Attualità

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    La consapevolezza del dare

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    I naviganti sanno che quando un gruppo, come il nostro, vive nella consapevolezza che il ricordo (anche se doloroso) genera fraternità e condivisione, si crea una nuova mentalità, una cultura più del dare che del ricevere. Molti anni fa ho intrapreso la navigazione di una cultura, fatta di storia, fatta da donne e uomini, e vi ho aderito pienamente come del resto state facendo anche voi sottolineando, con articoli e commenti, consapevole che un nuovo Rinascimento è possibile.
    Se siamo ciò che siamo è perché abbiamo dato e ricevuto amore, ed è importante per noi continuare a condividere questo dono altrimenti rischiamo di diventare egoisti.

    Egoismo, invidia, superbia, è quanto di peggio possiamo ricevere o condividere … meglio ricevere o condividere la reciprocità dell’amore che è il modo più efficace per combattere il male in ogni sua forma.
    Quando viviamo nella reciprocità, creiamo una nuova mentalità e, soprattutto, la cultura del “dare”. Quando diamo, riceviamo centuplicato, viviamo per la fraternità e non per la quantità.
    Che sia molto o che sia poco, viviamola questa cultura del “dare”. 

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    9 febbraio 2024, buon compleanno Cristiana Ciacci a te e al tuo papà “marinaio dal cuore matto”

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    …perché non finisce qui il sogno americano.


    Buongiorno Cristiana auguri di buon compleanno.
    Oggi, coincidenza, anche il tuo papà Tony, avrebbe compiuto 83 anni e i marinai di una volta, quelli col cuore matto come noi, non lo dimenticano.
    Non basterebbe tutto il blog per scrivere la storia di Little Tony “il marinaio col sogno americano”. Ci proviamo a sintetizzare…

    Nasce a Tivoli il 9 febbraio del 1941, ma cittadino della Repubblica di San Marino, perché nato da genitori entrambi sammarinesi originari di Chiesanuova, hai iniziato giovanissimo ad interessarsi di musica grazie ad una passione di famiglia. Le tue prime pedane erano i ristoranti dei Castelli Romani a cui seguirono i locali da ballo, le balere e i teatri d’avanspettacolo.
    La notorietà arrivò nel ’66 al Cantagiro con “Riderà”. La canzone non vincerà la manifestazione, ma venderà oltre un milione di copie. Poi il boom con “Cuore Matto”, quel cuore che il 23 aprile del 2006 ci ha lasciato col fiato sospeso sia al mondo della musica che a tutti gli italiani, quando venisti colpito da un infarto (che poi superasti brillantemente), durante un concerto tenutosi al “Contessa Banquet Hall” di Ottawa e organizzato per la comunità italo-canadese.
    Nel 2008, nel segno di una completa ripresa, partecipasti di nuovo al Festival di Sanremo col brano dal titolo non casuale “Non finisce qui”.
    In occasione del 70esimo compleanno l’11 febbraio Little Tony fu ospite speciale nell’ultima puntata de “I Raccomandati“, lo show di RaiUno condotto da Pupo… e poi ancora serate con il tuo pubblico: loro amavano te e tu amavi loro e non gli hai mai fatto mancare un sorriso nonostante la sofferenza!
    Non c’è abbastanza spazio, in questa navigazione terrena, che possa contenere la lunga scia di amore e umana solidarietà che hai lasciato nel cuore di questo “emigrante di poppa” e dei nostri amici Marinai di una volta. Farò tesoro di quello che mi avete insegnato con tuo fratello Enrico. Avevi ragione da vendere, non finisce qui…un cuore batte e ci perdona per tutto quello che facciamo.
    Ciao Marinaio, buon compleanno a te e alla tua carissima e stimatissima figli Cristiana che, con tuo fratello Enrico, continuano il nostro sogno americano.

    Le foto a bordo sono di Giuseppe Orlando per gentile concessione a www.lavocedelmarinaio.com (diritti riservati dell’autore).

    Articolo correlato:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2010/03/mare-profumo-di-mare/
    http://www.youtube.com/watch?v=da-tB2PpojA

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    Regia nave Galileo Galilei

    di Carlo Di Nitto

    Il regio avviso “Galileo Galilei” (classe “Archimede” – due unità) fu, con il gemello, l’ultima unità della Regia Marina ad essere classificato “Avviso”. Era stato impostato il 1° settembre 1885 nei Cantieri dell’Arsenale M.M. di Venezia. Varato il 3 maggio 1887 alla presenza dei Reali d’Italia – madrina la Regina Margherita – entrò in servizio il 1° ottobre 1888. Dislocava 966 tonn. a pieno carico ed era dotato di una motrice alternativa a vapore a triplice espansione della potenza di 1384 hp. Era inoltre provvisto di un armamento velico a goletta con due alberi a vele auriche. L’equipaggio era formato da 8 ufficiali e 109 marinai.
    Terminato il periodo di allestimento, entrò a far parte della 1° Divisione della Squadra Permanente dove svolse due mesi di attività addestrativa. Il 28 gennaio 1889, venne destinato in Mar Rosso dove giunse il 9 febbraio. Rimase a Massaua fino al 24 aprile dello stesso anno, quando si dispose il suo rientro in Italia. Durante il viaggio di ritorno ebbe problemi con l’asse portaelica e dovette essere rimorchiato prima a Suda e poi a Venezia. Compiuti i lavori fu destinato a Costantinopoli dove giunse il 10 agosto 1890. Rimase stazionario in quelle acque fino al 1° maggio 1891. Rientrato in Italia, a Venezia, assunse il servizio di nave ammiraglia dipartimentale fino al 6 luglio 1895 svolgendo prevalentemente attività di addestramento per gli allievi della Regia Scuola Macchinisti. Negli anni successivi venne utilizzato brevemente per il trasporto di coatti e personale nelle Isole Tremiti e in Sicilia per poi ritornare stazionario a Costantinopoli. Dopo un lungo periodo di lavori a Venezia, il 4 gennaio 1902, partì per il Mar Rosso dove fino al 24 marzo 1905 contribuì efficacemente alle operazioni contro i pirati arabi e le località da dove partivano. Inoltre fu adibito alla repressione del traffico delle armi e alla scorta dei sambuchi lungo le coste somale e migiurtine; fu attivo anche nella repressione delle rivolte dei villaggi somali.
    Rientrato a Venezia, fu sottoposto ad un nuovo ciclo di grandi lavori, durato due anni, al termine dei quali fu ancora destinato stazionario a Costantinopoli dal 10 giugno 1907 al 22 settembre 1911.


