Attualità

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    L’angolino del nonno

    di Giovanni Presutti (*)

    Antico giovanetto, classe 1899.
    Quasi sbarbatello, eri al fronte nella prima e seconda guerra mondiale. Ora, sulle spalle le troppe primavere, siedi accanto al fuoco col gatto raggomitolato ai tuoi piedi.
    In solitudine, t’abbandoni ai ricordi. Nelle orecchie hai ancora il crepitio della mitraglia e il sibilo delle pallottole.
    Tante volte, ad un accenno sulla tua guerra, prendi il largo facilmente, ritrovi il vigore dei vent’anni e idealmente la ricombatti un’altra volta.
    Spesso l’hai raccontato ai tuoi nipoti. Anch’essi continueranno a descriverla quando tu non potrai più farlo.
    Ignorati i calendari di troppo, risvegli il giovincello che ancora alberga in te, ma i tuoi passi non sono più lesti. Complice il bel calduccio, t’abbandoni tra le braccia di Morfeo che, con i suoi papaveri, sfiora le tue palpebre donandoti realistiche illusioni.
    Ti scuote leggermente una mano, sobbalzi:
    – “cos’è, la cartolina precetto?”
    – “Ma quale cartolina, nonno! …a tavola è pronto.”

    (*) Per conoscere gli altri scritti dell’autore digita, sul motore di ricerca del blog, il suo nome e cognome.

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    Casina dei Capitani di Meta di Sorrento

    Volano di cultura, storia e tradizioni

    Le società di mutuo soccorso, nate alla fine del ‘700 come associazione di volontariato per una sorta di autodifesa per venir incontro a   problematiche di salute e ed economiche dei propri associati, probabilmente affondano le loro radici storiche nei collegia opificum dell’antica Roma, quale associazioni di artigiani. In una zona, come quella sorrentina, caratterizzata da secoli da navigatori ed armatori, diverse furono le esperienze di autotutela dei naviganti.

    Tra queste, le  opere pie  preposte alla Redenzione dei Cattivi, cioè al riscatto degli schiavi cristiani catturati dai pirati barbareschi durante le loro scorribande sulle coste del Tirreno e venduti nei mercati di Algeri e Tunisi.
    Il sodalizio che è arrivato fino ai nostri giorni, è  un’Associazione di Mutuo Soccorso fra Capitani, meglio nota come Casina dei Capitani.

    Bisogna ricordare che alla fine del XIX secolo, continuando un’antica tradizione che affondava le sue origini nel periodo angioino, in penisola erano state costruite e veleggiavano circa 80 navi d’altura, la maggior parte di Meta e Piano che solcavano tutti i mari del mondo. A quell’epoca i comandanti e gli armatori si riunivano a Meta in un piccolo locale, il Caffè Fariello per concordare noli ed ingaggi.
    Caffè era gestito da Matteo figlio di un marinaio che aveva servito nell’Armata di Mare di Murat e che aveva messo a frutto i suoi risparmi in quell’esercizio commerciale nei pressi della chiesa degli Angeli Custodi.

    I comandanti discutevano dell’inadeguato contributo che, in caso di naufragi e disastri, era erogato ai marittimi dalla Cassa per gli invalidi della Marina Mercantile di Napoli, così come avveniva per quelli di Genova, Livorno, Palermo ed Ancona e decisero di fondare un’associazione per integrare la inadeguata previdenza prevista dalla legge 360 del 1861 e regio decreto del 1868. Fu così fondata l’Associazione Sorrentina di Mutuo Soccorso fra Capitani e Macchinisti  tesa al “ miglioramento morale e materiale dei soci, di soccorrerli in caso di inabilità al lavoro, di aiutarli finanziariamente in caso di naufragio o altro sinistro marittimo e in caso di morte di assistere le loro famiglie”. L’Associazione subito si attivò con concrete azioni a tutela di marittimi. Nel 1896 ottenne il riconoscimento giuridico.

    Nel 1908, accogliendo la proposta dell’Associazione consorella di Genova, contribuì alla costituzione della Federazione Nazionale fra Capitani e Macchinisti della Marina Mercantile.

