (eccezion fatta per Bettino Craxi).
    Sono certo che comprenderà lo sfogo di questo suo subalterno che ancora oggi si ostina a credere in Patria e Onore e che è convinto che bisognerebbe invece Giurare, con le medesime modalità, per l’Europa prima (ma non c’è ancora un esercito europeo) e forse, ancor prima e di più per la NATO … a tutti coloro che decidono di intraprendere questa navigazione.
    Un abbraccio grande come il mare e il cuore dei Marinai dentro…
    Ezio

    Buongiorno sig. Ezio, puoi pubblicare tutto quello che vuoi nella forma da te ritenuta più utile. Non vorrei passare per estremo difensore della categoria degli Ammiragli ma i coloro che hanno caratteri difficili o le mele marce (o le pecore nere) si trovano a tutti i livelli.
    La stragrande maggioranza dei marinai è sempre stata corretta e disciplinata, senza che questo vuol dire subire passivamente.
    Claudio Confessore

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    Michele Mancanello (Molfetta, 1.3.1922 – Mare, 19.1.1943)

    di Claudio Confessore

    Banca della memoria - www.lavocedelmarinaio.com

    (Molfetta, 1.3.1922 – Mare, 19.1.1943)

    L’articolo è dedicato al signor Larzio, zio di Michele Mancanello che adesso riposa in pace fra i flutti dell’Altissimo ed è custodito nella Banca della Memoria dei marinai per sempre.

    RD37-www.lavocedelmarinaio.com-copia

    Il marinaio Michele Mancanello nasce a Molfetta il 1° marzo 1922. In un primo momento si pensò essere imbarcato sul regio Cacciatorpediniere Bombardiere e venne dichiarato disperso il 17 gennaio 1943.
    Dopo accurate e minuziose ricerche:
    • sull’Albo d’Oro della Marina Militare risulta che il Marinaio Mancanello Michele, nato a Molfetta il 01-03-1922, è disperso dal 19-1-1943 nel Mare Mediterraneo Centrale (leggasi affondamento unità) ed era imbarcato su ” non specificato 011″ (questa sigla è impiegata per le piccole Unità, in questo caso il numero 011 per i Dragamine, dove gli equipaggi non erano fissi ma ruotavano tra le varie navi);
    • nel “Data Base” Ufficiale di ONORCADUTI i dati della Marina Militare vengono confermati (Data di Decesso: 19/1/1943 – http://www.difesa.it/Il_Ministro/ONORCADUTI/Pagine/Amministrativo.aspx e nella scheda personale in loro possesso è anche riportato che era imbarcato sul Rimorchiatore Dragamine RD 37.

    Michele Mancanello - certificato di dichiarazione di morte - www.lavocedelmarinaio.com - copia -

    Con Atto formale il marinaio Michele Mancanello è stato dichiarato disperso dal Ministero in data 19-1-1943 ed era imbarcato sul Dragamine RD 37.

    Michele Mancanello - Verbale di irreperibilità - copia - www.lavocedelmarinaio.com

    La storia dell’affondamento del predetto Dragamine è la seguente:
    Occorreva abbandonare con urgenza il porto di Tripoli per evitare che le nostre navi fossero catturate dagli Alleati. Fu formato un convoglio composto dalle seguenti piccole unità:
    • i Dragamine RD 31, 36, 37, 39 (vecchi rimorchiatori riciclati e per questo contraddistinti dalla sigla RD, ovvero Rimorchiatore/Dragamine);
    • i Dragamine ausiliari Marconi, Cinzia, Musco (ex naviglio mercantile);
    • la barca pompa S. Barbara;
    • le cisterne Astrela e Irma;
    • il piccolo piroscafo Scorfano.
    Il Capo della Flottiglia n° 40 era il Tenente di Vascello De Bartolo (Regia Marina MIlitare) imbarcato sul RD 36. Gli RD 36 e 37 erano equipaggiati da personale della Guardia di Finanza ma poiché mancava personale per completare gli equipaggi fu imbarcato anche qualche specialista della Marina Militare.
    Il convoglio partì da Tripoli nel pomeriggio del 19 gennaio 1943 diviso in quattro gruppi:
    • ore 14.00 partirono i dragamine ausiliari Marconi (304 t.), Cinzia (71 t.), Angelo Musco (69 t.), la barca-pompa Santa Barbara (72 t.);
    • ore 16.00 le cisterne Astrea (136 t.) e Irma (305 t.);
    • ore 18.00 il dragamine RD 37 e il peschereccio Scorfano (308 t.);
    • ore 18.30 i dragamine RD 39, RD 31, RD 36 (207 t.).
    Due caccia britannici della “Forza K”, il Kelvin e il Javelin, intercettarono il convoglio verso la mezzanotte in prossimità di Zuara. Il Capo Squadriglia, dopo aver ordinato alle altre unità scortate dagli Rd 31 e 39 di portarsi sottocosta per cercare di sfuggire al nemico, con gli RD 36 e 37 andò all’attacco dei caccia (Davide contro Golia!!!). La barca pompa era in quel momento a rimorchio del piroscafo Scorfano (avaria o perché era lenta?). In circa due ore i caccia affondarono tutte le undici unità ma qualche naufrago riuscì, comunque, a salvarsi raggiungendo la costa.

