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La licenza? Un incubo che ancora conservo tra i miei ricordi di nave Po

di Luciano Blasi

Carissimo Giorgio (Jure nel mio dialetto triestino), la mia vita passata a bordo di nave Po è stata quasi un’epopea. Ma andiamo per ordine.
Per la mia professione, ero un attrezzista meccanico di precisione e lavoravo alla Fabbrica Macchine di Sant’Andrea, stabilimento navale in cui venivano costruiti motori diesel, caldaie e turbine mi aspettavo, come tutti i miei colleghi, di essere destinato sommergibilista ma, a causa la mia statura (1,91 mt.), mi hanno “segato” e destinato al sud sul Po. Insomma per ironia della sorte: io di Trieste, destinato a Messina e su una nave che si chiamava Po.
Imbarcato, ho avuto subito un feeling particolare con il Signor Lauricella forse perché, prima della guerra, aveva frequentato la scuola volontari di Pola (Istria), allora ancora appartenente all’Italia, e quindi la scuola meccanici di Venezia.

Dopo qualche settimana di rodaggio, mi il signor Lauricella mi affidò la gestione dell’officina di bordo, il magazzino di macchina e, a seguire, anche il compito di addetto allo scarico e carico dell’acqua (acquaiolo). Sono riuscito (miracolo) a far funzionare sempre il tornio di bordo.
Fra centinaia di episodi, buoni e cattivi, potrei scrivere un libro, l’unica nota dolente è sempre stata la licenza. Ne ho fatte solo due. La prima partendo da Marzara del Vallo e per arrivare a casa a Trieste è stato un incubo, che ogni tanto si ripropone perché ho conservato quel biglietto ferroviario di 1.994 chilometri ferroviari. Allora non esisteva ancora la “Freccia del Sud Siracusa -Torino” quindi l’itinerario era:
– Trapani – Palermo a carbone;
– Palermo – Cefalù a carbone;
– Cefalù – Messina elettrico;
– traghetto;
– Villa San Giovanni – Napoli;
– Napoli – Roma;
– Roma – Torino (con discesa a Firenze, per Venezia);
– per ultimo il Bari-Trieste. Fine della puntata.
Il prossimo ricordo tormento che ti racconterò sarà la mancata collisione con il Traghetto Cariddi, con rischio di finire nelle secche della spiaggia di Ganzirri… ma questa è un’altra storia tutta di mare!

Si consiglia all’argomento anche la lettura del seguente link e dei relativi commenti pervenuti.
https://www.lavocedelmarinaio.com/2016/07/quando-quel-ritardo-dal-rientro-della-licenza-mi-costo-due-giorni-anzi-tre-giorni-di-punizione/

9 commenti

  • Bruno Bigiolli

    Si’, per noi “polentoni” le licenze dal Sud al Nord erano un DRAMMA. In quegli anni….AUGUSTA/Sondrio.!!!!!!!!!!!!

  • Ezio Dosi

    Ciao Ezio, altro che se mi ricordo, tu piuttosto ti ricordi quando facevamo la domanda scritta per andare in permesso e ci voleva il nulla-osta del capo reparto e del C^ Servizio? E noi che eravamo ansiosi fino all’ultimo minuto. Che tempi meravigliosi quelli. Un abbraccio

  • Ezio Dosi

    Oggi sinceramente non so com’è la prassi, ma mi è stato detto, che passano dalla Segreteria e dicono: “Domani non vengo”, ti lasciano un regolare permesso e vai a casa. Come cambiano le cose, come cambia la vita.. Ciao

  • EZIO VINCIGUERRA

    Ciao Ezio e grazie della testimonianza e del successivo commento… c’è una canzone (bellissima) che recitava “come si cambia per non morire …”
    Un abbraccio a te grande come ill mare e grande come il tuo cuore misericordioso di marinaio per sempre.

  • Guglielmo Evangelista

    Ricordo Po e Volturno, su una delle due ci sono anche salito. E’ vero che erano così spaziose che il comandante invece di una cuccetta aveva un letto?

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