Curiosità

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    La campana della nave

    a cura Francesco Carriglio
    http://www.augusta-framacamo.net

    La campana a bordo alle navi risale al periodo della marina velica, era collocata in prossimità del cassero centrale e serviva a battere il tempo, 2 rintocchi per ogni ora, un rintocco ogni mezzora. Il suono della campana avvisava i marinai al cambio della guardia, che avveniva ogni 4 ore, con otto rintocchi, alle 4, alle 8, alle 12, alle 16, alle 20 e a mezzanotte, e regolava anche l’attività di bordo, come la sveglia la mattina, assemblea generale, il rancio pronto alla distribuzione e il posto di manovra. I rintocchi della campana in rapida successione servivano come allerta: incendio a bordo, posto di combattimento, abbandono nave. I rintocchi lenti della campana si utilizzavano in caso di nebbia per segnalare la presenza della nave all’ancora.
    Il 31 dicembre avvenivano tradizionalmente 16 rintocchi, 8 per l’anno appena trascorso e 8 per il nuovo anno.

    Oggi la presenza della campana a bordo è un fatto decorativo, tradizionale e simbolo di “identità” della nave. La campana è stata di fatto sostituita dal fischio e sirena o dalla Rete Ordini Collettivi, può essere utilizzata solo in caso di pericolo per scarsa visibilità dalle unità superiori ai 12 metri alla fonda, non provvisti di sirena, come è citato nel Regolamento degli Abbordi in Mare del 1972. 

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    Di mio nonno Carlo conosco solo il suo nome

    di Stefano Giuntoli

    – S.O.S. RICHIESTA NOTIZIE E FOTO – 

    … riceviamo e con immenso orgoglio e commozione pubblichiamo questa struggente storia di un Ufficiale del regio reggimento San Marco.

    Buonasera Luogotenente Vinciguerra,
    invio la presente per ottenere informazioni riguardo a mio nonno, di cui purtroppo conosco solo il nome di battesimo, Carlo, ricavato dalla sola foto che ho di lui e che allego in copia, con dettagli (è il terzo in piedi da destra in divisa da ufficiale: foto nn. 1-3). Da tale foto e dalla testimonianza di mia madre, che purtroppo non lo ha mai conosciuto, ho potuto effettuare qualche ricerca, che potrebbe essere utile a una sua identificazione e i cui risultati espongo di seguito.

    Come detto, il nome di battesimo è Carlo, e sul retro della foto allegata ha scritto “Al ritorno, dopo aver eseguito una pattuglia nel territorio di Addis Abeba..”. Dalla sua divisa e da quella dei militari con lui si evince la loro appartenenza al Battaglione San Marco, nome che peraltro si legge sulla fascia del casco coloniale del soldato seduto all’estrema destra della foto. Ho potuto confrontare le divise con quella di militari in altra foto dell’Istituto Luce in cui il Battaglione sfila ad Addis Abeba (allegato n. 4) e con quella di un capitano di fregata appena sbarcato al rientro dalla campagna di Etiopia (presente nel libro di Luigi Emilio Longo, La campagna italo-etiopica (1935-1936), Tomo I, Roma 2005 Stato Maggiore dell’Esercito – Ufficio Storico, p. 531: in questa ponderosa opera la partecipazione del Battaglione San Marco è menzionata solo a p. 466, nota 490, con bibl.). Risulta probabile che questo fosse anche il grado di mio nonno Carlo (mia madre lo sentiva menzionare come “capitano”).

    Dal libro Forze speciali italiane 1915-2020 della Anel Anivac si ricava che: “Nel 1936 il San Marco fu impegnato su diversi fronti: contro l’impero etiopico, a Tangeri e nello sbarco in Albania (1939). Il reggimento ebbe un ruolo di primissimo piano nelle campagne coloniali italiane e nella seconda guerra mondiale, venendo impiegato sia nell’Egeo che in Africa e partecipando alla difesa di Tobruk. Già dal 15 agosto 1939 il reggimento venne mobilitato: il 1 settembre Hitler invase la Polonia; vennero chiamati i riservisti, il contingente cinese fu rafforzato e il grosso del San Marco venne radunato a Pola, dove venne ristrutturato dal 1940 come reggimento, composto da due battaglioni (Grado e Bafile)”.