    I caduti del RD 37 - www.lavocedelmarinaio.om

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    19.1.1883, viene impostata la regia nave Etna

    di Antonio Cimmino

    …dal 1862 ai giorni nostri.

    Per adeguarsi alla tattica navale del tempo (che poi si rivelò sorpassata) il governo italiano ordinò alla società inglese Armstrong, un nuovo tipo di nave denominato “ariete torpediniere” con le funzioni di, eventualmente, speronare una nave nemica con il rostro prodiero rinforzato e di lottare efficacemente contro le insidiose torpediniere. La nave era il Giovanni Bausan che servì da prototipo ai successivi ariete-torpediniere costruite in Italia. L’Ispettore del Genio Navale Carlo Vigna, dunque, progettò tale classe di nave di tre unità: Etna, Stromboli e Vesuvio.

    Profilo ETNA - www.lavocedelmarinaio.com Copia

    L’Etna fu impostata nel regio cantiere navale di Castellammare di Stabia il 19 gennaio 1883, varata il 26 settembre 1885 e completata il 3 dicembre 1887.
    Il dislocamento a pieno dell’unità era di 3.950 tonnellate ( 3.530 quello normale), le dimensioni erano di metri 91,40 dei lunghezza (fuori tutta) e 86,40 (fra le perpendicolari), 13,22 metri di larghezza e 5,85 di pescaggio. Due motrici alternative a doppia espansione tipo Hawthorn-Leslie, erano alimentate da 4 caldaie cilindriche per una potenza di circa 7.000 cavalli, due eliche imprimevano una velocità di 16 – 18 nodi.
    La nave non possedeva una grossa protezione con un torrione di 30 mm di spessore ed un ponte protetto di 40 mm, ma in compenso aveva un rilevante armamento. La protezione laterale era composta unicamente dai depositi carbone ( ne imbarcava 630 tonnellate) che, sistemati in strutture cellulari, dovevano servire anche ad attutire eventuali colpi di cannone di navi nemiche.
    Cannone a tiro rapido da 57 mm - CopiaDue cannoni da 255mm./canna 20 calibri erano sistemati rispettivamente in caccia ed in ritirata cioè a proravia ed a poppa. Tre per lato, 6 cannoni a tiro rapido tipo Armostrong da 152 mm./32 in impianto singolo scudato, davano una adeguata protezione a dritta ed a sinistra. Essi erano in grado di sparare 5-7 colpi al minuto imprimendo al proietto una velocità di 657 metri/secondo che, con alzo 20°, possedeva una gittata di circa 9.000 metri. C’erano anche 5 cannoni singoli a tiro rapido tipo Hotchkiss Mk I da 57/40 mm che sparavano proietti da 2,7 chilogrammi di peso ad una velocità di 554 metri/secondo e con cadenza di 25 colpi al minuto. I calibri minori eraano rappresentati da 5 pezzi da 37/20 mm e 2 mitraglie MG. Per la lotta alle torpediniere la nave era dotata anche di quattro tubi lanciasiluri da 355 mm.
    L’equipaggio era formato da 308 uomini di cui ventisette  ufficiali.
    Il motto della nave era: Latent ignis (alle navi successive con lo stesso nome fu assegnato il motto Tenacemente ovunque.