    Le cronache riportano che il 24 aprile 1909, mentre il “Galilei” era stazionario a Costantinopoli. si verificarono violenti scontri armati fra truppe turche regolari e ribelli macedoni. Alcuni reparti di marinai dell’unità furono schierati a terra a difesa dell’Ambasciata, del Consolato e dell’Ospedale italiani. Nel corso di quegli eventi, il marinaio scelto Archimede Guidi di anni 24 da Viareggio, matr. 21976, rimase gravemente ferito da una fucilata alla testa. Fu prontamente ricoverato nell’Ospedale italiano, ma ogni soccorso fu inutile e il giovane perse la vita.
    Durante questo periodo toccò porti del Bosforo, del Mar Nero, della Bulgaria della Russia e della Romania, spingendosi in navigazione fluviale sul Danubio, a Galatz.
    Rientrato a Taranto, passò in disponibilità per lavori fino al 6 luglio 1912. Tornato in armamento, durante la guerra italo – turca, dopo una breve crociera lungo le coste libiche, diresse per il Mar Rosso stazionario a Massaua dal 20 agosto al 30 ottobre 1912. Tornato in Italia, a La Spezia, venne adibito al servizio di nave ammiraglia del Primo Dipartimento fino al 1° novembre 1913.
    L’ 11 novembre successivo passò in disarmo e il 14 dicembre dello stesso 1913 fu radiato dal Quadro del Naviglio Militare. Il 22 febbraio 1915 lo scafo venne venduto alla Ditta Bruno di Genova per la demolizione.
    ONORE AL MARINAIO ARCHIMEDE GUIDI E A TUTTI I CADUTI !

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    8.2.1939, auguri di buon compleanno a Nello Mariani

    di Nello Mariani

                                                                        DA ZERO A OTTANTA.

                                                                               Prima Parte

    Nel lontano 1939 verso le ore 21 in una casa di contadini nelle campagne Marchigiane, in frazione Santa Maria in Selva comune di Treia: venni al mondo. Ero il nono figlio dei simpatici genitori Mamma Santa e Babbo Angelo.
    Quella sera i miei fratelli avevano organizzato una serata da ballo come si usavano a quei tempi nel periodo di Carnevale, bastava che uno sapesse suonare la fisarmonica e ben presto tutti gli amici e amiche della zona si ritrovassero lì,  per ballare naturalmente a lume a petrolio. La mia famiglia era poverissima con tante bocche da sfamare, però regnava molta allegria.
    All’età di circa un anno e mezzo stavo male molto magrolino per la scarsità di cibo ,dicono che mi davano pancotto (pane raffermo cotto e una goccia d’olio. Eravamo  agli inizi della seconda guerra mondiale, finalmente mia madre mi portò da un pediatra a Macerata dal dottor Gentilucci per che non riuscivo neanche a fare i primi passetti, quanta miseria cera in casa, per pagare la visita del dottore mia mamma si portò 12 uova, il dottore gentilmente le rifiutò e le disse signora le dia a suo figlio che ne a più bisogno di me anzi che dargli sempre patate e pancotto. Nel 1942 nasce Giordano,un altro fratellino così siamo ora dieci fratelli.
    Quella sera ricordo che mia sorella Maria  allora sedicenne mi prese con se dalla culla, per far posto al fratellino appena nato eravamo nel bel mezzo della guerra ,mio padre e aiutato dai fratelli più grandi creò una specie di rifugio scavando una buca nel terreno poi ricoperta con delle fascine e terra. Dopo pochi giorni sentivano il bombardamento su Macerata, e noi via tutti nel rifugio. Ricordo vagamente il passaggio dei tedeschi in ritirata. Una coppia di loro si misero a rovistare dappertutto mentre ispezionavano tutti i locali, la stalla la capanna il pollaio il soffitto, dove li trovarono una bici e se la portano via, poi in un cassetto della credenza trovano un osso di Prosciutto quasi tutto scorticato, e si presero anche quello. Mio fratellino Giordano di circa 15 mesi con la manina toccava il fucile di un tedesco, e sto pirla disse caput caput, subito mia mamma disse no no è piccolino. Per fortuna che non entrarono in cantina  dove alcuni giorni prima i miei fratelli avevano scavato un pozzo grande quanto il fondo di un tino, dove cerano nascosti 3 dei miei fratelli essendo ricoperti da quel vecchio tino Enrico di 28 Adelio di 23 e Raimondo di 19 anni. Avendo anche nascosto alcuni sacchi di grano nel sottoscala poi murato bene la porticina. Passati i tedeschi dopo qualche giorno arrivarono gli alleati erano americani inglesi polacchi e altre nazionalità. Una sera avevo la febbre ero in una specie di lettino, si avvicinarono due soldati chiamati da mia madre, uno era dottore, mi misurò la febbre con un termometro piccolino, poi mi diete 2 arance.
    Invece nei pressi della villa del padrone cerano accampati gli americani, i quali vedendoci così poveri ci davano qualche pezzo del loro pane era un pane bianco mai visto noi bambini felicissimi con gli alleati nel periodo della guerra eravamo davvero alla fame. Mangiavamo patate lesse o un po di polenta, poi molte erbe di campo del favino, molti favini con in vermicino interno ricomparivano sul piatto, si vedevano galleggiare, tutto buono per la vera fame, olio pochissimo non si trovava neanche il sale. Il mare era lontano alcuni andarono a prendere qualche damigiana di acqua salata al mare ma spesso le damigiane si rompevano prima di arrivare a casa a causa del carretto rigido e sconquassato, dove venivano trasportate. Un altro ricordo a quella età quando arriva a casa la trebbiatrice  per trebbiare il grano. Veniva su da una leggera salita, tirata da 3 paia di buoi, poi messa in posizione la trebbiatrice vicino al barcone dei covoni di grano. Messa in funzione la trebbia con tutte le sue pulegge concatenate da diverse cinghie di cuoio, mentre il tutto veniva fatte girare da un trattore a scoppio chiamato LANDINI con un lungo cintone che collegava la puleggia principale della trebbia a quella del trattore. Per avviare il trattore, il motorista gli scaldava la testata con una grossa lancia  fiamme, quando la testa del trattore diventava rossa quasi incandescente (per rendere fluida la nafta – combustibile ), un uomo robusto fa muovere un volano e via i primi colpi di scoppio con sbuffi di fumo scaturiva dalla sua marmitta, tutto il trattore urla e la trebbia si mette  in movimento dal trattore alla trebbia e da essa da movimento a tante pulegge della trebbia, e delle scalette che trasportava la paglia ai pagliai e della pula…così si iniziava a trebbiare.

