Che cos'è la Marina Militare?

  • Attualità,  Che cos'è la Marina Militare?,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia

    Dubai 14.2.1991, Cosimo Carlino

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra


    Il marinaio Cosimo Carlino di Siderno fu accoltellato il 14.2.1991 alle ore 18.00 (ora locale) a Dubai.

    Cosimo Carlino era imbarcato sulla nave Stromboli della Marina Militare, destinato presso il contingente italiano impegnato nella guerra del Golfo, aveva 19 anni quando fu barbaramente assassinato in una strada del pieno centro, ignote le cause.

  • Attualità,  Che cos'è la Marina Militare?,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia

    13.2.1861, ai caduti e vittime dell’assedio di Gaeta

    foto Carlo Di Nitto

    GAETA, 13 FEBBRAIO 1861 – Quando la Patria Napolitana
    aggredita e sconfitta non si arrese (segnalato da Antonio Ciano)

    Dopo novantaquattro giorni di duro assedio compiuto esclusivamente con un continuo ed estenuante bombardamento che comportò lo sparo su Gaeta di oltre 160.000 colpi, di cui molti a granate con spolette esplodenti a massima carica; dopo l’avvelenamento delle condotte idriche di Monte Conca, situate al di là delle linee piemontesi, e la conseguente epidemia di tifo scoppiata tra le truppe e la popolazione assediata, nonostante la determinazione di militari e cittadini di proseguire comunque nella resistenza, S.M. il Re Francesco II decise di porre fine all’eroica difesa militare del Regno.
    Resistere ancora alla devastante guerra mossa senza scrupoli e con disonore da quell’armata di invasori che senza alcuna dichiarazione di guerra aveva assaltato come predoni uno stato ricco, indipendente e pacifico, avrebbe solo accresciuto le sofferenze di quegli uomini e di quelle donne che, comunque, avrebbero difeso fino all’estremo sacrificio la loro antica Patria Napolitana.
    D’altronde l’incredibile pioggia di bombe che giorno e notte martoriava i contrafforti, i palazzi, le chiese e le case dell’antica e splendida città di Gaeta, era il “naturale effetto” della nuova concezione di guerra, introdotta dalla “rivoluzione ateo-liberale”, fedelmente rispettata dalla soldataglia del Savoia.
    Non aveva senso secondo gli assedianti piemontesi, scomunicati portatori di un’etica militare aberrante, fare una guerra basata sulle antiche regole cavalleresche che impedivano agli eserciti di coinvolgere la popolazione civile.
    L’ordine era di prendere Gaeta, al di là dell’onore militare, delle “linee di avanzamento” o di assalti alle mura, costi quel che costi alla città ed ai suoi abitanti. E così fu.
    In quei tre mesi di inferno Gaeta subì una devastazione senza misura e senza precedenti da parte di un nemico che mai osò spingersi fin sotto le mura della Piazzaforte né, tanto meno, cercò di conquistare attraverso una leale battaglia. Gli “eroi” scesi dal nord a depredare e saccheggiare preferirono mettersi al sicuro dietro le colline e bombardare alla cieca, giorno e notte, la nostra gente, la nostra Patria, la nostra civiltà uccidendo, bruciando e distruggendo tutto.
    La ferocia e l’odio di chi veniva a spogliarci in nome di una falsa unità, raggiunse l’apoteosi durante le trattative per la capitolazione di Gaeta.
    Mentre gli ufficiali dei due schieramenti stavano espletando le procedure di firma del documento di resa, il Cialdini ordinò di fare fuoco a volontà e senza sosta accrescendo all’inverosimile l’intensità del bombardamento. La risposta che egli freddamente diede a chi gli faceva notare l’inutilità e le responsabilità di fronte a Dio ed agli uomini di quella strage senza senso fu: “Sotto le bombe si tratta meglio”. E a chi ancora riferiva del tragico coinvolgimento di civili inermi, ospedali e feriti egli replicava: “Le mie bombe non hanno occhi”. Fu così che il 13 febbraio del 1861 un’immensa ed infernale pioggia di proiettili di ogni calibro e potenza investì la città, le case, le strade, gli ospedali, le chiese, i monumenti, la gente e l’intera linea di resistenza di terra dove ormai ogni difesa si era mitigata in attesa degli ambasciatori.
    Tale evenienza consentì agli invasori di esporsi al di fuori dei loro trinceramenti e di meglio puntare le loro potenti artiglierie rigate. In una salve infernale colpirono in pieno la piccola Batteria Transilvania, tenuta dai giovanissimi eroi della Nunziatella, e fu strage. La violenta esplosione travolse anche la vicina Batteria Malpasso, con il contiguo deposito delle polveri da sparo, uccidendo tutti i militari, compresi i giovanissimi eroi.
    Finalmente alle 18.30 dello stesso giorno le batterie degli assedianti improvvisamente si tacitarono per consentire agli ambasciatori borbonici di rientrare nella Piazzaforte a notificare l’atto di resa.
