Naviglio

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Pittori di mare,  Recensioni,  Storia

    Alberto Banfi (Pinerolo, 18.3.1903 – Roma, 28.1.1958)

    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    (Pinerolo, 18.3.1903 – Roma,  28.1.1958)

    Nacque a Pinerolo (Torino) il 18 marzo 1903. Orfano di Ufficiale Superiore degli Alpini caduto alla testa del Battaglione “Val Varaita” durante il primo conflitto mondiale, nell’immediato dopoguerra entrò Allievo all’Accademia Navale di Livorno e nel 1923, al termine dei regolari corsi, conseguì la nomina a Guardiamarina, prendendo imbarco su unità siluranti di superficie.
    Promosso Sottotenente di Vascello nel gennaio 1925, Tenente di Vascello nel marzo 1928 e Capitano di Corvetta nel maggio 1936, ebbe il comando del cacciatorpediniere Borea e, dal gennaio 1940, il comando della 1^ Squadriglia Torpediniere ad Augusta, con insegna sull’Airone. L’11 ottobre 1940, durante una missione di intercettazione di forze navali nemiche nelle acque del Canale di Sicilia, sostenne un intenso ed aspro combattimento contro soverchianti forze navali nemiche e l’Airone al suo comando, inesorabilmente centrato dalle batterie dell’incrociatore inglese Ajax, affondò a circa tre miglia a Sud Est di Capo Passero.Trascinato nei gorghi e riportato a galla da una grossa bolla d’aria, gravemente ferito, fu tratto in salvo e poi ricoverato in un ospedale nazionale.
    Ripreso il servizio attivo nell’ottobre 1941, nel 1947 venne collocato, a domanda, nell’ausiliaria e nel marzo 1953 promosso Capitano di Vascello.
    Mori a Roma il 28 gennaio 1958.

    Fu insegno della  Medaglia d’oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
    Comandante di una squadriglia di torpediniere, nel corso di una ricerca notturna nei pressi di una base avversaria, riuscito a conseguire l’agognato contatto col nemico, con pronta, abile, audacissima manovra portò la squadriglia all’attacco spingendo con cosciente aggressività la propria torpediniera a ravvicinatissima distanza da un incrociatore inglese contro il quale lanciava tutti i siluri, aprì il tiro dei suoi cannoni ed infine quello delle mitragliere.
    Inflisse così al nemico danni considerevoli mentre la sua silurante, fatta segno alla preponderante reazione del fuoco avversario, veniva ripetutamente colpita. Gravemente ferito e visto vano ogni tentativo inteso a provvedere alla salvezza della torpediniera, dispose il salvataggio dei superstiti. Dopo aver con essi inneggiato al Re non li seguì sulla silurante accorsa per raccoglierli, ma volle dividere con i moribondi e con i feriti più gravi l’estrema sorte della sua nave che si inabissava.
    Riportato alla superficie del mare dall’onda stessa che lo aveva sommerso, in uno sforzo sovrumano delle sue già provate energie, riusciva a riunire i superstiti rifugiatisi su zattere. Sopravvenute condizioni di tempo avverse guidò i naufraghi inspirando in tutti, con la sua esemplare forza d’animo, calma e serenità. Ricuperato infine dopo 36 ore da unità nazionali, egli volle e seppe ancora essere di aiuto alla sua gente dando le direttive opportune perché tutti potessero essere salvati.
    Luminoso esempio di eroico ardimento, di elevatissime virtù militari e di ammirevole spirito di abnegazione”.
    Canale di Sicilia, 12 ottobre 1940.
    Fonte Marina Militare.

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia

    18.3.1993, viene consegnata nave Luigi Durand de la Penne

    a cura Pancrazio “Ezio “ Vinciguerra


    Nave Luigi Durand de la Penne
    Varata il 20 ottobre 1989, consegnata alla Marina Militare il 18 marzo 1993. Il Porto di assegnazione è Taranto e la dipendenza gerarchica è COMFORAL – CINCNAV. Motto: “Utique vince”.
    Nata inizialmente con il nome Animoso, nel 1992 il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare decise di intitolare l’Unità all’Eroe della seconda guerra mondiale Luigi Durand de la Penne e scomparso il 17 gennaio dello stesso anno, diventando la prima Unità con questo nome.
    Terminati i lavori di fine garanzia, il 19 settembre 1994, l’Unità cambiava la sede di assegnazione da La Spezia a Taranto.