    Arriva il primo giorno di scuola, mi accompagna mia sorella Elena di 14 anni, io non volevo che mi lasciasse solo perché avevo paura ma non so di chi dovevo aver paura, nei giorni successivi andavo da solo ma con altri amichetti vicini di casa, e cosi le prime aste i primi cerchietti come zeri disegnini vari. Per andare a  scuola portavo un grembiulino nero con il colletto bianco senza fiocco. Ai piedi verso l’autunno e inverno indossavo i ciocchi fatti da una vecchia tomaia che mio padre se la procurava dal calzolaio e il sotto lo faceva di legno, il babbo, lui era un mago nel lavorare il legno anche la mia cartella era di legno. Non conoscevo i calzini, mia mamma ci dava due pezze quadrate e noi ci fasciavamo i piedini e via poi dentro i ciocchi. Durante le giornate fredde la mamma mi dava una vecchia giacca del babbo per indossarla come se fosse un cappottino.  A scuola ero bravino  però mi pesava molto quando il sabato la maestra ci dava una poesia da impararla a memoria per il lunedì, per fortuna mia mamma mentre cucinava me la ripeteva al fine riuscivo ad impararla a memoria oppure mentre mi mandavano a portare al pascolo i maiali o le 5 pecore,mi portavo anche il libro delle poesie.
    Ricordo nel 1946 quando si sono sposati due dei miei fratelli, fu un giorno emozionante ma io li aspettavo a casa non avevo nulla di decente da indossare. Abitavamo a circa 2 km dalla Chiesa, la scuola, e un gruppetto di case, quindi vedere arrivare le due coppie di sposi a seguito di loro parenti amici e vicini di casa era uno spettacolo.
    Arriva il Santo Natale  facciamo il presepe in casa con l’aiuto di Elena, lei ritaglia i pastori i Re Magi e Gesù dai libri vecchi delle scuole dei miei fratelli, vado a raccogliere il muschio nel fosso così realizziamo il presepe. La sera del 5 gennaio mia sorella mi sveglia in piena notte e mi dice è arrivata la befana e guarda cosa ti a portato, cerco dentro i miei ciocchi e trovo una carta lucida con dentro alcune caramelle, due arance e delle castagne, io felicissimo ero molto emozionato. Arriva giorno dell’Epifania pronto per la recita la quale poesia me la portò Gino il fidanzato di mia sorella Maria,nel pomeriggio vado a recitare la poesia dedicata a Gesù Bambino, dicono che o fatto ridere parecchi presenti,per la bella poesia.
    Nel 1947  vado alla dottrina così poi arriva il giorno della Cresima, per Padrino ,il fidanzato di mia sorella Maria, come entriamo in Chiesa il mio padrino mi riprende subito perché a suo dire facevo un sacco di rumore con le scarpe quando camminavo in Chiesa. Ma se non avevo mai avuto un paio di scarpe?  Comunque poi a casa avevano organizzato un certo pranzetto il mio onore con parenti e amici. Finito il pranzo  mia sorella contando i soldini che mi avevano regalato, mi a detto  per poco non arrivi a mille lire.
    Mio fratello Raimondo  entra in polizia, noi siamo  contenti, una bocca in meno da sfamare.
    Si fidanza mia sorella Elena a 17 anni, una curiosità  la sera che il futuro fidanzato viene in casa a chiedere la mano di mia sorella. Lui suona il campanello della bici mio padre lo fa entrare mentre, noi eravamo tutti seduti a tavola e pronti per la cena con verdure e ricotta. Elena era seduta nel banco verso il muro, era quasi in centro fra Maria e Armando. Elena cerca di scappare uscire dal banco per farsi bella, scavalcando Maria e gli butta a terra la bella ricotta spalmata sopra una fetta di pane casereccio, che Maria si stava divorando con gli occhi. Maria disperata dice per la prima volta avevo una bella ricotta e me l’ha distrutta. Comunque Elena e Guido si fidanzarono ufficialmente. Io ma raramente mi divertivo a giocare con la palla, ne avevo fatta una con dei stracci, era quasi bella per che cucita con l’ago era rotonda ma non rimbalzava. Oppure giocavo con dei mattoni e pezzi di legno. Io dormivo con mio fratello più piccolo Giordano, quando eravamo felici quando il nostro letto era più alto del solito  il pagliericcio, di regola dentro non conteneva lana o crine, ma solo sfoglie delle pannocchie di granturco, quindi le si rinnovavano dopo aver raccolto le pannocchie del granturco nel mese di settembre, sotto il pagliericcio non cerano le reti ma solo tavole sorrette da due trespoli. Il pagliericcio (materasso) avevano due aperture ai lati, così al mattino le donne quando risistemavano i letti infilavano le mani dentro il pagliericcio per rimuovere le sfoglie per renderlo un poco più morbido.

    In quel periodo ovviamente non sapevamo cosa volesse dire  (luce elettrica ) ci si illuminava la sera con dei lumi a petrolio, posto al centro della cucina e per illuminare una camera si girava con la Luma ad Olio accesa, o una candela. Si mia mamma vendeva le uova e qualche pollo per comperare del baccalà diceva che rendeva di più per condire la polenta ci dava un uovo quando stavamo male ,allora ci metteva un uovo vicino alla brace, quando incominciava a sudare ce lo dava apriva un buco sopra un tantino di sale, poi ci intingevamo delle striscioline di pane. Che bontà?
    Arriva l’Acetilene: gas sprigionato fra la reazione del carburo di calcio e poche gocce di acqua, così in casa viene istallato il cosi detto Gasometro, ideale per sprigionare del gas.  Il detto gas acetilene viene trasportato con un tubicino di piombo in cucina e nella stalla:  alle estremità vi è un beccuccio dove il gas che fuoriesce si accende e rimane una bella fiammella da illuminare abbastanza meglio del lume a petrolio. Con lo stesso principio poi vengono le Acentilene ( lampada a carburo ), il gas  esce attraverso il beccuccio e quindi fiammella,ed è portatile. Mio padre si è accattivato le grazie del fattore. Un giorno mentre babbo potava un albero di mele, in fattore controllava e voleva che il melo fosse potato in un certo modo, al fine il babbo si è incavolato, a gettato a terra il falcione,e poi a detto al fattore potala come ti pare … per vendicarsi il fattore a riportato l’accaduto al patrone dicendogli Angelo mi a tirato il falcione, così il patrone a detto a mio padre devi andar via, lascia libero il podere appena puoi. Eravamo poveri ma con molta dignità. Ci si arrangiava, andando a far qualche giornata di lavoro ai vicini che ne avessero bisogno, mio padre nella buona stagione andava a cavare i pozzi, per cercare dell’acqua. Per scoprire dove poteva scavare si muniva di una bacchetta di olmo fatta a V .e così andava avanti ed in dietro a destra e sinistra fin che la bacchetta si sollevasse da sola, poi seguiva una cera direzione e quando la bacchetta si abbassava, capiva in che profondità avrebbe trovato la vena dell’acqua, e so che sbagliava pochissimo, oggi si chiamerebbe Rabdomante? A quel tempo non lo sapevamo. non esistevano gli acquedotti di oggi . era un duro lavoro, scavava tutto con lo zappone e la pala. I pozzi in genere del diametro di 170 cm profondi a volte anche 10 metri nella stagione di autunno e inverno costruiva dei telai per tessere le stoffe, o costruiva delle botti per il vino, o altri lavoretti a legno.
    In quel periodo mia sorella Elena si fidanza con Guido, una nota simpatica…La prima sera in cui Guido rimane a cena con noi tutti a tavola eravamo una bella tavolata. Eravamo in 14  più Guido, i fratelli mediamente 2 annidi differenza di età, e i nostri genitori, più due cognate credetemi bella tavolata. Certo noi ragazzini gli occhi verso il fidanzato della nostra sorella. Mamma ci serve l’insalata per cena e visto che Guido se l’aveva finita con 4 forchettate, mia madre ce ne da dell’altra, in seguito scoprimmo che al povero Guido non piacesse l’insalata). Guido fa sapere a Mio padre che nella sua zona cera la possibilità di andare ad abitare in un terreno più grande e più redditizio. Quindi ci trasferimmo in questo nuovo podere sempre a mezzadria in via Santa Cristina comune di Montecassiano, era il 1948. Naturalmente tutti entusiasti convinti di progredire e di fare una vita più decente, il terreno era buono cerano degli olivi dei filari e 2 vigneti piante di frutta varia, l’unico problema che era non pianeggiante ma collinosa. A quel tempo il lavoro nei campi era molto duro, la terra veniva elaborata tutta con la fatica delle vacche. Nella stalla ne avevamo 3 paia da lavoro poi vitellini e vitelloni.