    Oltre agli scopi prettamente statutari, l’Associazione si distinse anche per altri attività umanitarie come, ad esempio, per gli orfani dei caduti delle guerre d’Africa, per i terremotati di Messina del 1908, per le famiglie dei morti della Prima Guerra Mondiale.

    Il 23 maggio 1914 l’Associazione partecipò con una propria monografia all’Esposizione internazionale di marina e igiene marinara – Mostra coloniale italiana di Genova, ricevendo una medaglia d’oro.

    L’Associazione di Mutuo Soccorso fra Capitani, come fu denominata successivamente, per moltissimo tempo e fino ai primi anni ’50 del secolo scorso, grazie all’impegno e  generosità  dei propri associati concretizzò gli obiettivi statutari superati ormai dalle mutate condizioni socio-economiche e dalla normativa previdenziale. Da anni l’Associazione è conosciuta come Casina dei Capitani con sede, dal 1907, in una elegante palazzina liberty a fianco della Casa comunale di Meta.  Non per questo la sua attività è venuta meno.   Numerose iniziative socio-culturale hanno caratterizzato il sodalizio. Il new deal inaugurato dall’attuale dinamico presidente, comandante Mario Cafiero collaborato da un Consiglio motivato e coeso ha proiettato la  Casina nella società civile e nel mondo della scuola. Conferenze, mostre e  presentazione di libri, si susseguono di continuo; l’UniTre della penisola sorrentina è gradita ospite per le sue attività. Un proficuo rapporto di collaborazione con l’Istituto Nautico di Piano di Sorrento, anche grazie alla lungimiranza del suo dirigente scolastico prof.ssa Teresa Farina, ha generato interessanti iniziative. I futuri comandanti e direttori di macchina, sempre più spesso frequentano la Casina, attingendo dall’enorme bagaglio di esperienze umane e professionali degli associati. Tra gli associati, inoltre, si annoverano anche diversi ufficiali superiori ed ammiragli  che contribuiscono a rinsaldare i rapporti tra le due Marine, tra i marinai con le stellette e quelli senza.

    Il presidente Cafiero ha voluto interagire anche con il Gruppo di Castellammare di Stabia dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia. Il labaro della Casina dei Capitani,  è sempre presente alle manifestazioni che si svolgono a Castellammare di Stabia, affiancando quello dell’A.N.M.I.; comandanti della Marina Mercantile in divisa sociale, sfilano unitamente ai soci A.N.M.I. in un fraterno afflato all’insegna dell’amore per il mare e per i molti valori condivisi.
    La Casina, dunque, da  custode  della marineria della penisola sorrentina, sta diventando un volano di tradizioni, storia e cultura di un più vasto territorio.

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    Ma perché le navi a fine attività non diventano musei?

    di Giuseppe Procopio

    … riceviamo e pubblichiamo.

    Qualche tempo fa’ , uno degli argomenti dei gruppi ex marinai era il perché non si potessero realizzare musei navali in Italia.
    Le emozioni non sono mancate, ognuno ha scritto belle e toccanti frasi; altri, molto più addentro alla questione, hanno spiegato le ragioni valide che impediscono la creazione di tali musei come fatto dagli americani e penso anche dai francesi.
    Il cuore del discorso si è soffermato sugli affetti che ognuno ha conservato nel tempo verso la nave dove è stato imbarcato.
    Grandi momenti di confronto.
    Guardando questa foto mi e’ tornato in mente quel momento di discussione su Facebook.

    Una unità navale rappresentativa di una serie.
    Perché nessuno ha mai pensato di farle diventare un museo?
    Se consideriamo i costi e tra radiazione e demolizione… almeno una sarebbe stato un libro da leggere e presentare ai giovani, per una migliore interpretazione di quel mondo che spesso risulta lontano più di quanto lo sia in realtà.
    Qualche gruppo dell’associazione Marinai d’Italia ha abbellito, in un un enorme giardino, la propria sede, poche città hanno richiesto le unità navali, per esempio i numerosi Bacini  di carenaggio potrebbero lasciarle vivere lì (Beh … è una battuta naturalmente)
    Forse non siamo più un Paese che rispetta la sua storia e tradizione marinara , che inizia ancor prima delle Repubbliche Marinare
    Una cordiale buona notte Italia …


    Marinai: una famiglia immensa.
    A ognuno di noi la Divisa ha regalato un micro pezzo di un infinito e immenso puzzle.
    Insieme completiamo il quadro.
    Anche se di diversa età, provenienza ed esperienze diverse, abbiamo un elemento in comune: il Mare. Soprattutto a tenerci uniti è stata una Nave e l’appartenenza ad un equipaggio.