    A questo punto sembrava tutto compiuto, ma non è così. Nuovi elementi stanno oggi emergendo nella faticosa e difficile ricerca storica sull’Assedio di Gaeta che, pertanto, appare tutt’altro che scontata.
    Come si potrà notare, l’art. 2 dell’atto di capitolazione entra in forte contraddizione con l’evenienza che la mattina del 14 febbraio le truppe di assedio fossero ancora impegnate nella costruzione di una nuova e possente batteria a 6 canoni rigati tipo “cavalli” nei pressi di Montesecco, a meno di 800 metri dalla Fortezza.
    Se, poi, si analizzano alcune stampe e foto di quei giorni si notano combattimenti anche nei pressi della Torre di Orlando, posta sulla sommità di Monte Orlando, che, secondo il citato art. 2 della capitolazione, doveva essere consegnata ai piemontesi senza colpo ferire.
    Il compianto Don Paolo Capobianco, citando il regolamento delle Piazze militari del Regno delle Due Sicilie, che accreditava la potestà di resa delle stesse esclusivamente al Re, sosteneva la tesi di una illegittimità di firma nel documento di resa da parte degli ufficiali borbonici.
    In pratica, quanto sottoscritto dai Comandanti della Piazzaforte di Gaeta, doveva essere firmato o, comunque, ratificato dal Re, cosa che di fatto non avvenne mai.
    Ciò dato, quasi sicuramente Torre d’Orlando non si arrese e per prenderla fu necessario conquistarla “metro per metro”. Certamente, per ovvi motivi di propaganda e per non alimentare le voci sull’illegittimità dell’intera spedizione, l’evento fu tacitato e cancellato dai giornali militari e dalle cronache.
    Solo così si spiega il perché degli spari anche nei seguenti giorni 14, 15 e 16 febbraio, il perché della presenza della bandiera Borbonica che, nonostante le “cronache militari piemontesi affermino altro”, il 16 ancora sventolava su alcuni spalti del colle e perché alcuni giornalisti e incisori del tempo ritraggono scene di guerra nei pressi di Torre di Orlando. Per non parlare di alcuni cronisti esteri che il 17 febbraio scrivono: “… si ode il fragore solitario del cannone”.
    Quanto accadde a Gaeta dopo la resa militare potrebbe sembrare di poco conto, ma in realtà è estremamente importante dal punto di vista del Diritto Internazionale ed avvalora l’illegittimità dell’intera operazione comandata dai Savoia.
    Se, infatti, l’invasione fu un’azione di pirateria internazionale in grande stile, ovvero un’aggressione militare ad uno stato libero ed indipendente con l’avallo delle potenze del tempo, ogni atto discendente senza l’accettazione del legittimo governo fu, di fatto, un atto illegittimo.
    Allora, che valore poteva avere un documento di resa con tali premesse? Chi e come avrebbe fatto rispettare quanto sottoscritto? Chi il giudice di un’azione di per se già fuori da ogni regola? L’Inghilterra, la vera mandante, oppure la Francia, la sua fiancheggiatrice?
    L’assedio certamente cessò, i militari si fermarono, anche se qualcuno, come abbiamo visto, probabilmente continuò fino alla fine, ma la Patria rappresentata dall’augusto Sovrano S.M. Re Francesco II di Borbone non si arrese. Mai.
    Nessun trattato o atto di capitolazione dispone una tale evenienza. Lo stesso Re nel lasciare Gaeta diede un arrivederci. E ciò è quanto basta.
    E’ questo in realtà il grande valore di Gaeta, questo il vero messaggio che la Città Martire porta inciso sulle sue mura ancora intrise del sangue dei nostri Eroi.
    Cap. Alessandro Romano
    ________________________________________
    A Gaeta, dove è indelebilmente marchiata la nostra identità di popolo, ogni anno è innalzata con amore la Bandiera del Regno delle Due Sicilie, così come avviene nel contempo in tutte le parti del mondo dove si trovano i figli più fedeli di una Patria immortale.
    Infatti, il 13 febbraio è il giorno dell’Orgoglio Identitario e si espone, ovunque ci troviamo, il Sacro Simbolo della Nostra Terra e della Nostra antica Civiltà, il Vessillo dinastico del Regno delle Due Sicilie.
    Il 12 febbraio del 2017, è stato inaugurato il GIARDINO DELLA MEMORIA, su proposta di Pino Aprile,l’autore di “ TERRONI” e di “CARNEFICI” dove a pag. 461 ha scritto:” Se l’Italia non farà il sacrario, qualcun altro lo farà a Gaeta, a Pontelandolfo, a Casalduni, ad Auletta, a Bronte,a Castellammare del Golfo, o ad un altro dei luoghi del nostro martirio. Arirveranno migliaia di terroni, ognuno con una pietra e con un fiore; e faremo da soli, se non si volesse fare insieme. E su ogni mattone, il nome di un paese distrutto o di Concetta Biondi, di Angelina Romano, di Ninco Nanco, di Nicolò Lombardi, di Michelina Di Cesare, di Matteo Negri..o di soldati morti a Fenestrelle.