    Il Crest dell’Unità intende rappresentare quale richiamo al significato del motto (UTIQUE VINCE), l’ideale connubio tra la Nave e la vittoria alata, raffigurata in posizione di difesa, a simbolo del ruolo che caratterizza l’impiego nel settore Antiaereo. Alla base del disegno è stato stilizzato il Blasone della famiglia dei Marchesi de la Penne. Il Motto “Utique Vince” (Dovunque Vince), sta a significare che l’Unità raggiungerà la vittoria ovunque andrà.

    (Fonte Marina Militare)

    (Genova, 11.2.1914 – Genova, 17.1.1992)

    Nacque a Genova l’11 febbraio 1914. Dopo aver conseguito il diploma di Capitano Marittimo presso l’Istituto Nautico San Giorgio di Genova, nell’ottobre 1934 frequentò, presso l’Accademia Navale di Livorno, il Corso Ufficiali di complemento, al termine del quale, nel grado di Guardiamarina, imbarcò sul cacciatorpediniere Fulmine.Nel 1935 passò ad operare nell’ambito della 6a Squadriglia MAS di La Spezia e, trattenuto in servizio per esigenze eccezionali, connesse al conflitto italo-etiopico, nel 1938 conseguì la promozione a Sottotenente di Vascello.Nel secondo conflitto mondiale partecipò a numerose missioni con i MAS nel Mediterraneo e nell’ottobre 1940 conseguì la promozione a Tenente di Vascello.
    Passato ad operare con il Gruppo mezzi d’assalto, partecipò alla missione di Gibilterra (30 ottobre 1940) e all’impresa di forzamento della base inglese di Alessandria – Capogruppo dei “maiali” 221, 222 e 223 condotti rispettivamente dallo stesso Luigi Durand de la Penne, da Vincenzo Martellotta, e Antonio Marceglia, coadiuvati dai capi palombari Emilio Bianchie Mario Marino e dal sottocapo Spartaco Schergat che portò, all’alba del 19 dicembre 1941 all’affondamento delle navi da battaglia inglesi Valiant e Queen Elizabeth, della petroliera Sagona e al danneggiamento del cacciatorpediniere Jervis.

    De la Penne, dopo aver superato con notevoli difficoltà le ostruzioni del porto, da solo collocò la carica esplosiva sotto le torri di prora della Valiant e, risalito in superficie, venne scoperto e fatto prigioniero.
    Portato a bordo con il 2° capo Emilio Bianchi, secondo operatore del suo mezzo, fu rinchiuso in un locale adiacente al deposito munizioni e vi fu tenuto anche dopo che ebbe informato il comandante dell’unità inglese, Capitano di Vascello Morgan, dell’imminenza dello scoppio della carica, al fine di far porre in salvo l’equipaggio.Uscito indenne dall’esplosione che affondò la nave, tradotto prigioniero in India, nel febbraio 1944 rimpatriò a partecipò alla guerra di liberazione nel Gruppo Mezzi d’Assalto.Tutti gli operatori vennero poi decorati di Medaglia d’Oro al Valore Militare e promossi per merito di guerra. La consegna della decorazione a Luigi Durand de la Penne avvenne a Taranto nel marzo 1945 e fu l’occasione di uno storico episodio: fu infatti lo stesso comandante della Valiant nel 1941, Capitano di Vascello Sir Charles Morgan, divenuto ammiraglio, che decorò Luigi Durand de la Penne, su invito del luogotenente del Regno Umberto di Savoia che presiedeva la cerimonia.
    Promosso Capitano di Corvetta in data 31 dicembre 1941, Capitano di Fregata nel 1950 e Capitano di Vascello a scelta eccezionale nel 1954, nell’ottobre 1956 fu Addetto Navale in Brasile quindi, per mandato politico a seguito della sua elezione a Deputato al Parlamento (2a, 3a , 4a, 5a e 6a legislatura), fu collocato in aspettativa ed iscritto nel Ruolo d’Onore, dove raggiunse il grado di Ammiraglio di Squadra.
    L’Ammiraglio di Squadra (R.O.) Luigi Durand de la Penne morì a Genova il 17 gennaio 1992.

