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    Giovanni Battista Itri (Stella Cilento (SA), 7.1.1926 – maggio 1996)

    a cura Mimmo Di Matteo

    (Stella Cilento (SA), 7.1.1926 – maggio 1996)

    Riportiamo una nota biografica tratta dal Giornale di Medicina Militare del 1996

    “Non è facile commemorare la figura dell’Amm. Ispettore (MD) Giovani Battista Itri scomparso lo scorso mese di maggio (maggio 1996 ndr), sia per il senso profondo di commozione che riempie il mio animo in questo momento, sia per il timore di non sottolineare sufficientemente i suoi tanti meriti professionali, i prestigiosi obiettivi raggiunti, le sue peculiari doli umane.  Giovani Battista Itri nacque a Stella Cilento (SA) il 7 Gennaio 1926 e compì a Napoli gli studi Universitari, laureandosi brillantemente in Medicina e Chirurgia nel 1950.
    L’anno successivo in seguito a vincita di concorso, venne nominalo Tenente medico nella Marina Militare.
    Percorse con successo tulle le tappe della sua carriera in destinazioni di bordo e di terra, tra cui nave Orsa, l’Infermeria Autonoma di Brindisi, l’Ospedale Principale M.M. di Taranto, l’Infermeria Autonomia di Roma, di cui fu Direttore e Presidente della C.M.0. dal 1964 al 1966, l’Ispettorato di Sanità M.M. in cui ricoprì gli incarichi di Capo dell’Ufficio Medico Legale, di Presidente della Commissione Medica della 2ª Istanza e di Vice Ispettore; in tutte dedicò le sue migliori energie, dando lustro all’intero Corpo Sanitario.
    Durante la sua lunga attività di servizio non mancò mal di dedicarsi allo studio all’approfondimento in settori specialistici a lui molto congeniali quali la Cardiologia, la Medicina Interna e le Malattie Infettive, conseguendo per le prime due la specializzazione e per l’ultima la libera docenza.

    Un bagaglio professionale e culturale che volle mettere a disposizione nei vari corsi di insegnamento tenuti alla Scuola di Sanità M.M. di Livorno compendiati in un testo di medicina legale militare di grande utilità sia per gli allievi che per gli stessi Ufficiali medici.
    L’attività scientifica condensata in oltre 50 pubblicazioni lo vide impegnato in particolare nell’epidemiologia delle patologie infettive nelle comunità militari. Vorrei ricordare infine l’impegno e l’entusiasmo profusi nell’incarico di Capo Redattore degli “Annali di Medicina Navale” cui diede impulso e prestigio.
    Ci conforta il pensiero che egli ha lasciato una eredità di idee, di norme di comportamento, di riferimenti sui valori essenziali nella vita di un uomo e di un medico.”
    Tra le onorificenze ricordiamo:
    – la Medaglia d’Oro al Merito della Sanità Pubblica;
    – Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana; la Croce d’Oro di Anzianità per aver compiuto 40 anni di servizio militare e la Medaglia Mauriziana al merito di 10 lustri di carriera militare.

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    Giuseppe Carnemolla (Marina di Ragusa, 3.5.1920 – 3.11.2013 )

    di Giovanni Carnemolla

    (Marina di Ragusa, 3.5.1920 – 3.11.2013 )

    … riceviamo e con orgoglio pubblichiamo.

    Giuseppe Carnemolla (Marina di Ragusa, 3.5.1920 – 3.11.2013 ) mio padre, sergente negli anni ’40/44 imbarcato presso la regia nave Nave Carini. Per ricordarlo sempre…

    Regia nave Giacinto Carini
    di Carlo Di Nitto

    Il regio cacciatorpediniere  “Giacinto Carini”, classe “Sirtori”, dislocava 875 tonnellate. Varato il 7 novembre 1917 presso i Cantieri Odero di Sestri Ponente, entrò in servizio il 30 novembre dello stesso anno con la sigla CA. Nel 1929 fu riclassificato come torpediniera. Sopravvissuto al Secondo Conflitto Mondiale fu ulteriormente declassato in dragamine meccanico costiero (con la sigla M 5331). Fu radiato il 31 dicembre 1958 e adibito, con la sigla G.M. 517, a pontone per uso didattico ed addestramento allievi Scuole C.E.M.M alla Maddalena. Dopo alcuni anni, nel 1963, fu avviato alla demolizione.