    Il proprietario del terreno era il Marchese Rangoni, ovviamente era proprietario non solo del nostro ma di altri 42 terreni simile al nostro. I miei fratelli più grandi andavano a far qualche lavoro dove potevano portare a casa una discreta paghetta .  dove  uno andava direttamente nell’azienda del patrone.
    Per frequentare la terza elementare,mi mandarono nella scuola alla frazione Vissani, dove una brava maestra, proveniente da San Ginesio. Mentre l’ora di religione ce la faceva il parroco del posto.
    Verso la fine dell’anno scolastico scoprimmo che la maestra era in cinta e se ne andò con il prete. L’anno seguente era il 1950 verso la fine anno mio padre mi disse : ma sei sicuro che vuoi andare fino alla quinta elementare?  Siiiii  però sai che ti devi fare circa 4 km a piedi per raggiungere la scuola,  dissi va bene io voglio continuare a studiare.
    Iniziai la quarta elementare in ritardo rispetto alla mia classe, quell’anno fui bocciato ma, nonostante tutto, volli continuare. Il maestro si chiamava Giacobini Corrado anziano ma benché fosse un ateo era molto umano con noi alunni di campagna. La scuola isolata si trovava in contrada Forano nel comune di Appignano. Il maestro veniva da Macerata con la sua auto Topolino. Per merenda mia mamma mi faceva un panino fatto con due mezze fette di pane ed una fettina di salame o prosciutto ma nel giorno in cui in casa si faceva il pane mi faceva una crescia (pizzetta) grande quanto la cartella, emanava un profumo,ero invidiato dai compagni, però nella merenda delle 10 la facevo assaggiare ai miei compagni o compagne.  Un usanza ultimo giorno della scuola la mamma mi diceva porta questa cosa al maestro, una volta mi fece portare della farina e delle uova l’anno successivo gli portai un polletto vivo.
    Un aneddoto che mi a fatto sempre riflettere.  Un giorno il maestro mi chiese se gli potevo dare una lavatina alla sua auto, nel cortile della scuola, mentre la stavo lavando arriva un suo collega e discutendo tra loro sentii dire ma Corrado chi te lo fa fare di perde tanto tempo con questi ragazzi? Basta che sanno leggere e scrivere sono figli di contadini, e il maestro disse
    Secondo te che soddisfazione avrebbe un meccanico che lavora ore e ore in un motore e alla fine non riesce a farlo partire?
    Mentre, ancora facevo la quarta elementare, era il 1951 mia madre si reca alla fiera del 29 Aprile ad Appignano e mi compera la prima penna a sfera Bic. Pensa che l’ebbe pagata 100 £. era la fine dell’inchiostro del pennino e calamaio e della carta assorbente. Quando mia madre o i miei fratelli vanno in paese per fare della spesa, io prendo sempre quella carda di giornale che avvolge certe cibarie  e me le leggo altro non c’è da leggere.
    Finalmente nel 1952 in casa arriva la corrente elettrica che bellezza? Mio padre subito si recò con la bici a Montecassiano a comperare la Radio un Ducati, con l’occhio magico, quando lo si accendeva specie la sera per ascoltare il  Giornale Radio poi spento la radio per recitare il Santo Rosario.
    A 16 anni mi mandano a garzo’ (mi manda da un altro contadino per lavorare con loro) per una somma irrisoria,  intanto in casa una bocca in meno da sfamare, lì ci sono rimasto per 6 mesi. il fratello più grande Enrico (figlio della prima moglie di mio padre) la quale morì nel periodo della epidemia. La Spagnola nel 1917, mentre il babbo era a combattere sul Carso. Enrico con moglie e due bambini si trasferiscono in un altro podere  picco di 4 ettari di terra, voleva che fossi andato con lui, ma i miei genitori non mi ci vollero mandare definitivamente, ma solo ogni tanto per dargli una mano nei campi.
    Nel Settembre del 1957 ci trasferimmo sempre a mezzadria in un podere della Santa Casa di Loreto un bel salto di circa 25 km. eravamo sotto il comune di Recanati in contrada Valdice, al confine fra i 3 comuni, Recanati, Loreto e Porto Recanati.
    Alcuni giorni prima del trasferimento si sposa mio fratello Fernando, e va a vivere in casa della sposa con i suoceri dal momento che la sposa era figlia unica. in autunno dopo la semina già avevo fatto amicizia con alcuni amici della zona. seppi che nella contrada successiva ,era iniziata la scuola serale, per ottenere il diploma della Sesta elementare, ne approfittai subito per frequentarla anche se era iniziata da un paio di settimane. come entro con altri due amici, il maestro prossimo alla pensione, mi chiama e mi dice per favore vai alla lavagna, e così  mentre mi dettava vide che scrivevo con una certa scorrevolezza, disse ok ok basta così o capito,  e così nell’invernata presi la pagella per la sesta elementare ma prima di salutarci mi disse. E’ vero chi ha il pane non ha i denti, capii subito cosa volesse dire, in realtà aveva capito che mi sarebbe piaciuto tanto studiare. nel frattempo pensavo, come poter studiare un po senza spendere soldi dal momento che in famiglia non ce n’erano, così pensavo, bè potrei arruolarmi in qualche arma forse in Finanza ma non arrivavo di altezza. La domenica andavo con i miei amici se non cera qualche festa nelle varie frazioni tipo Feste di Sant’Antonio o di San Vincenzo insomma si andava per poter parlare con qualche ragazzina, se non cerano delle feste andavamo al cinema a Porto Recanati con le bici. I miei fratelli mi mandavano volentieri al cinema , a patto che durante la settimana raccontassi la trama del cinema che avevo visto, mentre eravamo tutti a lavoro nei campi abbastanza riuniti, come a zappare il grano o il granoturco vangare la vigna, o fare la (canafoia) sfogliare le canne per poi darla alle vacche e le canne rimanevano pulite,per poi tagliarle in quando sarebbero servite per sostenere le viti o per i pomodori, piselli, o per rinforzare il recinto del prato e tanti altri lavori. Soliti cinema strappa lacrime. Gli anni scorrevano pensando a come cambiar mestiere, perché a mezzadria si guadagnava quel che serviva per vivere ,d’estate ci si alzava presto, prima custodire gli animali lavori nella stalla ci impegnava in particolare i fratelli più grandi ma anche noi ragazzi dovevamo stregliare le vacche, io avevo anche il compito dell’allevamento dei conigli procurare loro l’erba custodirli , poi nelle giornate invernali io e mio fratello più grande costruiamo dei cesti ,con i vimini, delle canestre, io intessevo la seduta delle sedie, le imbottivo, con della stoppa, mi divertivo a creare dei motivi in ogni sedia o a dama, o a spina di pesce o adelle righe o senza motivi ero sempre impegnato, mentre alcuni poco più grandi di me con la scusa che non lo sapevano fare, se ne andavano di fuori nel prato a giocare, o magari se cera la neve si tiravano palle di neve fra loro. una di quelle domeniche ,mentre eravamo a spasso per il corso di Porto Recanati vedemmo un manifesto della Marina  Militare diceva (Vieni in Marina imparerai un mestiere e girerai il mondo). Dissi al mio amico Italo come possiamo avere qualche spiegazione? Dai domani andiamo ad informarci nell’ufficio qui vicino della Marina Militare. Ok  feci la domanda e la indirizzai secondo le istruzioni del manifesto, arriva l’otto Settembre e con Italo ed altri due amici decidiamo di andare alla festa della Madonna a Loreto, nel parco giochi incontriamo tre ragazze, Italo mi presenta due delle tre ragazze Maria vittoria ed Edda  scambiamo quattro parole poi le salutiamo.