    Medaglia d’oro al valor Militare con la seguente motivazione:
    Ufficiale coraggioso e tenace, temprato nello spirito e nel fisico da un duro e pericoloso addestramento, dopo aver mostrato, in due generosi tentativi, alto senso del dovere e di iniziativa, forzava, al comando di una spedizione di mezzi d’assalto subacquei, una delle più potenti e difese basi navali avversarie, con una azione in cui concezione operativa ed esecuzione pratica si armonizzavano splendidamente col freddo coraggio e con l’abnegazione degli uomini.
    Dopo aver avanzato per più miglia sott’acqua e superando difficoltà ed ostacoli di ogni genere fino all’esaurimento di tutte le sue forze, disponeva la carica sotto una nave da battaglia nemica a bordo della quale veniva poi tratto esausto. Conscio di dover condividere l’immancabile sorte di coloro che lo tenevano prigioniero, si rifiutava di dare ogni indicazione sul pericolo imminente e serenamente attendeva la fine, deciso a non compromettere l’esito della dura missione.
    Rimasto miracolosamente illeso, vedeva, dalla nave ferita a morte, compiersi il destino delle altre unità attaccate dai suoi compagni. Col diritto alla riconoscenza della Patria conquistava il rispetto e la cavalleresca ammirazione degli avversari; ma non pago di ciò, una volta restituito alla Marina dopo l’armistizio, offriva nuovamente se stesso per la preparazione e l’esecuzione di altre operazioni, sublime esempio di spirito di sacrificio, di strenuo coraggio e di illuminato amor di Patria.
    Alessandria d’Egitto, 18 – 19 dicembre 1941.

    Altre decorazioni e riconoscimenti
    – Medaglia d’Argento al Valore Militare sul Campo (Gibilterra, 1940);
    – Trasferimento in s.p.e. nel grado di Tenente di Vascello (1941);
    – Promozione al grado di Capitano di Corvetta (1941).

  • C'era una volta un arsenale che costruiva navi,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia

    18.3.1922, varo della regia nave Generale Antonino Cascino

    di Carlo Di Nitto

    Varato il 18 marzo 1922 nei Cantieri Odero di Sestri Ponente,  era entrato in servizio l’8 maggio successivo.
    Nel 1929 fu riclassificato Torpediniera.
    Svolse intensa attività di squadra e bellica di scorta convogli e protezione al traffico.
    Svolse complessivamente 228 missioni di guerra (158 di scorta, 9 di caccia antisommergibile, una di posa mine, 68 di altro tipo) percorrendo circa 69.000 miglia nautiche.
    Nave “Cascino” risulta essere stata la terza tra le più attive torpediniere italiane della Seconda Guerra Mondiale.
    Alla proclamazione dell’armistizio l’unità si trovava a La Spezia per lavori. Non essendo in grado di muovere, per evitare la cattura, il 9 settembre 1943 la nave si auto affondò nel porto della città.
    Il relitto venne recuperato nel 1947 e demolito.

    Il regio cacciatorpediniere “Generale Antonino Cascino” fotografato con le unità gemelle della 1^ Squadriglia CC.TT. nel porto militare di Gaeta durante il mese di dicembre 1922.

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia

    Angelo Barbuto (Gaeta, 18.3.1913 – Mare, 19.7.1940)

    di Carlo Di Nitto

    (Gaeta, 18.3.1913 – Mare, 19.7.1940)

    Il Sottocapo infermiere Angelo Barbuto, risultò disperso nell’affondamento del regio incrociatore “Bartolomeo Colleoni” il 19 luglio 1940.
    Il mattino del 19 luglio 1940, il “Colleoni”, unitamente al gemello “Bande Nere”, dirigeva da Tripoli a Lero, quando, a circa 6,4 miglia da Capo Spada (Creta) si scontrò con una formazione britannica composta da un incrociatore e cinque CC.TT. Il “Colleoni”, fu ripetutamente colpito in parti vitali dal tiro nemico. Immobilizzato e con un vasto incendio a bordo, alle ore 09.00, venne affondato con siluri lanciati da due CC.TT nemici.
    Nello scontro di Capo Spada persero la vita 121 Marinai del “Colleoni”.
    Angelo era nato il 18 marzo 1913 a Gaeta.