    Dal giornale “l’Arena di Pola” del 1939 la notizia che il 3 maggio “Caloroso saluto al Battaglione San Marco che torna a Pola reduce dall’Albania”.
    Dato che mia nonna e mia mamma sono di Pola e mia madre è nata il 16/1/1938, è estremamente probabile che mio nonno Carlo prestasse servizio nella locale caserma del Battaglione San Marco “Andrea Bafile”, di cui ho reperito una cartolina postale del 1941 (allegato n. 5) e nominata anche nel giornale “L’Arena di Pola” n. 1909 del 21/10/1975 in cui si riporta nella rubrica Pola dell’altro ieri una foto della caserma del Battaglione San Marco “Andrea Bafile” nella cui didascalia si dice che è stata scoperta nel 1934 una targa per i caduti del Battaglione nella guerra 1915/18.
    Ancora più importante ai nostri fini è la notizia riportata dallo stesso giornale del 1937 che il 7 febbraio “Giunge a Pola il Battaglione San Marco reduce dall’A.O.I. (Africa Orientale Italiana): trionfali accoglienze da parte della cittadinanza”.
    Infine, riassumendo i dati esposti sopra, per l’identificazione del cognome di mio nonno siamo in possesso dei seguenti dati:

    1) Il nome di battesimo era Carlo.

    2) Era ufficiale del Battaglione San Marco col grado (probabile) di capitano di fregata.

    3) Ha prestato servizio nella guerra di Etiopia (dove il Battaglione San Marco è stato impiegato dal 1936 al 1937), nel territorio di Addis Abeba.

    4) Era con ogni probabilità in servizio alla caserma del Battaglione San Marco “Andrea Bafile” a Pola, città in cui vivevano mia nonna e mia madre.

    5) Dovrebbe essere rientrato a Pola con il Battaglione San Marco il 7 febbraio 1937, data compatibile con il concepimento di mia madre, che è nata il 16 gennaio 1938.

    Da un controllo da me effettuato sui nominativi dei militari italiani caduti e sepolti nei cimiteri di guerra in Etiopia non è emerso alcun nome compatibile con il grado e il corpo di appartenenza di mio nonno.
    Ho interpellato per primo il Battaglione San Marco e mi è stato risposto che non dispongono dei dati che chiedevo e di rivolgermi all’Ufficio Storico della Marina. La richiesta di poter effettuare personalmente una ricerca presso l’Ufficio Storico della Marina ha avuto come cortese e celere risposta che loro non possiedono dati relativi a nominativi del personale militare e di rivolgermi al Persomil. Cosa che ho fatto, inoltrando, su loro richiesta telefonica, i dati in mio possesso riportati sopra e le foto allegate: mi è stato risposto, però, che in assenza di nome e cognome (cosa che vado appunto cercando), il loro ufficio non può effettuare alcun controllo e che non ha accesso ai dati relativi ai militari dei contingenti stanziati nelle caserme o impiegati in scenari bellici.
    Non volendomi rassegnare a non riuscire ad avere notizie riguardo a mio nonno e arrivare almeno a conoscerne il cognome, le chiederei un suggerimento su come procedere a ulteriori ricerche e a quale ente potrei rivolgermi o magari nel contempo giungere a qualche indicazione attraverso l’immagine di altri militari con lui nella foto, che qualche parente potrebbe riconoscere, se pubblicata nel suo seguito blog.
    Riassumendo, le ricerche, che vorrei effettuare, dovrebbero essere indirizzate verso l’esame di un elenco nominativo degli ufficiali del Battaglione San Marco di stanza alla caserma “Andrea Bafile” a Pola almeno tra il 1935 e il 1937 e quello degli ufficiali del San Marco impiegati in quegli stessi anni nella guerra di Etiopia e di stanza nel territorio di Addis Abeba.
    Sono consapevole che i dati in mio possesso non sono molti, ma confido nel fatto che il Battaglione San Marco era un corpo speciale numericamente non molto consistente nella guerra di Etiopia e che non molti – probabilmente – dovevano essere gli ufficiali di nome Carlo in servizio in quella campagna e di stanza nella caserma “Bafile ” di Pola.
    Per mia madre e la mia famiglia sarebbe molto importante poter arrivare a conoscere il cognome di mio nonno, punto da cui partire per ulteriori ricerche sulle sue vicende e magari poter trovare il luogo dove riposa.
    Ringrazio della cortese attenzione e spero in qualche indicazione positiva.
    Stefano Giuntoli –  via Andrea di Bonaiuto, 53 – Firenze – cell. 347/1929098