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    Gaeta è una città di fede e di mare

    di Carlo Di Nitto

    La comunità gaetana, vivendo a stretto contatto con il mare, ha continuamente stabilito con questo elemento non una semplice relazione “geografica” ma un punto di riferimento per la storia e l’identificazione collettiva. Il mare, fonte di vita e risorsa quasi illimitata, ha sempre rappresentato il luogo per eccellenza della precarietà e del rischio, determinando la ricchezza o la povertà dei pescatori e dei naviganti che affidano ai suoi flutti la loro sopravvivenza.

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    «Nostro Signore domina, il vento cessa e la nave scivola in pace sulle onde» così scriveva nel IV secolo S. Efrem “il Siro”. Pertanto anche i nostri Padri avvertirono la necessità di cercare figure potenti e sante che, con la loro intercessione, preservassero la gente di mare dai continui pericoli che ne insidiavano l’esistenza.

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    Rilevanza particolare, nella religiosità popolare marinara gaetana, hanno da secoli il Santo Patrono Erasmo, i Santi Medici Cosma e Damiano, la Madonna di Porto Salvo e la venerazione per il Crocifisso del Santuario della Trinità (o Montagna Spaccata).
    Sant’Erasmo (o S. Elmo), era originario di Antiochia. Durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, fu imprigionato e torturato; ma su di lui vegliava l’arcangelo Michele che gli permise di evadere conducendolo, su una navicella spinta da venti miracolosi, fin sulle nostre coste, a Formia, dove, stremato dalle torture subìte, spirò dopo soli sette giorni. Nel IX secolo le sue spoglie, per essere preservate dalle scorrerie dei Saraceni che avevano distrutto Formia, furono traslate a Gaeta che consentiva una migliore difesa. A quel periodo  risale il suo patronato sulla nostra Città che, in quanto ducato indipendente, coniò anche monete con la sua effigie (i “follari”).

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    I vari episodi della Passio che ne narra il martirio sono rappresentati nella formelle della stupenda colonna istoriata del Cereo Pasquale (XIII sec.) che si conserva nella cattedrale di Gaeta. In alcune di esse si vede, fra l’altro, l’arcangelo che manovra le vele della navicella per raccogliere il vento più adatto, oppure la barca che trasporta a Gaeta le reliquie per sottrarle ai Saraceni. Per queste miracolose vicende, divenne anche il patrono dei marinai gaetani che ben presto, unitamente ai Benedettini, ne diffusero il culto in Europa e nel bacino del Mediterraneo, ove fu riconosciuto patrocinatore della gente di mare.

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    Come santo protettore dei marinai è spesso effigiato in vesti vescovili, con in mano una piccola nave oppure una manovella d’argano con un cavo attorcigliato. Quel cavo ispirò qualche agiografo che, favoleggiando sul suo martirio, sostenne che fosse stato eviscerato. E con questa truculenta raffigurazione è rappresentato nei noti dipinti del Brandi, del Saraceni e del Poussin.