    (foto p.g.c. della Famiglia)

    Dello stesso argomento sul blog:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2019/07/19-7-1940-affonda-la-regia-nave-colleoni/

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia

    18.3.1945, affonda la regia nave Arturo

    a cura Antonio Cimmino


    Il regio torpediniere Arturo, classe Ariete, fu varato a Sestri e fu catturato dai tedeschi il 9.9.1943 mentre si trovava in allestimento a Genova.
    Fu completato come TA-24 (Torpedoboote Ausland, torpediniere straniera).

    Fu successivamente affondata dai cacciatorpediniere inglesi Meteor e Looknout nel Golfo di Genova il 18.3.1945.

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Racconti,  Recensioni,  Storia

    Dino Buglioni (Camerino, 18.3.1921 – Mare, 9.2.1943)

    di Andrea Grelloni

    (Camerino, 18.3.1921 – Mare, 9.2.1943)


    Per la stesura di questo articolo ci tengo a ringraziare Gualberto Ferretti, ex sommergibilista e presidente della locale ANMI (Associazione Nazionale Marinai d’Italia) di Porto Potenza Picena, per le preziose informazioni confidatemi su Dino Buglioni, al cui eroismo e sacrificio questo contributo è dedicato.

    A primo impatto può apparire un fatto alquanto insolito inoltrarsi nell’entroterra del maceratese, a ridosso della dorsale appenninica, ed imbattersi di fronte ad un monumento in stile marinaresco.
    Il mare è lontano da queste terre, dove il paesaggio è caratterizzato in gran parte da montagne e rilievi collinari, a limite lo si può intravedere dalle cime più alte dei monti, in quelle limpide giornate prive di foschia che permettono allo sguardo di spingersi a chilometri e chilometri di distanza.
    Eppure, recandosi presso il piccolo borgo fortificato di Castel Santa Maria, nel comune di Castelraimondo, almeno con l’ausilio dell’immaginazione, è possibile respirare un po’ di aria marittima.
    Infatti, poco fuori le sue mura si trova una lapida commemorativa, con tanto di ancora appoggiata sul suo basamento, che attraverso le parole incise nel marmo ricorda la storia di un equipaggio di marinai che durante la Seconda guerra mondiale persero tragicamente la vita a bordo del sommergibile Malachite.
    Nella lastra spiccano anche le generalità di uno dei membri di quel valoroso manipolo; si tratta del sottocapo Dino Buglioni, ed è proprio lui a rappresentare il trait d’union che lega in maniera così indissolubile il mare alla montagna.

    Per conoscere la sua vicenda personale, insieme a quella del Malachite, bisogna andare parecchio a ritroso nel tempo ed addentrarsi negli eventi della storia italiana del secolo scorso.
    Dino Buglioni nacque il 18.3.1921 a Camerino da una famiglia di umili origini, forgiando la sua giovinezza secondo i valori del dovere e del sacrificio.
    Il destino di questo giovane ragazzo sembra già segnato a rimanere confinato nella sua terra, ma in testa ha altre ambizioni ed è il mare la fonte della sua aspirazione, così, motivato da una grande volontà di servire il suo Paese, appena sedicenne, si arruolò nella Regia Marina Militare in qualità di allievo elettricista.
    Superato il corso di base, fu inviato a bordo di un’unita di superficie dove ottenne la qualifica di sottocapo, finché con l’entrata in guerra dell’Italia nel 1940 viene imbarcato a bordo del sommergibile Malachite.
    Quello del sommergibilista è un compito assai arduo e rischioso, per il cui adempimento è richiesta un’alta specializzazione tecnica, un grande coraggio e un forte spirito di adattamento, dovendo operare in spazi limitati ed in condizioni di elevata pressione psicologica.