    Buonasera signor Giuntoli,
    ho impiegato quasi una settimana per le ricerche di “Carlo”.
    I quesiti che Le rivolgo sono i seguenti in mancanza del cognome o almeno della località di nascita non so che dire.
    Lei è convinto sia del suo nome di battesimo, sempre che sia Carlo, e che sia deceduto in Etiopia.
    Diciamo subito che durante la Seconda Guerra Mondiale di marinai del San Marco morti che avevano il nome Carlo sono 5 (cinque), ma nessun ufficiale fra di essi.
    Per quanto riguarda l’Etiopia Le allego l’elenco dei Caduti sepolti nei cimiteri etiopici redatto dall’Ambasciata.
    Non c’è nessun Carlo del San Marco, ovvero ci sono alcuni Carlo di cui non è scritto il reparto di appartenenza oltre ai soliti ignoti.
    Ritornando alla mia ricerca ho trovato un libro di Sergio Jacuzzi sul Marco in Africa
    di cui allego il link:
    https://www.ibs.it/san-marco-in-africa-storie-ebook-sergio-jacuzzi/e/9791220810609

    Per quanto sopra posso aiutarla pubblicando sul blog lavocedelmarinaio.com, col suo permesso, la mail integralmente, le foto, e anche la mia risposta per trasparenza e per doveroso rispetto dei lettori a similitudine di altri post dove esordisco con un S.O.S. RICHIESTA NOTIZIE E FOTO (in media lo faccio 3 volte durante l’anno solare) nell’augurio che qualcuno dia qualche ulteriore indizio utile per la sua ricerca.
    In attesa di un suo cortese cenno e nell’augurio di esserle stato di aiuto, riceva gradito un abbraccio grande come il mare della Misericordia Divina.
    Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    7.11.2023 ore 20.30

    Buonasera gentile sig. Vinciguerra,
    per prima cosa la ringrazio di cuore del suo interessamento e del tempo che ha speso nella ricerca. Mi permetto però di rettificare alcuni punti che mi segnala.
    1) Che mio nonno si chiamasse Carlo è certo perché così si firma nel retro della foto che le ho allegato e così è sempre stato menzionato a mia madre.
    2) Io non penso che sia caduto in Etiopia e anch’io, come le avevo scritto, avevo fatto un controllo dell’elenco dei caduti nei cimiteri italiani in Etiopia.
    3) Al contrario penso che sia rientrato a Pola dall’Etiopia col battaglione San Marco ai primi di febbraio del 1937, come riportato dal giornale “L’arena di Pola”, data compatibile col concepimento di mia madre, nata nel gennaio 1938.
    4) Ritengo molto probabile che fosse di stanza nella caserma “Bafile” di Pola, città dove si trovava il grosso del Battaglione San Marco e dove viveva mia nonna e poi è nata mia madre. 