    Seconda parte

    Dopo alcuni mesi mi arriva la risposta dalla Marina Militare  con la quale mi invita a presentarmi nella caserma a La Spezia per la visita psicotecnica. Per la prima volta salgo in treno, sono un po emozionato ma cerco di fare l’indifferente , arrivo a la Spezia esco dalla stazione vedo un pulmino della M.M. prima che mi avvicinassi a loro , un  sergente mi si avvicina e mi chiede se devo andare per la visita nella caserma della Marina, ok .  Dopo la registrazione dei documenti ci accompagnano dove sarà il nostro dormitorio e la mensa, fin che saremmo lì per gli esami. Esami molto particolari, oltre al problema ed un tema sul perché ho scelto di andare in Marina … risposta? Per che desidero studiare ed apprendere cose che nelle mie condizioni famigliari non me lo permetteva essendo famiglia contadina si poteva guadagnare il minimo per sopravvivere. Mi chiedono che categoria vorrei scegliere, io scelsi Elettricista, dal momento che avevo iniziato  di frequentare un corso per corrispondenza Radio Elettra con la possibilità di costruire un televisore ed alcuni strumenti, elettronici, mi affascinava, l’elettricità e l’elettrotecnica. Dal lunedì al venerdì un continuo esami a quiz, altre prove con materiali tipo blocchetti di legno incastrati fra loro veniva un bel cubo, ce lo faceva vedere poi lo guastavano e io dovevo ricomporlo per controllare i tempi che impiegavo per ricomporlo altra prova proiettavano delle chiazze ad acquarello, e noi dovevamo scrivere cosa ci vedevamo il quelle macchie come quando macchi un foglio di carta poi lo ripieghi e quando è asciutto lo riapri, poi controlli visivi ed altro. Ovviamente dal punteggio raggiunto loro ci assegnavano la categoria da specializzarci con il corso biennale alle scuole C.E.M.M.
    Il Venerdì mattina tutti in cortile, qui ci chiamano per nome e creano due gruppi, per che quello più numeroso i bocciati, e quindi torneranno a casa ed un gruppetto al quale appartenevo io ci dicono di andare a far la visita Medica. Io ero euforico dalla gioia.
    In quella settimana avevo fatto amicizia con dei ragazzi ma in particolare con uno che proveniva dalla campagna anche lui si chiamava Morlupi.  Torno a casa felice tranquillo, nel frattempo in attesa della chiamata continuo il lavoro nei campi con la mia famiglia per tutta l’estate, nel frattempo il parroco della mia parrocchia di Chiarino mi dice che la Marina, tramite i carabinieri di Recanati vorrebbe sapere le mie referenze, i carabinieri non mi conoscevano per cui sono andati dal parroco della mia Parrocchia sapere se mi conosceva, ovvio che il parroco gli a detto che ero un bravo ragazzo.
    A fine Agosto mi arriva la lettera dalla M. M. dicendomi che mi devo presentare alle scuole Centro Equipaggi della M.M. Domenico Bastianini a La Maddalena in Sardegna, con la qualifica di Allievo Meccanico, pensai va bene lo stesso non sarò elettricista.  Finito i 6 anni era la prima ferma, tornerò a casa e farò il meccanico? Sbagliato, nelle categorie in M.M. il meccanico non lavora con i motori  ma con le caldaie, turbine turboalternatori a vapore.
    L’otto settembre del 1959 si sposa mio fratello Armando, un bel pranzo in casa sotto una grande transenna con più di 250 invitati fra parenti ed amici suoi. I miei pensieri erano già altrove. Nella sera stessa verso le 19 parto per andare in Marina,  con la  valigetta di cartone già pronta e circa 2.000 lire in tasca arrivo al mattino a Civitavecchia, per imbarcarmi sul traghetto per Olbia in Sardegna. Ci troviamo con molti altri ragazzi come me e ritrovo il nuovo l’amico Morlupi, che avevo già conosciuto la settimana a La Spezia per le visite. Ad aspettarci ad Olbia c’erano due pullman della M.M. per trasferirci a Palau, poi da lì ancora il traghetto per la Maddalena,  entrati in caserma inizia una disciplina severa, inizia l’inquadramento, ci dividono per sezioni, io facevo parte della terza sezione Meccanici, il nostro capo Inquadratore si chiamava capo Buluggiu.  Da lì ai dormitori al piano di sopra assegnati il letto e l’armadietto. Di nuovo in cortile. In magazzino per la consegna della divisa , le scarpe i calzini la tuta per la scuola e per il lavoro.
    Poi in fila per la cena assegnato il tavolo nel refettorio. Giorno successivo in fila per la puntura al petto, poi  ci consegnano i libri, eeeeeh che bello finalmente avevo 23 libri, scrissi subito a mia madre dicendogli, finalmente ho da studiare.