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    All’intercessione di Sant’Erasmo, veniva attribuita la benefica comparsa, sugli alberi delle navi, dei “Fuochi di S. Elmo”, un noto fenomeno di luminescenza elettrostatica. A tal proposito, una simpatica leggenda narra che «…naufrago, Sant’Elmo fu raccolto da una nave, salvato e condotto a terra. Il capitano non volle altra ricompensa che una prova della potenza che in quanto santo egli doveva possedere: Sant’Elmo gli promise così di avvertirlo con un fuoco, dell’imminenza della burrasca, affinché egli potesse farvi fronte. Il santo mantenne la promessa, e cominciò a far apparire i suoi fuochi per salvare anche altre navi…». Dei prodigi di Sant’Elmo hanno scritto nei loro diari Fernando Colombo (figlio di Cristoforo) e Antonio Pigafetta che, con Magellano, circumnavigò la Terra. Addirittura il Pigafetta vide sugli alberi della sua nave, durante una tempesta, ben tre santi in un colpo solo, Erasmo, Niccolò e Chiara.
    Sant’Erasmo è grandiosamente festeggiato a Gaeta e Formia il 2 giugno con processioni a mare.

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    Invece nell’antico Borgo marinaro di Gaeta, fin dal IX secolo, sono solennizzati, il 26 settembre, i Santi Cosma e Damiano, i fratelli “medici” protettori degli ammalati e dei pescatori che li considerano punto di incontro dei misteriosi legami fra cielo, terra e acqua.
    Ricordava lo storico e scrittore locale Pasquale Di Ciaccio:«Il culto della gente di mare si colorava d’enfasi. Ai SS. Cosma e Damiano i paranzellari riservavano abbondanti e spavalde batterie di mortaretti a forte carica, e l’odore della polvere pirica prevaleva su quello dell’incenso. … La sera i paranzellari s’aggiravano sotto gli archi dell’illuminazione, intorno all’albero della cuccagna e al palco della banda, masticando semi d’arachidi, stappando clamorosamente bottiglie di birra e di gazzose. … Al transito della processione, mortaretti a ogni canto, lungo i frangiflutti del molo, penzoloni dalle alberature e dalle sartie dei pescherecci. Ciascun equipaggio dava fuoco alla propria batteria: una puntigliosa gara a chi sparava di più, a chi sparava più forte. … le statue dei Santi si vedevano traballare tra il fumo dei petardi e dell’incenso. La devozione esplodeva in grida di osanna e lagrime di pentimento. … Spento l’eco dell’ultimo mortaretto, ritornava la calma, la processione si ricomponeva per rientrare in chiesa. Era come se essa fosse uscita dalla presunta, ombrosa tutela dei paranzellari, per ridiventare cosa di tutti. S’addolcivano i canti liturgici, tornava il piacere della festa. E si era felici d’andare in giro, per il resto della giornata…».

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    Sempre nell’antico Borgo marinaro, nella prima metà di agosto, si festeggia solennemente la Madonna di Porto Salvo. Affettuosamente chiamata la Madonna nostra, è considerata la protettrice dei marittimi che in Lei confidano per ottenere, nei loro lunghi viaggi, buone navigazioni ed un felice ritorno al porto di partenza.Secondo la tradizione, la venerazione per Santa Maria di Porto Salvo nacque nel XVII secolo quando apparve all’equipaggio di una tartana in procinto di naufragare durante una violenta tempesta, ne consentì il salvataggio ed il rientro presso i cari. Per questo motivo di devozione, nacque una Congregazione che nel 1777 eresse un proprio oratorio, ancora esistente, presso il monastero degli Agostiniani Scalzi ove la Madonna nostra è tutt’oggi onorata e venerata.
    In occasione dei festeggiamenti si svolge una solenne processione in mare con al seguito tante imbarcazioni tutte decorate ed imbandierate. La statua della Vergine, avvolta in un ricco manto di seta celeste costellato di stelle d’oro recanti ognuna il nome di un navigante, viene portata al largo di Punta Stendardo. Qui, una corona d’alloro benedetta viene deposta in mare in onore di quanti, in pace ed in guerra, hanno perso la vita in mare.