  • Che cos'è la Marina Militare?,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia

    Arena Giuseppe (1.11.1921 – 21.11.1941) e la regia nave Gorizia

    di Gaeno Augeri

    Buongiorno Ezio,
    frugando fra i ricordi mi di mia zia ho ritrovato un documento che certifica che mio zio Giuseppe Arena fu dichiarato disperso il 21 novembre 1941 ma questo documento non parla della nave su cui era imbarcato.

    Ti saremo infinitamente grati se tu riuscissi a sapere il nome della nave e anche altre sue notizie.
    Ti invio anche due foto in modo che tu le possa analizzare e valorizzare sul tuo bellissimo blog.
    Anticipatamente ti ringraziamo per quello che riuscirai a fare certi che saprai onorare lo zio su quello che tu chiami “Banca della Memoria”.
    Tuo affezionatissimo Gaeno

    Carissimo e stimatissimo Gaeno,
    di seguito pubblichiamo le notizie, dirette ed indirette, che possiamo dedurre leggendo quanto in nostro possesso e consultando anche altri dati su Internet.
    Arena Giuseppe risulta essere stato imbarcato sul regio incrociatore Gorizia che il 21  novembre 1941 era in mare, con le regie navi Bolzano, Trento e la VIII Divisione, per fornire scorta indiretta ad un convoglio diretto in Nord Africa.

    La formazione italiana fu però vittima di attacchi di sommergibili e aerosiluranti che danneggiarono gravemente il Bolzano e l’incrociatore leggero Duca degli Abruzzi, costringendola al rientro. Non ho trovato in quella data altre vittime della nave per cui tuo zio Giuseppe è l’unico morto quel giorno.
    Fu sepolto prima al Sacrario San Nicola L’Arena di Catania e successivamente, su richiesta della famiglia, al cimitero comunale di Messina.

    Maggiori notizie potrebbero trovarsi, leggendo il fascicolo della regia nave Gorizia, custodite presso l’Ufficio Storico della Marina per vedere se si trova la causa della morte avvenuta in quella navigazione.
    Un abbraccio a te e ai tuoi cari grande come il mare di Ognina e anche come l’amicizia che non mi hai fatto mai mancare.
    Ezio

    Caratteristiche tecniche e breve storia
    Incrociatore pesante Gorizia
    Classe Zara (Zara, Fiume, Pola e Gorizia)
    Cantiere OTO Livorno
    Impostazione 17 marzo 1930
    Varo 28 dicembre 1930
    Completamento 23 dicembre 1931
    Caratteristiche generali
    Dislocamento 13.660 (standard) tonnellate, 14.460 (pieno carico) tonnellate
    Lunghezza 182,8 metri
    Larghezza 20,6 metri
    Pescaggio 7,2 metri
    Profondità operativa metri
    Propulsione 8 caldaie a tubi d’acqua con surriscaldatori tipo Thornycroft 2 gruppi turboriduttori tipo Parsons 2 eliche a tre pale tipo Scaglia
    Potenza:95.000 HP
    Velocità 33 nodi
    Combustibile 2.350 tonnellate di nafta
    Autonomia 5.434 miglia a 16 nodi
    Equipaggio 31 ufficiali ed 810 marinai
    Sistemi difensivi
    Armamento artiglieria:
    8 cannoni 203/53 mm
    12 cannoni 100/47 mm
    4 mitragliere da 40/39 mm
    8 mitragliere da 13,2 mm
    Nel 1942 il Gorizia ebbe aumentato l’armamento contraereo con sistemazione di mitragliere su piazzole installate lateralmente alla torre numero due.
    Corazzatura verticale: 150 mm
    orizzontale: 70 mm
    torrette : 150 mm
    Mezzi aerei 2 Ro.43 con una catapulta del tipo Gagnotto a prua, l’aviorimessa per il ricovero dei due aerei, fu ricavata nella struttura dello scafo immediatamente a proravia della prima torre da 203.
    Costo dell’unità 112.700.000 lire.

