Le parabole e ritratti di Toty Donno

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    La solitudine è il silenzio che reclama pace

    di Toty Donno

    Toty Donno per www.lavocedelmarinaio.comFuori dal frastuono esterno, quando il rumore sembra sommergerti, ecco la solitudine.
    Gesù, quando aveva bisogno di pregare, andava nel deserto da solo.
    La solitudine è momento di meditazione che mette la tua anima in uno stato di quiete temporanea,
    essenziale a mantenere stabile il tuo baricentro. Difatti è inopportuno che distogliamo la nostra concentrazione, sulla tua coscienza, sul destino da perseguire e quindi sul nostro baricentro.
    Il Baricentro è l’equilibrio che discerne il bene dal male, il giusto dall’ingiusto e che dirige la barchetta verso il nostro destino.
    Molte cose sono state fatte contro l’uomo, molte sofferenze ed imprevisti sono tesi perché l’uomo venga destabilizzato, perché una volta che ci si fa prendere la mano dagli eventi possa essere sbattuto senza alcuna meta come foglia che viene presa dal vento e volando senza alcuna meta, portato lontana senza alcun destino.
    Per questo, non dobbiamo cadere come foglia morta dall’albero della vita ma attaccarci con tenacia ad essa e prima di ferire il cuore del fratello, specialmente di un giovane, riflettiamo semplicemente perché non abbiamo nessun diritto di creare dolore.
    In questi momenti di solitudine, è il silenzio che reclama pace.

    Toty Donno e la cascata di frutta (olio su tela) - www.lavocedemarinaio.com

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    Io voglio essere cantato

    segnalata da Toty Donno

    Toty Donno per www.lavocedelmarinaio.comHo capito che le persone sono come le canzoni. Ci sono quelle che passano alla radio, ci colpiscono ma non sappiamo il titolo. Altre che ci prendono, le mettiamo sull’ipod, ma poi non le ascoltiamo più.  Altre le dimentichiamo e certe volte riascoltandone, affascinano ancora.  Altre invece diventano la nostra colonna sonora. Ma ci sono sfumature nelle canzoni di cui non puoi accorgertene la prima volta che le ascolti.
    Ecco, io vorrei essere la tua canzone. La tua preferita. Magari voglio essere quella canzone che senti come se l’avessi scritta tu. Voglio che tu mi riconosca dalle prime note, non voglio essere solo un mucchio di suoni. Io voglio essere “cantato”.
    Imparami a memoria, ogni suono, ogni acuto, ogni parola, imprimiti il ritornello sulla pelle, io voglio essere la tua canzone!

    Mamma Donno  per gentile concessione a www.lavocedelmarinaio.com

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    Scusa e grazie

    di  Rosangela Zavattaro Rastelli
    segnalato da
    Toty Donno

    Toty Donno per www.lavocedelmarinaio.comCi sono due parole “scusa” e “grazie”, che sembrano sparite dal vocabolario dei giovani e meno giovani ma soprattutto dall’abc del cuore. Di tutti. Sono, da sempre, le parole del perdono, e della gratitudine, della riconoscenza, o meglio del riconoscimento di aver ricevuto qualcosa da qualcuno, magari fin dalla nascita: dai genitori, dai nonni, dalla tata e poi crescendo, dall’amico, dall’innamorato-a, dal collega, dal sacerdote. Una volta i genitori cercavano di insegnarle ai loro piccoli insieme all’amore, come un’altra faccia dell’amore o, semplicemente, come espressione di educazione, di una cultura della reciprocità e dell’altro come me.
    Oggi tutti hanno diritti e, fin dalla culla, tutto è dovuto. Sempre. Specie dai giovani, dai figli, proprio in quanto figli che “non hanno chiesto loro di venire al mondo” per cui anche il dono della vita diventa spesso una colpa dei genitori da dover scontare. Per sempre.
    Quante bocche serrate o insulti piuttosto che chiedere scusa. Quanti “scusa” e “grazie” non si sono mai pronunciati. Quanti silenzi offesi ed offensivi hanno creato muri tra le persone, fra i popoli, le nazioni e provocato perfino eccidi, distruzioni. Si è perso il senso elevato di queste parole che sono un gesto di pace e di riscatto, un tendere la mano, chiedere comprensione, e rafforzare legami, amicizie. Di quanti “scusa” e “grazie” mai pronunciati si sono nutrite le separazioni, i divorzi, le fughe e forse, peggio ancora, certe vendette e raptus?
    La forza delle parole mai dette, è talvolta più dirompente di quelle urlate perché il silenzio scava sotterranei, inguaribili solchi di incomprensioni. Ricordo il motto scout di Baden Powell sulla gratitudine:
    Un dono non ti appartiene veramente finchè non hai ringraziato”.