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    La Marineria gaetana conserva infine, da tempi remoti, una particolare devozione per il Crocifisso del Santuario della Trinità (o Montagna Spaccata).
    Un sacerdote, don Pietro Rossetto, scriveva nel 1689:
    «Se la Città di Gaeta si rende ragguardevole per la sua antichità … maggiormente deve esser lodata, e riverita per la viva memoria della Passione di Cristo nostro Redentore, che si conserva nel Monte della Trinità, che s’aprì nella sua morte, come s’ha per tradizione. … Nel mezzo dell’apertura del Monte si trova una Cappella dedicata al Santissimo Crocefisso fabricata sopra d’una pietra caduta miracolosamente …
    E chi sarebbe bastante ad esprimere il singolar’affetto de’ Naviganti verso questo sagro luogo? … Gionti al luogo, si fermano quando vanno a remi; fanno un poco d’oratione, e poi in segno di riverenza salutano collo sbaro. Ma è cosa assai degna, e curiosa, il veder le Galee quando passano, si fermano queste alla drittura dell’apertura, fanno una sinfonia co’ musicali istrumenti, fatta poi alquanta d’oratione, ciascuna saluta collo sbaro di quanti pezzi porta, e finalmente fatta un’altra sinfonia, si partono …»
    Il Rossetto riporta altri eventi miracolosi che ebbero per protagonisti marinai e naviganti, salvati dalle tempeste per opera del Crocifisso  della Montagna Spaccata. Citiamo, tra questi:
    «… Circa l’anno1640, ritornando da Spagna le Galee di Napoli, hebbero tutte a perire nella voragine del golfo di Lione, e specialmente quella di S. Margarita, il cui timone si spezzò restandovi la parte di sotto, che non si potea levare. Caminò hore 14. Senza la guida del timone in tempo di fierissima tempesta. Ma appena fatto voto da tutti alla Santissima Trinità, venne un’onda con tant’impeto, che cavò quella parte del timone, e vi fù messo l’intiero.»
    «… D. Francesco di Melo destinato Vice-Rè di Sicilia, nel partirsi per quella volta, si vidde in periglio di perir nel mare di Gaeta per causa di tempesta. Ma ricorso alla SS. Trinità, fù liberato, ed in ringratiamento vi mandò una Galea d’argento lunga quattro palmi in circa.»
    Questo eccezionale ex voto è ormai disperso, così come è andata purtroppo dispersa la quasi totalità delle semplici tavolette votive lasciate nei secoli dai nostri naviganti.

    La grande devozione della Marineria gaetana per il Santo Crocifisso della Montagna Spaccata ancora oggi è riscontrabile nei racconti ascoltati dagli anziani fino a non molti anni fa. Si raccontava infatti che, quando i velieri gaetani ritornavano dai loro lunghissimi viaggi nel Sud delle Americhe o nell’Estremo Oriente, per prima cosa, ufficiali e marinai, insieme ai familiari si recavano al Santuario per ringraziare “gliu Rucefisse” dall’averli protetti nelle traversie incontrate.
    Nonostante i tempi moderni, il permanere di queste tradizioni continua a testimoniare l’inscindibile vincolo tra natura e religiosità, la naturalezza, la semplicità dei sentimenti, la devozione della nostra gente di mare, incline alla superstizione ma di fede immediata e potente.

    9-il-santuario-della-montagna-spaccata-in-primo-piano-lo-scoglio-della-nave-di-serapo

    DIDASCALIE DELLE ILLUSTRAZIONI

    Fede-1: Il Campanile del Duomo di Gaeta visto dalla colonna di Punta Sanità.
    Fede-2: L’effigie di Sant’Erasmo sul follaro del duca Marino II (X sec.).
    Fede-3: L’urna con le spoglie di Sant’Erasmo portata in processione dagli studenti dell’Istituto Nautico.
    Fede-4: L’antica chiesa dei Santi Cosma e Damiano, nel vecchio Borgo Marinaro di Gaeta.
    Fede-5: Il porticciolo peschereccio di Punta Mulino, nel vecchio Borgo Marinaro di Gaeta.
    Fede-6: La Madonna di Porto Salvo in processione circondata dalle imbarcazioni dei fedeli in una foto del 1977.
    Fede-7: La processione a mare della Madonna Nostra muove verso Punta Stendardo.
    Fede-8: Galee rendono omaggio al Crocifisso della Montagna Spaccata in una incisione del XVII secolo.
    Fede-9: Il Santuario della Montagna Spaccata. In primo piano, lo scoglio della Nave di Serapo.