    Nave ETNA 1890 - www.lavocedelmarinaio.com - Copia

    Entrata in esercizio nel 1887, la bandiera di combattimento le fu offerta l’8 novembre 1888 dalle cittadinanze dei comuni etnei Acireale, Giarre, Riposto, Randazzo e Linguaglossa.  Nel processo verbale del Municipio di Riposto, si legge:

    “ …i Municipi..deliberarono donare al R.Ariete-Topediniere “Etna”  una bandiera di onore, in segno di imperituro affetto alla regia Marina e di speciale simpatia alla nave che porta il nome del vulcano che sorge maestoso accanto ad essi…”

    Attività operativa fino al 1900
    cannone da 152-40mm - Copia
    Entrata in linea nel 1887 ed ebbe una intensissima vita operativa. Nei suoi primi anni fu  in America a protezione degli interessi italiani. Nel 1895/1896 fu dislocata nel Mar Rosso in appoggio alle operazioni dell’Esercito in Eritrea e si distinse per la cattura del piroscafo olandese Doelwijk con un carico di armi destinato agli etiopici.
    Nel biennio 1891-92 operò essenzialmente in Italia in attività di crociera e di addestramento. Nel febbraio 1892 si recò ad Alessandria d’Egitto in missione di rappresentanza. Nel biennio 1891-92 il comandante dell’unità fu il Capitano di Vascello Carlo Amoretti. Il 26 agosto 1893, al comando del contrammiraglio G.BMagnaghi, partecipò alla rivista navale internazionale di Hampton Roads toccando porti canadesi, statunitensi, delle Antille e dell’America centrale; durante questa navigazione furono effettuate ricerche scientifiche riguardanti la piattaforma subacquea del continente americano.
    Nel 1893 quale nave ammiraglia della Divisione Navale d’America, partendo da  Spezia il 21 marzo,  visitò il Nord, il Centro e il Sud America.
    Dopo aver subito alcuni lavori di manutenzione a Venezia, il 1° dicembre 1895, al comando del Capitano di Vascello Luigi De Simone,  lasciò la città per recarsi nel Mar Rosso dove, fino al mese di settembre 1896, fu nave ammiraglia della Forza Navale dislocata in Eritrea, al comando del contrammiraglio Carlo Turi.
    Il 1° agosto 1896, durante l’infausta giornata di Adua, che vide il massacro del corpo di spedizione italiano ad opere dell’esercito del Negus Menelik, l’Etna contribuì ad appoggiare le operazioni a terra dei nostri sfortunati soldati.
    del bono - CopiaNel 1897 partecipò, al comando del Capitano di Vascello Giovanni Giorello,  alle operazioni multinazionali a Creta, unitamente alle unità Ruggiero di Lauria, StromboliSicilia, Re UmbertoVesuvio, Bausan ed Euridice, contro rappresaglie ottomane ai danni della popolazione locale. I marinai dell’Etnapresidiarono l’ufficio telegrafico della Canea  e raccolsero 1240 cretesi terrorizzati, sbarcati successivamente sull’isola greca di Sira.
    L’unità era inquadrata nella 2a Divisione della Regia Marina, facente parte della Forza navale multinazionale inviata nell’isola dalle Potenze europee. Nel gennaio del 1898, assegnata alla Divisione Oceanica, fu invita in Centro – America per seguire il conflitto ispano-americano e, successivamente, nel Pacifico alla volta del conflitto tra Cile ad Argentina. Passando per i mari della Cina rientrò a Napoli nel 1900.
    Il 22 maggio 1899, in viaggio di circumnavigazione, al comando del Capitano di Vascello Giovanni Girello, giunse ad Hong-kong, passando alle dipendenze del Contrammiraglio napoletano Francesco  Grenet,nominato Comandante della Divisione Navale dell’Estremo Oriente.
    Prima di giungere in Cina, insieme all’incrociatore Piemonte, effettuò il giro del mondo visitando anche i porti della Polinesia, dell’Australia e dell’Arcipelago della Sonda.