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    Un pizzico di perdono e dimentica il passato

    di Toty Donno

    Toty Donno per www.lavocedelmarinaio.comIl bene è l’unico investimento che non delude mai. I buoni sanno dimenticare un’offesa e seppellire nel silenzio il rancore, confortano chi è triste e sorridono a tutti, anche a loro stessi. I buoni parlano con i fiori, ricordano sempre il bene ricevuto dagli altri, mantengono sempre la parola data e perdonano…
    Quando dai, aggiungi sempre un po’ di te a ciò che dai: un pizzico della tua mente, un battito del tuo cuore, una vibrazione della tua anima. E avrai dato di più. Quando dai, fallo sempre col sorriso sulle labbra, aggiungici poi una manciata di gioia e d’allegria, e porgi il tutto con la mano dell’amore. E avrai dato di più. Quando dai non pensare di ricevere e riceverai tanto, e subito; la gioia di aver dato e la vittoria sul tuo egoismo. Se quando dai, dai anche te stesso darai di più, e riceverai di più.

    Un pizzico di perdono - www.la vocedel marinaio.com

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    La bella ‘mbriana

    di Toty Donno

    Toty Donno per www.lavocedelmarinaio.comOggi desidero condividere con voi uno dei miti più noti della cultura napoletana: quello della bella ‘mbriana che, secondo una romantica leggenda, era una principessa che aveva smarrito la ragione a causa di un amore infelice vagando, così, come un’ombra attraverso i vicoli della città. Il re, suo padre, per proteggerla ricompensava con doni anonimi quelle case in cui la figlia veniva accolta. Pertanto nacque la leggenda della fortuna legata a questa misteriosa presenza femminile che, nell’immaginario napoletano, rappresenta lo spirito della casa amante dell’ordine, potente e, al contempo, anche molto capricciosa: ella infatti porta benessere e salute nell’abitazione in cui è accolta ma si dimostra oltremodo vendicativa verso coloro che offendono la casa da lei protetta. Per questa motivazione non ci si deve mai lamentare di una casa troppo piccola o troppo buia ed eventuali progetti di trasloco non vanno mai discussi in casa o a voce alta.
    La bella 'mbriana autore ignoto - copiaE’ difficile descriverne l’aspetto in quanto la creatura appare solo per pochi istanti accanto ad una tenda mossa dal vento o nel riflesso della finestra; tuttavia viene descritta come una giovane donna dal viso dolce, solare e sereno come si può intuire dalla stessa etimologia latina del nome ‘mbriana, ovvero Meridiana: l’ora più luminosa del giorno.
    Una testimonianza dell’affetto verso questa figura risiede nell’ampissima diffusione del cognome Imbriani a Napoli derivante, appunto, da ‘mbriana.
    Un tempo si aveva l’abitudine di mettere a tavola un posto in più per lei con una sedia libera affinché ella potesse entrare e sedersi per riposare. La bella ‘mbriana, secondo la tradizione popolare, può anche manifestarsi come un geco che, nelle serate estive, caccia gli insetti vicino alle lampade; perciò i napoletani lo considerano un animale portafortuna e si guardano molto bene dal cacciarlo o disturbarlo.

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    Ogni momento è una grande fatica…
    ma voi allietate le nostre giornate, ci fate compagnia,
    ci permettete di restare in contatto con il mondo.
    GRAZIE.
    Ezio Vinciguerra
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    Dio ci cambia l’acqua tutti i giorni

    a cura di Toty Donno

    Due pesci rossi vivevano in un vaso di vetro.
    Nuotando pigramente in tondo avevano anche tempo per filosofare.
    Un giorno un pesce chiese all’altro:
    – “Tu credi in Dio?”
    – “Certo!”
    – “E come fai a saperlo?”
    – “Chi credi che ci cambi l’acqua, tutti i giorni?”

    Dio ci cambia l'acqua tutti i giorni

    La vita scorre dentro di noi come un fiume tranquillo ed è un miracolo. Ma facciamo l’abitudine anche ai miracoli. Ogni giorno è un dono tutto nuovo, una pagina bianca da scrivere. Dio ci cambia l’acqua tutti i giorni. Dio non muore il giorno in cui cessiamo di credere in una divinità personale, ma noi moriamo il giorno in cui la nostra vita cessa di essere illuminata dalla radiosità costante, e rinnovata giorno per giorno, da un miracolo la cui origine è al di là di ogni ragione.
    (Racconto di Bruno Ferrero)