    Nel corso della guerra il Malachite partecipò a numerose e diversificate missioni nel Mar Mediterraneo, consistenti nel trasporto di truppe e materiali bellici, nel pattugliamento nonché in azioni offensive, fino al giorno del suo affondamento.
    Nel febbraio del 1943, di ritorno da una missione in Algeria dove si era recato per sbarcare un gruppo di incursori, il Malachite, che si trovava in prossimità delle coste meridionali della Sardegna in procinto di attraccare presso il porto di Cagliari, fu intercettato da un sommergibile nemico, l’olandese Dolphin per la precisione, che con un siluro riuscì a centrarlo nella zona poppiera e nel giro di un minuto colò a picco.
    Dei quarantotto membri dell’equipaggio soltanto in tredici riuscirono a mettersi in salvo e tra questi non vi era Dino Buglioni che con il Malachite si inabissò nelle profondità marine senza più fare ritorno nella sua amata Castel Santa Maria, dove oggi quella lapide ne ricorda il supremo sacrifico.

    Dino Buglioni
    21/09/2008

    A nome dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia, porgo il saluto alle Autorità Civili, Religiose e Militari, alle Rappresentanze delle Associazioni d’Arma e Combattentistiche, a tutti i graditi ospiti e sopra tutti a Voi ragazze e ragazzi delle Scuole Elementari e Medie che sarete le donne e gli uomini di domani, madri e padri del futuro.
    Quella di oggi è la dodicesima volta che ci ritroviamo in Castel Santa Maria per ricordare il sacrificio di milioni di italiani per unire l’Italia e consegnarci, poi, un’Italia libera e democratica.
    Sicuramente per oggi avevate altri progetti, altri programmi.  Questo piccolo sacrificio, di cui siete artefici, non è sicuramente lo stesso che fecero i vostri nonni e le persone che hanno dato la vita per l’Onore dell’Italia e la sua Bandiera. Il passato va ricordato e valorizzato come salda radice che affonda nella realtà di ieri, per consentire al tronco di oggi di mettere nuove gemme e nuovi virgulti per il domani. Queste gemme e questi virgulti siete Voi, cari ragazzi. A voi spetta l’onere e l’onore di continuare sul percorso tracciato dai vostri nonni e bisnonni, magari migliorarlo e perfezionarlo, in modo che simili orrori non vengano più a mortificarci il cuore e l’anima. E’ preoccupante la caduta di tensione verso i valori della Patria e dell’identità nazionale che porta a relegare cerimonie come questa, nella dimensione del “nostalgico”: una di quelle rievocazioni retoriche del “bel tempo andato”. Non c’è dubbio che gli incontri tra veterani assomigli un po’ alle rimpatriate tra vecchi compagni di scuola, ma con una differenza davvero non trascurabile che nulla toglie al piacere del ritrovarsi: quello di un forte presidio del rigore e del dovere della memoria. Qui ogni analogia finisce e con essa ogni rischio di caduta in un malinteso spirito nostalgico che, in genere, tende a contrapporre il bel tempo antico ad un presente preferibilmente dipinto con toni apocalittici.
    La guerra, sia per chi vince sia per chi è sconfitto, porta solo lutti e distruzione!
    Se essere giovani, non è soltanto una condizione generazionale, ma anche una inestinguibile propensione ad affrontare la vita con slancio e con spirito positivo, allora dobbiamo dire che la manifestazione di oggi è un’occasione veramente straordinaria per esprimere questo sentimento e questo senso giovanile della vita. Esser giovani nello spirito avendo l’età rispettabile del veterano, significa sempre e prima di tutto rifiutare questo atteggiamento persino quando esso, basandosi su dati di fatto, può trovare negli eventi dell’attualità una qualche consistente  ragione. Il compito, diremmo la missione, del veterano è la quinta essenza del pensare positivo. E’ il mettere la propria esperienza al servizio dei giovani che affrontano oggi, nel mutato spirito dei tempi, difficoltà non dissimili nella sostanza a quelle che hanno affrontato le vecchie generazioni. Quando si riesce a svolgere questa azione di supporto, mettendo a frutto davvero il privilegio e il saper vivere che deriva dall’esperienza, allora si dà un contributo fondamentale alla crescita della società e alla capacità dei giovani di assicurarle un futuro migliore.
    Per essere vissuta e capita dai giovani di oggi la rievocazione del passato non deve cadere nella retorica, ma si deve riproporre con la semplicità, il rigore, il senso della misura di chi, raccontando la propria esperienza, vuole contribuire alla formazione delle generazioni dei propri figli e dei propri nipoti.
    Il nostro dovere è quello di non soccombere alla nostalgia, che pure è un sentimento degno e rispettabile, ma di ricercare e di trovare nella nostra storia, nei volti e nella gesta degli uomini che l’hanno nobilitata, le ragioni che rendono le nostre radici e la nostra identità sempre più solide e forti.