    Pertanto ciò che chiedevo era un suggerimento su come poter effettuare un controllo sull’elenco degli ufficiali del San Marco di stanza alla caserma “Bafile” di Pola tra il 1935 e il 1937 e impiegati nella guerra di Etiopia.
    Purtroppo la mia richiesta al Persomil non ha potuto avere seguito per mancanza di un cognome e l’Ufficio Storico della Marina mi ha risposto di non disporre dei dati sui nominativi dei militari. Anche il Battaglione San Marco sembra non possedere tali dati.
    È solo a questo punto che mi sono permesso di rivolgermi a lei, avendo avuto modo di apprezzare il suo seguitissimo blog.
    Se potesse indicarmi una via per poter accedere a tali informazioni le sarei molto grato, senza che lei debba impiegare il suo tempo.
    In ogni caso la autorizzo senz’altro a pubblicare le foto e la nostra corrispondenza nel suo blog “La voce del marinaio”, nella sezione che mi indicava.
    Oltre a poter produrre qualche informazione, potrebbe anche servire a qualcuno a riconoscere gli altri soldati in esse ritratti. E, non ultimo, mi sembrerà così di far tornare mio nonno a far parte a quella comunità di militari del mare a cui aveva scelto in vita di appartenere.
    La ringrazio davvero sentitamente dell’attenzione al caso che le ho sottoposto e dell’attività che svolge con tanta passione e partecipazione con il suo blog.
    7.11.2023 ore 21.14

    Buongiorno sig. Giuntoli,
    secondo me non esiste alcun elenco del personale San Marco di stanza alla caserma “Bafile” di Pola tra il 1935 e il 1937 e impiegati nella guerra di Etiopia.
    Possono esserci documenti vari con indicati qualche nome all’Ufficio Storico della Marina Militare. Occorre in tal senso andare personalmente, tramite prenotazione.
    L’Ufficio Storico, per la consultazione di tutta la documentazione, è aperto al pubblico dal lunedì al venerdì previo appuntamento telefonico ai nr. 06/36807233 oppure 06/36807227 (per l’Archivio Storico) – 06/36807234 (per l’Archivio Fotografico).
    L’Ufficio Storico, come tutti gli istituti dello Stato in possesso d’archivi, non effettua ricerche per conto terzi.
    Non appena possibile pubblicherò mail e foto nell’augurio  che qualcuno ci possa dare utili informazioni.
    Le mando una mail del link appena publico.
    Pancrazio “Ezio”
    8.11.2023 ore 11.00

    Buongiorno sig. Vinciguerra,
    la ringrazio della sua risposta. Speravo che potessero esistere archivi del personale militare a cui attingere le informazioni che mi stavano a cuore. Nel frattempo consulterò il libro che mi ha indicato, alla ricerca di qualche dato che mi aiuti a collocare storicamente la vicenda umana di mio nonno. Credo che sarebbe di consolazione a mia madre, ormai anziana, avere qualche notizia del padre che non ha mai conosciuto.
    La ringrazio anche per la futura pubblicazione nel suo blog delle foto e della nostra corrispondenza. Lei sta facendo un lavoro importante per la nostra memoria individuale e collettiva, di cui dobbiamo tutti esserle grati.
    Anche se non ci conosciamo, le mando un caloroso abbraccio.
    8.11.2023 ore 11.29

    Buonasera signor Vinciguerra,
    o vorrei chiamarla semplicemente Ezio, se permette, perché lei si è subito comportato con me come una persona amica. Ho immediatamente aperto il suo blog e, oltre a ringraziarla dell’attenzione e del tempo che ha dedicato alla mia richiesta, non posso nasconderle l’emozione e la commozione nel vedere pubblicate le foto di quel nonno, di cui non ho mai saputo niente. Coltivo davvero la speranza che magari qualcuno possa riconoscerlo o riconoscere i militari presenti con lui nella foto. Non mi rassegnerò comunque, in linea col carattere dovuto al mio sangue fiorentino e istriano, e cercherò ogni via possibile che possa farmi avere qualche notizia su di lui.
    In ogni caso desidero ancora esprimerle la gratitudine mia, di mia sorella e di mia madre.
    8.11.2023 ore 20.41.