    Attività operativa fino alla demolizione
    Dopo un disarmo di circa due anni dal 1902 al 1904, la nave fu sede dell’Ispettorato Torpediniere per poi essere destinata a La Maddalena con funzioni di nave ammiraglia.
    Dal 1905 al 1907 fu trasformata in nave scuola e come tale operò fino al 1911.
    Al comando del Capitano di Vascello  Baggio Ducarne, nel 1909 effettuò una campagna oceanica d’istruzione degli allievi dell’Accademia Navale di Livorno, toccando anche i porti di Port Hamilton, Baltimora, Annapolis, Norfolk, Filadelfia, New York, Punta Delgada,  Spezia.
    Rinnovata nell’armamento, partecipò alla guerra italo-turca agendo come appoggio alle forze terrestri e con una continua presenza nei porti di Tobruck, Dema e Bengasi. Al comando del Capitano di Vascello Cusani Visconti, l’Etna, nell’autunno del 1922, assunse le funzioni di nave sede di Comando Superiore in Cirenaica.
    libia - CopiaLa nave dal 1907 al 1912 e nel 1914 effettuò 7 campagne di istruzione per l’Accademia Navale di Livorno.
    Durante la crociera d’istruzione nel 1912, al comando del Capitano di vascello  Simonetti, unitamente al Flavio Gioia ed alla nave gemella Amerigo Vespucci,era inquadrata nella Divisione Navale di Istruzione, comandata dal Vice Ammiraglio Borea Ricci. A bordo erano imbarcati gli allievi della 1a e 4a classe dell’Accademia Navale con il loro Comandante il Contrammiraglio Alberto Del Bono e, durante un’incursione contro i beduini capeggiati da ufficiali turchi, sbarcarono per dar man forte al IV Reggimento Fanteria diretti all’oasi di Garines ad est di Bengasi. Era il 26 agosto del 1912.
    Le truppe da sbarco erano composte, oltre che dai marinai ed allievi dell’Etna, anche da una Compagnia di allievi della Scuola Mozzi imbarcati su nave Flavio Gioia. I marinai e gli allievi delle tre unità parteciparono anche alla battaglia di Zanzur, vicino a Tripoli, che segnò la definitiva  conquista della Libia.
    L’11 ottobre 1914 l’unità diventò nave ammiraglia della Divisione Speciale composta anche dagli incrociatori Calabria e Piemonte al comando del Contrammiraglio Patris.
    Partecipò alla I G.M. ( al comando del Capitano di Fregata Dondero), stazionando in Tripolitania e poi a Taranto come nave caserma e come sede del Comando in capo dell’Armata Navale.
    Dopo un’ultima crociera nel Levante e nel Mar Nero (1920), la nave passò in disarmo e nel maggio del 1921, l’anziano incrociatore venne radiato dal Quadro del Naviglio Militare e venduto ai privati per la demolizione.

    Nuovo armamento
    Con i lavori di ristrutturazione del 1911 gli originali cannoni da 254 mm furono sostituiti da pezzi da 120 mm., gli altri pezzi erano: 4 cannoni da 152 mm., 2 da 76 mm., 4 da 57 mm., 2 da 37 mm e 1 mitragliera.

    Corvetta ad elica di II rango Etna varata a Catellammare di Stabia nel 1862 - www.lavocedelmarinaio.com

    Notizie e curiosità
    La volontà di far costruire nei cantieri nazionali le tre unità fu manifestata dal governo per far fronte alla crisi del settore cantieristico per cui le altre due unità della stessa classe furono costruite nei cantieri di Livorno e nell’Arsenale di Venezia. Le tre unità erano similari perché differivano leggermente sia nel dislocamento e sia nell’apparato motore. L’Etna possedeva un dislocamento maggiore, il suo apparato motore era inglese, mentre quello dello Stromboli era dell’Ansaldo e quello del Vesuvio della società livornese Orlando. Nonostante alcuni limiti strutturali connessi all’inadeguata protezione orizzontale e all’assenza di protezione verticale, nonché ad una velocità di solo 17 nodi, queste unità rappresentarono la base per la costruzione dei futuri incrociatori che abbandonarono definitivamente la prora a sperone. Lo speronamento non rientrò più nella tattica di guerra navale perché, con la comparsa di veloci torpediniere armate di siluro, non si verificarono più scontri ravvicinati che permettessero tale superato sistema d’attacco.