    Il Sottocapo Elettricista “Dino Buglioni”
    La sua storia nella Regia Marina, anche se breve, è stata intensa. E’ durata soltanto cinque anni. Comincia da questa graziosa località di montagna, quando riceve la notizia che è stato accettato, come allievo elettricista, nella Regia Marina Militare. Correva l’anno 1937 ed Egli aveva appena sedici anni. Un forte giovincello, ancora imberbe, che aveva già nel cuore i valori di cui oggi si sono perse le tracce.  Dopo un anno di studi, superato il corso da elettricista, Dino, viene inviato a bordo di una Unità di superficie, sulla quale riceve i galloni di Sottocapo. L’Italia entra in guerra e il nostro Buglioni viene trasferito a bordo del Regio Sommergibile “Malachite”. Affronta, con successo, molte missioni, ma nel febbraio del 1942 al rientro da una missione in Nord Africa,  a 3 miglia a Nord di Capo Spartivento, vicino Cagliari, mentre era in superficie, viene individuato da un sommergibile olandese, il Dolphin, che lancia quattro siluri, tre dei quali vengono schivati dal Malachite ma il quarto lo colpisce affondandolo. Dei 52 uomini di equipaggio si salvano solo dodici marinai, ma tra questi non c’è Dino. Avrebbe compiuto 21 anni solo una settimana dopo l’affondamento. Quanto dolore, quanta costernazione, quale dramma, quante lacrime versate dalla mamma per l’unico fiore della sua casa. “Statti contenta” le avrà scritto Dino, che chi muore per la Patria e la Sua Bandiera, non muore mai. Certo è così! Il suo ricordo vivrà sempre, e fintanto ci saranno uomini che della memoria faranno un insegnamento per il futuro, la guerra non albergherà più nei nostri cuori. Il passato, è la garanzia dell’avvenire. Il Suo ricordo Vi ispiri, cari ragazzi, coraggio e fermezza nell’affrontare i compiti che la vita oggi vi affida, per missioni di pace e di fratellanza.  “Non torneremo mai! Tante le sofferenze ed il supremo sacrificio. Siamo i figli di tutta l’Italia. Siamo tanti. Sacrificati e dimenticati. Offesi dal lungo pesante silenzio. Abbiamo fatto il nostro dovere. Vi abbiamo insegnato ad amare la Patria. Se non ci ricordate Voi, noi siamo morti invano per l’Italia”.

    Dello stesso argomento sul blog
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2020/02/9-2-1943-affondamento-regio-sommergibile-malachite-2/

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia

    18.3.2022, viene consegnata nave Thaon di Revel

    a cura Pancrazio”Ezio” Vinciguerra
    Foto Renato Ruffino

    Nave Paolo Thaon di Revel è un pattugliatore d’altura che prende nome dal Grande Ammiraglio e Duca del Mare (*)
    Prima di sette unità navali (i successivi saranno consegnati nel 2022, 2023, 2024 con due unità, nel 2025 e nel 2026)  è stato varato 15 giugno 2019 nello stabilimento Fincantieri di Muggiano (La Spezia) e consegnato alla Marina Militare il 18.3.2022.
    Rientra nel piano di rinnovamento della flotta deciso e avviato nel maggio 2015 nella cosiddetta ”Legge Navale”.
    Rappresenta una nuova generazione di nave con capacità di assolvere a molteplici compiti in grado di impiegare imbarcazioni veloci tipo RHIB (Rigid Hull Inflatable Boat) sino a una lunghezza di oltre 11 metri tramite gru laterali o una rampa di alaggio situata all’estrema poppa. Dotata di impianto combinato diesel e turbina a gas (CODAG) e di un sistema di propulsione elettrica, con capacità di fornire acqua potabile a terra e  di fornire corrente elettrica a terra per una potenza di 2000 kw.