    Il giorno seguente inizia la vera vita in caserma. Sveglia alle 6 e 30, alle 7 giù in cortile per la ginnastica, in pratica in 30 minuti andare al bagno radersi la barba lavarsi vestirsi e rifare la branda in perfetto ordine. Ore 7 e 30, posto di lavaggio, a gruppetti, con in capo sezione è un allievo scelto (anziano) dell’anno precedente, in quanto (il corso aveva la durata di 2 anni). Muniti di scopa e  radazza dovevamo pulire il posto a noi assegnato, come dormitori, le aule il refettorio le officine, la sala cinema ecc. Ore 8 colazione, ore 8 e 30, tutti in aula, 10 e 30 di nuovo in cortile per la merenda (panino e formaggio) ore 11 in aula fino alle 13 pranzo poi dalle 15 un ora di esercitazioni,per imparare a marciare, fare il saluto militare ad usare il fucile. Le materie scolastiche erano diverse Matematica- Italiano – Motori – Materiali motori – Fisica Disegno – elettrotecnica – Officina I.G.V (istruzioni generali varie) pratica di bordo. In officina, nel giro dei 2 anni scolastici si faceva il giro nel locale officina, lì si impara a lavorare al tornio. Poi si passa alla saldatura sia elettrica che autogena con la fiamma ossidrica, poi  congegnatore  con lima e calibro,a forza di limare si deve realizzare un incastro a coda di rondine fra due pezzi di ferro il più preciso possibile. Poi ci portava nell’officina Macchinari, li un istruttore Maresciallo anziano della nostra categoria ci mostrava come erano fatti internamente certi macchinari, caldaie turbine turboalternatori  (generatori di corrente) pompe di alimento, condensatori dissalatore (distilla l’acqua di mare in acqua dolce), pompe a campana (sono sotto ad una campana in sentina (nel punto più basso della nave) in quanto devono funzionare anche quanto il locale è allagato per qualche eventuale falla, e per alimentare l’impianto antincendio.
    Alle ore 16 tutti gli allievi che durante le lezioni in aula avessero preso l’insufficienza. Dovevano recarsi in refettorio con il libro, e studiare con il massimo silenzio, sorvegliati da un paio di sottufficiali, mentre gli altri potevano uscire in franchigia,io volevo studiare captare il più possibile anche se non ero punito mi mettevo fra loro così ripassavo quelle cose che mi rimanevano più difficili, in particolare ,il disegno tecnico devo dire mi riusciva molto bene, però ecco mi ci voleva più tempo.
    Verso il 10 Dicembre il primo vero esame, ero un po preoccupato, molti dei miei colleghi avevano delle scuole superiori, ben pochi avevano le scuole elementari come me, però in fondo speravo di superarlo.
    Gli esami duravano alcuni giorni , chi venivano bocciati li rimandavano a casa. Con mia vera sorpresa mi classificai 24esimo su 175 allievi, ero stracontento, un particolare che mi fece riflettere? I miei disegni tecnici li ritenevo ottimi e il voto fu  18 ventesimi direi ottimo, un mio amico di scuole superiori nel suo disegno prese 19 ventesimi rimane il fatto che alcuni disegni i più difficili gli e li avevo fatti io certo non era curati come i miei eppure un voto in più del mio, vabbè lui era raccomandato. Io anche ma dal PADRETERNO. Il 17 Dicembre via tutti a casa in licenza fino all’epifania. Nel frattempo il Comandante delle scuole scrive a mio padre, una bella lettera. E complimentandosi per le mie doti (di bravo figliolo).
    La paghetta alle scuole era di  circa 5.000 lire al mese, siccome uscivo pochissimo ne spendevo 2000 £ e me ne rimanevano 3000.vado in licenza con circa 13.000 £ in tasca.  A Recanati mi compero l’orologio bello un Lanco da 9.000 £ mi sentivo bene. Un signoretto. Mente sto passeggiando sotto il monumento di Leopardi con il mio amico Italo incontrammo le sue cugine Maria Vittoria e Edda ed una loro amica faceva freddino, le invitammo a prendere un qualcosa di caldo al bar li in piazza, gli pagai volentieri da bere. Mi sentivo già uno che cercava di farcela.

    Ormai, ritorno alle scuole tutto prosegue tranquillamente fino al prossimo esame al Giugno dell’anno successivo1960 , ottenni un buon punteggio dagli esami e ci mandarono per fare il primo tirocinio per 3 mesi sulle navi, a me con altri allievi ci mandano sull’incrociatore  Raimondo Montecuccoli, accompagnati da un nostro Ufficiale, la nave è vecchiotta ma va bene così. A bordo cerano anche un gruppo di cadetti da Livorno, futuri ufficiali, tutti diplomati o laureati.
    Il propulsore della nave era composto da 4 locali caldaie e due locali macchine, per dar movimento alle due eliche. Ci misi il massimo del mio impegno per poter fare una bella figura agli esami del fine tirocinio. Mi procurai un quaderno da disegno, aggiunsi due fogli mi sarebbero serviti per disegnarci tutti quei tubi di vapore saturo e surriscaldato, tubi della nafta e dell’aria compressa compresi quelli di tutto il percorso che va dalla caldaia dove gli arriva l’acqua dolce derivante dal vapore condensato tramite uno scambiatore di calore fra acqua di mare e il vapore ormai saturo dopo aver ceduto la sua energia termica e dinamica alle turbine. Nelle ore libere scendevo dal primo locale caldaia di prua rilevavo dei schizzi su un quaderno, davo anche le dimensioni ai tubi come se fossero a scala, inserivo, valvole macchinari   insomma alla fine viene fuori davvero un bel disegno tecnico, premetto che una gran parte dei tubi corre in sentina, cioè sotto i paioli (sono lastre di ferro che compone il pavimento) ed a sollevarli talvolta anche sporchi non è stato facile ma volevo riuscire.
    Il bello avviene il giorno degli esami, si svolge in coperta, vedo intorno dei pezzi grossi l’Ammiraglio, il comandante e il Maggiore del genio navale ed altri ufficiali in coperta all’ombra di un grande tendone.
    Arriva il mio turno come presento il mio disegno il maggiore mi interroga e mi fa seguire dei circuiti ,gli bastano poche parole  per capre che era fatti da me, invece un un ufficiale molto alto di grado credo l’Ammiraglio disse, ma lui lo avrà copiato dai cadetti (allievi ufficiali) per fortuna il tenente che ci accompagnava disse comandante questi schizzi li a fatti Mariani ho visto quando li rilevava. Dopo di me un altro mio amico presenta il disegno, il quale aveva copiato il mio, ma in parte, quando lo interroga sul disegno non sa dare spiegazioni adeguate, il maggiore gli dice basta così ho capito che non è farina del tuo sacco. Dopo  questi esami , un amico della mia sezione Miglionico di origine Napoletana mi dice mi vendi il disegno ti do 500 £.  Ci ho pensato un po, ma poi pensandoci dico, cosa me ne faccio,su questa nave non ci manderanno di sicuro, (stava per andare in disarmo), gli cedetti il disegno. Dopo circa un anno seppi che lo aveva rivenduto, per 3000 £. Vero che i napoletani son dei simpatici esperti di commercio.
    Ancora 15 giorni di licenza, poi di nuovo alle scuole per frequentare il secondo anno con il grado di caporale. Tutto fila liscio, ancora un esame,sempre in tutte le materie, verso il 18 dicembre di nuovo in licenza natalizia.  Ancora in aula dopo l’epifania, a Giugno del 1961 esami finali. Gli esami finali in tutte le materie. Con ottimi voti mi sento soddisfatto. di fine tirocinio sulle navi consisteva in una materia unica ciò che avevamo appreso durante le navigazioni.  Ancora il tirocinio sulla nave Cigno dopo i due mesi esami prima di sbarcare. Poi in licenza per 15 giorni, in quei giorni di  licenza, la domenica andiamo con il mio amico Italo, cugino di mia moglie andiamo a Loreto per la festa della Madonna, nel parco giochi, incontriamo ancora le 3 ragazze, due cugine del mio amico Italo me le presenta e incominciamo a chiacchierare del più e del meno  in particolare la più grande mi crea un certo interesse così passa la giornata, la domenica successiva, ci incontriamo di nuovo a Recanati offro loro un caffè passeggiamo un po’, la Maria vittoria mi crea un certo interesse ma non dico nulla al mio amico.
    Finito la licenza, imbarco definitivo sulla Nave Castore a partire dal settembre del 1961 al Maggio del 1965.