    (Palermo, 20.5.1821 – Roma, 16.1.1880)

    Giacinto Carini nasce a Palermo il 20 maggio 1821 da Giacinto e da Marianna Anania.
    Nel 1848 fu tra gli insorti sostenendo in un opuscolo a stampa, secondo le idee già manifestate da M. Amari nel noto Catechismo siciliano, che venisse ripristinata, la costituzione del 1812 con quelle modificazioni che erano però indispensabilmente richieste dai nuovi tempi.
    Nominato colonnello di cavalleria dell’esercito rivoluzionario per il suo moderatismo ebbe l’incarico di intervenire in quei comuni in cui erano avvenuti tumulti, per reprimerli, occorrendo, anche con la forza. Con altri protestò quindi contro l’imposta ritrattazione in Sicilia dell’atto di decadenza della monarchia borbonica del 13 aprile 1848, partecipò alla celebrazione, promossa da R. Pilo, dell’anniversario del 12 gennaio, e firmò una pubblica protesta contro il decreto del re di Napoli del 15 dicembre 1849 con cui era stato imposto all’isola un debito pubblico di 20 milioni di ducati annullando con grave danno dei Siciliani il debito contratto nel ’48 dal governo rivoluzionario.
    Partecipò all’impresa dei Mille e, dopo la battaglia di Calatafimi, fu da Garibaldi posto al comando di una delle due legioni in cui venne ordinato l’esercito per l’occupazione di Palermo, ma a porta Termini fu gravemente ferito da una pallottola al braccio sinistro, rimanendo immobilizzato per tutta la campagna di liberazione. Passato poi ai servizi sedentari, fu nominato da Garibaldi ispettore generale della cavalleria. Fu contro l’annessione incondizionata, e scrisse in proposito una lunga lettera al Cavour per mostrargli la necessità di un’amministrazione particolare per la Sicilia.
    Integrato il 10 aprile 1862 con il grado di generale nell’esercito nazionale, fu nella guerra per la liberazione del Veneto al comando della brigata Regina, distinguendosi per la sua sagacia nell’assedio di Borgoforte, sicché ne ebbe una medaglia al valore militare.
    Promosso nel 1871 luogotenente generale, comandò dal 1871 al 1877 la divisione di Perugia.
    Fu inoltre deputato al Parlamento quale rappresentante, di volta in volta, di Palermo, di Piacenza, di Sant’Arcangelo di Romagna e di Iesi nell’VIII, X, XI e XIII legislatura.
    Morì a Roma il 16 gennaio 1880.

    MEDAGLIA IN BRONZO REGIO CACCIATORPEDINIERE “GIACINTO CARINI”

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    24.4.1945, affondamento regia corvetta Vespa

    di Antonio Cimmino

    …a Castellammare di Stabia c’era una volta un arsenale che costruiva navi, e adesso?

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    antonio-cimmino-per-www-lavocedelmarinaio-com_1La regia corvetta cacciasommergibili Vespa, progettata dal Generale Leonardo Fea, fu varata a Castellammare di Stabia il 22 novembre 1942.
    La sigla era C26.
Dopo l’armistizio si trovava a Pozzuoli dove fu catturata dai tedeschi ed incorporata nella Kriegsmarine con la sigla U.J. 221.