    Caratteristiche tecniche
    Lunghezza:132,5 metri
    Velocità: 31 nodi circa
    Equipaggio: 171

    Grand’Ammiraglio Paolo Thaon di Revel Duca del Mare
    di Giorgio Gianoncelli (*)

    (Torino, 10.6.1857 – Roma, 24.3.1948)

    Nasce a Torino il 10.6.1857, figlio del Conte Ottavio discendente da antica famiglia nizzarda dedita alla politica, alle armi e al servizio della monarchia sabauda. Il Conte Ottavio è Ministro delle Finanze del Regno sabaudo e firmatario dello Statuto Umbertino.
    Paolo Emilio Thaon di Revel all’età di nove anni è orfano del padre; frequenta la scuola in un istituto privato poi nel collegio salesiano Val Salice, retto da Don Bosco. All’età di dodici anni è mandato a Genova al collegio barnabita di Sant’Anna per prepararsi alla Scuola di Marina.
    L’8 luglio 1873 all’età di 14 anni entra alla Scuola di Marina sulla fregata ad elica “Vittorio Emanuele” e scrive alla madre “Farò una crociera, dopo la quale vi dirò francamente se la Marina è di mio gradimento o no”. La crociera di scuola dura dal 15 luglio al 2 novembre 1873 e tocca i porti di Plymouth, Portsmouth, Brest, Cherbourg, Lisbona e Gibilterra.
    Pare proprio che la Marina sia stata di suo gradimento visto che il 1° dicembre 1877 è nominato Guardiamarina ed è destinato sulla regia nave “Affondatore” con base a Napoli.

    Segue una brillante carriera, oltre che sulle navi anche con incarichi di rappresentanza presso la Corona. Con il grado di Tenente di Vascello è alla casa militare del Principe Eugenio di Savoia – Carignano e nel 1896 da Capitano di Corvetta è chiamato a rivestire l’incarico di Aiutante di Campo effettivo del Re Umberto di Savoia, incarico che mantiene fino al 29 luglio 1900, giorno in cui il Re è ucciso a Monza. Rientrato nei ranghi tra imbarchi e incarichi a terra, nel 1910 è nominato Contrammiraglio e Vittorio Emanuele III lo chiama al Quirinale suo Aiutante Effettivo di Campo, incarico che lascia dopo otto mesi causa la guerra Italo Turca – 1911/12 -, per la quale si imbarca al comando della seconda divisione della Squadra formata dagli regi incrociatori “Garibaldi”, “Ferruccio”, “Marco Polo” e “Varese”.

    Thaon di Revel nel marzo 1913 è nominato Capo di Stato Maggiore della Regia Marina e conserva tale incarico fino ai primi mesi dell’anno 1915.
    Entrata l’Italia nella prima guerra mondiale, sostenne l’impiego dei treni armati e dei MAS; un suo piano condusse alle azioni concluse con l’affondamento delle corazzate austriache Santo Stefano e Viribus Unitis. Dopo la rotta di Caporetto sostenne il mantenimento della linea del Piave e della Laguna di Venezia. Sul finire della guerra condusse il bombardamento di Durazzo e organizzò la rapida occupazione delle isole e delle coste dell’Istria e della Dalmazia. Senatore dal 1917, passa al Comando della piazzaforte di Venezia no all’anno 1917, anno in cui riprende il Comando generale della Regia Marina ed è lui a firmare l’Ordine del Giorno della Vittoria Navale presso il Comando Navale di Brindisi la sera del 3 novembre 1918.


    Dall’ottobre 1922 entrò nel cosiddetto primo governo nazionale in qualità di Ministro della Marina; da questa carica rassegnò le dimissioni nel maggio 1925. Fu fatto Duca del Mare il 24 maggio 1924 e nominato Grande Ammiraglio il 4 novembre 1924. Fu presidente del Senato dal 1943 al 1944.

    Morì a Roma il 24 marzo 1948, le sue spoglie riposano nella basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma, accanto a quelle del generale Armando Diaz (Duca della Vittoria).

    (*) digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome per conoscere gli altri suoi articoli.