    Terza parte

    Settembre 1961 destinazione nave Castore , assieme ad altri 3 compagni di corso ,con il grado di sottocapo, mi trovo subito a mio agio, perché è la gemella della Nave Cigno dove feci il tirocinio 3 mesi prima. Destinazione locale macchina di Poppa, sia come posto di lavoro che come posto di guardia in navigazione,mi adattai abbastanza presto, sia con gli ufficiali del mio reparto che con i sottufficiali e marinai di leva. Mi trovavo bene pian piano resi il mio locale quasi perfetto pulito ordinato ,strumenti efficienti e brillanti. In navigazione la mia squadra era composta da un maresciallo anziano prossimo alla pensione,  io e 3 giovani  ragazzi di leva la loro categoria si chiama Fochisti. Un tempo le caldaie si alimentavano con il carbone quindi i ragazzi di leva stavano attento al fuoco che non si spegnesse. Fuoco  (fuochisti). Il maresciallo ,non dava confidenza ai ragazzi di leva non li istruiva, certo che anche lui si sentiva,non tranquillo, per che lui avendo fatto la scuola Meccanici ,minimo 30 anni addietro e a quel tempo non cerano le turbine con i rispettivi riduttori per far girare le eliche, bensì le macchine alternative simile a quelle delle locomotive a vapore ai treni. A me piaceva insegnare a quei ragazzi tutto il funzionamento ed i meccanismi delle varie macchine, turbine, condensatori (scambiatori di calore), Eiettori che servivano per mantenerla massima depressione o vuoto nel condensatore, e turbo alternatori per erogare energia quando le caldaie fossero in funzione, d’altronde alcuni di essi erano diplomati o scuole medie superiori. Così si sentivano responsabili del proprio lavoro. Li vedevo soddisfatti ed interessati nel loro posto di lavoro e di guardia in navigazione. Eravamo ormai una squadra molto coesa, peccato che il Maresciallo non riusciva dialogare con i ragazzi, i quali venivano spesso messi a rapporto e puniti creando un ambiente difficile scontroso. Un giorno il maresciallo, odiato dai ragazzi , se ne va per un mese in licenza ,rimasi io come sostituto al Maresciallo, il primo giorno scendiamo al posto di lavoro in sala macchina sapevo che cera da pulire la sentina; locale sotto il pavimento sempre unto sporco fra grasso olio e nafta ed acqua. Ok senza dire nulla al ragazzi dopo una breve chiacchierata ed una sigaretta armato di cascame e stracci tolgo dei paglioli (lastre che compone il pavimento) chiacchierando mi metto a pulire io  e loro vedendomi che non gli ordinavo di farlo, loro dopo un po mi dice ,dai lascia perdere lo facciamo noi, loro tranquilli lavoravano davvero con piacere. Dopo alcuni giorni mi chiama a rapporto il Maggiore GN. e mi chiede: “ma cosa gli ai fatto a quei ragazzi! Non prendono più le punizioni ? Io li faccio chiacchierare e loro lavorano volentieri risposi”.

    Verso il 1963, come posto di lavoro non più in macchina ma addetto alla manutenzione ai frigoriferi ed ai condizionatori di aria ed ai vari Pavan (fontanelle di acqua fresca). Sinceramente non ero molto pratico del freddo artificiale anche se alle scuole C.E.M.M. avevo avuto delle delucidazioni, però imparai abbastanza con l’aiuto degli operai specializzati dell’arsenale addetti a queste macchine del freddo, in cambio di una stecca di sigarette loro mi sono stati molto preziosi come ottimi insegnanti.  Nel frattempo studiavo per conseguire la patente di Primo grado generale da conduttore Caldaie a vapore  di qualsiasi potenza. quando mi sentii pronto chiesi il permesso per dare gli esami all’ispettorato del lavoro di Arezzo. Superai brillantemente gli esami. Detta abilitazione mi poteva servire per trovare lavoro una volta tornato nella vita  civile. Ormai conoscevo abbastanza bene tutto l’impianto della propulsione a vapore e l’impianto antincendio e condizionamento.
    Nel 1964 Olimpiadi di Tokio. Il nostro Governo su scelta del Comando M.M. mandano alcune delle nostre navi come rappresentanza della Marina Militare Italiana. Una bella crociera di alcuni mesi, mi viene chiesto di far pervenire dei documenti dei miei famigliari che attesti la fedina penale pulita, a casa avevo 9 maggiorenni fra fratelli cognate e genitori, procuro tutto il materiale  e lo consegno regolarmente nella segreteria di bordo sarei dovuto sbarcare per andare a fare il segretario del settimo e ottavo reparto in una nave in partenza per le olimpiadi. Stop il mio Maggiore GN. Telefona al ministero M.M. per dire che non doveva farmi sbarcare, a detta del maggiore ero indispensabile rimanere sul Castore. Da un lato ero dispiaciuto di non poter andare in crociera ma per la grande fiducia che il Maggiore aveva in me sono stato contento di rimanere a bordo. Anche l’ufficiale del mio reparto Gaetano Ferraro mi disse: “dai che quando ritorneranno i croceristi noi ci facciamo una bella licenza”, e così fu .  Amavo molto il mio lavoro mi dava molte soddisfazioni. SI esce spesso in mare per fare delle esercitazioni, come se fossimo in vero combattimento, sia con la nostra Squadra Navale o con le forze dellA N.A.T.O. In un uscita in mare, eseguiamo un esercitazione come se fossimo in guerra, arriva un ordine dalla plancia dal comandante … una bomba danneggia e blocca la motrice di prora (proseguire la navigazione), ma dal boccaporto del locale macchina di prora (rimane vicino al centralino macchina), esce vapore e si sentono una certa confusione dal basso, non sanno come manovrare certe valvole per poter alimentare la turbina di poppa con le due caldaie in parallelo. Al centralino cera il Maggiore GN , a me scappa detto ma è tanto semplice, il Maggiore mi dice: ma tu sapresti cosa fare? Si, ma non scendo giù ci sono marescialli e ufficiali e la squadra di guardia.  Te lo ordino anzi vieni giù con me. Mi è bastato di dire chiudete la valvola che porta vapore alle turbine ed aprite quella che manda alla turbina di poppa, tutto torna regolare . La nave continua a navigare sempre in scorta convoglio. Il giorno successivo alla assemblea a poppa una bella strigliata al personale di guardia in macchina di prora. Io mi son guadagnato 3 giorni di licenza premio. Ma non lo fatto per farmi bello l’ho fatto solo per il reparto. Alcuni mesi dopo in un’altra uscita in mare per un esercitazione con le forze della N.A.T.O., ad un certo punto verso le ore 20 si blocca la motrice di prora era in avaria una valvola oleodinamica. Rottura del pistoncino idraulico che regola il flusso di olio per regolare l’apertura o chiusura dell’olio che va ai cuscinetti dei riduttori. Scendono in macchina il comandante in seconda ed il maggiore GN per capire se dovevamo farci da parte dalla scorta convoglio, o proseguire ma con una sola elica era impossibile seguire le esercitazioni, piccola consultazione fra noi io e Ivo Bazzini  Dutto Mario ed un altro sergente meccanico disposti a lavorare anche se in precarie condizioni sopra il riduttore molto caldo consultammo il fochista Vittorio Celli se sarebbe stato in grado di rifare quel pistoncino rotto al tornio, lui ci a confermato che ci avrebbe provato. Così noi smontato il pistoncino, il Celli subito al tornio, noi lo rimandammo. In meno di 4 ore la motrice riprende a funzionare con la grande soddisfazione di tutti specie del comandante per che non ha avvisato il comando di squadra, il Maggiore per che a dimostrato che il reparto è efficiente e noi operatori ci hanno premiato con 3 giorni di licenza premio.