    ETNA - www.lavocedelmarinaio. com - Copia

    Altre navi con lo stesso nome
    Una nave Etna, corvetta bombardiera, fu varata, sempre a Castellammare di Stabia, il 18 settembre 1830 ma, dopo un lungo periodo di disarmo, in considerazioni delle sue scarse qualità nautiche, il 4 giugno del 1859 fu venduta per la demolizione, ad Enrico Ciliberti di Castellammare di Stabia. Era una unità con scafo in legno e carena ramata, con due ponti, due alberi a vele quadre e bompresso, armata di 1 mortaio da 12 libbre sistemato a prora e 12 carronate, sempre da 12 libbre, sul ponte di coperta.
    La seconda nave con tale nome fu costruita sempre a Castellammare di Stabia nel 1862. Era una corvetta di II rango a ruote, con tre alberi a vele quadre, Prese parte nel 1866 alla III Guerra di Indipendenza e, nella Battaglia di Lissa ebbe il ruolo di unità ripetitrice di segnali.

    Nave Etna A5328 - già Uss Whitley www.lavocedelmarinaio.com

    La quarta unità con il nome Etna fu un incrociatore antiaerei costruito a Trieste nel 1938 per conto della Thailandia con il nome Taksin e requisito dall’Italia nel dicembre del 1941 per essere sottoposto a notevoli lavori di trasformazione in funzione di nave trasporto truppe, ma l’entrata in vigore dell’armistizio del 1943 non fece ultimare i detti lavori; lo scafo, requisito dai tedeschi, venne affondato dagli incursori italiani e, dopo la guerra, recuperato e demolito.
    Nel febbraio del 1962 gli Stati Uniti d’America cedettero all’Italia la nave USS Whitley, costruita nel 1944 per operazioni anfibie. Questa fu la quarta unità con il nome Etna – matricola A 5328 e destinata nave appoggio. Venne radiata il 1° maggio 1973.
    L’ultima unità con il nome Etna è stata varata il 12 luglio 1997 nella Fincantieri di Riva Trigoso e classificata nave da rifornimento, inquadrata nel COMFORAL ha base a Taranto

    Nave Etna 1997 - www.lavocedelmarinaio.com

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    Ruggero di Lauria (Lauria o Scalea, 17.1.1250 – Cocentaina, 19.1.1305)

    di Antonio Cimmino

    (Lauria o Scalea, 17.1.1250 – Cocentaina, 19.1.1305)

    Ammiraglio italiano della flotta Aragonese. La Spagna gli  intitolerà un cacciatorpediniere ed una unità paracadutista.

    Ruggero nacque a Lauria in provincia di Potenza (o Scalea) 17.1.1250. Sua madre, nobildonna siciliana, era la nutrice di Costanza di Svezia, suo padre un feudatario calabrese legato a Manfredi re di Sicilia. Costanza, nipote del grande Federico II e figlia di Manfredi, quando divenne  regina d’Aragona e di Sicilia, affidò al giovane Ruggero il comando della flotta aragonese impegnata contro gli Angioini durante i  Vespri Siciliani.

    Grande sostenitore dell’Hohenstaufen,  Ruggero alla grande  perizia marinaresca si accompagnò una particolare crudeltà. Sconfisse i francesi diverse volte nel Mediterraneo occidentale ed in due battaglie navali nel Golfo di Napoli presso Castellammare di Stabia. La sua tattica di combattimento era diversificata: attirava le navi nemiche fuori di porti difesi, fingendosi di ritirarsi per poi attaccare all’improvviso. Nella battaglia navale di Castellammare fece affiancare diverse galee legate da gomene con i rematori solo a dritta e a sinistra delle galee laterali e, con questa potente forza d’urto, ebbe facile successo suoi francesi. I suoi equipaggi erano formati da abili arcieri e balestrieri, mentre i rematori erano anch’essi armati di lance e pugnali che ebbero la meglio sui cavalieri avversari coperti da pesanti armature e con grosse spade non adatte al combattimento in mare e agli arrembaggi.
    Per la sua attività come ammiraglio della flotta aragonese la Spagna, secoli dopo onorò Ruggero di Lauria intitolandogli un cacciatorpediniere, il Roger de Lauria, varato nel 1967 e assegnato all’11° Escort Squadron due anni dopo.

