Il mare nelle canzoni

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    Piscaturella

    segnalata da Antonio Cimmino e Pietro Scognamiglio
    di Sergio Bruni

    Segue …
    Certo, dint’a ‘sta rezza
    che tire ‘a mare,
    na vota ‘e chesta truvarraje
    stu core.
    E pigliatillo, oje bella, t’appartiene,
    nun mme fà’ cchiù suffrì turmiente e pene.
    Tu si’ pe’ me patrona e ‘nnammurata
    e io sóngo ‘o schiavo tujo pe’ tutt’ ‘a vita.
    Ohé,
    Piscaturella,
    …………….
    Mme faccio piscatore
    pe’ mm’arrubbà stu core.
    Nun cerco tesore,
    nun cerco ricchezza,
    mm’abbasta na varca,
    ll’azzurro d’ ‘o cielo
    e ll’ammore cu te.

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    NON GIUDICATE IL MARE

    di Gianni Befiore

    Sono arrivato al mondo musicale con un background differente da tutti gli altri miei colleghi: 15 anni di vita sul mare sono quelli che mi hanno formato umanamente.  Ho iniziato sulla motonave Victoria a 18 anni; a 21 anni ero Ufficiale capoguardia responsabile della navigazione di 400 passeggeri e 300 persone di equipaggio.  Ho effettuato 150 crociere nei Caraibi, fino al 1966 quando sono stato assunto dalla Società Italia di Navigazione, traguardo molto ambizioso che soltanto pochi riuscivano a raggiungere in quel settore.  Ad assumermi fu il Comandante Franchini, ex Primo Ufficiale sull’Andrea Doria al momento del naufragio.  Il primo imbarco è stato sulla Raffaello, uno dei gioielli della Marineria Italiana.  I miei viaggi per gli Stati Uniti sono stati intercalati da viaggi per l’America Latina: Venezuela, Colombia, Perù e Cile con le motonavi Verdi, Rossini e Donizetti; per Brasile, Uruguay e Argentina con la motonave Augustus.  A completare il quadro, le crociere in Nord Europa fino a Leningrado, oggi San Pietroburgo.
    L’esperienza maturata in quel periodo mi permette di poter dare un “giudizio” su quello che è accaduto in questi giorni sulle coste della Calabria dove hanno perso la vita, come al solito, degli innocenti.  E, come al solito, non si focalizza mai il problema vero perché non si tolgono mai il vizio di dimenticare in questi casi il loro colore politico, anzi fanno proprio il contrario  e arrivano a strumentalizzare i morti.
    La prima cosa da considerare sono le condizioni atmosferiche che in questo caso erano proibitive poiché c’era una bassa pressione sulla Sardegna, abbastanza ampia, che influenzava il mare sulla costa est della Sicilia come su quella della Calabria, con vento costante da sud, in quanto il centro della perturbazione era fermo o si muoveva troppo lentamente.
    L’altro fattore da considerare è l’orario notturno, anche questo proibitivo.  E poi le persone da salvare, che erano bambini, donne e persone non assuefatte ai pericoli del mare.  Il quadro era tale per cui non si poteva pensare a un eventuale trasbordo, soprattutto per le condizioni del mare: si sarebbe fatto un danno superiore.  Restava l’alternativa del rimorchio, anche questo però non praticabile sia per la vicinanza alla costa sia impossibile da realizzare perché i 4 scafisti non avrebbero potuto coadiuvare un’operazione del genere.

    Tutti coloro che non hanno un’esperienza marinara devono esimersi dal parlare e giudicare perché è un mondo completamente differente che bisogna aver conosciuto, e da questo è venuto lo spunto della canzone che allego – che è più che una canzone – “Non giudicate il mare”.
    A proposito: la verità sull’Andrea Doria è uscita 60 anni dopo grazie agli Americani – in particolare alla Guardia Costiera – che sul libro “Anatomia di una collisione” hanno  elencato i fatti, e le colpevolezze da parte degli Svedesi, come realmente erano avvenuti.

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    Renzo Galimberti (Lissone 3.4.1923 – Mare, 22.9.1943)

    di Marino Miccoli

    (Lissone 3.4.1923 – Mare, 22.9.1943)

    Ricordando il Marinaio fuochista morto a 20 anni sul piroscafo Sgarallino.

    Era un Marinaio giovanissimo Renzo Galimberti quando perì nell’affondamento del piroscafo Andrea Sgarallino su cui prestava servizio.
    Originario di Lissone, una bella e produttiva cittadina confinante con la città di Monza, capoluogo della Brianza verde ed operosa, prima di indossare la divisa della Regia Marina era stato un operaio del mollificio Cagnola.
    Della classe 1923, la morte lo ghermì improvvisamente a soli 20 anni, mentre prestava servizio sulla sua Unità con la qualifica di Marinaio Fuochista.
    Il piroscafo, (di circa 730 tonnellate di stazza, lungo 56 metri e largo 8, che portava il nome di un patriota: il colonnello Andrea Sgarallino, livornese, il quale con Garibaldi partecipò all’impresa dei Mille) era stato varato nel 1930, nel nuovissimo Cantiere Navale Odero-Terni di Livorno, con materiali e tecniche ritenuti all’avanguardia per quei tempi. La cronaca dell’epoca al riguardo scrisse: “oltre ad avere qualità nautiche indiscutibili, comodità immense per i passeggeri e l’equipaggio, è stato curato così minuziosamente nei suoi particolari e con un tal buon gusto da farlo sembrare un pacchetto in miniatura”.
    Navigava per i servizi di linea nell’Arcipelago Toscano quando allo scoppio della guerra, nel 1940, viene requisito dalla Regia Marina.
    Armato con due cannoncini e mimetizzato con apposita livrea, fu ribattezzato nave ausiliaria posamine F.123 e destinato a servizi militari.

    Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 riprese il servizio di trasporto passeggeri (civili e militari da e per l’isola d’Elba), recapito della posta e di approvvigionamento derrate e merci varie con la terraferma. Quando i tedeschi occuparono l’isola d’Elba la nave fu confiscata e le venne imposto di inalberare la bandiera del III Reich; questo fatto unitamente al suo aspetto di nave da guerra contribuirà al verificarsi del suo tragico affondamento, avvenuto la mattina del 22 settembre 1943. Il piroscafo, comandato dal STV Carmelo Ghersi, stava effettuando la traversata tra Piombino e Portoferraio carico di militari e civili italiani; quando giunge nelle acque di Nisporto, a circa un miglio di distanza dall’isola d’Elba, venne silurato dal sommergibile britannico Uproar. Vedendo la nave mimetizzata militarmente e battente bandiera tedesca, il comandante del sommergibile non esitò ad attaccare ordinando il siluramento. Sono le 9.49 quando due siluri esplodono spezzando il piroscafo in due tronconi; purtroppo l’affondamento è immediato e avviene una strage. Nella tragedia periscono circa trecentotrenta persone innocenti, proprio quando il piroscafo era giunto a poche centinaia di metri dall’attracco. Soltanto quattro furono i sopravvissuti.

    Oggi il relitto si trova, adagiato sul fondale, spezzato in due, a circa 66 metri, nel punto Lat. 42° 50’ N – Long. 010° 21’ E .

    Dalle amare parole di una testimone che all’epoca era dodicenne, la signora Marisa Burroni, si può comprendere quale fu l’entità della tragedia:

    […] Ricordo che la nave era avvolta dalle fiamme e da un denso fumo, dopo pochi minuti le fiamme si spensero e lo Sgarallino era scomparso sotto al mare. Quel giorno infame un vento leggero faceva giungere a tratti le urla di quei disperati. Ricordo che tutti correvano verso il porto e io feci lo stesso. So che i soccorsi partirono molte ore dopo il siluramento perché c’era la paura che quel maledetto sommergibile fosse ancora lì per colpire ancora. Non dimenticherò mai le decine di corpi esanimi distesi dal molo del Gallo fino a quasi la porta di ingresso di Portoferraio. La gente voltava i cadaveri per vedere se riconoscevano amici o parenti mentre alcune donne portavano le lenzuola per coprire quei poveri corpi, ma più di tutto ho chiaro nella mente il corpicino di un bimbo vestito di celeste; che Dio maledica la guerra, tutte le guerre.”

    Di seguito riporto alcuni toccanti e significativi versi di una ballata popolare composta sui tragici fatti accaduti quel giorno.

    LA BALLATA DELLO SGARALLINO
    Il ventidue settembre
    partiva da Piombino
    ben carico di gente
    l’ “Andrea Sgarallino”
    […]

    Erano tutt’a bordo, erano ben stipati
    e in più di trecento non sono più tornati

    Si sentono le grida
    si sentono le urla
    si chiama il capitano
    e non è certo burla

    Si sentono le grida
    nessuno è più al sicuro:
    “Buttarsi tutt’a mare,
    che sta a arrivà un siluro!”

    Erano tutt’a bordo, erano ben stipati
    e in più di trecento non sono più tornati

    Ma non féciono in tempo,
    nessun s’era buttato;
    che ci fu l’esplosione
    dell’ordigno scoppiato

    Ma non féciono in tempo,
    nessun s’era salvato;
    e per trecentotrenta
    il tempo s’è fermato

    Erano tutt’a bordo, erano ben stipati
    E in più di trecento non sono più tornati

    Aspetta aspetta al molo
    la gente ‘un vé arrivare
    la nave di ritorno
    e inizia a lagrimare

    Aspetta aspetta al molo
    la gente ode vociare
    che l’Andrea Sgarallino
    or giace in fondo al mare!

    Questi tristi versi, dettati dal grande e profondo sentimento di cordoglio popolare, ci aiutano a comprendere quale immane tragedia avvenne quel giorno e ci spronano a riflettere e a tenere sempre presente quanto grande, importante e inestimabile sia il valore rappresentato dalla pace tra le nazioni.

    Il 29 maggio 2013 la sezione A.N.M.I. di LISSONE – gruppo Brianza- è stata intitolata al Marinaio Fuochista Renzo Galimberti e sul monumento dei Caduti del mare di Lissone è stata deposta una targa commemorativa.
    Desidero inoltre evidenziare che considero bello e assai significativo il fatto che una sezione dell’ANMI come quella di Lissone (alla quale sono iscritto) sia stata intitolata a un MARINAIO, ossia non a un blasonato Ammiraglio o un famoso Comandante, ma mi piace ribadirlo, a un Marinaio fuochista che a soli 20 anni è perito nell’espletamento del suo prezioso servizio in sala macchine.
    Oggi 22 settembre 2020, nel 77° anniversario dell’affondamento del piroscafo Andrea Sgarallino, desidero ricordare il sacrificio di Renzo Galimberti e dei Marinai componenti l’Equipaggio nonché la scomparsa dei numerosi Civili che vi erano trasportati. Attraverso il lodevole sito de LA VOCE DEL MARINAIO ne onoriamo la memoria rivolgendo loro il nostro deferente pensiero.