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    24.3.1928, varo del regio sommergibile Giovanni Bausan

    di Adriano Di Nitto, Carlo Di Nitto e Antonio Cimmino (*)

    Caratteristiche tecniche
    Cantiere: C.N.T. – Monfalcone
    Impostazione: 20.1.1926
    Varo: 24.3.1928
    Consegna: 15.9.1929
    Consegna bandiera di combattimento: 4.11.1929
    Disarmo: 18.5.1942
    Radiazione: 18.10.1946
    Dislocamento. 880,178 t (in superficie) – 1058,093 t (in immersione)
    Dimensioni: Lunghezza 68,2 mt – Larghezza 6,088 mt – immersione  4,848
    Apparato Motore : 2 Motori Diesel Tosi – 2 Motori Elettrici C.G.E.
    Potenza: motori a scoppio: 2700 hp – motori Elettrici: 1100 hp
    Velocità massima: 15 nodi (superficie) – 8,2 nodi (immersione)
    Autonomia: 4200 miglia a 9 nodi (superficie) –  8,2 miglia a 8,2 nodi (immersione)
    Armamento: 4 Tls da 533 mm Ant. – 2 Tls da 533 mm Post.  – 1 cannone da 102/35 mm – 2 mitragliere da 13,2 mm 168 proiettili per cannone
    Equipaggio: 5 ufficiali, 44 (tra sottufficiali e marinai)
    Motto: ” Per maria per hostes” (Per i mari in cerca del nemico)
    fonti bibliografiche e fotografiche:
    “Sommergibili italiani” – di A. Turrini/O.Mozzi – U.S.M.M.

    Consegna della bandiera di combattimento al regio sommergibile “Giovanni Bausan” avvenuta a Gaeta il 4/11/1929.
    Foto scattata da Torquato Ciacchi e per gentile concessione della famiglia nella persona di Giovanna Ciacchi.
    Per curiosità, la Madrina del sommergibile “Giovanni Bausan” fu la signora Riccio-Alleva, mentre il comandante che la accolse fu il Capitano di Corvetta Fontana.


    Giovanni Bausan
    di Antonio Cimmino e Carlo Di Nitto

    …e l’ammiraglio Francesco Caracciolo.

    Un mese prima dell’instaurazione della Repubblica napoletana, all’arrivo dei francesi in città il 21 dicembre 1798, il re Ferdinando IV con tutta la famiglia e i suoi ministri, scappò da Napoli a Palermo imbarcandosi sul Vanguard, vascello al comando di Orazio Nelson. Il monarca del Regno delle Due Sicilie preferì la nave inglese al Sannita, il vascello napoletano comandato dall’ammiraglio Francesco Caracciolo. La consistente flotta borbonica, su subdolo suggerimento inglese, fu fatta incendiare nel porto di Napoli e nell’arsenale di Castellammare di Stabia, per non farla cadere nelle mani dei francesi.

    La traversata fu caratterizzata da una violenta tempesta che si protrasse fino all’imbocco della rada di Palermo. Nelson non riusciva a governare la nave per entrare in porto. Caracciolo, invece, con perfetta padronanza della situazione attraccò con un’ardita manovra a Palermo. Egli mandò Giovanni Bausan di Gaeta, comandante della corvetta Aurora che si trovava in rada, in aiuto della nave inglese in difficoltà. Il Bausan con una piccola imbarcazione sfidando i marosi, si portò sul Vanguard e, assunto il comando, lo pilotò fino al molo. Il re, che aveva preferito il grande ammiraglio inglese, suggeritogli anche dal ministro John Acton, elogiò pubblicamente il suo ammiraglio davanti ad un Nelson furibondo. Caracciolo si congedò dalla Marina e tornò a Napoli ove fu convinto ad aderire alla Repubblica assumendo il comando della sua piccolissima flotta composta di qualche fregata e barche cannoniere. Anche Bausan seguì il suo ammiraglio nella sfortunata avventura repubblicana.