    Il Roger de Lauria faceva parte di tre unità della classe Oquendo che, però rappresentarono un cattivo investimento specialmente con un apparato motore di fabbricazione inglese (3 caldaie Bretagne  e 2 turbine Rateau ) complesso e di bassa affidabilità unitamente alla limitate capacità dell’industria navale spagnola dell’epoca. Furono le prime navi costruite in Spagna nel dopoguerra, dotate di attrezzature avanzate di guerra elettronica, un sistema di combattimento antisommergibile completo di sonar di profondità e nonostante modifiche strutturali (larghezza da 11 a 13 metri) e pescaggio da 5 a 5,8 metri, ammodernamento dell’armamento e sistemazione di hangar e piattaforma per elicottero ASW, le navi ebbero vita breve. L’Oquendo D-41 dal 1963 al 1978, il Roger de Lauria D-42 dal 1969 al 1982 e il Marqeé de la Ensemada D-43 dal 1970 al 1988. Quest’ultima rimase in servizio 18 anni solo per motivi politici. Quando stava per essere avviata alla demolizione, subì un attentato da una bomba piazzata dall’ETA e, per evitare una conseguente pubblicità al gruppo terroristico basco, fu deciso di mantenere l’unità ufficialmente in servizio fino al 1988. Successivamente la Marina Spagnola pensò, nel 2000 di intitolare a Ruggero di Lauria una fregata della classe Alvaro de Badan, mai poi si optò nell’assegnare il nome di Roger de Lauria ad una delle principali unità paracadutiste delle forze aeree spagnole.

    Unità  paracadutabile  versatile progettato per agire in combattimento come un’unità di fanteria leggera che può imbarcarsi su questi mezzi e anche fornire la capacità di generare raggruppamenti tattici per le operazioni di paracadutisti. La Roger de Lauria dunque è  molto versatile, organizzata e preparata ad agire, in un breve lasso di tempo, in qualsiasi scenario indipendentemente dalla sua posizione geografica.
    La sua vocazione di unità d’élite e il suo alto grado di preparazione lo hanno reso presente in tutti gli scenari di conflitto a cui la Spagna ha partecipato sin dalla creazione di questa unità.
    Ruggero di Lauria morì a Cocentaina il 19.1.1305.

    L’Italia  ricordò l’ammiraglio Ruggero di Lauria alla fine del XIX secolo, dando il suo nome ad una corazzata di prima classe,  varata il 9 agosto 1884 nel regio cantiere navale di Castellammare di Stabia. L’unità fu progettata dal Generale del Genio Navale il livornese Giuseppe Micheli (morto a Castellammare nel 1883 ed ivi sepolto). La corazzata Ruggiero di Lauria restò operativa fino al 1901 e successivamente utilizzata a Spezia come deposito carburante. Nel 1943 fu bombardata ed affondata nel porto spezzino, recuperata alla fine del conflitto, fu demolita nel 1947.

    Nave corazzata di prima classe fu affondata dagli alleati, recuperata e demolita nel 1947.

    Caratteristiche tecniche
    Impostata nel cantiere di Castellammare di Stabia il 3 agosto 1881.
Varata il 9 agosto 1884 e completata il 1° febbraio 1888.
    Dislocamento a pieno carico 11.726 tonnellate.
    Dimensioni: lunghezza metri 105,90; larghezza metri 19,80 di larghezza; immersione 8,70 metri.
    Apparato motore: 8 caldaie cilindriche; 2 motori alternativi a triplice espansione; per una potenza di 10.59 cavalli.
    Velocità: 16 nodi (2 eliche).
    Armamento: 4 cannoni binati da 431 mm.; 2 cannoni singoli da 152 mm.; 4 cannoni da 120 mm.; 2 cannoni da 75 mm.; 10 cannoni da 57 mm.; 17 cannoni da 37 mm.; 5 tubi lanciasiluri da 450 mm.
Equipaggio: 506 uomini.
    Radiata nel 1909 e utilizzata come deposito carburante fino al 1943 a La Spezia.
    Demolita nel 1947.