    Il 10 aprile 1943 il regio incrociatore Gorizia fu attaccato da 36 aerei e fu presto colpito e messo fuori uso: il ponte fu sostanzialmente divelto dallo scafo, a bordo si svilupparono incendi, l’armamento fu distrutto e numerose falle si aprirono nello scafo.
    La nave fu ridotta ad un relitto galleggiante ed ebbe 63 morti (4 ufficiali, 6 sottufficiali, 53 marinai) e 97 feriti. Ciononostante si riuscì a ripararla in modo da consentirle di trasferirsi a La Spezia per evitare un sicuro affondamento (l’indomani, infatti, La Maddalena fu nuovamente attaccata da aerei).
    All’Armistizio la nave era ancora inutilizzabile e non poté prendere il mare. La sera del 9 settembre 1943 fu abbandonata dall’equipaggio e catturata dai tedeschi, che la abbandonarono dopo aver asportato tutto ciò che poteva essere usato.
    Nel 1945 fu trovato semiaffondato nel porto ligure e non si poté far altro che demolirlo.

  • Che cos'è la Marina Militare?,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia

    Regia torpediniera d’alto mare Saffo

    di Carlo Di Nitto

    Unità appartenente alla classe “Sirio”, dislocava 215 tonnellate di stazza.
    Fu varata il 30/11/1905 presso i Cantieri tedeschi Schichau di Elbing (oggi polacca Elblag) ed entrò in servizio nella Regia Marina il 1° marzo 1906.
    Nel 1908 con altre unità gemelle, facendo base a Messina, prese parte attiva all’opera di salvataggio in occasione del terremoto calabro – siculo.
    Durante la guerra italo – turca svolse intensa attività di sorveglianza al traffico e scorta alle navi maggiori; anche nel corso della Grande Guerra effettuò numerose missioni di vigilanza foranea, di dragaggio e di assistenza. Dopo le ostilità, venne dislocata nel Dodecaneso e in Asia Minore sempre per attività di dragaggio e vigilanza.
    Il 2 aprile 1920 la “Saffo” si incagliò su un bassofondo, presso la rada di Scalanova (Turchia), ed affondò durante il tentativo di salvataggio.
    Fu radiata, conseguentemente, il 30 aprile successivo.

  • Che cos'è la Marina Militare?,  Curiosità,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni

    10-11.2.1918, Raffaele Esposito e la “Beffa di Buccari”

    a cura Antonio Cimmino

    Raffaele Esposito, marinaio scelto, cittadino di Agerola, insignito della Medagli di Bronzo al Valor Militare per aver partecipato con Gabriele D’Annunzio alla cosiddetta “Beffa di Buccari” sul M.A.S. 95 con la seguente motivazione:
    Facente parte dell’equipaggio di unità sottili che eseguirono un audace attacco al naviglio nemico nella lontana e munita Rada di Buccari si distingueva per sereno ardimento”.
    (Buccari 10 – 11 febbraio 1918).

  • Che cos'è la Marina Militare?,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia

    9.2.1943, affonda il regio sommergibile Malachite

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    In ricordo del regio sommergibile Malachite, colpito “al cuore” alle ore 11.00 del 9 febbraio 1943, dal sommergibile olandese Dolphin.

    Il regio sommergibile Malachite era in missione di guerra sin dai primi mesi del 1941.
    L’unità era al comando del Tenente di vascello Alpinolo Cinti, di ritorno da una missione sulle coste algerine. L’ordine era quello di trasportare undici incursori del Battaglione San Marco, per un’azione di sabotaggio sulla costa algerina, con lo scopo di conquistare il ponte ferroviario di El Kejur.
    Il 6 febbraio 1943, sbarcata la pattuglia al largo di Capo Matifou, si dirigeva a terra.
    Il 9 febbraio 1943, colpito al centro da uno dei quattro siluri lanciati dal sommergibile olandese Dolphin, in agguato a poche miglia da Cagliari, si inabissò. 
Solo 8 membri dell’equipaggio si salvarono dal siluramento del Malachite che giace, da allora, a 124 metri di profondità.

    Caratteristiche tecniche
    Classe: Perla;
    Impostato: 1935;
    Varato e completato presso i cantieri O.Y.O. di La Spezia: 1936;
    Dislocamento: 855 t;
    Lunghezza: 60,18 m;
    Larghezza: 6.45;
    Immersione: 4,7;
    Velocità: 14 nodi e 7,5;
    Equipaggio: 44 uomini.
    La controplancia era dotata di deflettore per il vento e un paraspruzzi sotto i finestrini della plancia.
    Le camicie dei periscopi erano accorciate rispetto alle altre unità della stessa serie e la traversa di sostegno dell’antenna r.t. abbassata. L’armamento era simile alle altre unità gemelle con in dotazione anche un fucile mitragliatore da 6,5 mm.