    La perizia marinaresca del Caracciolo che aveva umiliato il baldanzoso Nelson considerato il miglior ammiraglio del Mediterraneo, generò un odio profondo dell’inglese nei confronti del napoletano.
    Quando la Repubblica fu sconfitta nel mese di giugno del 1799, il Caracciolo fu processato per tradimento e condannato a morte. A presiedere la corte marziale fu proprio Nelson che non volle ascoltare la richiesta del Caracciolo di essere fucilato. Egli per oltraggiarlo lo fece impiccare al pennone dell’albero di trinchetto della corvetta Minerva, la nave che era stata comandata proprio dal Caracciolo. Al marinaio che, piangendo indugiava a mettergli il cappio intorno al collo Caracciolo lo esortò dicendogli “Sbrigati: è ben grazioso che, mentre io debbo morire, tu debbi piangere”.

    Dopo l’impiccagione il corpo, per ulteriore sfregio, venne gettato in mare. Solo dopo alcuni giorni il cadavere, gonfio d’acqua, riemerse sotto il vascello Foudroyant, la nave ammiraglia di Nelson ove era ospite Ferdinando IV, da poco arrivata dalla Sicilia. Alla spettrale scena assistette anche Emma Hamilton l’amante di Nelson e l’ambasciatore inglese William Hamilton.


    Dello stesso argomento sul blog
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2016/06/il-processo-allammiraglio-francesco-caracciolo/

    A proposito di Giovanni Bausan
    di Carlo Di Nitto

    Il gaetano Giovanni Bausan avrebbe poi avuto occasione, in altre e diverse circostanze, di umiliare i superbi inglesi con la sua perizia marinaresca. Di seguito il quadro, conservato nella Reggia di Caserta; raffigurante il re Gioacchino Murat che, sul ponte della fregata Cerere, si congratula con il Bausan e i suoi marinai, vittoriosi sui “figli di Albione, dopo la seconda battaglia del “Canale di Procida” del 26 giugno 1809. Il dipinto è opera del pittore Guillame – Desirè Descamps.

    (*) per conoscere gli altri articoli degli autori digita sul motore di ricerca del blog i loro nome e cognome.

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    22.3.1923, radiazione della regia nave Puglia

    di Carlo Di Nitto e Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Il regio ariete torpediniere “Puglia” (incrociatore protetto), classe “Lombardia” o “Regioni”, dislocava 3096 tonnellate a pieno carico. Era stato impostato nel mese di ottobre 1893 nell’Arsenale di Taranto. Varato il 22 settembre 1898, era entrato in servizio il 26 maggio 1901.
    Come le altre unità della stessa classe, la costruzione di questo incrociatore fu più ispirata ai servizi stazionari oltremare piuttosto che ad un impiego di squadra, a causa della sua scarsa velocità e protezione. Nonostante ciò, si rivelò una nave con ottime qualità nautiche in grado di assicurare grande stabilità, galleggiabilità ed ottima manovrabilità con mare grosso, doti queste che favorivano ampia precisione nei tiri delle artiglierie di bordo.
    Il 3 giugno 1901, subito dopo la sua entrata in servizio, partì per l’Australia e l’Estremo Oriente. Per circa un anno svolse diverse missioni lungo le coste della Cina, della Corea e del Giappone. Ripartì per l’Italia il 19 novembre 1902 e, dopo aver toccato diversi porti dell’oceano Indiano, rimpatriò il 7 gennaio 1903.
    Nel luglio successivo fu dislocato nei porti dell’America Centrale e delle Antille e navigò anche verso le coste del Brasile e del Plata; quindi dopo aver attraversato lo Stretto di Magellano, risalì lungo le coste americane del Pacifico fino a San Francisco. Diresse quindi verso il Giappone e la Corea. Il 15 giugno 1905 rientrò in Italia, a Taranto, dopo due anni di servizio in acque d’oltremare. Dopo aver effettuato lavori di manutenzione, il 16 dicembre 1907 ripartì per nuove missioni in America, e  in Cina dove stazionò a Shangai fino al 28 dicembre 1909.

