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Giacomo Bove (Maranzano, 23.4.1852 – Verona 9.8.1887)

di Antonio Cimmino

Ufficiale di Marina alla scoperta del Passaggio a Nord-Est


Giacomo Bove nacque nel piccolissimo paese di Maranzano in provincia di Asti il 23 aprile 1852 e, giovanissimo, entrò nella Scuola di Marina di Genova. Nel 1872 fu nominato guardiamarina di 1° classe e imbarcato sulla regia corvetta a ruote Governolo al comando del Capitano di fregata Enrico Accini.
La nave il 13 dicembre 1871 lasciò Napoli per l’Estremo Oriente per effettuare una campagna di spedizione scientifica, esplorando le coste del Borneo, Malesia, Filippine, Cina e Giappone. Stazionaria in quelle acque fino al 13 ottobre 1873, l’unità tornò in patria dopo accurate indagini idrologiche e studi etnografici; ormeggiò a Spezia il 28 febbraio 1874. L’Italia, interessata anche ai bachi da seta, con questa spedizione, tentava di aprire sedi commerciali specialmente in Giappone che usciva da un lungo isolamento politico. In questa lunga crociera orientale il Governolo percorse 22.732 miglia di cui 8.567 a vela (per 87 giorno) e 14.165 a vapore (per 108 giorni), consumando 1.071 tonnellate di combustibile.
Le ruote di propulsione Morgan si sconnessero dall’albero motore ben 19 volte con riparazioni di fortuna nei vari porti. Il giovane ufficiale, addetto alla cartografia e all’idrologia, ebbe modo anche di approfondire la natura dei luoghi visitati e conoscere usi e costumi degli abitanti.

Giacomo Bove fu nominato secondo tenente il 24 aprile 1876 e imbarcato sulla nave idrografica Washington che stava effettuando diverse campagne di rilevamenti astronomici, geodetici, nonché di mappatura di baie e golfi nazionali (Milazzo, Genova, Catania); furono mappati coste e porti, scandagliati fondali e studiate correnti marine superficiali e di profondità. Nell’aprile del 1877 il secondo tenente Bove fu inviato proprio sulla nave idrografica che, nello Stretto di Messina, stava studiando le correnti marine.
Lo Stretto, con particolarità geomorfologica, mette in contatto i due bacini del Tirreno e dello Ionio, con una specie di imbuto attraverso il quale, le acque dei due bacini si riversano vicendevolmente secondo ritmi legati alle fasi lunari, creando correnti e gorghi (mitologico Cariddi). Il comandante del Washington era lo scienziato ed oceanografico Giovan Battista Magnaghi, già direttore dell’Istituto Idrografico della Marina appena istituito
Il tenente Bove quindi aveva acquisto ormai notevole esperienze in queste variegate ed importanti attività scientifiche, apprezzato dai suoi superiori e anche dalla Società Geografica Italiana.

In considerazione della sua indubbia professionalità, Giacomo Bove nel 1878 fu scelto dall’esploratore svedese Adolf Erik Nordenskiold per una spedizione per cercare
il mitico un passaggio a Nord-Est. A bordo vi era una équipe internazionale di scienziati e ufficiali di Marina più 21 uomini d’equipaggio. Bove rappresentava l’Italia ed era addetto principalmente allo studio delle correnti marine e alle osservazioni astronomiche per la posizione della nave. Tra i partecipanti vi erano:
• Il medico svedese e botanico Ernest Almqvist;
• L’esploratore e giornalista svedese Charles John Andersson;
• Il meteorologo Andreas Peter Hovgaard, ufficiale della Marina danese;
• Il botanico svedese Frans Reinhold Kjellman;
• L’idrografo e zoologo finlandese Oscar Frithiof Nordquist con compiti anche di interprete russo;
• Lo zoologo svedese Anton Stuxberg.


La nave utilizzata, chiamata Vega , era una baleniera con prora rinforzata di metallo, riconvertita nei cantieri navali svedesi Karlskrona di Blekinge e dotata di molte apparecchiature scientifiche. La spedizione venne finanziata dal governo svedese. Il comando della nave fu dato a Luois Palander esperto navigatore svedese che già aveva inutilmente tentato con Nordenskold di raggiungere il Polo Nord.

Lo scopo era quello di trovare un passaggio a Nord-Est salpando il 28 giugno 1878 da Goteborg fino allo Stretto di Bering che attraversa il 2o luglio 1879. Dal Mare del Nord, quindi, proseguendo per il Mare Glaciale, costeggiando la Siberia e attraverso lo Stretto di Bering, raggiungere l’Oceano Pacifico.
Durante la navigazione Bove si occupava delle rilevazioni idrografiche, scrivendo nel suo diario:
” Esse consistono nello scandagliare esattamente il fondo, mediante uno scandaglio comune o Brooke; dragare per avere saggi di fondo e campioni della fauna di questi mari; gettare le larghe reti alla superficie del mare per raccogliere alghe e altre sostanze vegetali in sospensione; misurare temperatura, peso specifico, quantità di sale contenuto nell’acqua a diverse profondità”.
Nelle lunghe giornate di navigazione, Giacomo Bove pensava di organizzare una Spedizione Antartica Italiana per trovare e studiare il Continente Antartico allora sconosciuto. Così scriveva nel suo diario:
” …….Sino a ieri avevo pensato di muovere l’Italia  a fare una spedizione artica a Wrangel; ora addio spedizione artica, sono volato all’altro polo e faccio castelli in aria per un viaggio alla TERRA ANTARTICA……”
Trovato il passaggio di Nord-Est, la nave proseguì per il Giappone e, attraversando l’Oceano Indiano e il Canale di Suez, la nave giunse a Napoli il 4 febbraio 1880 ricevendo un’accoglienza trionfale. Ricevimenti e visite a bordo si svolsero per diversi giorni tra il tripudio della folla e delle autorità locali. L’intero equipaggio fu poi ricevuto a Roma dal re Umberto e, nella capitale, si svolsero altri festeggiamenti con ambasciatori di varie nazioni e con la Società Geografica Italiana.