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    Dopo avere operato nell’Alto Tirreno fu autoaffondata dai tedeschi il 24 aprile 1945.
    La nave apparteneva alla classe “Gabbiano” dotate di ecogoniometro e di un potente armamento si rivelarono le migliori e più moderne navi che, in assoluto, la Regia Marina ebbe a disposizione durante la guerra.
    Armate di un solo cannone da 100/47 mm. a prua con 7 mitragliere da 20 mm: 2 ai lati della plancia, 1 dietro al cannone e 4 in due impianti binati dietro il fumaiolo. Per l’attacco ai sommergibili furono dotate di 8 lanciabombe e di un motore elettrico silenzioso, da usare negli agguati al posto dei diesel. Ebbero inoltre due lancia siluri singoli da 553 mm. ai lati del fumaiolo.
    Fu affondata dai tedeschi il 24 aprile 1945.

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    24.4.1938, varo della regia nave Granatiere (2°)

    di Carlo Di Nitto

    Il regio cacciatorpediniere Granatiere (2°), Classe “Camicia nera” o “Soldati (prima serie)”, dislocava 2460 tonnellate a pieno carico. Costruito nei Cantieri Navali Riuniti di Palermo, fu impostato il 5 aprile 1937,  varato il 24 aprile 1938 ed entrò in servizio il 1° febbraio 1939.
    Nel breve periodo prebellico svolse attività addestrativa, prendendo parte anche ad una crociera in porti spagnoli.
    Partecipò intensamente alle operazioni belliche del secondo conflitto mondiale totalizzando 124 missioni di guerra per scorta forze navali, scorta convogli, ricerca e caccia antisommergibile, percorrendo circa 47.000 miglia.
    Numerosi furono gli episodi significativi della sua attività. Tra questi: 1940, partecipazione alle Battaglie di Punta Stilo e di Capo Teulada; 1941, partecipazione alle Battaglie di Capo Matapan e Prima della Sirte. Al termine di quest’ultima battaglia, all’alba del 18 dicembre 1941, ebbe una grave collisione con il gemello “Corazziere” subendo l’asportazione della prora e la perdita di tre uomini. Venne quindi rimorchiato a Taranto dove rimase fermo per lavori fino al 30 settembre 1942.
    Il 20 marzo 1943, mentre sostava in porto a Palermo, fu sorpreso da un violento bombardamento aereo statunitense che provocò gravi danni a bordo e la perdita di ben 42  membri dell’equipaggio.
    Trasferito per lavori a Taranto, l’8 settembre 1943, venne sorpreso dalla proclamazione dell’armistizio.
    Durante la cobelligeranza, nel 1944-45, svolse intensa attività a fianco delle Marine alleate compiendo azioni contro le coste occupate dai tedeschi e missioni di scorta e trasporto di personale.

    Dopo la guerra, rimasto alla Marina Italiana, sostò per quasi un anno per importanti lavori di trasformazione e ammodernamento. Al termine, rientrò a far parte della 1^ Squadriglia Cacciatorpedinieri con cui effettuò attività addestrativa per le ricostituite Forze Navali fino a tutto il 1955.
    Agli inizi del 1956, passò in riserva e, il 10 aprile 1957, fu riclassificato “fregata veloce”. Rimasto in riserva, il 1° luglio 1958, venne radiato.
    Nel corso della sua vita operativa, portò le sigle ottiche GN e D 550.
    Il suo motto, fino al 1946, fu: “A me le guardie per l’onore di casa Savoia”. Successivamente, con la nascita della Repubblica, il motto fu modificato in “A me le guardie”.

    Nella foto, dietro la nostra Unità, si intravede una corazzata classe “Littorio”.
    ONORE AI CADUTI!

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    Andrea Mansi (Ravello, 24.4.1919 – Napoli, 12.9.1943)

    a cura Antonio Cimmino

    

…vittima dell’odio nazista ucciso per ritorsione.