    Gennaio del 1965 una nuova legge dice che dopo i 3 anni di marina, dovevamo passare al grado di Sergente, ero molto soddisfatto e felice con i galloni d’oro ed una bella divisa da sottufficiale e qualche liretta in più nello stipendio . a Bordo ci assegnano il locale 3 per alloggio sergenti, tutti abbastanza felici nelle ore libere qualche volta ci facevano un partitella a Ramino, non si giocava a soldi ma a birrette le pagavano chi perdevano ovvio.
    Ventidue Febbraio un’altra uscita in mare per elle esercitazioni ancora il Castore come era di sua competenza di scorta convoglio e caccia antisom, si naviga abbastanza tranquilli, fatto cena vado in branda, per poi farmi il mio turno di guardia da mezzanotte alle 4. Ad un certo punto sento un gran botto una spinta sulla fiancata destra ed un gran cattivo odore tipo zolfo, subito l’altoparlante dava emergenza indossare il salvagente in coperta per abbandono nave, molto spavento ma non panico al momento. In coperta capimmo la grande tragedia. Non ci potevamo muovere più di tanto per non intralciare il soccorso, era buio esterno si vedeva la prua di un’altra nave verso si noi era l’Etna. Passati interminabili minuti l’altoparlante chiama il mio reparto assemblea a Poppa, e li capii davvero la tragedia, una parte della poppa era quasi staccata dal resto della nave si reggeva sopra l’asse dell’elica destro piegato, lo squarcio era avvenuto nel locale 6 dove a quell’ora cerano molti ragazzi il branda. Si sentivano grida ma era impossibile soccorrerli dovevamo aprire un varco tagliando dei tubi di una branda per liberare un ragazzo incastrato, il fuochista esperto con la fiamma ossidrica, come si e visto il suo amico lì incastrato che gridava è svenuto così il maggiore a detto chi di voi sa usare la fiamma ossidrica,non ce ne erano nessuno, dissi io la so usare di quel poco che mi ha insegnato alle scuole CEMM. Contemporaneamente altri del mio reparto stavano puntellando la paratia lato interno per resistere alla pressione dell’acqua del mare, quelli di coperta si davano da fare per imbragare bene la parte penzolante con cavi fra le bitte quelle penzolanti a quelle fisse. Scendo munito di salvagente nel pezzo pericolante con il cannello da taglio a fiamma, mentre dietro il capitano Rossi con la manichetta cercava di raffreddare  mentre tagliavo il tubo della brandina vicino il viso di Monsurrò, facevo molta fatica in quella condizione a lavorare con la fiamma,ma non cera molto tempo di pensare ad altri rimedi, nel frattempo l’infermiere tramite il boccaporto per scendere nel locale timone è riuscito a fare una puntura al Monsurrò per tenerlo sveglio, non so quanto tempo sono rimasto li con la fiamma poi mi hanno dato il cambio e non so chi so che cera anche il sottotenente del mio reparto  signor Bolcano; ormai avevo fatto quasi tutto il lavoro con la fiamma. Il capitano mi manda in branda ,dice che ero una bestia per aver resistito tanto ma io non mi curavo del pericolo, volevo liberare il marinaio. In seguito  seppi che ci furono 4 morti e 11 feriti ed il Monurrò viene liberato ,purtroppo con una gamba rotta. Eravamo a largo di Punta Stilo.
    Fummo rimorchiati dalla nave Rizzo, per portarci fin dentro l’arsenale a Messina.
    Tre giorni dopo ci mandarono come rappresentanza del settimo ottavo reparto un ufficiale Signor Rossi, io come sottufficiale ed altri 3 fuochisti. Per scortare le salme di Celli Vittorio e Duse Aristide.
    Prima passammo a Castel del Monte (AQ) per accompagnare la Salma ci Celli Vittorio,poi il giorno successivo partimmo per Chioggia per accompagnare Duse Aristide miei carissimi amici. All’altezza di Porto Recanati scesi per andare 15 giorni di permesso dal momento che ero a 3 km da casa mia.
    Ritornato a Bordo  il Maggiore e con il comandante in seconda di concesse altri 15 giorni di permesso in compenso al mio impegno nella sera della tragedia.
    A Maggio sbarcai dal Castore e mi mandarono sul Canopo, e lì destinazione Motrice di poppa, e dopo un paio di giorni prima uscita in mare, subito mi accorgo che qualcosa non mi tornava; tenevano i due eiettori in funzione per tenere un vuoto nel condensatore neanche a -70 bar quando sul Castore quasi a -75 con metà funzione di un eiettore? Mentre scende in macchina il maggiore ,gli feci notare la cosa? Lui per tutta risposta mi disse ma è così, no gli dissi io penso di andare in seguito con uno solo eiettore e portare il vuoto a meno 75  e Lui se ci riesci sarai premiato, ovviamente più il vuoto è verso il massimo e migliore è il rendimento della turbina.
    Il giorno successivo in porto tutto tranquillo, ispeziono bene il condensatore intorno le flange dei tubi  ma mi accorgo che era il condensatore e l’attacco sotto la TURBINA DI BASSA PRESSIONE, si era creato uno spazio di 2 o 3 mm. tutto intorno alla corona dell’attacco, mi armai di un filo di amianto lungo circa 7 o 8 m ed una chiave abbastanza grande credo un 26 mm mi sporcai mi sbucciai anche un po la mano ma pensai di aver fatto un buon lavoro.
    La prima uscita in mare Il Maggiore si era ricordato della scommessa scende in macchina controlla gli eiettori ed il manovuotometro un solo eiettore in funzione e vuoto a -75 mi premiò con 3 giorni di licenza premio. Ero innamorato del mio lavoro.

    Nell’estate di quell’anno in Liguria credo la Spezia cerano delle visite a bordo degli ex Mariani di Torino, mentre accompagnavo due signori parlando mi fecero alcune domane è gli dissi che a Dicembre mi sarei congedato terminati i miei 6 anni delle prima ferma così mi dissero se cosa facevo a Bordo, dissi in navigazione di guardia in motrice di poppa come capo turno, mentre in porto ero addetto alla manutenzione e controllo aria condizionata e frigoriferi, combinazione loro erano impiegati in una fabbrica di Frigoriferi La Costan così mi fecero diverse domande in materia del freddo, poi alla fine mi dissero se vuoi venire a lavorare da noi facci sapere il posto è assicurato .
    Andai in congedo il 30 Dicembre 1965 dopo 8 giorni ero già a Torino a lavorare alla Costan.