La nave proseguì per la Svezia ove il capo della spedizione Nordenskiod venne nominato baronetto ed accademico dal re. Nella spedizione erano state percorse più di 22.000 miglia.

Durante la sua successiva permanenza in Italia, la proposta di Giacomo Bove di esplorare l’Antartide, pur rivelatasi interessante dalla Società Geografica Italiana nel 1880, non ebbe seguito a causa degli alti costi. Bove allora accettò l’incarico del governo argentino di esplorare la Patagonia. Il governo argentino, tramite il Ministro Plenipotenziario e il capitano Moyano, appositamente incaricati dalla Marina argentina, chiesero al governo italiano un congedo straordinario per l’ufficiale della Regia Marina Giacomo Bove.

Si approntò allora un’équipe scientifica tutta italiana formata dal geologo Domenico Lovisato, dallo zoologo Decio Vinciguerra, dal botanico naturalizzato argentino Carlo (Carlos) Spegazzini e dall’ufficiale della Regia Marina Giovanni Roncagli come idrografo. Imbarcati sulla corvetta Cabo de Hornos, il 17 dicembre del 1881 salparono da Buenos Aires ed effettuando diversi rilievi. Attraversarono lo Stretto di Magellano. Trasbordati sulla goletta cilena San Josè effettuarono altre importanti osservazioni scientifiche ma il 31 maggio la nave naufragò. Furono salvati dalla nave inglese Aller Gardiner. Il 1° settembre l’intera spedizione ritornò a Buenos Aires.
Con il nome di Bove in suo onore,furono denominati una montagna, un fiume e un ghiacciaio nella Terra del Fuoco, nonché un promontorio dell’isola di Dikson nell’arcipelago delle Vega a sud del Circolo Polare Artico.

Tornato in patria, Giacomo Bove fu nominato il 28 gennaio 1883, membro onorario della Società Geografica Italiana. Il carteggio numeroso e variegato con la SGI (più di 41 lettere) era caratterizzato da un linguaggio particolare che univa le osservazioni scientifiche ad uno stile narrativo scorrevole.
Sempre finanziato dal governo argentino Giacomo Bove, organizzò un’altra spedizione scientifica in compagnia degli italiani Carlo Bosetti e Adamo Lucchesi.
La spedizione raggiunse la giungla di Misiones, esplorò il fiume Paranà e arrivò alle Cascate dell’Iguazu dando nomi italiani a molte cataratte. La loro imbarcazione rischiò anche di naufragare.
Evidentemente il fascino della Terra del Fuoco non abbandonò del tutto Bove, nonostante le disavventure precedenti. Il 10 gennaio 1884, accompagnato dalla moglie e sostenuto dalla numerosa e prospera comunità italiana in Argentina, tornò in Patagonia per raccogliere materiale antropologico, etnografico, zoologico e botanico.

Tornato in Europa, lo spirito di avventura e l’interesse scientifico, spinsero Giacomo Bove il 2 dicembre 1885 a risalire il fiume Congo per studiare la possibilità di aprire la zona al commercio italiano e per favorire anche l’emigrazione. La spedizione, finanziata da Roma, partì da Liverpool integrata dal capitano di fanteria Giuseppe Fabrello e dal medico Enrico Stassano. Approdati sulle coste congolese, a piedi e a vaporetto si inoltrarono verso l’interno fino a Leopoldville, ma Bove e Stassano contrassero la malaria. Tornato in patria il 17 ottobre 1886, Bove sconsigliò il governo italiano a intraprendere nessuna iniziativa commerciale per la difficoltà logistiche e climatiche della zona. A proposito dell’emigrazione in questa zona dell’Africa, egli scrisse:
”…non dico sconsigliarla, ma il solo permetterla, mi sembrerebbe un delitto”.
Dimessosi dalla Regia Marina, Giacomo Bove fondò a Genova la società di navigazione La Veloce ma, le sue condizioni psicofisiche peggiorarono a cause delle malattie contratte nei suoi lunghi viaggi.
Tornando in treno da Vienna e diretto a Genova, Giacomo Bove si suicidò a Verona il 9 agosto 1887. Dopo aver comprato una pistola, si diresse fuori città e, sotto un albero, si tirò un colpo in testa. Aveva appena 35 anni.
Il giovane e sconosciuto cronista del giornale l’Arena che si recò sul luogo del suicidio, era Emilio Salgari che sarebbe diventato famose per i suoi libri di avventure nei mari lontani, forse ispirati proprio alla vita avventurosa di Bove. Lui, però, a differenza del Bove, non era mai uscito dall’Italia. La cosa strana fu che anche Salgari si suicidò con un rasoio facendo harakiri , il 25 aprile 1911 a Torino lasciando scritto tre lettere, una privata e due pubbliche, così come aveva fatto Giacomo Bove.

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