    (Ravello, 24.4.1919 – Napoli, 12.9.1943)

    Il 12 settembre 1943 rientrava dalla licenza per recarsi all’ospedale di Fuorigrotta a Napoli.
La città era in agitazione perché dopo l’armistizio di Cassibile e il successivo proclama del maresciallo Badoglio non aveva una guida sicura. I cittadini erano allo sbando, come del resto in altre parti d’Italia, e molti militari preso atto della caotica situazione optarono per la diserzione.
    Con l’avanzata da sud degli alleati anglo-americani e la ritirata verso nord delle truppe tedesche, i generali nazisti diedero ordine di rastrellamenti, assedi ed instaurare quel clima di terrore con l’ordine di fucilare coloro che si opponevano al regime.
    Antonio Mansi fu barbaramente trucidato, in questo clima di odio, sulla soglia dell’università partenopea, divenuta centro di anti nazi-fascisti.
L’università Federico II fu meditatamente scelta per ammonire la popolazione napoletana. 
Dapprima fu incendiata e, al culmine del rogo, Andrea Mansi fu forzato ad entrare dal portone e poi ulteriormente sventrato anche da una cannonata per essere arso vivo nell’atrio in fiamme.
    Tirato a fuori dall’atrio, fu legato ad una delle porte roventi per essere facilmente visto dalla folla mentre urlava agonizzante, col metallo che gli ustionava la schiena. Alla cruenta esecuzione furono costretti ad assistere numerosi civili ai quali venne dato l’ordine di inginocchiarsi sotto la minaccia delle mitragliatrici, e guardare i soldati tedeschi che sparavano al Mansi che gemeva ed infine, alla sua morte, ad applaudire. I cine operatori della Gestapo riprendevano l’esecuzione…
Di che cosa era accusato? Di avere attentato alla vita di un militare tedesco.
In realtà non si dissociò della divisa che ancora indossò fino all’estremo sacrificio e al giuramento alla Regia Marina.

    LA STORIA
    Era l’alba del 12 settembre 1943. Un giovane marinaio di leva di Ravello, Andrea Mansi, classe 1919, faceva ritorno a Napoli, dove prestava servizio presso l’ospedale militare di Fuorigrotta, dopo una licenza breve. Prima di lasciare Ravello, quel giovane, dalla profonda devozione verso la Madonna, si incaricò di suonare a distesa le campane della chiesa parrocchiale del Lacco, il suo rione, nel giorno della ricorrenza del Santissimo Nome di Maria Vergine. Ma Andrea era all’oscuro di ciò che sarebbe accaduto in serata nel capoluogo partenopeo. Alle 18 e 30 Dwight D. Eisenhower, rese nota l’entrata in vigore dell’Armistizio di Cassibile (armistizio breve, già siglato il 3 settembre) e confermato poco più di un’ora dopo, alle 19 e 42, dal proclama del maresciallo Pietro Badoglio trasmesso dai microfoni dell’EIAR. Le forze armate italiane, come in tutto il Paese, a causa della mancanza di ordini dei comandi militari si trovarono allo sbando anche a Napoli. A Napoli la situazione, già difficile per i bombardamenti subiti e per lo squilibrio delle forze in campo (oltre 20mila tedeschi a fronte di soli 5mila italiani, in tutta la Campania), ben presto divenne caotica per la diserzione di molti alti ufficiali, incapaci di assumere iniziative se non addirittura conniventi con i nazisti, cui seguì lo sbando delle truppe, incapaci a loro volta di difendere la popolazione civile dalle angherie tedesche. Il 12 settembre i tedeschi decidono di sospendere i preparativi per la ritirata e di instaurare col terrore il loro pieno dominio sulla città. Un corriere da Berlino portò al comandante tedesco Walter Schöll l’ordine di non lasciare la città e in caso di avanzata delle truppe anglo-americane di non abbandonarla prima di averla ridotta “in cenere e fango”. Fu allora che proprio il 12 settembre, il colonnello Schöll, assunto il comando delle forze armate occupanti nella città partenopea, proclamò il coprifuoco e dichiarò lo stato d’assedio con l’ordine di passare per le armi tutti coloro che si fossero resi responsabili di azioni ostili alle truppe tedesche, in ragione di cento napoletani per ogni tedesco eventualmente ucciso. Ma il proclama (nella foto) venne reso noto soltanto il giorno successivo. Dopo alcuni minuti di bombardamento a scopo terroristico, i tedeschi penetrarono nelle case e cominciarono l’opera di saccheggio, di violenze e di distruzione. Gli abitanti venivano cacciati fuori, spogliati di ogni loro avere, incolonnati e costretti ad assistere all’incendio delle loro abitazioni. Anche l’Università venne invasa e incendiata, distrutti migliaia di volumi. L’obbiettivo non era scelto a caso, i tedeschi sapevano che dopo il 25 luglio l’Università era divenuta uno dei centri di raccolta dell’antifascismo. Giunto presso l’Ospedale di Fuorigrotta Andrea Mansi non trovò nessuno. Erano spariti tutti. Non sapendo cosa fare, ma soprattutto non essendo a conoscenza di ciò che a Napoli stava accadendo (veniva da alcuni giorni di licenza e in tanti, parenti e amici gli avevano consigliato di non fare ritorno a Napoli), si diresse verso il centro, vestito della divisa militare S.E.B. (servizio estiva bianca) della Regia Marina, speranzoso di incontrare qualche suo commilitone, magari quel Luigi Nappo di Gaeta con il quale aveva un rapporto privilegiato. Ma riconosciuto dalla bianca divisa Andrea venne fatto prigioniero, ingiustamente accusato di aver attentato alla vita di un militare tedesco. Fu questo il vile pretesto per poterlo subito giustiziare, proprio come accadde per tanti altri innocenti militari italiani. Il 12 settembre il 24enne marinaio di Ravello venne condotto sul patibolo della soglia della sede centrale dell’Università Federico II ancora in fiamme per essere giustiziato. Alla cruenta esecuzione furono costretti ad assistere numerosi civili, ai quali venne dato ordine di inginocchiarsi ed applaudire alla sentenza, sotto l’occhio di una macchina da presa della Gestapo.