    Nel 1911, durante la guerra italo – turca, fu destinato in Mar Rosso dove operò attivamente in crociere di sorveglianza anti contrabbando e di bombardamento di truppe nemiche. In particolare, affondò ad Akaba la cannoniera turca Alish, tagliò il cavo telegrafico Gedda – Suakim e catturò diversi sambuchi.
    Nel 1914 assunse la classifica di nave posamine e durante la Grande Guerra effettuò numerose missioni per la posa di sbarramenti offensivi e difensivi nell’Adriatico. Nel gennaio 1917 raggiunse le acque libiche, dove stazionò fino all’ottobre successivo. Dopo il rimpatrio per lavori, venne nuovamente utilizzato nel Canale di Otranto per la posa di mine.
    Dopo la guerra, nel 1919, fu stazionario a Spalato dove la sera dell’11 luglio 1920 si verificarono gravi incidenti fra slavi e italiani. Nel corso dei torbidi rimase ucciso il comandante C.C. Tommaso Gulli, alla cui  memoria fu decretata la Medaglia d’Oro al V.M.
    Nel maggio 1921 ritornò in Italia e nel giugno successivo, a Livorno, iniziarono i lavori di trasformazione definitiva in nave posamine.
    Il 22 marzo 1923 venne radiato e destinato alla demolizione ma si decise che la sua parte prodiera, con la bandiera di combattimento, fosse donata al poeta Gabriele d’Annunzio che ne dispose la collocazione nel parco della sua villa del Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera dove è tuttora visibile.
    Il suo motto fu “Morte sfidando, morte dissemino”
    ONORE AI CADUTI

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra”
.
    
IN NAVE APULIAM, TARENTI DEDUCTAM

    A Taranto c’era un arsenale che costruiva navi, e adesso?

    La costruzione dell’Arsenale di Taranto fu decretata dal Parlamento con la legge n. 833 del 29 giugno 1882 che stanziava l’allora somma di lire 9.300.000. I lavori iniziarono nel settembre 1883 con la costruzione di:
    – un canale di comunicazione, fra la rada (mar Grande) ed il mar Piccolo;
    – un muro di cinta (lato est);
    – un bacino di raddobbo, il Principe di Napoli, capace di ricevere le più grandi navi da guerra;
-uno scalo di costruzione;
    – le officine occorrenti per il bacino e lo scalo;
    – un magazzino per i viveri e due grandi cisterne d’acqua;
    – una gru idraulica da 160 t.

    Il 21 agosto 1889 l’arsenale fu inaugurato alla presenza di Re Umberto I.
La Direzione Generale fu realizzata a livello della città nuova al termine di quello che sarebbe diventato l’asse centrale dello sviluppo urbanistico di Taranto (via D’Aquino – via Di Palma).
    L’Arsenale Militare Marittimo, progettato anche per la costruzione di navi, vede impostare il 14 marzo 1894 la sua prima unità da guerra, l’Ariete-torpediniere Puglia, varata il 22 settembre 1898 alla presenza dei Principi di Napoli.

    Seguiranno la costruzione del bacino galleggiante GO 9, del rimorchiatore S. Andrea, del ferry-boat Messina per le FF.SS., dei rimorchiatori Sperone, Capo Circeo e Capo Rizzuto, delle motocannoniere Lampo e Baleno ed infine dell’unità da sbarco Quarto varata il 18 marzo 1967, anno in cui la Marina Militare decise di abbandonare le nuove costruzioni per dedicare le proprie risorse ai soli compiti di supporto e mantenimento in efficienza della flotta.