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    15.4.2010, in ricordo di Raimondo Vianello marinaio mancato

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra


    Raimondo Vianello verrà ricordato come uno dei padri fondatori del varietà televisivo italiano, accanto ai suoi grandi colleghi, come Mike Bongiorno, Enzo Tortora e Pippo Baudo; ed anche come uno dei protagonisti della Commedia all’italiana (insieme a Ugo Tognazzi, con cui ha spesso lavorato in coppia). Era nato a Roma il 7 maggio 1922.
    Il padre, ammiraglio, lo voleva diplomatico e con quella prospettiva il giovane Raimondo si laureò in giurisprudenza.
    Ma poi di quel prestigioso mestiere gli restarono solo il portamento signorile e i modi affabili.

    A seguito della sua adesione alla Repubblica Sociale Italiana nel 1945 è detenuto nel campo di concentramento alleato di Coltano, assieme ad altri personaggi noti: il poeta americano Ezra Pound, gli attori Walter Chiari, Enrico Maria Salerno, l’olimpionico di marcia Giuseppe Dordoni, il giornalista Enrico Ameri, il regista Luciano Salce ed il politico Mirko Tremaglia.
    Poco dopo insieme al fratello Roberto, è atleta e dirigente del Centro Nazionale Sportivo Fiamma. E’ allora che – quasi per caso – debutta in teatro.
    Una generazione di marinai lo ricorda in un film del 1958 “Marinai donne e guai” , regia di Giorgio Simonelli, dove interpreta la parte del Comandante in seconda che cerca di tenere a freno  l’equipaggio della sua nave. Nel film quattro marinai scavezzacollo vengono costretti a controllarsi l’un l’altro durante la franchigia a Barcellona per evitare di combinare guai. Uno, però riesce a dileguarsi, ma è vittima di una bella ragazza che gli ruba la divisa per darla al fratello contrabbandiere. Di qui nasce una serie di eventi, ma tutto termina con la solita scazzottata alla marinara grazie alla quale i nostri marinai riescono a sgominare la banda dei contrabbandieri. All’inizio ed alla fine del film le scene son girate sul Cacciatorpediniere San Giorgio. Questa nave è ormeggiate  alla banchina Duca degli Abruzzi dell’arsenale di  La Spezia avendo alla sua sinistra il D571 Centauro (poi F554) ed a dritta il Cacciatorpediniere ex USA D553 Artigliere.
    Riposa in pace Comandante …”arremba San Zorzo!

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    Peccato

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Che cos’è il peccato?
    E’ un atto di trasgressione a norme divine, volontario o non volontario, nei confronti di se stessi e del prossimo. Per il cristiano, il peccato è una trasgressione nei confronti di Dio e del prossimo suo (che ci ha esortato ad amare come Lui stesso primi due Comandamenti) che può essere evitato seguendo la Sua Parola (osservanza dei Comandamenti e della Bibbia).
    Nel catechismo cristiano si parla del peccato nella “PARTE TERZA – LA VITA IN CRISTO – SEZIONE PRIMA – LA VOCAZIONE DELL’UOMO:  LA VITA NELLO SPIRITO – CAPITOLO PRIMO – LA DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA – ARTICOLO 8 (da 1846 a 1876).


    San Paolo definisce la distinzione fra i peccati (al plurale) come trasgressioni della legge e il peccato come offesa alla divinità, negazione dell’amore di Dio e dei fratelli. Particolare gravità assume il peccato originale, infrazione compiuta da Adamo ed Eva di una interdizione divina, da cui è derivata la perdita del paradiso terrestre, come luogo di giustizia e di pace, e l’infelicità, il dolore e la morte per l’uomo ed assume importanza decisiva nelle lettere di San Paolo (in partic. Rom. 5, 12-21; 1 Cor. 15, 21 segg.) che ha visto nel peccato di Adamo l’origine di una condizione di iniquità intrinseca alla condizione umana tale da rendere tutti gli uomini incapaci di conseguire da soli la giustizia e la salvezza; di qui la necessità del sacrificio di Cristo (nuovo Adamo) per il riscatto dell’umanità dalla colpa originaria.
    L’espressione peccato originale (lat. peccatum originale) è introdotta da Sant’Agostino, il quale ha fortemente accentuato il vizio radicale che esso ha introdotto in tutti gli uomini, divenuti per la colpa di Adamo «massa dannata».
    Per molti il peccato è un ostacolo alla nostra felicità e alla nostra mancata realizzazione e quindi un nemico da combattere.
    Questa è purtroppo la logica di questo mondo attuale, votato allo sfrenato materialismo e relativismo, dove risulta più grande chi riesce ad emergere sugli altri, chi conquista posti di potere schiacciando chi ha attorno, non mettendo al primo posto Dio (tutto il contrario dei primi due Comandamenti).
    Per non peccare Dio ci ha dato la conoscenza attraverso i sensi e la parola

    La Sapienza è una strada difficile da percorrere e appartiene a Dio. A noi ci è dato di conoscere solo nozioni. L’essenza del sapere, e cioè l’amore per il prossimo come Lui ci ha insegnato, senza doppi sensi, senza scopi di lucro, senza ricorrere all’invidia e alla superbia, avidi in un mondo dove vogliamo tutto e subito e, ancor peggio, facciamo finta di  non comprendere (non c’è peggio sordo che non vuol sentire o cieco che non vuol vedere).
    Per arrivare alla sapienza bisogna intraprendere le strade più tortuose, come lo studio e non la raccomandazione, come l’ascolto, il confronto, la condivisione d’intenti e il mettersi continuamente in gioco.
    Non basta salire su piedistalli di creta basati su atteggiamenti di possesso o, ancor peggio, nella sottomissione, nella vessazione o nella schiavitù dell’essere umano.
    C’è infine chi generalizza e si defila, senza scegliere, perché ritiene che qualsiasi scelta sia mediocre, contribuendo passivamente al nulla: coloro sono il nulla che vivono nel purgatorio terreno…
    Le guerre, anche quelle che combattiamo internamente, provengono dalle nostre corrotte passioni perché siamo pieni di desideri e, quando non riusciamo più ad ottenere, combattiamo il diverso che poi altro non è che il nostro io capovolto: la gelosia dell’egoismo …e da qui le guerre!