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    24.4.1941, affondamento regia nave Egeo

    di Carlo Di Nitto

    (Napoli, 5.3.1893 – Mare, 24.4.1941)

    Questa foto scattata nel 1934, gentilmente concessa dall’amico Federico Brasini, riprende un gruppo di allievi della Scuola C.R.E.M. per Meccanici di Venezia con, al centro, il Comandante in 2^, Capitano di Fregata Ugo Fiorelli. 
Il Comandante Fiorelli cadde il 24 aprile 1941 mentre era al comando della motonave ausiliaria armata “Egeo” dopo aver sostenuto un durissimo scontro notturno contro una divisione navale nemica e, per questo, fu decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare “alla Memoria”.

    Nella foto, secondo da sinistra in piedi, Dario Brasini, (padre dell’amico Federico) disperso nell’affondamento del regio Cacciatorpediniere Lampo.
    ONORE AI CADUTI

     Agostino Antonio Brocco
    di Carlo Di Nitto

    (Formia, 5.8.1906 – Mare, 24.4.1941)

    Marinaio Cannoniere Agostino Antonio Brocco, di Nicola e di Scipione Assunta, disperso nell’affondamento del Regio Incrociatore Ausiliario Navale Armato “Egeo” il 24 aprile 1941.
    Nella notte tra il 23 ed il 24 aprile 1941, in navigazione da Tripoli a Palermo a circa 80 miglia per 010° da Tripoli, verso le ore 00.40 l’unità, scoperta dai radar nemici, fu attaccata dai cacciatorpediniere britannici “Janus” e “Jervis. Sostenne l’impari combattimento per circa venti minuti, fino a quando, colpita da due siluri affondò trascinando con sé 84 Marinai.
    BROCCO Agostino Antonio era nato il 5 agosto 1906 a Formia.

    (foto archivio personale Carlo Di Nitto per gentile concessione a www.lavocedelmarinaio.com)